Per la costruzione di nuove strutture sanitarie bisogna tener conto dei vincoli di bilancio

di Marilisa Bombi

di Marilisa Bombi Vincoli di bilancio nella sanità. La legittimità dei procedimenti, in alcuni casi, non può prescindere da fattori esterni. Insomma, relativamente alla costruzione di nuove strutture sanitarie e anche per quelle che non richiedono l'accreditamento vanno tenute in considerazione le situazioni di eccezionale gravità della finanza regionale sanitaria di cui è evidente segnale il commissariamento del settore in alcune Regioni da parte del Governo della Repubblica . Perché l'obiettivo di evitare il collasso dell'intero sistema sanitario nazionale, ha imposto necessariamente che la programmazione regionale tenga strettamente conto dei vincoli esterni di bilancio fissati dal Parlamento in sede di legge finanziaria. Il caso. All'attenzione del Collegio la questione connessa agli atti del Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanità della Regione Abruzzo, e relativi all'arresto del procedimento avviato dalla ricorrente per l'ottenimento dell'autorizzazione alla realizzazione di una struttura socio-sanitaria per l'erogazione di prestazioni di riabilitazione domiciliare ed ambulatoriale. E, quindi, secondo la parte interessata sostanzialmente riconducibile alla non applicabilità delle disposizioni recanti la sospensione nei procedimenti autorizzatòrii relativi a strutture per le quali non è richiesto l'accreditamento, perché non gravano in alcun modo sul fondo sanitario. La sanità privata, quella pubblica e l'autorizzazione alla realizzazione. La Sezione, nella sentenza n. 5424/11 depositata il 3 ottobre, a tale proposito, rileva che, ferma la sostanziale differenza fra l'autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie private soggetta ad un'attività di programmazione e di controllo, che la legge affida all'Autorità amministrativa, sul presupposto che si tratti di attività - certamente esercitabili liberamente, ai sensi dell'art. 41 Cost. - ma che non possono svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e l'accreditamento ch'è istituto avente la finalità di garantire al cittadino-malato il diritto di libera scelta del medico da cui farsi curare, limitatamente, però, a quelle prestazioni sanitarie i cui costi sono sopportati dal SSN, attraverso il rimborso, alle strutture private, delle notule che queste presentano periodicamente alle AUSL territoriali, donde il correlato obbligo di attenersi a determinati e rigidi standards qualitativi e di accettare la remunerazione a tariffa e la programmazione regionale in materia di tipologia e quantità di prestazioni erogabili , anche nel caso in cui una struttura sanitaria non intenda accreditarsi con il SSN, essa deve acquisire l'autorizzazione alla realizzazione, subordinata alla verifica di compatibilità di cui all'art. 8-ter del d.lgs. n. 502/1992, come modificato dal d.lgs. n. 229/1999 per la Regione Abruzzo v. anche gli artt. 2 e 3 della l.r. 31 luglio 2007, n. 32 . In base, in particolare, all'art. 8-ter citato, il Comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni edilizie, la verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione, fondata su una preventiva analisi di fabbisogno la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che, in assenza del preventivo esercizio della potestà programmatoria, l'Amministrazione non può esercitare caso per caso una valutazione di compatibilità dell'istituzione di un determinato presidio con un non meglio definito fabbisogno sanitario della zona C.d.S., n. 509/1994 e n. 158/1999 . La sintesi, nello stesso atto comunale o, meglio, secondo il comma 5 dell'art. 3 della l.r. n. 32/2007, la contestualità del rilascio del titolo edilizio in senso proprio e dell'autorizzazione alla realizzazione autorizzazione che presuppone la verifica di compatibilità da parte della Regione è poi subordinata alla determinazione, da parte della Regione stessa, delle modalità e termini per il rilascio della autorizzazione, alla individuazione degli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, alla definizione delle procedure di selezione dei soggetti interessati art. 8-ter citato, comma quinto . Una programmazione necessaria. Tale sistema, afferma la decisione, sfugge ai dubbi di costituzionalità sollevati dalla ricorrente in primo grado ed adombrati addirittura dagli stessi appellant , bastando in proposito richiamare i principii espressi dalla Corte Costituzionale in tema di limiti al diritto di iniziativa economica privata soggetta ad autorizzazione, in presenza dell'obbligo di previa pianificazione di settore Corte cost. 17 luglio 2002, n. 355 . Va conseguentemente ritenuto legittimo l'assoggettamento delle autorizzazioni sanitarie non comportanti oneri per il sistema sanitario pubblico alla verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione, in relazione al fabbisogno complessivo ed alla localizzazione territoriale delle strutture, in considerazione del fatto che lo strumento pianificatorio mira ad escludere che le autorizzazioni possano essere rilasciate in maniera casuale, arbitraria e comunque senza una visione di insieme degli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva C.G.A., sentenza n. 102 del 2 marzo 2007 del resto, aggiunge il Collegio, la stessa programmazione della spesa regionale relativa ai volumi delle prestazioni ed ai limiti di spesa correlati, pur non direttamente incisa dalla nascita di strutture eroganti prestazioni al di fuori del regime di accreditamento, rischierebbe di essere seriamente compromessa nella sua ratio e nelle sue finalità ove solo si ipotizzasse una fuoruscita delle case di cura private non accreditate dalla verifica preventiva del fabbisogno, essendo comunque anch'esse in grado di interferire sui complessi meccanismi dell'offerta nel mercato sanitario. La lesione della libertà di iniziativa economica privata che, come s'è detto, non riceve comunque dall'ordinamento una protezione assoluta v. Corte cost., n. 94/2009 è da escludersi in considerazione del carattere temporalmente limitato della disciplina di sospensione di cui si controverte che, per le ragioni anzidette attinenti all'àmbito ed agli scopi della programmazione, non può che riguardare anche le strutture che non érogano prestazioni per conto del S.s.n. , ormai circoscritto, come s'è visto, al periodo anteriore al 1° luglio 2011 nonché del carattere eccezionale del provvedimento in questione, giustificabile, come opportunamente sottolineato dagli appellanti, in un contesto straordinario, quale indubbiamente è rappresentato dalla condizione di commissariamento del settore . e il bilanciamento degli interessi. Nella considerazione bilanciata, dunque, della necessità di assicurare, ad un tempo, l'equilibrio della finanza pubblica suscettibile di essere comunque, come s'è detto, inciso anche dalla realizzazione al di fuori di ogni programmazione di strutture sanitarie pur sulla stessa non direttamente gravanti e l'uguaglianza di tutti i cittadini nel godimento dei diritti fondamentali tra cui indubbiamente va ascritto il diritto alla salute sentenze Corte cost. n. 203/2008 e n. 94/2009 , l'opposta sospensione tiene sostanzialmente e razionalmente conto del sopravvenuto venir meno degli strumenti della programmazione sanitaria, sulla base dei quali effettuare la verifica di compatibilità richiesta dalla l.r. n. 32/2007, riconducibile al disposto dell'art. 1, comma 796, lettera b , penultimo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a norma del quale le determinazioni previste dagli accordi di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, come integrati dagli accordi di cui all'articolo 1, commi 278 e 281, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, possono comportare effetti di variazione dei provvedimenti normativi ed amministrativi già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria idoneo a giustificare la sospensione stessa rispetto alla precedente regolare attività istruttoria delle istanze presentate ai sensi dell'art. 3 della l.r. n. 32/2007, è con tutta evidenza rappresentato dalla sopraggiunta intesa Stato - Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010 - 2012, col quale non sono in linea le invocate ll.rr. n. 6/2007 e n. 5/2008, che hanno dato attuazione al precedente, ed ormai superato, obiettivo di riordino della rete ospedaliera contemplato nel Piano di Rientro 2007 - 2009, anch'esso non più utilmente invocabile a séguito della nuova intesa.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 8 luglio - 3 ottobre, n. 5424 Presidente Lignani - Relatore Cacace Fatto Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo ha accolto il ricorso proposto dall'odierna appellata, diretto ad ottenere l'annullamento degli atti in particolare della Regione Abruzzo, dell'Azienda U.S.L. di Pescara e del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di Rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo e soltanto per quanto occorrer possa di quello del Comune di Pescara , che hanno determinato l'arresto del procedimento avviato dalla ricorrente con istanza in data 7 maggio 2010, con la quale aveva chiesto al Comune di Pescara, ai sensi dell'art. 3 della legge regione Abruzzo 31 luglio 2007, n. 32, l'autorizzazione alla realizzazione di una struttura socio-sanitaria per l'erogazione di prestazioni di riabilitazione domiciliare ed ambulatoriale. Appellano la Regione Abruzzo ed il predetto Commissario ad acta, ritenendo la sentenza stessa non conforme a diritto. Si è costituita la ricorrente in primo grado, chiedendo la reiezione del gravame e riproponendo i motivi di ricorso non esaminati dal Giudice di prime cure. Non si sono costituiti in giudizio, benché ritualmente intimati, il Comune di Pescara e l'Azienda U.S.L. di Pescara. Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica dell'8 luglio 2011. Diritto 1. - L'appello è fondato ed è da accogliere. Va anzitutto respinta l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'appellata sul rilievo che la Regione Abruzzo ed il Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di Rientro sarebbero privi di legittimazione e di interesse a censurare la sentenza resa dal Giudice di primo grado per difendere la legittimità di un provvedimento assunto da un altro organo il Comune di Pescara , che, si afferma, si configura quale vero e proprio atto di sospensione della procedura, dunque di arresto procedimentale pag. 6 mem. cost. . Ed invero, come sinteticamente ma efficacemente controdedotto dagli appellanti, tutto il giudizio verte sulla legittimità di atti e provvedimenti adottati dal Commissario ad acta pag. 2 mem. repl. . La titolarità della situazione legittimante all'appello deriva in realtà alla Regione Abruzzo ed al Commissario ad acta dall'esser essi contraddittori necessari nel giudizio di primo grado in qualità di autorità emananti alcuni degli atti oggetto del giudizio, indubitabilmente raggiunti dall'impugnata pronuncia giurisdizionale di annullamento come ben si evince del resto dall'obbligo delle amministrazioni, dichiarato dal Giudice di primo grado, di pronunciarsi sulle fasi di rispettiva competenza pag. 6 sent. , alla reviviscenza dei quali i ricorrenti hanno un autonomo interesse indipendentemente dal comportamento sostanziale e processuale tenuto dall'Autorità amministrativa il Comune di Pescara tenuta al rilascio del provvedimento di autorizzazione ex art. 3 L.R. n. 32/2007, inserendosi in quel procedimento l'atto della Regione Abruzzo che fa rinvio alla presupposta, pure impugnata, nota del Commissario ad acta in data 12 maggio 2010 di invito a sospendere le procedure di autorizzazione relative a nuove strutture sanitarie di cui all'art. 2, comma 1, della L.R. n. 32/2007 sino all'adozione degli atti programmatorii regionali di definizione dei relativi fabbisogni quale unico, vero, atto determinante l'arresto procedimentale dell'istanza avanzata dalla ricorrente al Comune di Pescara, tenuto anche conto della pacifica natura obbligatoria e vincolante del parere regionale di cui all'art. 3 citato id est della verifica di compatibilità di cui all'art. 8-ter del D. Lgs. n. 502/1992, come modificato dal d.lgs. n. 229/1999 . Se, come s'è detto, la controversia ruota intorno alla contestazione della disposta sospensione delle procedure di autorizzazione relative alla realizzazione di nuove strutture sanitarie nel territorio della Regione Abruzzo, non è idonea poi a determinare la carenza di interesse al ricorso originario il sopravvenuto venir meno, dalla data del 1° luglio 2011, della sospensione stessa per effetto della successiva deliberazione del Commissario ad acta n. 70/2010 estranea peraltro all'oggetto del presente giudizio , che precisa che la sospensione dei procedimenti relativi alla realizzazione e l'apertura di nuove strutture sanitarie pubbliche ovvero per l'autorizzazione e l'accreditamento di strutture sanitarie private, di cui alla l.r. 31.07.2007 n. 32, opera fino all'avvenuta adozione del Piano di riassetto della rete ospedaliera, della rete laboratoristica e della rete di assistenza specialistica ambulatoriale e comunque entro la data del 30 giugno 2011 e ciò perché, se è vero che dalla detta data riprendono a decorrere i termini di cui all'art. 3, comma 5, lett. b , della L.R. n. 32/2007, permane in capo alla ricorrente l'interesse a veder dichiarata l'illegittimità del blocco procedimentale protrattosi, per quanto direttamente la riguarda, per circa 10 mesi, anche ai fini della possibile, successiva, richiesta dell'integrale risarcimento dei danni, preannunciata del resto sin dal ricorso originario. Venendo al mérito dell'appello, sembra opportuno sottolineare preliminarmente come la vicenda all'esame si inquadri in una situazione di eccezionale gravità della finanza regionale sanitaria di cui è evidente segnale il commissariamento del settore in alcune Regioni da parte del Governo della Repubblica , che, al fine di evitare il collasso dell'intero sistema sanitario nazionale, ha imposto necessariamente che la programmazione regionale tenga strettamente conto dei vincoli esterni di bilancio fissati dal Parlamento in sede di legge finanziaria. La fattispecie in esame s'inquadra dunque nella c.d. normativa emergenziale, dettata dalle leggi finanziarie per il rientro di alcune Regioni dal notevole disavanzo di bilancio v., in particolare, l'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 l'art. 1, comma 796, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 l'art. 4 del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni nella legge 29 novembre 2007, n. 222 l'art. 79 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge n. 133/2008 . È sulla base di tale disciplina speciale che il Consiglio dei ministri, con deliberazioni in data 11 settembre 2008 e 11 dicembre 2009, ha nominato un Commissario ad acta per l'attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Abruzzo, nel contempo incaricandolo espressamente di sospendere eventuali nuove iniziative regionali per la realizzazione o l'apertura di nuove strutture sanitarie pubbliche ovvero per la realizzazione e l'accreditamento di strutture sanitarie private la delibera del Consiglio dei Ministri dell'11 dicembre 2009, di nomina dell'attuale Commissario, specifica ed aggiunge poi tranne quelle necessarie per l'attuazione del Piano di rientro . Vale qui subito precisare che è inammissibile la quarta parte della prima doglianza del ricorso di primo grado riproposta dall'originaria ricorrente in grado di appello , laddove, per escludere che le predette deliberazioni possano costituire fonte normativa in grado di regolare direttamente la fattispecie, afferma che spetta alla Regione - e non allo Stato - regolamentare in via diretta, nell'ambito della propria autonoma normativa, la realizzazione e l'esercizio dell'attività sanitaria da parte delle strutture pubbliche e private e decidere pertanto anche circa l'eventuale sospensione delle relative istanze . Nella misura in cui, infatti, il ricorso di primo grado è basato sulla tesi che il potere di adozione della contestata misura di sospensione deriva all'organo commissariale dal Consiglio dei Ministri, la delibazione della sopra ventilata illegittimità del conferimento di poteri di tipo legislativo ad un soggetto che sia nominato Commissario del Governo su cui vedasi Corte cost., 17 dicembre 2010, n. 361 presupponeva l'espressa impugnazione degli atti di conferimento e, soprattutto, l'evocazione in giudizio dell'Autorità emanante il Consiglio dei ministri , che la ricorrente in primo grado non ha affatto curato di compiere sì che, come correttamente dedotto dagli appellanti, le citate deliberazioni del Consiglio dei Ministri devono intendersi rimaste del tutto estranee all'oggetto dell'impugnativa. Venendo al profilo di impugnazione accolto dal T.A.R. sostanzialmente riconducibile alla non applicabilità delle disposizioni recanti la predetta sospensione nei procedimenti autorizzatòrii relativi a strutture per le quali non è richiesto l'accreditamento e che dunque non gravano in alcun modo sul fondo sanitario , occorre concordare con la tesi degli appellanti, secondo cui la sentenza di primo grado non ha minimamente considerato che la normativa nazionale e, in conformità, quella regionale, stabiliscono che la Regione definisca una programmazione e un fabbisogno a monte dell'autorizzazione delle strutture sanitarie, fabbisogno in ordine al quale, prima ancora che le strutture siano realizzate, la Regione deve esprimere un parere di compatibilità di natura programmatoria pag. 8 app. e per il legislatore nazionale l'autorizzazione alla realizzazione delle strutture sanitarie è subordinata ad un parere regionale basato sul fabbisogno, ovvero su una pianificazione quantitativa, qualitativa e logistica del complesso dell'offerta, a prescindere dall'eventuale accreditamento della struttura, ovvero dal fatto che essa voglia o possa operare per conto o a carico del sistema sanitario pubblico pagg. 9 - 10 app. . Rileva in proposito il Collegio che, ferma la sostanziale differenza fra l'autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie private soggetta ad un'attività di programmazione e di controllo, che la legge affida all'Autorità amministrativa, sul presupposto che si tratti di attività - certamente esercitabili liberamente, ai sensi dell'art. 41 Cost. - ma che non possono svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e l'accreditamento ch'è istituto avente la finalità di garantire al cittadino-malato il diritto di libera scelta del medico da cui farsi curare, limitatamente, però, a quelle prestazioni sanitarie i cui costi sono sopportati dal SSN, attraverso il rimborso, alle strutture private, delle notule che queste presentano periodicamente alle AUSL territoriali, donde il correlato obbligo di attenersi a determinati e rigidi standards qualitativi e di accettare la remunerazione a tariffa e la programmazione regionale in materia di tipologia e quantità di prestazioni erogabili , anche nel caso in cui una struttura sanitaria non intenda accreditarsi con il SSN, essa deve acquisire l'autorizzazione alla realizzazione, subordinata alla verifica di compatibilità di cui all'art. 8-ter del d.lgs. n. 502/1992, come modificato dal d.lgs. n. 229/1999 per la Regione Abruzzo v. anche gli artt. 2 e 3 della L.R. 31 luglio 2007, n. 32 . In base, in particolare, all'art. 8-ter citato, il Comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni edilizie, la verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione, fondata su una preventiva analisi di fabbisogno la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che, in assenza del preventivo esercizio della potestà programmatoria, l'Amministrazione non può esercitare caso per caso una valutazione di compatibilità dell'istituzione di un determinato presidio con un non meglio definito fabbisogno sanitario della zona C.d.S., 26.5.1994, n. 509 e 11.2.1999, n. 158 . La sintesi, nello stesso atto comunale o, meglio, secondo il comma 5 dell'art. 3 della L.R. n. 32/2007, la contestualità del rilascio del titolo edilizio in senso proprio e dell'autorizzazione alla realizzazione autorizzazione che presuppone la verifica di compatibilità da parte della Regione è poi subordinata alla determinazione, da parte della Regione stessa, delle modalità e termini per il rilascio della autorizzazione, alla individuazione degli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, alla definizione delle procedure di selezione dei soggetti interessati art. 8-ter citato, comma quinto . Tale sistema sfugge ai dubbi di costituzionalità sollevati dalla ricorrente in primo grado ed adombrati addirittura dagli stessi appellanti , bastando in proposito richiamare i principi espressi dalla Corte Costituzionale in tema di limiti al diritto di iniziativa economica privata soggetta ad autorizzazione, in presenza dell'obbligo di previa pianificazione di settore Corte cost. 17 luglio 2002, n. 355 . Va conseguentemente ritenuto legittimo l'assoggettamento delle autorizzazioni sanitarie non comportanti oneri per il sistema sanitario pubblico alla verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione, in relazione al fabbisogno complessivo ed alla localizzazione territoriale delle strutture, in considerazione del fatto che lo strumento pianificatorio mira ad escludere che le autorizzazioni possano essere rilasciate in maniera casuale, arbitraria e comunque senza una visione di insieme degli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva C.G.A., sentenza n. 102 del 2 marzo 2007 del resto, aggiunge il Collegio, la stessa programmazione della spesa regionale relativa ai volumi delle prestazioni ed ai limiti di spesa correlati, pur non direttamente incisa dalla nascita di strutture eroganti prestazioni al di fuori del regime di accreditamento, rischierebbe di essere seriamente compromessa nella sua ratio e nelle sue finalità ove solo si ipotizzasse una fuoruscita delle case di cura private non accreditate dalla verifica preventiva del fabbisogno, essendo comunque anch'esse in grado di interferire sui complessi meccanismi dell'offerta nel mercato sanitario. La lesione della libertà di iniziativa economica privata che, come s'è detto, non riceve comunque dall'ordinamento una protezione assoluta v. Corte cost., n. 94 del 2009 è vieppiù da escludersi in considerazione del carattere temporalmente limitato della disciplina di sospensione di cui si controverte che, per le ragioni anzidette attinenti all'àmbito ed agli scopi della programmazione, non può che riguardare anche le strutture che non érogano prestazioni per conto del S.s.n. , ormai circoscritto, come s'è visto, al periodo anteriore al 1° luglio 2011 nonché del carattere eccezionale del provvedimento in questione, giustificabile, come opportunamente sottolineato dagli appellanti, in un contesto straordinario, quale indubbiamente è rappresentato dalla condizione di commissariamento del settore pag. 14 app. . Nella considerazione bilanciata, dunque, della necessità di assicurare, ad un tempo, l'equilibrio della finanza pubblica suscettibile di essere comunque, come s'è detto, inciso anche dalla realizzazione al di fuori di ogni programmazione di strutture sanitarie pur sulla stessa non direttamente gravanti e l'uguaglianza di tutti i cittadini nel godimento dei diritti fondamentali tra cui indubbiamente va ascritto il diritto alla salute sentenze Corte cost. n. 203 del 2008 e n. 94 del 2009 , l'opposta sospensione tiene sostanzialmente e razionalmente conto del sopravvenuto venir meno degli strumenti della programmazione sanitaria, sulla base dei quali effettuare la verifica di compatibilità richiesta dalla L.R. n. 32/2007, riconducibile al disposto dell'art. 1, comma 796, lettera b , penultimo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a norma del quale le determinazioni previste dagli accordi di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, come integrati dagli accordi di cui all'articolo 1, commi 278 e 281, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, possono comportare effetti di variazione dei provvedimenti normativi ed amministrativi già adottati dalla medesima regione in materia di programmazione sanitaria ed invero il fatto nuovo di cui la ricorrente in primo grado lamenta dunque inutilmente la mancanza , idoneo a giustificare la sospensione stessa rispetto alla precedente regolare attività istruttoria delle istanze presentate ai sensi dell'art. 3 della L.R. n. 32/2007, è con tutta evidenza rappresentato dalla sopraggiunta intesa Stato - Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010 - 2012, col quale non sono in linea le invocate LL.RR. n. 6/2007 e n. 5/2008, che hanno dato attuazione al precedente, ed ormai superato, obiettivo di riordino della rete ospedaliera contemplato nel Piano di Rientro 2007 - 2009, anch'esso non più utilmente invocabile a séguito della nuova intesa. Una volta così rilevato che la sospensione, di cui qui si discute, è strettamente funzionale alla verifica della compatibilità della realizzanda struttura con la nuova, predisponenda, programmazione da effettuarsi con un provvedimento di ricognizione dell'esistente e di determinazione dell'effettivo fabbisogno di prestazioni sanitarie attività specificamente imposta dalle stesse esigenze di finanza pubblica che hanno portato al commissariamento , la stessa sfugge anche alla denunciata compressione del principio di concorrenza sancito dal Trattato UE, atteso che la Corte di Giustizia ha già dichiarato, a proposito degli istituti ospedalieri, come gli stessi possano formare oggetto di una programmazione. Infatti, una programmazione che richieda una previa autorizzazione per l'installazione di nuovi prestatori di cure può rendersi indispensabile per colmare eventuali lacune nell'accesso alle cure medesime e per evitare una duplicazione nell'apertura delle strutture, in modo che sia garantita un'assistenza medica che si adatti alle necessità della popolazione, ricomprenda tutto il territorio e tenga conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate Corte Giustizia CE grande sezione,10 marzo 2009, C-169/07 v. anche sentenze 12 luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I-5473, punti 76-80, e 16 maggio 2006, causa C-372/04, Watts, Racc. pag. I-4325, Watts, punti 108-110 . Nemmeno sussiste, infine, il difetto di istruttoria rilevato dal T.A.R. sul presupposto della necessità di un provvedimento espresso in cui il commissario si facesse carico di evidenziare in che termini il redigendo piano di riassetto fosse espressione di orientamenti limitativi all'insediamento di strutture destinate a non gravare sulla spesa sanitaria regionale, tali da imporre la sospensione di ogni relativo procedimento pag. 5 sent. . Ricordato invero sul punto quanto già sopra affermato in ordine all'assoggettamento alla programmazione anche di quelle strutture che non erogano prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale e non gravano sulla spesa pubblica sul tema v. anche Cons. St., V, 15 ottobre 2009, n. 6324 e dunque anche alle misure eccezionali di sospensione delle procedure autorizzatorie di cui si tratta preordinate proprio alla tutela ed all'espletamento della funzione di programmazione , la censura di difetto di istruttoria dedotta col ricorso di primo grado si rivela inammissibile, giacché la sottrazione alla sospensione, prevista dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 11 dicembre 2009, delle iniziative necessarie all'attuazione del Piano di Rientro , va logicamente riferita ai provvedimenti disposti in attuazione del Piano stesso e cioè, nel disegno risultante dall'art. 2 comma 88 della legge 23 dicembre 2009 n. 191, del programma operativo, che costituisce lo strumento di prosecuzione del piano precedente sì che, non essendo stato il programma operativo all'uopo predisposto dal Commissario ad acta per l'anno 2010 ancora approvato alla data di adozione dei contestati atti di blocco procedimentale assunti dalla Regione e dal Commissario, nessuna istruttoria era in tal senso esperibile, giacché nessuna iniziativa si sarebbe potuta qualificare come attuativa di un programma di là da venire. Trattasi, peraltro, di istruttoria, che, successivamente all'adozione del predetto programma operativo, non concerne affatto, come pretende la ricorrente in ciò seguita dal T.A.R., la valutazione della effettiva incidenza della nuova iniziativa sull'attuazione del Piano di Rientro, ma il ben diverso ambito della riconducibilità o meno della stessa al novero degli specifici previsti dal Piano ed oggi dal Programma operativo un'istruttoria, dunque, che non riguarda la verifica in negativo dell'assenza di elementi di incompatibilità dell'iniziativa col piano, quanto piuttosto la verifica in positivo della rispondenza della medesima ad uno degli specifici interventi dallo stesso stabiliti. Le osservazioni di cui sopra consentono ad un tempo di accogliere l'appello e di respingere altresì i profili del ricorso di primo grado attinenti alla legittimità degli impugnati atti della Regione e del Commissario ad acta, non espressamente esaminati dal T.A.R. ed in questa sede riproposti dall'originaria ricorrente. 2. - Mérita invece una declaratoria di inammissibilità l'ultima doglianza del ricorso introduttivo, anch'essa assorbita dal Giudice di primo grado, con la quale si lamenta l'illegittimità del provvedimento soprassessòrio assunto nel procedimento di cui si tratta dall'Azienda U.S.L., dal momento che, una volta accertata la legittimità del blocco al nulla-osta di compatibilità di competenza della Regione, nessun interesse attuale e concreto nutre la ricorrente a veder affermata l'illegittimità dell'arresto dell'istruttoria di competenza dell'A.S.L., da essa fondato proprio sull'impossibilità per l'istante di conseguire allo stato il contestuale nulla-osta regionale di compatibilità di natura programmatoria ed infatti l'arresto insuperabile del subprocedimento di competenza della Regione gli preclude comunque il conseguimento dello sperato bene della vita, consistente nell'autorizzazione per la realizzazione della struttura sanitaria, alla quale il parere dell'A.S.L. è parimenti prodromico. Né, in ogni caso, l'atto soprassessorio in questione si pone in qualche modo in contraddizione, come pretende la ricorrente in primo grado, col precedente parere favorevole espresso sulla pratica dalla medesima A.S.L. con nota prot. n. 17982 in data 18 giugno 2010, attinente al permesso di costruire e non ai profili di cui all'art. 3, comma 5, lett. a , della L.R. n. 32/2007, cui si riferisce il successivo atto dell'A.S.L. in data 25 agosto 2010, oggetto del presente giudizio. 3. - Per quanto considerato, in accoglimento dell'appello ed in riforma della sentenza T.A.R., la domanda di annullamento degli atti impugnati proposta col ricorso di primo grado dev'essere respinta. Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza , definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado. Condanna l'appellata alla rifusione delle spese del doppio grado in favore degli appellanti, liquidandole in Euro 6.000,00 oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.