L’autonomia degli Ordini non è lesa dal controllo del Ministero di Giustizia i cui pareri sono vincolanti

La novella del tirocinio art. 6, commi 9 e 10 , dell’attività sanzionatoria art. 8 e l’obbligo di formazione continua art. 7 imposta dal DPR 137/12 riforma delle professioni intellettuali regolamentate corrisponde a diritti costituzionalmente garantiti ed ai principi fondamentali su cui esse si basano. Il controllo del Ministero di Giustizia, perciò, è preposto al conseguimento di questi fini pubblici e di vigilanza dello Stato, sì che non lede l’autonomia degli Ordini, dei Consigli e dei Collegi nazionali.

È quanto affermato dal Tar Lazio - sez. I - n. 8850 emessa il 2 ottobre 2013 che, pur se le critiche sono state sollevate solo da alcuni CDO, ha esteso la decisione a tutte le professioni intellettuali regolamentate avvocati, notai, commercialisti, consulenti del lavoro etc. . Il caso. Il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati in seguito CNA impugnava il DPR 137/12 ed i relativi pareri del Consiglio di Sato e delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato agendo contro la PCDM, il Ministero di Giustizia e nei confronti del CNF. Interveniva ad opponendum , dopo che il Tar estendeva il giudizio ai Collegi, ai Consigli Nazionali ed a tutti gli Ordini delle professioni intellettuali ord. 10306/12 , solo il C.N.A.P.P.C. Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori . Il ricorrente lamentava la lesività del DPR limitatamente agli artt. 6, 7 ed 8 del testo di legge, relativi a tirocinio professionale, formazione e procedimenti disciplinari, evidenziando che il DPR verrebbe ad erodere competenze e prerogative proprie delle categorie dei professionisti . Erano contestati la funzione di vigilanza su tali organismi ed il carattere vincolante dei pareri del Ministero. Il Tar ha respinto il ricorso ciò è espressione della tutela di interessi collettivi e dei singoli clienti nonché dei principi fondamentali alla base delle leggi che disciplinano tali professioni e attraverso le quali perseguono i fini sottesi alla loro funzione pubblica. Eccesso di delega e profili d’incostituzionalità? Secondo la difesa attorea il decreto sarebbe frutto di un eccesso di delega e, circa le nuove norme sul tirocinio di 18 mesi, sulla formazione continua lederebbe l’autonomia degli stessi e, riguardo ai procedimenti disciplinari, la delega legislativa non consentirebbe una separazione tra funzioni disciplinari e amministrative tale da trascurare la circostanza che solo alcuni collegi, consigli e ordini già esercitano le funzioni giurisdizionali mentre altri ne sono sprovvisti . Si riscontra, poi, un eccesso di potere, poiché il Governo avrebbe agito in maniera irragionevole ed illogica artt. 6 e 7 , creando ingiuste disparità di trattamento art. 8 lo stesso provvedimento sarebbe altresì carente di motivazione, evidenziando anche una palese mancanza di istruttoria . Infine lungi dal dettare esclusivamente principi fondamentali , disciplinerebbe in modo compiuto la materia delle professioni e quindi, violando le prerogative legislative regionali in materia di cui al comma 3 dell'art. 117 Cost., sarebbe affetto da nullità, in parte qua, per difetto assoluto di attribuzione ,ai sensi dell' art. 21 septies della legge n. 241/1990 . Il Tar ha respinto puntualmente tutte queste contestazioni. Il controllo del Ministero è legittimo ed i suoi pareri sono vincolanti. Infatti l’art. 2229 c.c. sancisce che questi organismi curano la tenuta degli albi ed esercitano il potere sanzionatorio sotto la vigilanza dello Stato, salvo diverse disposizioni di legge. In tal modo il controllo del Ministero esplica tale supervisione e siccome gli Ordini e i Collegi professionali tutelano i valori individuati nelle leggi che disciplinano le singole professioni, la vigilanza esercitata dal Ministero della Giustizia risulta funzionale all’interesse pubblico allo svolgimento corretto delle professioni . Infatti è uno strumento volto alla verifica che tale attività non sia contra legem, con finalità di tutela verso comportamenti anticoncorrenziali da parte degli organi dotati di potere autorizzatorio , come indicato anche dal CDS nel parere n. 3169/12 impugnato con questo ricorso. Ergo devono essere respinte tutte le sollevate critiche il regolamento rispetta la costituzione e l’art. 2229 c.c. La riforma del procedimento disciplinare è costituzionale e lecita. Non c’è stata alcuna violazione dell’art. 108 Cost. che prevede una riserva assoluta di legge per gli organi di disciplina aventi natura giurisdizionale, espressamente esclusi dal Regolamento di delegificazione impugnato. Si introduce una distinzione tra funzioni disciplinari di alcuni Consigli Nazionali, che rimangono in capo a questi ultimi, e funzioni disciplinari dei Consigli dell’Ordine avente sede territoriale, che acquistano un organo disciplinare autonomo e diverso da quello previsto in precedenza , sì che la nuova disciplina ad eccezione di alcuni Consigli Nazionali, trova applicazione su tutto il territorio nazionale e per tutti gli Ordini professionali che hanno natura territoriale , contrariamente a quanto sostenuto dal CNA che la riteneva limitata a poche professioni. Irrilevante il presunto aumento dei costi in capo a questi ultimi. Tirocinio. L’art. 6 DPR 137/12 costituisce attuazione del principio di effettività e serietà dell’attività di formazione teorico-pratica ed appare frutto del legittimo esercizio di discrezionalità, nei limiti che residuano dalla delega legislativa , tanto che non sono state mosse contestazioni, né rilevate difformità di legge dal CDS. Formazione continua. Lo stesso vale per l’obbligo formativo sancito dall’art. 6 che ha la finalità di garantire qualità ed efficienza della prestazione professionale e sviluppo della professione, anche a tutela degli interessi degli utenti e della collettività cui è rivolto il servizio professionale ed in relazione a ciò è sancito, per il singolo professionista, l’obbligo di formazione mediante un continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale, con conseguente rilievo disciplinare di un’eventuale violazione dell’obbligo .

TAR Lazio, sez. I, sentenza 3 luglio - 2 ottobre 2013, numero 8850 Presidente Piscitello - Estensore Perna Fatto 1. Con il ricorso in epigrafe il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati ha impugnato in parte qua, chiedendone la declaratoria di nullità o l’annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, il D.P.R. numero 137 del 7.8.2012, recante la riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell'art. 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, numero 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, numero 148 , nonché tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali. La parte ricorrente ha lamentato la lesività del DPR 137/2012 per la categoria professionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, limitatamente agli artt. 6, 7 ed 8 del testo di legge, relativi a tirocinio professionale, formazione e procedimenti disciplinari, evidenziando che il DPR verrebbe ad erodere competenze e prerogative proprie delle categorie dei professionisti. 2. Questi i motivi dedotti con l’epigrafato gravame 1.- Violazione e falsa applicazione de D.L. numero 138/2011, convertito in legge numero 148/2011 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della legge numero 251/1986. Violazione e falsa applicazione della legge numero 251/1986. Violazione e falsa applicazione della legge numero 400/1988. Violazione e falsa applicazione della legge numero 241/1990 nonché di tutti i principi generali vigenti in materia anche in relazione agli art, 3, 33, 41, 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 328/2001. Eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità, perplessità, irragionevolezza, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà. Sintomi di sviamento di potere. Il D.P.R. violerebbe la legge autorizzatoria della delegificazione cui lo stesso Regolamento è deputato sia per la materia del tirocinio professionale che per quella della formazione, i Consigli Nazionali dell'autonomia verrebbero spogliati dell’autonomia decisionale riconosciuta loro dalla legge, attribuendo al Ministro vigilante un indebito potere di controllo riguardo ai procedimenti disciplinari, la delega legislativa non consentirebbe una separazione tra funzioni disciplinari e amministrative tale da trascurare la circostanza che solo alcuni collegi, consigli e ordini già esercitano le funzioni giurisdizionali mentre altri ne sono sprovvisti. 2.- Violazione e falsa applicazione de D.L. numero 138/2011, convertito in legge numero 148/2011 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della legge numero 251/1986. Violazione e falsa applicazione della legge numero 251/1986. Violazione e falsa applicazione della legge numero 400/1988. Violazione e falsa applicazione della legge numero 241/1990 nonché di tutti i principi generali vigenti in materia anche in relazione agli art, 3, 33, 41, 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 328/2001. Eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità, perplessità, irragionevolezza, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà. Sintomi di sviamento di potere. Il Regolamento sarebbe illegittimo anche per eccesso di potere, in quanto il potere del Governo sarebbe stato esercitato, in parte qua, in maniera irragionevole ed illogica artt. 6 e 7 , creando ingiuste disparità di trattamento art. 8 lo stesso provvedimento sarebbe altresì carente di motivazione, evidenziando anche una palese mancanza di istruttoria. 3 -Violazione e falsa applicazione de D.L. numero 138/2011. convertito in legge numero 148/2011 e successive modificazioni. Violazione e falsa applicazione della legge numero 251/1986. Violazione e falsa applicazione della legge numero 251/1986. Violazione e falsa applicazione della legge numero 400/1988. Violazione e falsa applicazione della legge numero 241/1990 nonché di tutti i principi generali vigenti in materia anche in relazione agli art. 3, 33, 41, 97 e 117 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 328/2001. Eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità, perplessità, irragionevolezza, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà. Sintomi di sviamento di potere. Il Regolamento di delegificazione impugnato, lungi dal dettare esclusivamente principi fondamentali , disciplinerebbe in modo compiuto la materia delle professioni e quindi, violando le prerogative legislative regionali in materia di cui al comma 3 dell'art. 117 Cost., sarebbe affetto da nullità, in parte qua, per difetto assoluto di attribuzione ,ai sensi dell' art. 21 septies della legge numero 241/1990. 3. Nel presente giudizio si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero della Giustizia per resistere al ricorso in epigrafe, chiedendone il rigetto nel merito siccome infondato. 4. Con atto notificato in data 6 dicembre 2012, il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori C.N.A.P.P.C. ha spiegato intervento ad opponendum nel presente giudizio, chiedendone il rigetto nel merito. 5. Con ordinanza collegiale numero 10306/2012 dell’11 dicembre 2012 la Sezione ha disposto l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 49 c.p.a., nei confronti degli altri Ordini esponenti delle professioni intellettuali, autorizzando – come richiesto dalla parte ricorrente - la notifica del gravame attraverso l’utilizzo dei pubblici proclami. 6. Con memorie depositate in vista dell’udienza pubblica, il ricorrente ha eccepito l’inammissibilità per carenza di interesse dell’intervento ad opponendum del C.N.A.P.P.C., mentre quest’ultimo ha eccepito l’improcedibilità, o comunque l’inammissibilità, del ricorso per acquiescenza del ricorrente agli atti impugnati. 7. Alla Pubblica Udienza del 3 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione. Diritto 1.Va preliminarmente disattesa la questione pregiudiziale sollevata dalla parte ricorrente in ordine alla dedotta inammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato nel presente giudizio dal C.N.A.P.P.C La questione risulta superata a seguito della ordinanza della Sezione numero 10306/2012 del 12.12.2012 che ha disposto l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 49 C.P.A., nei confronti degli altri Ordini esponenti delle professioni intellettuali, avendo ritenuto, come evidenziato dal C.N.A.P.P.C., che il decreto impugnato coinvolgesse tutte le professioni intellettuali e pertanto anche la posizione giuridica del ripetuto Collegio Nazionale risulta mutata, essendo passato da soggetto interveniente a soggetto controinteressato in senso formale, e con ciò non più sindacabile da questo Giudice. 2. Sempre in via preliminare, si ritiene di poter prescindere dallo scrutinio delle eccezioni preliminari sollevate dal C.N.A.P.P.C., stante la infondatezza del ricorso, che si passerà dunque ad esaminare per gruppi omogenei di censure. 3. Con un primo gruppo di doglianze sostanzialmente si lamenta che il Regolamento gravato andrebbe ad erodere competenze e prerogative proprie dei Consigli Nazionali e degli Ordini delle professioni coinvolti dalla riforma, laddove esso, per alcune attività legate al tirocinio art. 6, commi 9 e 10 DPR , alla formazione art. 7, commi 2, 3 e 4 ed alla materia disciplinare art. 8, comma 8 , prevede il parere del Ministro vigilante sulle deliberazioni dei Consigli predetti detto parere realizzerebbe una forma di indebito potere di controllo e sarebbe inoltre sfornito di apposita delega normativa. 3.1 Le censure non hanno pregio. 3.2 A norma dell’articolo 2229 del Codice civile le associazioni professionali i.e. ordini e collegi professionali organizzano le professioni, curano la tenuta degli Albi ed esercitano il potere disciplinare ora mediante i Consigli di Disciplina , sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente. La sottoposizione delle suddette associazioni professionali alla vigilanza del Ministero della Giustizia realizza dunque la finalità di vigilanza dello Stato e siccome gli Ordini e i Collegi professionali tutelano i valori individuati nelle leggi che disciplinano le singole professioni, la vigilanza esercitata dal Ministero della Giustizia risulta funzionale all’interesse pubblico allo svolgimento corretto delle professioni. Ne consegue che la previsione del parere favorevole, ed in un caso vincolante, del Ministero della Giustizia sulla attività di regolamentazione dei Consigli Nazionali, così come recata dal Decreto impugnato, va considerata nell’ottica di professioni comunque vigilate dal Ministero, quale strumento volto alla verifica che tale attività non sia contra legem, con finalità di tutela verso comportamenti anticoncorrenziali da parte degli organi dotati di potere autorizzatorio tale opzione interpretativa risulta del resto in linea con le indicazioni offerte dal Consiglio di Stato, con il parere 10 luglio 2012, numero 3169, nella parte in cui ritiene ammissibile la partecipazione del ministro vigilante nel processo di formazione dei regolamenti emanati dai consigli nazionali”. 3.3 Le previsioni di parere del Ministro vigilante legate al tirocinio art. 6 comma 9 e 10 DPR , alla formazione art. 7 comma 2, 3 e 4 DPR ed alla materia disciplinare, art. 8 comma 8 DPR appaiono quindi coerenti con le previsioni legislative di cui all’art. 2229 del Codice Civile e con l’interesse pubblico sottostante alla vigilanza sulle Professioni intellettuali. 4. Parte ricorrente non può essere seguita neanche quando, in relazione alla nuova disciplina dei procedimenti disciplinari, di cui all’art. 8 del DPR 137/2012, deduce che la stessa riguarderebbe solo una piccola parte del totale delle professioni Agrotecnici, Assistenti sociali, Biologi, Commercialisti ed Esperti contabili, Consulenti del lavoro e Tecnologi alimentari , con una generazione di costi per i nuovi organismi disciplinari. 4.1 Si osserva in contrario che la nuova disciplina sul procedimento disciplinare interessa tutte le professioni, essendo stata operata nel contestato Decreto una distinzione tra funzioni disciplinari di alcuni Consigli Nazionali, che rimangono in capo a questi ultimi, e funzioni disciplinari dei Consigli dell’Ordine avente sede territoriale, che acquistano un organo disciplinare autonomo e diverso da quello previsto in precedenza e tanto, sia in base al citato parere numero 3169/2012 del Consiglio di Stato, sia a seguito delle osservazioni presentate dalle Commissioni Giustizia di Camera e Senato. Pertanto, ad eccezione di alcuni Consigli Nazionali, la materia disciplinare, come riformata dal DPR impugnato, trova applicazione su tutto il territorio nazionale e per tutti gli Ordini professionali che hanno natura territoriale. 4.2 Tanto premesso in via generale, nello specifico si rileva ancora che l’art. 8 del DPR 137/2012 ha riguardo ai limiti di operatività della delegificazione, tenendo presente il limite della riserva assoluta di legge di cui all’art. 108, primo comma, della Costituzione, per gli organi di disciplina aventi natura giurisdizionale di tal che dalla disciplina regolamentare vengono esclusi del tutto gli organi di disciplina aventi natura giurisdizionale. Quanto agli aspetti legati ai costi, può ritenersi che, in assenza di indicazioni da parte del legislatore, sia rimessa alla discrezionalità di ciascun Ordine territoriale prevedere se debbano essere imputati o meno dei costi per i nuovi Consigli di Disciplina, in conformità agli usi invalsi nel momento in cui la funzione disciplinare ed amministrativa era in capo al medesimo Ordine. 5. Per quanto riguarda la materia del tirocinio per l’accesso alla professione, di cui all’art. 6 del Regolamento, detta norma costituisce attuazione del principio di effettività e serietà dell’attività di formazione teorico-pratica ed appare frutto del legittimo esercizio di discrezionalità, nei limiti che residuano dalla delega legislativa, e da questa non difforme, come si evince dall’assenza di rilievi in proposito nel citato parere del Consiglio di Stato. Ad analoghe conclusioni si può giungere con riferimento al censurato articolo 7 del DPR 137/2012, sulla formazione continua permanente, avendo riguardo alla circostanza che tale disposizione ha la finalità di garantire qualità ed efficienza della prestazione professionale e sviluppo della professione, anche a tutela degli interessi degli utenti e della collettività cui è rivolto il servizio professionale ed in relazione a ciò è sancito, per il singolo professionista, l’obbligo di formazione mediante un continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale, con conseguente rilievo disciplinare di un’eventuale violazione dell’obbligo. 6. Per le considerazioni complessivamente svolte il ricorso è infondato e va respinto. 7. Considerata la novità e la complessità della materia trattata, si ritengono sussistere giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa le spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.