Perequazione e diritti edificatori: vince il principio di economicità

Il principio di economicità è valevole non solo a conformare l'attività dell'amministrazione, ma anche come principio di valutazione dei costi dell'attività edilizia in favore dei privati, ma con alcune precisazioni.

Infatti, qualora il principio venisse inteso in una accezione meramente economica, considerata dal punto di vista della parte onerata della costruzione, verrebbe a perdere ogni utile valenza. Ciò in quanto qualsiasi costruzione è in sé onerosa e quindi ogni edificazione si porrebbe in contrasto con una nozione del concetto che si riallacci al mero costo dell’intervento. Il principio di economicità. Si tratta, pertanto, un principio da intendersi dinamicamente, e derivante dall’equilibrio tra le differenti aspettative delle parti, sia quella pubblica, mirante ad una riqualificazione dell’area, che quella privata, tesa al miglior sfruttamento economico dei propri assetti. Pertanto non è il concetto di costo dell’intervento a definire il principio di economicità, ma una valutazione più complessa, che contempli e leghi tutti i diversi utili, privati o pubblici, connessi all'edificabilità riconosciuta dalla previsione urbanistica. In sintesi, il concetto è reso al meglio quando si faccia riferimento alla redditività della trasformazione, ossia alla proiezione futura degli esiti dell’intervento in termini di vantaggi per le parti coinvolte. Sussidiarietà, co-pianificazione, perequazione. Il Consiglio di Stato, Sezione IV, con diverse sentenze depositate il 24 settembre nn. 4702, 4703, 4705 ha accolto tutti gli appelli presentati dal Comune di Potenza avverso altrettante sentenze relative agli strumenti urbanistici di nuova concezione e conseguenti alla legge urbanistica della Regione Basilicata, che come molte discipline regionali di nuova concezione si fonda su principi in parte innovativi, come quello di sussidiarietà, di co-pianificazione o di perequazione. I diritti edificatori. Nel caso specifico che riguarda, in particolare i diritti edificatori, nel senso che il Comune aveva previsto la demolizione di alcuni edifici produttivi e la loro ricostruzione in altra sede, il Giudice amministrativo ha osservato la notevole e apprezzabile accuratezza dell’amministrazione nell’individuare le direttrici della propria azione e nel rendere trasparenti le proprie scelte urbanistiche. Ciò tuttavia, ha osservato la Sezione, la valutazione di economicità compete anche e soprattutto al privato. Con la conseguenza che non deve essere possibile trasformare la stima del Comune in un fatto cogente per il privato. Ha osservato, infatti, la Sezione che la regolamentazione edilizia è tesa a disciplinare un’attività che, seppure pesantemente conformata, è sempre l’esplicazione di un diritto del privato, ed è in capo a questi deve sempre rimanere un margine di libertà, fosse anche nel solo senso di rinunciare all’intervento programmato. Nell’ambito della pianificazione urbanistica, la tensione tra i diritti del privato e la potestà pianificatoria dell’amministrazione fa nascere situazioni giuridiche soggettive caratterizzate da ampia discrezionalità nell’adozione delle determinazioni concrete sulle modalità edilizie. Il che implica che, se da un lato l’amministrazione deve comunque lasciare al privato il suo ambito decisionale minimo che è dato dalla rinuncia all’edificazione, qualora le ipotesi disponibili fossero ritenute troppo onerose , dall’altro l’amministrazione può certamente indicare ipotesi diverse per il contemperamento degli interessi, essendo la sua azione legata unicamente al rispetto della strumentazione urbanistica vigente. Per tali ragioni, la Sezione ha annullato la decisione del TAR perchè aveva adottato una soluzione della tensione tra le diverse posizioni, imponendo all’amministrazione il trasferimento dei diritti edificatori e tale soluzione era certamente lesiva degli ambiti decisionali dell’amministrazione. Concludendo che, in sostanza, al Comune si può chiedere unicamente di riconsiderare la posizione delle parti, nel rispetto della pianificazione urbanistica vigente, eventualmente offrendo soluzioni alternative e sempre rispettando il contenuto minimo di libertà del privato.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 4 giugno - 24 settembre 2013, n. 4705 Presidente Virgilio – Estensore Sabatino Fatto Con ricorso iscritto al n. 4761 del 2012, il Comune di Potenza propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata, sezione prima, n. 602 del 16 dicembre 2011 con la quale è stato accolto, per quanto in motivazione, il ricorso proposto da Lamorgese immobiliare s.a.s. di Luigi Lamorgese & amp C. per l'annullamento della Del. C.C. n. 13 del 31.3.2009, di approvazione del Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, nella parte in cui, con riferimento alla disciplina urbanistica del Distretto Urbano di Trasformazione C, non ha accolto l’osservazione, presentata dalla società ricorrente e finalizzata sia alla limitazione del perimetro del predetto Distretto all’immobile di proprietà della ricorrente , destinato a supermercato, escludendo l’altro fabbricato, dove sono ubicati una pasticceria ed un gommista, sia alla demolizione di due manufatti sempre di proprietà della ricorrente , posti a confine dell’area ed attualmente destinati a deposito del supermercato, ed al loro accorpamento mediante l’ampliamento del predetto supermercato su un solo livello, aumentando l’attuale sagoma edilizia, preservata interamente nella parte già esistente. Dinanzi al giudice di prime cure, la società ricorrente, ora appellata, aveva premesso di essere proprietaria del terreno foglio di mappa n. 47, particella n. 2216, sito nella Località Gallitello, sul quale ha costruito un immobile, composto da un solo livello ed adibito a supermercato, ed altri due fabbricati anch’essi ad un solo livello , adibiti a deposito del predetto supermercato il supermercato si estende anche al piano terra di un altro edificio adiacente, composto da più piani. Su terreno limitrofo insiste un altro immobile anch’esso composto da un solo livello , di proprietà della Lavori S.r.l. e di Garofalo Giuliano, dove sono ubicati una pasticceria e un gommista. Con Del. C.C. n. 21 del 17.3.2008 il Comune di Potenza adottava il Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, che prevedeva la riqualificazione dell’intera area del Gallitello, attraverso il reperimento di più spazi pubblici, destinati ad aree di verde attrezzato e ad aree di verde di carattere urbano ed al miglioramento e/o razionalizzazione della viabilità veicolare, nel cui ambito veniva individuato il Distretto Urbano di Trasformazione C, comprensivo degli immobili di proprietà della società ricorrente e della Lavori S.r.l.-Garofalo Giuliano, ma non anche dello stralciato edificio pluripiani nel cui piano terra si estende il supermercato della società ricorrente. Più precisamente, il R.U. prevedeva la demolizione della parte del supermercato, non rientrante nel piano terra dell’adiacente edificio pluripiani dei due fabbricati, adibiti a deposito del predetto supermercato, e dell’immobile, dove erano ubicati la pasticceria ed il gommista, e la costruzione di un nuovo edificio sull’area di sedime dell’attuale porzione di supermercato, non facente parte del piano terra dell’adiacente edificio pluripiani, che comprendesse sia l’ampliamento del precedente supermercato, sia il volume dell’immobile dove erano ubicati la pasticceria ed il gommista per la continuazione delle precedenti attività di pasticceria e gommista . L’area di sedime, dove insisteva l’immobile comprendente la pasticceria ed il gommista, veniva destinata a zona verde. Tale scelta urbanistica era stata assunta, in quanto l’ampliamento della prospiciente strada comunale cd. progetto del Nodo Complesso, i cui lavori stavano per essere completati aveva reso incompatibile la persistenza del predetto immobile, di proprietà della Lavori S.r.l. e di Garofalo Giuliano, perché troppo vicino alla nuova viabilità, per cui il terreno di tale immobile, unitamente alla fascia adiacente al tracciato ferroviario ed al torrente Gallitello, veniva destinato a verde di carattere urbano. Dopo la pubblicazione della predetta Del. C.C. n. 21 del 17.3.2008 la società ricorrente presentò un’osservazione, finalizzata sia alla limitazione del perimetro del Distretto all’immobile di proprietà della ricorrente , destinato a supermercato, escludendo l’altro fabbricato, dove sono ubicati la pasticceria ed il gommista, sia alla demolizione di due manufatti sempre di proprietà della ricorrente , posti a confine dell’area ed attualmente destinati a deposito del supermercato, ed al loro accorpamento mediante l’ampliamento del medesimo supermercato su un solo livello, aumentando l’attuale sagoma edilizia, preservata interamente nella parte già esistente. Tale osservazione veniva respinta dal Consiglio Comunale con la Del. C.C. n. 13 del 31.3.2009, di approvazione del Regolamento Urbanistico ex art. 16 L.R. n. 23/1999, in quanto il perimetro del Distretto Urbano di Trasformazione C garantiva sia una maggiore unitarietà dell’intervento, sia l’obiettivo della concreta riqualificazione dell’area”, anche se veniva riconosciuta la possibilità di realizzare il nuovo edificio, comprendente, oltre all’ampliamento del supermercato, anche il volume dell’immobile dove erano ubicati la pasticceria ed il gommista, in altra posizione” rispetto a quella ipotizzata nel Regolamento Urbanistico. Tale Del. C.C. n. 13 del 31.3.2009, nella parte relativa alla sopra descritta disciplina urbanistica del Distretto Urbano di Trasformazione C, è stata impugnata con il ricorso in prime cure notificato il 29/30.6.2009 al Comune di Potenza, alla Regione Basilicata, alla Lavori S.r.l., a. Garofalo Giuliano ed a Garofalo Luigi Antonio , deducendo la violazione degli artt. 1, commi 1 e 2, 5, commi 4 e 6, 13 e 15, comma 3, delle Norme Tecniche di Attuazione del medesimo Regolamento Urbanistico approvato con l’impugnata Del. C.C. n. 13 del 31.3.2009 , dell’art. 12 L.R. n. 19/1999, dell’art. 36 L.R. n. 23/1999, nonché l’eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed erroneità dei presupposti. Costituitosi il Comune di Potenza, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, unicamente in relazione al primo motivo di doglianza, e anche parzialmente, in relazione al contrasto con il principio di economicità. Contestando le statuizioni del primo giudice, il Comune appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze. Nel giudizio di appello, si è costituita la parte controinteressata, Lamorgese immobiliare s.a.s. di Luigi Lamorgese & amp C., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. All’udienza del 24 luglio 2012, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 2859/2012. Alla pubblica udienza del 4 giugno 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione. Diritto 1. - L’appello è parzialmente fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati. 2. - Va preliminarmente evidenziato come, stante il contenuto della costituzione della parte appellata, che non ha riproposto i motivi respinti dal T.A.R., la Sezione si dovrà soffermare unicamente sulle ragioni vantate dal Comune appellante, che lamentano l’errata considerazione dell’ambito di applicazione del principio di economicità, desunto dal T.A.R. dalla lettura dell’art. 1, comma 2, delle norme tecniche di attuazione dell’impugnato Regolamento urbanistico. 3. - Osserva la Sezione come tale principio sia stato correttamente evocato dal giudice di prime cure come valevole non solo a conformare l’attività dell’amministrazione, ma anche come principio di valutazione dei costi dell’attività edilizia in favore dei privati. I due aspetti dello stesso tema devono essere congiuntamente valutati. Infatti, qualora il principio venisse inteso in una accezione meramente economica, considerata dal punto di vista della parte onerata della costruzione, verrebbe a perdere ogni utile valenza, atteso che qualsiasi costruzione è in sé onerosa e quindi ogni edificazione si porrebbe in contrasto con una nozione del concetto che si riallacci al mero costo dell’intervento. Deve quindi affermarsi come l’evocato principio di economicità sia un principio da intendersi dinamicamente, e derivante dall’equilibrio tra le differenti aspettative delle parti, sia quella pubblica, mirante ad una riqualificazione dell’area, che quella privata, tesa al miglior sfruttamento economico dei propri assetti. Pertanto non è il concetto di costo dell’intervento a definire il principio di economicità, ma una valutazione più complessa, che contempli e leghi tutti i diversi utili, privati o pubblici, connessi all'edificabilità riconosciuta dalla previsione urbanistica. In sintesi, il concetto è reso al meglio quando si faccia riferimento alla redditività della trasformazione, ossia alla proiezione futura degli esiti dell’intervento in termini di vantaggi per le parti coinvolte. Inteso in tal modo, la lettura data dal giudice di prime cure, sebbene stringata, non appare errata, atteso che lo stesso si è limitato a evidenziare come l’economicità vada sempre osservata facendo perno sulle posizioni contrapposte delle parti. 4. - In tal senso, perde rilievo la pur interessante regolazione di tali profili datasi dall’amministrazione, in sede di redazione del regolamento urbanistico, e dove viene costruito un metodo di oggettivazione della redditività degli interventi edilizi in rapporto alla progettazione dei distretti urbani. Nella Relazione sui criteri di determinazione e verifiche di fattibilità degli indici di utilizzazione perequazione urbanistica del regolamento, viene infatti a chiarita la funzione del concetto di perequazione urbanistica, inteso come meccanismo che rende le trasformazioni contenute negli strumenti della pianificazione attuabili dal punto di vista economico, sia per gli enti locali, sempre più impossibilitati a sostenere le spese per l'acquisizione delle aree necessarie per la collettività, sia per i proprietari delle stesse aree, precisando che questo mira a rendere disponibile il soggetto privato a cedere gratuitamente le aree necessarie a garantire un benefico sviluppo della comunità urbana, in cambio di diritti edificatori b individuata la spinta per il funzionamento del sistema, che è data dall’equilibrio tra convenienza pubblica e convenienza privata c costruito un meccanismo di verifica di tale equilibrio, dato da un'analisi di tipo economico – finanziario, articolata in tre fasi successive, e dove - in primo luogo, si procede all’attribuzione di un indice di edificabilità convenzionale al privato, come riconoscimento del proprio ristoro alla trasformazione da attuarsi. In dettaglio, l’indice è correlato, tra l'altro, al valore di mercato degli immobili, desunto dall'analisi di mercato effettuata su microzone, ed al valore medio dell'indice di utilizzazione territoriale delle aree limitrofe, poiché i valori di mercato delle aree non ancora edificate si differenziano in ragione del fattore posizionale - in secondo luogo, avviene il calcolo delle grandezze fondamentali da adoperarsi nella valutazione economica della trasformazione urbanistica, dove le citate grandezze fondamentali sono l'indice di edificabilità territoriale rappresenta la superficie utile lorda massima realizzabile per ogni metro quadrato di superficie territoriale, il cui rapporto è espresso in mq/mq , la percentuale di ogni singola destinazione d'uso, le superfici compensative parti di superficie di distretto urbano che vengono cedute a titolo gratuito alla pubblica amministrazione, quale contropartita del diritto edificatorio riconosciuto al privato sull'intera superficie del distretto e la loro utilizzazione, l'incidenza dei contributi di costruzione e delle opere di urbanizzazione, gli ulteriori oneri a carico dei privati, il ricavo dalla vendita del realizzato - in terzo luogo, si passa all'analisi economica dei distretti, per verificare la convenienza economica della trasformazione. La disamina appena condotta evidenzia una notevole e apprezzabile accuratezza dell’amministrazione nell’individuare le direttrici della propria azione e nel rendere trasparenti le proprie scelte urbanistiche. Ciò tuttavia non infirma il discorso sopra svolto sulla necessità che la valutazione di economicità competa anche e soprattutto al privato, e che non sia possibile trasformare la stima del Comune in un fatto cogente per il privato. Osserva, infatti, la Sezione che la regolamentazione edilizia è tesa a disciplinare un’attività che, seppure pesantemente conformata, è sempre l’esplicazione di un diritto del privato, ed è in capo a questi deve sempre rimanere un margine di libertà, fosse anche nel solo senso di rinunciare all’intervento programmato. Tali ragioni escludono quindi la rilevanza della censura, genericamente proposta dal Comune di Potenza, sull’interpretazione data dal primo giudice in merito all’applicabile principio di economicità. 5. - Superata la doglianza di carattere generale, deve invece evidenziarsi la fondatezza delle censure proposte nel dettaglio contro la sentenza nella parte in cui impone all’amministrazione di trasferire ‘i diritti edificatori’, relativi al volume dell’immobile dove ora sono ubicati la pasticceria ed il gommista, presso un’altra area idonea oppure presso una superficie, destinata a servizi pubblici, fermo restando il rispetto degli standard urbanistici”. Come correttamente evidenziato dalla difesa appellante, e come desumibile da quanto sopra osservato, nell’ambito della pianificazione urbanistica, la tensione tra i diritti del privato e la potestà pianificatoria dell’amministrazione fa nascere situazioni giuridiche soggettive caratterizzate da ampia discrezionalità nell’adozione delle determinazioni concrete sulle modalità edilizie. Il che implica che, se da un lato l’amministrazione deve comunque lasciare al privato il suo ambito decisionale minimo che è dato dalla rinuncia all’edificazione, qualora le ipotesi disponibili fossero ritenute troppo onerose , dall’altro l’amministrazione può certamente indicare ipotesi diverse per il contemperamento degli interessi, essendo la sua azione legata unicamente al rispetto della strumentazione urbanistica vigente. Per tali ragioni, la decisione del T.A.R. che adotta un’espressa soluzione della tensione tra le diverse posizioni e impone all’amministrazione il trasferimento dei diritti edificatori e in disparte la posizione critica di questa Sezione sulla possibilità che gli standard urbanistici siano reperiti in aree non direttamente fruibili – vedi Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2916 del 28 maggio 2013 -, o sulla loro monetizzazione - vedi Consiglio di Stato, sez. IV, 4 febbraio 2013 n. 644 , appare certamente lesiva degli ambiti decisionali dell’amministrazione. La detta statuizione va quindi annullata, potendosi chiedere al Comune di Potenza unicamente di riconsiderare la posizione delle parti, nel rispetto della pianificazione urbanistica vigente, eventualmente offrendo soluzioni alternative e sempre rispettando il contenuto minimo di libertà del privato. 6. - L’appello va quindi accolto, nei limiti di cui in motivazione. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede 1. Accoglie in parte l’appello n. 4761 del 2012, nei sensi di cui in motivazione 2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.