Cure prestate all'estero? Il rimborso va chiesto nei tempi, anche in casi urgenti

Per quanto un intervento sia urgente, le regole, se esistono, vanno rispettate, perlomeno dopo il ritorno a casa ad intervento chirurgico eseguito.

Ministero della Sanità ha dettato le condizioni per ottenere le prestazioni. L’art. 3, co. 5, legge numero 595/1985 demanda ad un decreto del Ministro della sanità di fissare i criteri di fruizione, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all’estero in favore di cittadini residenti in Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico. In attuazione di tale norma, con decreto 3 novembre 1989 modificato con d.m. 13 maggio 1993 il Ministro della sanità ha dettato i criteri. In particolare - definisce la prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico come quella che richieda specifiche professionalità o procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale art. 2, co. 4 - definisce il centro di altissima specializzazione all’estero come la struttura notoriamente riconosciuta in Italia, che sia in grado di assicurare prestazioni sanitarie di altissima specializzazione e che possegga caratteristiche superiori paragonate a standards , criteri e definizioni propri dell’ordinamento sanitario italiano , la cui valutazione è rimessa al centro regionale di riferimento territorialmente competente - stabilisce che il concorso nella spesa è concesso solo per le prestazioni autorizzate e che, a tali fini, l’assistito deve presentare alla USL di appartenenza istanza di autorizzazione motivata e documentata, recante indicazione della struttura prescelta, sulla quale si esprime il centro di riferimento art. 4 - prevede che ferma restando la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di cui all’art. 2, si prescinde dalla preventiva autorizzazione per le prestazioni di comprovata eccezionale gravità ed urgenza ed in tali casi rimette al competente centro di riferimento la valutazione sulla sussistenza dei presupposti e condizioni ed il parere sulle spese rimborsabili , imponendo però che le domande di rimborso siano presentate all’unità sanitaria locale competente entro tre mesi dall’effettuazione della relativa spesa a pena di decadenza dal diritto al rimborso art. 7, co. 2 . Il ritardo scusabile. Il caso posto all'esame della Sezione sent. numero 6/2012 depositata il 4 gennaio , come ammesso dalla stessa appellante, dopo l’individuazione della struttura estera idonea ad intervenire nel proprio caso, anziché richiedere immediatamente l’autorizzazione essa ha preso contatti con la medesima struttura e, ancora senza attivare la procedura per ottenere l’autorizzazione come impone l’art. 2 del d.m. 30 agosto 1991 , si è determinata a partire per sottoporsi alle terapie chirurgiche e farmacologiche di cui necessitava. In sostanza, in tal modo si è sottratta alle valutazioni dell’Amministrazione in ordine sia alla qualificazione della struttura prescelta come centro di altissima specializzazione in relazione alla patologia in questione, sia all’assenza di strutture idonee nazionali, restando ovviamente irrilevante che tali valutazioni sono state positivamente espletate nell’anno 2006 in occasione dell’autorizzazione concessa al figlio della medesima, affetto dalla stessa patologia, al trasferimento presso il Centro internazionale della retinopatia pigmentosa Camillo Cienfuegos” di Avana Cuba . Manca la richiesta preventiva. Inoltre neppure quando, un anno dopo, la medesima si è di nuovo recata all’estero per sottoporsi ad ulteriori terapie, si è premunita di autorizzazione pur avendone ampiamente il tempo. Pertanto, come ritenuto dall’Amministrazione, prima, e dal TAR, poi, la sua domanda di rimborso non poteva essere soddisfatta in mancanza di autorizzazione. Ma anche a voler ammettere che nel primo intervento sussistessero gli estremi della comprovata eccezionale gravità ed urgenza , tali da consentire di prescindere dalla preventiva autorizzazione, l’attuale appellante non si è premurata di richiedere il rimborso ex post nel termine decadenziale di tre mesi dalla spesa. Quanto al secondo ciclo terapeutico, svolto secondo programma a distanza di un certo tempo dal primo e di nuovo senza che l’autorizzazione fosse stata richiesta, è ovvio che gli estremi dell’immediata urgenza non sono neppure ipotizzabili. Non si può dire neppure che l’asserita unitarietà dei due cicli permetta di ritenere tempestiva, anche per il primo ciclo, la domanda presentata in relazione al secondo. Difatti lo iato temporale e spaziale tra l’uno e l’altro non ne consente una valutazione unitaria ai fini in questione, ancorché i due cicli possano essere strettamente connessi sotto il profilo clinico. Se mai, dunque, può parlarsi di continuità terapeutica, che ben avrebbe potuto costituire un possibile ulteriore elemento a favore del positivo esito di una non presentata istanza di autorizzazione al secondo ciclo.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 25 novembre 2011 – 4 gennaio 2012, n. 6 Presidente Lignani – Relatore Dell’Utri Fatto Con l’appello in epigrafe la signora S. D.P. ha esposto che nel 1998 le è stata diagnosticata una retinopatia pigmentosa bilaterale”, patologia particolarmente grave poiché porta alla cecità nell’arco di un ristretto periodo di tempo, ad oggi non suscettibile di trattamento chirurgico o farmacologico idoneo presso alcuna struttura italiana. Appreso dalla stampa che tale patologia era trattata chirurgicamente presso il Centro internazionale della retinopatia pigmentosa Camillo Cienfuegos” di Avana Cuba , si determinava a far valutare dal medesimo Centro le proprie condizioni ai fini dell’eventuale trattamento chirurgico e, ricevuto parere favorevole all’intervento, veniva ricoverata in tale struttura dall’8 al 29 luglio 1998 per intervento e prestazioni terapeutiche, nonché dal 16 al 30 agosto 1999 per visita di controllo e prestazioni terapeutiche. Con istanza del 25 ottobre 1999 chiedeva all’ASL n. 102 di Chieti il rimborso delle spese sostenute, a titolo di assistenza in forma indiretta presso centri di altissima specializzazione all’estero ai sensi del d.m. 3 novembre 1989 e circolare 12 dicembre 1989 e successive modifiche. Tuttavia non otteneva alcun rimborso, sicché adiva il Tribunale civile di Chieti, il quale però dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo. Proponeva perciò ricorso davanti al TAR per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, che respingeva il ricorso con sentenza 21 ottobre 2006 n. 672. Di qui l’appello, col quale ha dedotto 1.- Violazione e/o falsa applicazione art. 25 della legge 23.12.1978 n. 833 ed artt. 3 e 6 legge 23.10.1995 n. 595 nonché artt. 4 e 7 del d.m. 3.11.1989 e 24.1.1990 – art. 32 Cost. illogicità e contraddittorietà manifesta – irragionevolezza e travisamento – insufficiente motivazione. Sussistevano tutte le condizioni di comprovata necessità ed urgenza che consentono di prescindere dall’autorizzazione preventiva, da valutare quindi ex post, stanti la grave patologia degenerativa che comporta ex se l’urgenza richiedente specifiche professionalità o specialità, la fruizione della prestazione sanitaria presso un centro di altissima specializzazione, notoriamente riconosciuto anche in Italia, l’impossibilità di ottenere tale prestazione in Italia. Pertanto, una volta esclusa la necessità dell’autorizzazione preventiva, illogico, erroneo e contraddittorio è l’assunto del TAR secondo cui il rimborso per il primo ricovero è stato chiesto decorsi i tre mesi prescritti dalla legge ed il secondo ricovero, avvenuto un anno dopo, non atteneva a prestazioni urgenti e l’autorizzazione avrebbe potuto essere richiesta anche in contemporanea”, così anche separando i due periodi che invece fanno parte di un’unica prestazione. In ogni caso, se l’autorizzazione non era necessaria per il primo, non lo era neppure per il secondo. Per quest’ultimo, l’urgenza andava valutata in relazione alla patologia, alle cure da somministrare, non praticate in Italia tanto che non era nemmeno individuabile un Centro di riferimento, ed al pericolo di grave pregiudizio per la salute dell’istante. L’ASL di Chieti, pur ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio. Diritto L’art. 3, co. 5, della legge 23 ottobre 1985 n. 595 demanda ad un decreto del Ministro della sanità di fissare i criteri di fruizione, in forma indiretta, di prestazioni assistenziali presso centri di altissima specializzazione all’estero in favore di cittadini residenti in Italia, per prestazioni che non siano ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico. In attuazione di tale norma, con decreto 3 novembre 1989 modificato con d.m. 13 maggio 1993 il Ministro della sanità ha dettato i criteri. In particolare a definisce la prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico” come quella che richieda specifiche professionalità o procedure tecniche o curative non praticate ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale art. 2, co. 4 b definisce il centro di altissima specializzazione all’estero come la struttura notoriamente riconosciuta in Italia, che sia in grado di assicurare prestazioni sanitarie di altissima specializzazione e che possegga caratteristiche superiori paragonate a standards , criteri e definizioni propri dell’ordinamento sanitario italiano”, la cui valutazione è rimessa al centro regionale di riferimento territorialmente competente c stabilisce che il concorso nella spesa è concesso solo per le prestazioni autorizzate” e che, a tali fini, l’assistito deve presentare alla USL di appartenenza istanza di autorizzazione motivata e documentata, recante indicazione della struttura prescelta, sulla quale si esprime il centro di riferimento art. 4 d prevede che ferma restando la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di cui all’art. 2, si prescinde dalla preventiva autorizzazione per le prestazioni di comprovata eccezionale gravità ed urgenza ” ed in tali casi rimette al competente centro di riferimento la valutazione sulla sussistenza dei presupposti e condizioni ed il parere sulle spese rimborsabili”, imponendo però che le domande di rimborso siano presentate all’unità sanitaria locale competente entro tre mesi dall’effettuazione della relativa spesa a pena di decadenza dal diritto al rimborso” art. 7, co. 2 . Nella specie, come ammette l’appellante signora D.P., dopo l’individuazione della struttura estera idonea ad intervenire nel proprio caso, anziché richiedere immediatamente l’autorizzazione essa ha preso contatti con la medesima struttura e, ancora senza attivare la procedura per ottenere l’autorizzazione come impone l’art. 2 del d.m. 30 agosto 1991 , si è determinata a partire per sottoporsi alle terapie chirurgiche e farmacologiche di cui necessitava. In sostanza, in tal modo si è sottratta alle valutazioni dell’Amministrazione in ordine sia alla qualificazione della struttura prescelta come centro di altissima specializzazione in relazione alla patologia in questione, sia all’assenza di strutture idonee nazionali, restando ovviamente irrilevante che tali valutazioni sono state positivamente espletate nell’anno 2006 in occasione dell’autorizzazione concessa al figlio della signora D.P., affetto dalla stessa patologia, al trasferimento presso quel centro cubano. Inoltre neppure quando, un anno dopo, la medesima signora D.P. si è di nuovo recata all’estero per sottoporsi ad ulteriori terapie, si è premunita di autorizzazione pur avendone ampiamente il tempo. Pertanto, come ritenuto dall’Amministrazione, prima, e dal TAR, poi, la sua domanda di rimborso non poteva essere soddisfatta in mancanza di autorizzazione. Ma anche a voler ammettere che nel primo intervento sussistessero gli estremi della comprovata eccezionale gravità ed urgenza”, tali da consentire di prescindere dalla preventiva autorizzazione, l’attuale appellante non si è premurata di richiedere il rimborso ex post nel termine decadenziale di tre mesi dalla spesa. Quanto al secondo ciclo terapeutico, svolto secondo programma a distanza di un certo tempo dal primo e di nuovo senza che l’autorizzazione fosse stata richiesta, è ovvio che gli estremi dell’immediata urgenza non sono neppure ipotizzabili. Non si può dire neppure che l’asserita unitarietà dei due cicli permetta di ritenere tempestiva, anche per il primo ciclo, la domanda presentata in relazione al secondo. Difatti lo iato temporale e spaziale tra l’uno e l’altro non ne consente una valutazione unitaria ai fini in questione, ancorché i due cicli possano essere strettamente connessi sotto il profilo clinico. Se mai, dunque, può parlarsi di continuità terapeutica, che ben avrebbe potuto costituire un possibile ulteriore elemento a favore del positivo esito di una non presentata istanza di autorizzazione al secondo ciclo. In conclusione, l’appello non può che essere respinto. Non v’è luogo a provvedere sulle spese del grado, stante la mancata costituzione in giudizio dell’Azienda appellata. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.