Stalking e liquidazione equitativa dei danni morali: se il giudice non indica le ragioni ed i criteri utilizzati, la sentenza è nulla

In tema di liquidazione equitativa del danno morale conseguente al reato di atti persecutori, è sindacabile in sede di legittimità, come violazione dell’art. 1226 c.c., norma di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale e, nel contempo, come ipotesi di assenza di motivazione, di motivazione apparente”, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di motivazione perplessa od incomprensibile”, la valutazione del giudice di merito che non abbia indicato, nemmeno sommariamente, i criteri seguiti per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum” [ ] .

[ ] La liquidazione equitativa, anche nella sua forma c.d. pura”, consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicchè, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento. Ne consegue che, allorchè non siano indicare le ragioni dell’operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullità per difetto di motivazione indebitamente ridotta al disotto de minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. sia nel vizio di violazione dell’art. 1226 c.c. . È quanto stabilito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 22780/21, depositata il 9 giugno. La Corte d’Appello di Catanzaro rideterminava la pena, in riforma della decisione del Tribunale locale con la quale era stata affermata la responsabilità penale di un imputato per stalking nei confronti di una donna, e riduceva la somma liquidata a titolo di integrale risarcimento del danno in favore della parte civile. La parte civile ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, il vizio della motivazione inerente la riduzione dell’ entità della somma liquidata a titolo di risarcimento integrale del danno in suo favore. La Corte territoriale avrebbe, infatti, erroneamente richiamato le argomentazioni riguardo la rideterminazione in melius del trattamento sanzionatorio con successiva mancanza assoluta delle ragioni a sostegno della riforma delle statuizioni civili, risolta mediante il mero richiamo al disagio ed alla sofferenza che in concreto la condotta dell’imputato può aver causato . Il ricorso è fondato in quanto, secondo un consolidato orientamento di legittimità in materia di risarcimento del danno , la liquidazione dei danni morali , attesa la loro natura, non può che avvenire in via equitativa , dovendosi ritenere assolto l’obbligo motivazionale mediante l’indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli è stato determinato l’ammontare del risarcimento Cass. n. 48086/2018 e n. 18099/2015 e la valutazione del giudice , affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi è, di conseguenza, censurabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio della motivazione solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria Cass. n. 7993/2020 . Inoltre, per quanto attiene ai reati contro la persona, la Cassazione ha già avuto modo di affermare che la determinazione equitativa del danno morale cagionato deve tener conto dell’intensità della violazione della libertà morale e fisica, del turbamento psichico cagionato e delle conseguenze sul piano psicologico individuale e dei rapporti intersoggettivi, degli effetti proiettati nel tempo nonché dell’incidenza del fatto criminoso sulla personalità della vittima Cass. n. 10802/2018 e 13686/2011 e che la riqualificazione del reato contestato, anche se operata dal giudice di primo grado, non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, purchè il fatto sia rimasto qualificato quale illecito penale anche al momento della pronuncia delle sentenze di primo e secondo grado Cass. n. 27087/2017 . Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Catanzaro non ha applicato correttamente i suddetti principi, ma ha fatto seguire la rideterminazione della pena dell’imputato per rapportar lo all’effettiva entità dei fatti rapportati alla loro durata nel tempo ed alla personalità del reo quale soggetto incensurato . Ed è per questo che la Suprema Corte arriva ad affermare il seguente principio di diritto in tema di liquidazione equitativa del danno morale conseguente al reato di atti persecutori , è sindacabile in sede di legittimità, come violazione dell’art. 1226 c.c., norma di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale e, nel contempo, come ipotesi di assenza di motivazione, di motivazione apparente”, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di motivazione perplessa od incomprensibile”, la valutazione del giudice di merito che non abbia indicato, nemmeno sommariamente, i criteri seguiti per determinare l’ entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum”. La liquidazione equitativa , anche nella sua forma c.d. pura”, consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicchè, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento. Ne consegue che, allorchè non siano indicare le ragioni dell’operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullità per difetto di motivazione indebitamente ridotta al disotto de minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. sia nel vizio di violazione dell’art. 1226 c.c. . Per questi motivi il Collegio annulla la sentenza impugnata, rinviandola al giudice civile competente.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 marzo – 9 giugno 2021, n. 22780 Presidente Catena – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 giugno 2019, la Corte d’appello di Catanzaro ha, in riforma della decisione del Tribunale in sede del 16 dicembre 2016, con la quale è stata affermata la penale responsabilità di R.F. per il reato di atti persecutori in danno di C.M. , rideterminato la pena e ridotto la somma, liquidata a titolo di integrale risarcimento del danno in favore della parte civile, compensando tra le parti le spese processuali del grado. 2. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ha proposto ricorso, per mezzo del difensore, Avv. Giacomo Dominijanni, la parte civile C.M. , articolando due motivi. 2.1. Con il primo motivo, deduce vizio della motivazione quanto alla riduzione della entità della somma liquidata, a titolo di risarcimento integrale del danno, in favore della parte civile, per avere la Corte territoriale - all’esito della conferma della condanna per i fatti contestati - richiamato sul punto le argomentazioni poste a sostegno della rideterminazione in melius del trattamento sanzionatorio, con conseguente mancanza assoluta dell’esplicitazione delle regioni che hanno giustificato la riforma delle statuizioni civili, risolta mediante il mero richiamo al disagio ed alla sofferenza che in concreto la condotta dell’imputato può aver causato . Per altro verso, la conferma dell’attendibilità della persona offesa in riferimento alle plurime condotte persecutorie, ampiamente riscontrate, si pone in evidente contraddittorietà con la riduzione del risarcimento in misura tanto imponente, pur a fronte della latitudine degli eventi, rimasti immutati all’esito del gravame. 2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione in riferimento alla statuizione relativa alle spese del grado, compensate tra le parti in virtù di una reciproca soccombenza, erroneamente ritenuta tanto per essere stata confermata la responsabilità dell’imputato che per essere, in ogni caso, il medesimo prevalentemente soccombente. 3. In data 9 marzo 2021, il Difensore della ricorrente ha proposto motivi nuovi, con i quali ha ulteriormente presidiato le ragioni dell’impugnazione. 4. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha richiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al punto relativo alla compensazione delle spese processuali, con declaratoria di inammissibilità del primo motivo. 5. Con nota in data 8 marzo 2021, il Difensore ha concluso per iscritto, prospettando l’inammissibilità del ricorso. Con un primo punto, evidenzia come la misura della liquidazione del danno costituisca accertamento di merito, sottratto al sindacato di legittimità se congruamente motivato, rappresentando come la motivazione della Corte di appello espliciti i fatti materiali posti a base del proprio divisamento concrete modalità della condotta, durata nel tempo, effettivo pregiudizio subito, profilo personologico dell’imputato , mentre la ricorrente non delinea l’efficacia demolitoria, rispetto alla decisione assunta, del diverso iter logico-argomentativo proposto, dacché l’attendibilità del racconto della persona offesa non consente in alcun modo di dedurre elementi di quantificazione del danno richiesto. Con un secondo argomento, evidenzia come la sentenza avversata abbia statuito un parziale accoglimento dell’appello, sia quoad poenam che sulle statuizioni civili, con conseguente sussistenza di una ipotesi di reciproca soccombenza nel giudizio di appello Sez. V, n. 48206 del 10.9.2019 , disattendendo la domanda di conferma delle statuizioni civili della parte civile, non accolta dal Giudice di merito. Per altro verso, evidenzia come, in tema di pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, attesa la loro pertinenza ad una domanda privatistica innestata nel giudizio penale, il regime adottato dal legislatore in via ordinaria, con l’art. 541 c.p.p., comma 1, sia fondato sul criterio di soccombenza, in analogia con quanto disposto all’art. 91 c.p.p., con conseguente possibilità di disporre la compensazione parziale o totale delle spese se ricorrono giusti motivi Sez. V, 17 giugno 2011 . Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1.Il tema che il primo motivo devolve a questa Corte investe lo standard motivazionale richiesto in tema di determinazione del danno conseguente al reato, in particolar modo in ipotesi di riforma riduttiva, e l’incidenza, sulla quantificazione, delle statuizioni penalistiche della sentenza. 1.1. Secondo il consolidato orientamento di legittimità, in materia di risarcimento del danno, la liquidazione dei danni morali, attesa la loro natura, non può che avvenire in via equitativa, dovendosi ritenere assolto l’obbligo motivazionale mediante l’indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli è stato determinato l’ammontare del risarcimento Sez. 6, n. 48086 del 12/09/2018, B., Rv. 274229 N. 18099 del 2015 Rv. 263450 . La valutazione del giudice, affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, è, di conseguenza, censurabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio della motivazione solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria Sez. 5, n. 7993 del 09/12/2020 - dep. 2021, P., Rv. 280495 , in linea con quanto affermato anche dalla giurisprudenza civile Sez. 3, n. 24070 del 13/10/2017, T. contro A., Rv. 645831, N. 702 del 2010 Rv. 610870, N. 5090 del 2016 Rv. 639029 . In particolare, per quanto attiene ai reati contro la persona, la determinazione equitativa del danno morale cagionato deve tener conto dell’intensità della violazione della libertà morale e fisica, del turbamento psichico cagionato e delle conseguenze sul piano psicologico individuale e dei rapporti intersoggettivi, degli effetti proiettati nel tempo nonché dell’incidenza del fatto criminoso sulla personalità della vittima Sez. 3 Civile, n. 10802 del 13/02/2018, V., Rv. 272455 N. 13686 del 2011 Rv. 249929 . 1.2. L’esercizio dell’azione civile nel processo penale pone in stretta correlazione l’accertamento del reato rispetto alla determinazione del risarcimento del danno che vi consegue e, nei giudizi di impugnazione, determina una sorta di perpetuatio iurisdictionis del giudice penale sull’azione civile anche quando il reato è estinto, in quanto l’art. 578 c.p.p. impone un pieno accertamento sulla regiudicanda e sui motivi di appello, sicché la pronuncia sulle sole statuizioni civili presuppone la verifica della sussistenza dei profili di responsabilità penale V. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 Sez. U, n. 40109 del 18/07/2013, Sciortino, Rv. 25608 Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870 . Nei termini predetti, sussiste un vincolo inscindibile tra il fatto illecito produttivo di danno e la determinazione del risarcimento, con la conseguenza per cui alla ridefinizione dell’imputazione corrisponde la rideterminazione del pregiudizio e, quindi, del risarcimento. 1.3. Questa Corte ha avuto modo di affrontare l’incidenza della modifica dell’imputazione sulla tutela risarcitoria. Si è, in tal senso, affermato come la riqualificazione del reato contestato, anche se operata dal giudice di primo grado, non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, purché il fatto sia rimasto qualificato quale illecito penale anche al momento della pronuncia delle sentenze di primo e secondo grado Sez. 6, n. 27087 del 19/04/2017, Fiorenza, Rv. 27040 . Allo stesso modo, la sentenza di appello, che riformi in parte la sentenza di primo grado escludendo uno dei reati contestati all’imputato, dispiega efficacia diretta sulla quantificazione del risarcimento del danno, pur in assenza di specifico gravame sul punto pertanto il giudice, in forza dell’effetto devolutivo dell’appello di cui all’art. 574 c.p.p., ha l’obbligo di procedere alla rideterminazione della somma che era stata liquidata a titolo risarcitorio in primo grado, con riferimento alle imputazioni per le quali vi era stata condanna Sez. 6, n. 1611 del 26/11/2020 - dep. 2021, S., Rv. 280583 nella medesima prospettiva, la sentenza di secondo grado che riconosca la sussistenza di una circostanza attenuante deve essere qualificata come pronuncia incidente sulla responsabilità penale dell’imputato, concorrendo a definirne la concreta configurazione, sicché, per l’effetto devolutivo di cui all’art. 574 c.p.p., comma 4, ha diretta efficacia sulla quantificazione del risarcimento del danno, comportando l’obbligo per il giudice di procedere, pur in assenza di uno specifico motivo di appello, alla rideterminazione della somma liquidata Sez. 3, n. 36020 del 15/02/2017, R., Rv. 271180 . 1.4. Dai principi enunciati si evince come le vicende modificative dell’imputazione incidano sul quantum della tutela risarcitoria solo quando il fatto subisca modificazioni tali da determinare ex se un danno oggettivamente diverso alla persona offesa, in virtù del principio generale per cui, ai fini del risarcimento, rileva il pregiudizio oggettivo subito dal danneggiato e non rilevano le componenti soggettive inerenti la persona del danneggiante. Del resto, nel vigente ordinamento, il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non è riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive - restando estranea al sistema l’idea della punizione e della sanzione del responsabile civile ed indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta - ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso, non essendo previsto l’arricchimento, se non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto all’altro è, pertanto, incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto dei danni punitivi Sez. 1 Civile, n. 1781 del 08/02/2012, Ruffinatti Srl Cossa ed altro contro Oyola Rosado, Rv. 621332 . Vanno, pertanto, tenuti ben distinti i parametri di determinazione della sanzione penale e di quantificazione del risarcimento del danno conseguente al reato, avendo quest’ultimo finalità riparatoria delle conseguenze dell’illecito subite dal danneggiato e non punitive del danneggiante. 2. La Corte d’appello di Catanzaro non ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi. 2.1. Alla statuizione di conferma della responsabilità penale di R.F. per il reato di atti persecutori in danno di C.M. , consumato dal settembre 2012, la Corte territoriale ha fatto seguire la rideterminazione della pena per rapportar lo all’effettiva entità dei fatti rapportati alla loro durata nel tempo ed alla personalità del reo quale soggetto incensurato , ribadendo l’esclusione delle attenuanti generiche ed a tali parametri ha riferito per relationem la drastica riduzione del risarcimento del danno liquidato in primo grado. 2.2. Trattasi di motivazione del tutto carente da un lato, invero, rilevanza alcuna sulla determinazione del risarcimento del danno dispiega, per le ragioni esposte, la personalità del reo quale soggetto incensurato , trattandosi di indicatore del tutto irrilevante ai fini della determinazione del pregiudizio dall’altro, il riferimento alla effettiva entità dei fatti rapportati alla loro durata nel tempo si risolve in una mera clausola di stile, non rinvenendosi in alcun punto della decisione il ridimensionamento della condotta, una minor latitudine temporale dei fatti o una declinazione in minus degli eventi del reato. Ne consegue come in alcun punto della sentenza risultano rappresentati gli indicatori che hanno determinato la riforma delle statuizioni civili, omissione tanto più rilevante ove si consideri l’entità della riduzione pari ad oltre il 90% rispetto ad un danno invece nell’an e nel quantum non modificato rispetto alle valutazioni del giudice di primo grado. Del resto, la soluzione di continuità tra il punto relativo al trattamento sanzionatorio e il capo relativo alle statuizioni civili è posto a fondamento del principio per cui non è consentito l’intervento della parte civile nel giudizio di cassazione avente per oggetto esclusivamente il trattamento sanzionatorio o la confisca dei beni degli imputati, in quanto tali questioni non possono avere alcuna incidenza sugli interessi civili e, nel caso in cui l’intervento sia comunque avvenuto, non possono porsi a carico dell’imputato le relative spese Sez. 1, n. 51166 del 11/06/2018, Gatto, Rv. 274935 . Va, pertanto, qui affermato come, in tema di liquidazione equitativa del danno morale conseguente al reato di atti persecutori, è sindacabile in sede di legittimità, come violazione dell’art. 1226 c.c., norma di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, e, nel contempo, come ipotesi di assenza di motivazione, di motivazione apparente , di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile , la valutazione del giudice di merito che non abbia indicato, nemmeno sommariamente, i criteri seguiti per determinare l’entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum . La liquidazione equitativa, anche nella sua forma cd. pura , consiste in un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno nel caso concreto, sicché, pur nell’esercizio di un potere di carattere discrezionale, il giudice è chiamato a dare conto, in motivazione, del peso specifico attribuito ad ognuno di essi, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito nella propria determinazione e consentire il sindacato del rispetto dei principi del danno effettivo e dell’integralità del risarcimento. Nel consegue che, allorché non siano indicate le ragioni dell’operato apprezzamento e non siano richiamati gli specifici criteri utilizzati nella liquidazione, la sentenza incorre sia nel vizio di nullità per difetto di motivazione indebitamente ridotta al disotto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 sia nel vizio di violazione dell’art. 1226 c.c. Sez. 3 Civile, n. 22272 del 13/09/2018, D. contro A., Rv. 650596 in applicazione dell’enunciato principio, è stata cassata la sentenza di appello che aveva operato una drastica riduzione dell’importo dovuto ai danneggiati a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a reato di violenza sessuale sulla base del rilievo, puramente assertivo, secondo cui il maggiore importo liquidato dal primo giudice era sproporzionato rispetto ai fatti e la riduzione dello stesso appariva conforme a giustizia . 3. Il secondo motivo è, del pari, fondato. 3.1. La Corte territoriale ha compensato tra le parti le spese del grado in considerazione della reciproca soccombenza . In tema di spese di lite, invero, la reciproca soccombenza va ravvisata nell’ipotesi di pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo fra le stesse parti e nell’eventualità di accoglimento parziale dell’unica domanda, articolata in più capi, dei quali solo alcuni accolti, o costituita da un unico capo, ove la parzialità abbia riguardato la misura meramente quantitativa del suo accoglimento, con la precisazione che, in tale ultima circostanza, è necessario che la richiesta, rivelatasi inadeguata rispetto a quella accolta, abbia costretto la controparte ad una spesa per oneri processuali maggiore di quella che avrebbe sostenuto se la domanda fosse stata contenuta nel giusto Sez. 3 Civile, n. 516 del 15/01/2020, M. contro G., Rv. 656810 . 3.2. In applicazione dei predetti principi e con specifico riferimento all’esercizio dell’azione civile nel processo penale, questa Corte ha ravvisato ipotesi di reciproca soccombenza in caso di impugnazioni proposte sia dall’imputato che dalla parte civile Sez. 5, n. 48206 del 10/09/2019, PAEZ MARTIN JUAN CARLOS, Rv. 278040 Sez. 4, n. 39727 del 12/06/2019, Perugino, Rv. 277508 Sez. 2, n. 48733 del 06/10/2016, Panitteri, Rv. 268283 ed è stato ulteriormente specificato come, in tema di condanna alle spese nei giudizi di impugnazione, il giudice di appello che modifichi la decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato non può contestualmente condannarlo alle spese processuali, in quanto tale condanna consegue esclusivamente, e senza possibilità di deroghe, al rigetto dell’impugnazione o alla declaratoria della sua inammissibilità. Le Sezioni unite di questa Corte n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207946 hanno, ulteriormente, specificato come il parziale accoglimento dell’impugnazione dell’imputato non elimina la condanna, sicché - pur impedita la sua condanna al pagamento delle spese processuali - è consentita la condanna dello stesso alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di impugnazione, in base alla decisiva circostanza della mancata esclusione del diritto della parte civile, salvo che il giudice non ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale, sulla base di un potere discrezionale attribuito dalla legge e il cui esercizio non è censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato V. anche Sez. 5, n. 46453 del 21/10/2008, Colombo, Rv. 242611 . 3.3. Nel caso in esame, il parziale accoglimento dell’appello dell’imputato ha riguardato il trattamento sanzionatorio e la riduzione della quantificazione del risarcimento del danno, mentre non risulta che la parte civile avesse proposto impugnazione, con conseguente insussistenza di una condizione di reciproca soccombenza. Nè la Corte territoriale ha rappresentato la sussistenza di giusti motivi, con conseguente mancanza di motivazione sul punto. 3. Alla stregua di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello, perché - in piena libertà di giudizio, ma facendo corretta applicazione dei principi enunciati - proceda a nuovo esame, oltre che alla liquidazione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.