Riconosciuta l’attività di ricercatore al prof. vincitore del concorso

Nella carriera universitaria, il professore associato che vince il concorso, ha diritto a vedersi riconosciuta l'attività svolta come ricercatore. La categoria degli assegnisti di ricerca costituisce, infatti, un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con le università e le istituzioni di ricerca vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del d.p.r. n. 382/1980.

Il caso. La problematica sottoposta al Collegio riguarda l’interpretazione dell’art. 103 d.p.r. n. 382/1980, il quale detta la disciplina per il riconoscimento all’atto della nomina in ruolo dei servizi precedentemente prestati dai docenti e ricercatori universitari nel caso di specie in particolare si è discusso della disciplina applicabile per i professori associati, categoria alla quale apparteneva appellato all’atto della proposizione del ricorso di primo grado, ma le considerazioni che sono state svolte dalla Sezione sono in gran parte applicabili anche alle restanti categorie del personale docente e di ricerca. Il riconoscimento dei precedenti servizi dei professori associati è disciplinato specificamente dal secondo comma del citato d.p.r., ai sensi del quale ai professori associati, all'atto della conferma in ruolo o della nomina in ruolo ai sensi del precedente art. 50, è riconosciuto per due terzi ai fini della carriera, il servizio effettivamente prestato in qualità di professore incaricato, di ricercatore universitario o di enti pubblici di ricerca, di assistente di ruolo o incaricato, di assistente straordinario, di tecnico laureato, di astronomo e ricercatore degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, di curatore degli orti botanici e di conservatore di musei e per la metà agli stessi fini il servizio prestato in una delle figure previste dal citato art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonché per un terzo in qualità di assistente volontario . La norma in questione è transitoria? Nell’interpretare la norma sopra riportata, il Collegio ha premesso come non possa essere condivisibile la tesi dell’appellante Università, secondo la quale la stessa aveva carattere transitorio. La norma, infatti, è certamente transitoria nella parte in cui si riferisce ai vincitori delle particolari procedure di cui all’art. 50 dello stesso d.p.r., esperibili solo in fase di prima applicazione di quella riforma non può invece essere ritenuta transitoria nella restante parte, nella quale si riferisce ad un evento necessario di ogni professore associato quale il giudizio di conferma, per cui trova applicazione ogni volta che la carriera di un docente giunga a tale fase. E la lista è tassativa? La tesi dell’appellante, rileva ancora la Sezione, deve invece essere condivisa nella parte in cui afferma il carattere tassativo dell’elenco di servizi riconoscibili, in quanto conforme ad un orientamento pacifico del Consiglio di Stato sez. VI, n. 8378/2010 . Peraltro, l'appellato chiedeva il riconoscimento di un servizio, prestato come assistente, che non poteva essere preso in considerazione dall’art. 103 in quanto il relativo rapporto è stato instaurato ai sensi ai sensi dell'articolo 51, sesto comma, legge n. 449/1997, e quindi sopravvenuto rispetto all’entrata in vigore della norma. La questione consiste quindi, come già accennato, nello stabilire se la predetta elencazione tassativa, contenuta nell’art. 103, debba restare ferma ovvero quale incidenza abbiano eventuali mutamenti di legislazione intervenuti dopo la sua entrata in vigore. Il Collegio ritiene che eventuali mutamenti del regime giuridico delle categorie professionali elencate dall’art. 103 impongano di applicare i benefici ivi previsti anche in relazione alle categorie che abbiano avuto origine dalla trasformazione di quelle esistenti nel 1980 e prese espressamente in considerazione dallo stesso art. 103. Il principio è stato già affermato dal Consiglio di Stato in relazione ai funzionari tecnici delle università, il cui servizio è stato ritenuto riconoscibile all’atto della conferma in ruolo come docente, in quanto la figura del funzionario tecnico è stata ritenuta una mera evoluzione di quella del tecnico laureato, espressamente considerata dall’art. 103 più volte citato. Nessuna disparità di trattamento in situazioni identiche. Il Collegio ha ritenuto di doversi adeguare a tale orientamento, che condivide, in quanto l’opposta opinione conduce con certezza a creare situazioni di disparità di trattamento fra situazioni identiche. Quando, come nel caso di specie, si pone il dubbio del carattere discriminatorio della norma da applicare è compito dell’interprete seguire la lettura della norma stessa che consenta di rispettare il principio dell’art. 3 della carta fondamentale, mentre il sollevare la questione di costituzionalità alla Corte Costituzionale, suggerito dall’Amministrazione, è ammissibile solo nel caso in cui la norma sia univocamente interpretabile in senso difforme dalla Costituzione. Di conseguenza, la riconosciuta tassatività dell’elencazione dell’art. 103 impone di sottoporre alla Corte i problemi eventualmente sollevati in relazione a qualifiche già vigenti alla data della sua entrata in vigore e trascurate dal legislatore, qualora l’interprete ritenga ingiustificata la differenza di trattamento. Nel caso di qualifiche di nuova istituzione, delle quali il legislatore del 1980 non può avere tenuto conto, occorre valutare se le stesse, come già detto, siano assimilabili a quelle elencate. Stesso trattamento se le nuove qualifiche sono assimilabili a quelle elencate. In sostanza, il servizio come assegnista di ricerca ai sensi dell'articolo 51, sesto comma, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sarebbe del tutto equiparabile a quello dei titolari di borsa di studio individuati nell'articolo 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, espressamente preso in considerazione dalla norma. In particolare, i titolari di borsa di studio di cui all’art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, sono i titolari di borse o assegni, di formazione o addestramento scientifico e didattico o comunque denominati, purché finalizzati agli scopi predetti, istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari, anche se provenienti da donazioni o da contratti o da convenzioni con enti o con privati, ed assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso . Gli assegni di ricerca sono o meglio erano disciplinati dall’art. 51, comma sesto, legge n. 449/1997, ai sensi del quale le università, gli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 8 D.P.C.M. n. 593/1993, e successive modificazioni e integrazioni, l'ENEA e l'ASI, nonché il Corpo forestale dello Stato, nell'ambito delle disponibilità di bilancio, assicurando, con proprie disposizioni, idonee procedure di valutazione comparativa e la pubblicità degli atti, possono conferire assegni per la collaborazione ad attività di ricerca. Possono essere titolari degli assegni dottori di ricerca o laureati in possesso di curriculum scientifico-professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo presso i soggetti di cui al primo comma. Gli assegni hanno durata non superiore a quattro anni e possono essere rinnovati nel limite massimo di otto anni con lo stesso soggetto, ovvero di quattro anni se il titolare ha usufruito della borsa per il dottorato di ricerca. Non è ammesso il cumulo con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, tranne quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari di assegni. Il titolare di assegni può frequentare corsi di dottorato di ricerca anche in deroga al numero determinato, per ciascuna università, ai sensi dell'articolo 70 d.p.r. n. 382/1980, fermo restando il superamento delle prove di ammissione. Le università possono fissare il numero massimo dei beneficiari ammessi a frequentare in sovrannumero i corsi di dottorato omissis . Gli assegni e i contratti non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al primo periodo del presente comma . In sostanza, ha concluso il Collegio, non può essere ravvisata una differenza sostanziale fra i due rapporti precari, ma può solo essere rilevato come la disciplina dettata dalla normativa più recente sia molto più precisa ed analitica di quella impostata dalla legge del 1980. Peraltro, osserva ancora la Sezione, con maggiore attinenza al problema può essere rilevato come la legge del 1997 individui anche attività di ricerca svolta presso enti diversi dalle università, i quali nella precedente normativa potevano solo finanziare progetti da svolgere integralmente presso queste ultime, ma anche questo aspetto appare irrilevante una volta che l’attività della quale si chiede il riconoscimento sia stata svolta presso l’università.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 22 novembre 2011 – 11 gennaio 2012, n. 102/12 Presidente Maruotti – Relatore Atzeni Fatto e diritto 1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al n. 3074/07, il sig. M. L., professore associato presso l’Università degli studi Federico II” di Napoli, impugnava il decreto UPRD/ass./171328 in data 28 marzo 2007, con il quale il Rettore aveva respinto la sua istanza, volta ad ottenere il riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato come assegnista di ricerca dal 15 luglio 1999 al 17 aprile 2000 e dal 1° settembre 2000 al 31 agosto 2001, nonché la nota di preavviso di diniego n. 11628 in data 14 febbraio 2007 ed ogni altro atto connesso chiedeva inoltre l’accertamento del proprio diritto alla ricostruzione economica della carriera previo riconoscimento del suddetto servizio, ai sensi dell’art. 103 del d.p.r. 25 novembre 1980, n. 382, e la conseguente condanna dell’Amministrazione alla corresponsione di tutte le differenze retributive tra quanto dovuto e quanto effettivamente percepito a decorrere dal 1° novembre 2005, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria dalla maturazione dei singoli crediti fino al soddisfo. Il prof. L. deduceva le argomentazioni, così riassunte nella sentenza di primo grado violazione e falsa applicazione dell’art. 103 del d.p.r. 382/80, sopra richiamato, e dell'articolo 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28 dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 eccesso di potere per presupposto erroneo di legge difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità ed disparità di trattamento, manifesta ingiustizia, perplessità e sviamento, violazione dell'articolo 97 della costituzione e del giusto procedimento di legge. I titolari di assegni di ricerca, ai sensi dell'articolo 51, sesto comma, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sarebbero del tutto equiparati ai titolari di borsa di studio individuati nell'articolo 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, posto che le borse di studio e gli assegni seguirebbero finalità analoghe. L'assegno di ricerca rientrerebbe nelle previsioni dell'articolo 7, lett. e , della legge 21 febbraio 1980, n. 28, tanto è vero che l'assegno di ricerca viene attribuito con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso. In tal senso deporrebbe anche il parere del consiglio universitario nazionale del 15 settembre 2005, che si è espresso favorevolmente ai riconoscimenti in carriera degli assegni di ricerca, posto che essi perseguirebbero finalità analoghe di formazione scientifica e didattica a quelle previste dall'art. 7 della legge 28/1980. Alcuni atenei avrebbero già ammesso la suddetta equiparazione, riconoscendo ai fini economici e di carriera gli assegni di ricerca proprio sulla base delle motivazioni indicate dal parere del C.U.N Il ricorrente chiedeva quindi l’accoglimento delle conclusioni sopra riassunte. Con la sentenza in epigrafe, n. 16962/10 in data 23 luglio 2010, il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione II, accoglieva il ricorso, per l’effetto annullando il decreto rettorale UPDR/Ass./171328 del 28 marzo 2007 e dichiarando il diritto del ricorrente al computo in suo favore dei benefici, con condanna dell'Amministrazione resistente al pagamento delle differenze retributive connesse e conseguenti, oltre accessori ex art. 429 c.p.c. dalla data di maturazione dei singoli ratei al saldo e compensando integralmente le spese di lite tra le parti. 2. Avverso la predetta sentenza propone l’appello in epigrafe, rubricato al n. 10092/10, l’Università degli studi Federico II” di Napoli, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado. Si è costituito in giudizio il prof. M. L., chiedendo il rigetto dell’appello. La causa è stata chiamata in decisione alla pubblica udienza del 22 novembre 2011. 3. La problematica sottoposta al Collegio riguarda l’interpretazione dell’art. 103 del d.p.r. 25 novembre 1980, n. 382, il quale detta la disciplina per il riconoscimento all’atto della nomina in ruolo dei servizi precedentemente prestati dai docenti e ricercatori universitari nel caso di specie in particolare si discute della disciplina applicabile per i professori associati, categoria alla quale apparteneva l’odierno appellato all’atto della proposizione del ricorso di primo grado, ma le considerazioni che verranno svolte di seguito sono in gran parte applicabili anche alle restanti categorie del personale docente e di ricerca. Il riconoscimento dei precedenti servizi dei professori associati è disciplinato specificamente dal secondo comma, ai sensi del quale ai professori associati, all'atto della conferma in ruolo o della nomina in ruolo ai sensi del precedente art. 50, è riconosciuto per due terzi ai fini della carriera, il servizio effettivamente prestato in qualità di professore incaricato, di ricercatore universitario o di enti pubblici di ricerca, di assistente di ruolo o incaricato, di assistente straordinario, di tecnico laureato, di astronomo e ricercatore degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, di curatore degli orti botanici e di conservatore di musei e per la metà agli stessi fini il servizio prestato in una delle figure previste dal citato art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonché per un terzo in qualità di assistente volontario”. Nell’interpretare la norma appena riportata occorre premettere come non sia condivisibile la tesi dell’appellante, secondo la quale la stessa ha carattere transitorio. La norma, infatti, è certamente transitoria nella parte in cui si riferisce ai vincitori delle particolari procedure di cui all’art. 50 dello stesso d.p.r., esperibili solo in fase di prima applicazione di quella riforma non può invece essere ritenuta transitoria nella restante parte, nella quale si riferisce ad un evento necessario di ogni professore associato quale il giudizio di conferma, per cui trova applicazione ogni volta che la carriera di un docente giunga a tale fase. La tesi dell’appellante deve invece essere condivisa nella parte in cui afferma il carattere tassativo dell’elenco di servizi riconoscibili, in quanto conforme ad un orientamento pacifico di questo Consiglio di Stato da ultimo C. di S., VI, 1 dicembre 2010, n. 8378 . Peraltro, l’odierno appellato chiede il riconoscimento di un servizio, prestato come assistente, che non poteva essere preso in considerazione dall’art. 103 in quanto il relativo rapporto è stato instaurato ai sensi ai sensi dell'articolo 51, sesto comma, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e quindi sopravvenuto rispetto all’entrata in vigore della norma. La questione consiste quindi, come già accennato, nello stabilire se la predetta elencazione tassativa, contenuta nell’art. 103, debba restare ferma ovvero quale incidenza abbiano eventuali mutamenti di legislazione intervenuti dopo la sua entrata in vigore. Il Collegio ritiene che eventuali mutamenti del regime giuridico delle categorie professionali elencate dall’art. 103 impongano di applicare i benefici ivi previsti anche in relazione alle categorie che abbiano avuto origine dalla trasformazione di quelle esistenti nel 1980 e prese espressamente in considerazione dallo stesso art. 103. Il principio è stato già affermato da questo Consiglio di Stato in relazione ai funzionari tecnici delle università, il cui servizio è stato ritenuto riconoscibile all’atto della conferma in ruolo come docente, in quanto la figura del funzionario tecnico è stata ritenuta una mera evoluzione di quella del tecnico laureato, espressamente considerata dall’art. 103 più volte citato C. di S., VI, 19 agosto 2009, n. 4988 da ultimo 1 dicembre 2010, n. 8384 . Il Collegio ritiene di doversi adeguare a tale orientamento, che condivide, in quanto l’opposta opinione conduce con certezza a creare situazioni di disparità di trattamento fra situazioni identiche. Quando, come nel caso di specie, si pone il dubbio del carattere discriminatorio della norma da applicare è compito dell’interprete seguire la lettura della norma stessa che consenta di rispettare il principio dell’art. 3 della carta fondamentale, mentre il sollevare la questione di costituzionalità alla Corte Costituzionale, suggerito dall’Amministrazione, è ammissibile solo nel caso in cui la norma sia univocamente interpretabile in senso difforme dalla Costituzione. Di conseguenza, la riconosciuta tassatività dell’elencazione dell’art. 103 impone di sottoporre alla Corte i problemi eventualmente sollevati in relazione a qualifiche già vigenti alla data della sua entrata in vigore e trascurate dal legislatore, qualora l’interprete ritenga ingiustificata la differenza di trattamento. Nel caso di qualifiche di nuova istituzione, delle quali il legislatore del 1980 non può avere tenuto conto, occorre valutare se le stesse, come già detto, siano assimilabili a quelle elencate. L’appellante ritiene che il suo servizio come assegnista di ricerca ai sensi dell'articolo 51, sesto comma, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sarebbe del tutto equiparabile a quello dei titolari di borsa di studio individuati nell'articolo 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, espressamente preso in considerazione dalla norma. La tesi, già accolta dal primo giudice, deve essere condivisa. I titolari di borsa di studio di cui all’art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, sono i titolari di borse o assegni, di formazione o addestramento scientifico e didattico o comunque denominati, purché finalizzati agli scopi predetti, istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari, anche se provenienti da donazioni o da contratti o da convenzioni con enti o con privati, ed assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso”. Gli assegni di ricerca sono o meglio erano disciplinati dall’art. 51, comma sesto, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, ai sensi del quale le università, gli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all'articolo 8 del d.p.c.m. 30 dicembre 1993, n. 593, e successive modificazioni e integrazioni, l'ENEA e l'ASI , nonché il Corpo forestale dello Stato, nell'ambito delle disponibilità di bilancio, assicurando, con proprie disposizioni, idonee procedure di valutazione comparativa e la pubblicità degli atti, possono conferire assegni per la collaborazione ad attività di ricerca. Possono essere titolari degli assegni dottori di ricerca o laureati in possesso di curriculum scientifico-professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione del personale di ruolo presso i soggetti di cui al primo comma. Gli assegni hanno durata non superiore a quattro anni e possono essere rinnovati nel limite massimo di otto anni con lo stesso soggetto, ovvero di quattro anni se il titolare ha usufruito della borsa per il dottorato di ricerca. Non è ammesso il cumulo con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, tranne quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari di assegni. Il titolare di assegni può frequentare corsi di dottorato di ricerca anche in deroga al numero determinato, per ciascuna università, ai sensi dell'articolo 70 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, fermo restando il superamento delle prove di ammissione. Le università possono fissare il numero massimo dei beneficiari ammessi a frequentare in sovrannumero i corsi di dottorato omissis . Gli assegni e i contratti non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti di cui al primo periodo del presente comma”. Invero, non può essere ravvisata una differenza sostanziale fra i due rapporti precari di cui si discute con riferimento alla presente controversia, occorre anzi rilevare come l’Amministrazione ometta di indicarne alcuna, ed affidi le sue argomentazioni unicamente al carattere tassativo dell’elencazione dell’art. 103. Può solo essere rilevato come la disciplina dettata dalla normativa più recente sia molto più precisa ed analitica di quella impostata dalla legge del 1980, ma la considerazione appare del tutto irrilevante. Con maggiore attinenza al problema può essere rilevato come la legge del 1997 individui anche attività di ricerca svolta presso enti diversi dalle università, i quali nella precedente normativa potevano solo finanziare progetti da svolgere integralmente presso queste ultime, ma anche questo aspetto appare irrilevante una volta che l’attività della quale si chiede il riconoscimento sia stata svolta presso l’università. Afferma, in conclusione, il Collegio che la categoria degli assegnisti di ricerca costituisce un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con le università e le istituzioni di ricerca vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del d.p.r. 25 novembre 1980, n. 382. Giustamente, quindi, il primo giudice ha ritenuto che il servizio prestato in tale qualità debba essere riconosciuto per metà all’atto della conferma nel ruolo dei professori associati, ai sensi dell’art. 103 del d.p.r. citato. 4. L’appello deve, in conclusione, essere respinto. In considerazione della complessità della causa le spese devono essere integralmente compensate fra le parti costituite. P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Sesta definitivamente pronunciando sull'appello n. 10092/10, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa integralmente spese ed onorari del secondo grado del giudizio fra le parti costituite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.