Precedenti penali e pendenze giudiziarie non bastano per negare al detenuto l’affidamento al servizio sociale

Respinte le obiezioni proposte dalla Procura. Confermato il provvedimento adottato dal Tribunale di sorveglianza. Anche per i Giudici della Cassazione ci sono i presupposti per ipotizzare un reinserimento sociale del detenuto.

Precedenti penali e pendenze giudiziarie non sono sufficienti per ritenere pericoloso il detenuto e negargli l’affidamento in prova al servizio sociale Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza n. 22749/21, depositata il 9 giugno . ‘Via libera’ dal Tribunale di sorveglianza. Concesso l’ affidamento in prova al ‘ servizio sociale’ a un uomo in relazione alla pena residua di quindici mesi per reati di truffa e ricettazione , commessi tra settembre e dicembre 2010 . Questa decisione viene fortemente contestata dalla Procura, che presenta ricorso in Cassazione, sostenendo, in sintesi, che il Tribunale di sorveglianza ha minimizzato la valenza dei precedenti penali del condannato, erroneamente definendoli differenti rispetto a quelli del titolo in esecuzione, e ha evitato di valorizzare le attuali pendenze in quanto al prevenuto sarebbero state revocate tutte le misure cautelari . In aggiunta, poi, la Procura sostiene anche che non vi siano prove certe sulla esistenza di un domicilio idoneo in cui eseguire la misura concessa all’uomo. Dalla Cassazione mostrano però di non condividere la tesi della Procura, non sufficiente, secondo i magistrati, a mettere in discussione la legittimità del provvedimento adottato dal Tribunale di sorveglianza. In particolare, i Giudici di terzo grado sottolineano che correttamente il Tribunale ha messo in evidenza che la sussistenza di altri pregressi criminosi non ostasse alla formulazione di un giudizio di limitata pericolosità sociale, tenuto conto del fatto che il più recente di quei pregressi risaliva a circa tre anni prima , e che tale giudizio non fosse inficiato dalle pendenze giudiziarie per fatti commessi anche in epoca più prossima, in quanto la misura cautelare più attenuata, applicata in relazione a essi, era stata revocata, avendo il giudice procedente accertato l’inesistenza di un pericolo cautelare e di pericolosità sociale del soggetto . A completare il quadro, poi, anche le emergenze della relazione redatta dall’Ufficio Esecuzione Penale Esterna il riferimento è, nello specifico, alla circostanza che il condannato aveva reperito un lavoro presso una cooperativa sociale e al fatto che egli poteva contare sul sostegno di una valida rete di rapporti familiari . Anche per i Giudici della Cassazione gli elementi a disposizione sono sufficienti per presumere una positiva evoluzione della personalità del detenuto , con conseguente possibile suo reinserimento sociale . Ultimo tassello a favore dell’uomo, infine, l’ idoneità del domicilio presso l’abitazione dei genitori, dove era stata eseguita la misura degli arresti domiciliari cui era stato sottoposto . Su questo fronte si è appurato che la madre ha solamente manifestato il desiderio che il figlio andasse a vivere da solo ma non anche l’intenzione di non accoglierlo in casa .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 aprile – 9 giugno 2021, n. 22749 Presidente Tardio – Relatore Talerico Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27 ottobre 2020 il Tribunale di sorveglianza di Venezia concedeva a V.G. l’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena residua di anni uno, mesi tre, giorni diciotto di reclusione di cui alla sentenza del Tribunale di Vicenza del 23.5.2016 per reati di truffa e ricettazione, commessi tra settembre e dicembre 2010. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica di Venezia, evidenziando che il Tribunale di sorveglianza avrebbe minimizzato la valenza dei precedenti penali del condannato, erroneamente definendoli differenti rispetto a quelli del titolo in esecuzione che avrebbe evitato di valorizzare le attuali pendenze in quanto al prevenuto sarebbero state revocate tutte le misure cautelari che, inoltre, l’ordinanza impugnata andava censurata in relazione alla ritenuta esistenza di un domicilio idoneo nel quale eseguire la misura concessa al V. . 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, Dott. Ettore Pedicini, ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. 4. In data 27 marzo 2021, il difensore del V. ha fatto pervenire presso la Cancelleria di questa Corte memoria difensiva, con la quale ha contrastato le argomentazioni sviluppate nel ricorso e ha chiesto che lo stesso venga dichiarato inammissibile e/o infondato ha, altresì, depositato la memoria prodotta all’udienza del 27 ottobre 2020 dinnanzi al Tribunale di sorveglianza, corredata da documentazione aggiornamento relazione U.E.P.E. del 21.10.2020 e dichiarazione della madre del condannato del 23.8.2020 . Considerato in diritto 1 Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esplicitate. E in vero, come osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, il ricorso, oltre a non indicare il parametro normativo di riferimento, non si confronta adeguatamente con la motivazione dell’ordinanza impugnata, finendo per richiedere a questa Corte una diversa valutazione dei dati procedimentali, non consentita nel presente scrutinio di legittimità. Il Tribunale di sorveglianza ha, infatti, verificato concretamente, con motivazione non manifestamente illogica, che, nel caso di specie, ricorressero i presupposti per la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. In particolare, ha messo in evidenza che la sussistenza di altri pregressi, criminosi non ostassero alla formulazione di un giudizio di limitata pericolosità sociale, tenuto conto del fatto che il più recente di essi risaliva a circa tre anni prima, e che tale giudizio non fosse inficiato dalle pendenze giudiziarie per fatti commessi anche in epoca più prossima, in quanto la misura cautelare più attenuata, applicata in relazione a essi, era stata revocata, avendo il giudice procedente accertato l’inesistenza di un pericolo cautelare e di pericolosità sociale del V. . Ha, inoltre, valorizzato ai fine della concessione della misura alternativa in parola le emergenze della relazione redatta dall’U.E.P.E. nella specie, la circostanza che il condannato aveva reperito un lavoro presso una cooperativa sociale con sede a Castelfranco Veneto, nonché il sostegno di una valida rete di rapporti familiari e sulla base di detti elementi ha ritenuto che vi fossero i sintomi di una positiva evoluzione della sua personalità e le condizioni che rendevano possibile il suo reinserimento sociale. Ha, altresì, accertato l’idoneità del domicilio sito a OMISSIS , presso l’abitazione dei genitori, dove era stata eseguita la misura degli arresti domiciliari cui era stato sottoposto, alla stregua delle informazioni dei Carabinieri di Onè di Fonte, avendo la madre - come risulta dalla lettura dell’ordinanza impugnata - solamente manifestato il desiderio che il figlio andasse a vivere da solo ma non anche l’intenzione di non accoglierlo in casa. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.