La decadenza decorre dal giorno in cui l'interessato ha avuto notizia del fatto?

Un unico motivo di appello, ma ben riposto, quello della difesa del soggetto che si era visto revocare le agevolazioni per la casa perchè non aveva rispettato i termini imposti dalla regione. Ma, come ormai ben si sa, l'inefficienza della burocrazia non può penalizzare il privato.

Sta di fatto che, precisa la sentenza n. 5024 depositata il 16 ottobre 2013, il termine di tre anni previsto per la presentazione della documentazione, essendo espressamente qualificato come perentorio a pena di decadenza dalla concessione del contributo già erogato, non può che decorrere dal momento in cui il beneficiario ha avuto conoscenza dell’ammissione al contributo medesimo, essendo contrario ad elementari principi di diritto ricollegare un effetto sanzionatorio all’infruttuoso spirare di un termine di cui il diretto destinatario non abbia potuto avere tempestiva notizia. Come calcolare il dies a quo? E’ di tutta evidenza, infatti, come la prerogativa temporale riservata dalla normativa regionale art. 93 l.r. 75/82 al beneficiario per porre in essere gli adempimenti richiesti, possa essere sostanzialmente garantita solo nella misura in cui il relativo termine triennale inizi a decorrere dalla data di comunicazione e quindi di formale conoscenza del decreto di concessione del contributo, e non da quella della sua semplice adozione. Del resto, se così non fosse, sottolinea il Collegio, la concreta durata del triennio verrebbe sensibilmente a cambiare in relazione alla data in cui il privato acquisisce notizia dell’adozione del decreto, così perpetrandosi anche sensibili ed inammissibili disparità di trattamento tra i vari destinatari del contributo. Ed in effetti, accedendo alla diversa tesi sostenuta dall’Amministrazione, nel caso di specie il ricorrente avrebbe avuto ad effettiva disposizione, per provvedere agli adempimenti imposti dalla Regione, poco più di due anni in luogo dei tre normativamente previsti. Ciò in quanto aveva ricevuto la comunicazione del Decreto a quasi un anno dalla sua adozione. In sostanza, quella della regione, è all’evidenza, tesi irragionevole e quindi da disattendere, avendo l'interessato prodotto la documentazione richiesta in data entro il termine triennale previsto dalla normativa regionale, dovendosi - come chiarito - identificare il dies a quo nella data in cui l’Amministrazione ha formalmente reso noto il Decreto oggetto della revoca gravata in primo grado e non la data della sua adozione.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2 luglio - 16 ottobre 2013, n. 5024 Presidente Caringella – Estensore Bianchi Fatto In data 19.06.1987, il Signor Gloriano Bonutti presentava istanza alla Regione Friuli Venezia Giulia al fine di essere ammesso, per l’esecuzione di lavori di recupero dell’abitazione di sua proprietà, a fruire del contributo denominato buono casa”, previsto dall’art. 2, comma 10, del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in Legge n. 94/1982. Con Decreto n. 288 del 17.03.1992, la Regione evadeva positivamente la predetta istanza, concedendo il contributo richiesto nella misura di Lire 24.000.000,00. In conformità a quanto previsto dall’art. 93 della l. r n. 75/1982, nel provvedimento veniva stabilito che entro tre anni dalla data dello stesso e, quindi, entro il 17.03.1995 dovessero pervenire alla Direzione provinciale dei Servizi Tecnici di Udine, a pena di decadenza dal beneficio, la perizia di ultimazione dei lavori, un certificato di residenza attestante l’occupazione dell’alloggio e la certificazione di inserimento nel N.C.E.U. Il predetto Decreto n. 288/1992 veniva però comunicato al Signor Bonutti solo in data 5.02.1993, a distanza di quasi un anno dalla sua adozione. Cionondimeno ,spirato il termine del 17.03.1995, il Direttore provinciale, con nota del 29.06.1995, comunicava l’avvio del procedimento di revoca del contributo. Per quanto sopra in data 28.07.1995 il Signor Bonutti presentava la documentazione di cui sopra, unitamente ad istanza di proroga, adducendo di aver incontrato difficoltà burocratiche circa la pratica di accatastamento dell’immobile. L’Amministrazione non concedeva la richiesta proroga sul rilievo che l’ultimazione dei lavori era già avvenuta il 2.01.1991 e la residenza era già stabilita a far data dal 2.05.1992 e all’esito del procedimento, con Decreto n. 87 del 25.02.1997, revocava il contributo in applicazione del richiamato art. 93 della l.r. n. 75/1982. Per ottenere l’annullamento di detto Decreto di revoca il Bonutti proponeva ricorso al Tar Friuli Venezia Giulia, deducendo che il termine perentorio previsto dall’art. 93 della l.r. n. 75/1982 non poteva che decorrere dalla conoscenza del provvedimento di ammissione al beneficio, avvenuta il 5.02.1993 e non già dall’adozione del Decreto n. 288/1993. Assumeva, inoltre, che l’Amministrazione avrebbe dovuto accogliere l’istanza di proroga, in corretta considerazione delle difficoltà riscontrate nella procedura di accatastamento. Si costituiva la Regione Friuli Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del gravame. Con sentenza n. 521/1999 il Tar adito respingeva il ricorso. Avverso la predetta sentenza il Bonutti ha quindi interposto l’odierno appello , chiedendone la riforma. Si è costituita in giudizio la Regione Friuli Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del gravame. Alla pubblica udienza del 2 luglio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1. Con unico motivo di appello, il ricorrente deduce l’erroneità della gravata sentenza laddove - da un lato, non ha riconosciuto che la Regione avrebbe dovuto concedere la richiesta proroga del termine triennale di presentazione della documentazione, in considerazione delle obiettive difficoltà di ordine burocratico afferenti l’accatastamento dell’autorimessa - dall’altro, ha disatteso il profilo di gravame relativo alla decorrenza del termine a partire dal quale computare il triennio, il quale non potrebbe che coincidere con il giorno di formale conoscenza del Decreto n. 288/1992, ossia con la data del 5.02.1993. 2. La doglianza merita accoglimento sotto il secondo profilo di censura dedotto,che assume carattere assorbente . 3.Ed invero, il termine di tre anni previsto per la presentazione della documentazione sopra indicata, essendo espressamente qualificato come perentorio a pena di decadenza dalla concessione del contributo già erogato , non può che decorrere dal momento in cui il beneficiario ha avuto conoscenza dell’ammissione al contributo medesimo, essendo contrario ad elementari principi di diritto ricollegare un effetto sanzionatorio all’infruttuoso spirare di un termine di cui il diretto destinatario non abbia potuto avere tempestiva notizia . E’ di tutta evidenza , infatti, come la prerogativa temporale riservata dalla richiamata normativa regionale art. 93 l.r. 75/82 al beneficiario per porre in essere gli adempimenti richiesti, possa essere sostanzialmente garantita solo nella misura in cui il relativo termine triennale inizi a decorrere dalla data di comunicazione e quindi di formale conoscenza del decreto di concessione del contributo, e non da quella della sua semplice adozione. Del resto, se così non fosse, la concreta durata del triennio verrebbe sensibilmente a cambiare in relazione alla data in cui il privato acquisisce notizia dell’adozione del decreto, così perpetrandosi anche sensibili ed inammissibili disparità di trattamento tra i vari destinatari del contributo. Ed in effetti, accedendo alla diversa tesi sostenuta dall’Amministrazione , nel caso di specie il ricorrente avrebbe avuto ad effettiva disposizione, per provvedere agli adempimenti imposti dalla Regione, poco più di due anni in luogo dei tre normativamente previsti , avendo ricevuto la comunicazione del Decreto n. 288/1993 a quasi un anno dalla sua adozione ,solo in data 5.02.1993. Trattasi , all’evidenza , di tesi irragionevole e quindi da disattendere. Ciò posto osserva il Collegio come l’appellante, avendo prodotto la documentazione richiesta in data 28.07.1995, abbia rispettato il termine triennale previsto dalla normativa regionale, che veniva a scadere il 5.02.1996 dovendosi - come chiarito -identificare il dies a quo nel 5.02.1993, data in cui l’Amministrazione ha formalmente reso noto il Decreto oggetto della revoca gravata in primo grado. 4. Per le ragioni esposte l’appello si appalesa fondato e , come tale, da accogliere, con conseguente riforma della sentenza impugnata. 5. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado ed annulla gli atti tramite questo impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.