Costretto ai domiciliari, assente al controllo: il presunto malfunzionamento del citofono non è una giustificazione

Respinta l’obiezione difensiva. Fatale la mancata presentazione di prove ad attestare il mancato funzionamento del citofono.

Il malfunzionamento – presunto – del citofono non può mettere in discussione la condanna dell’uomo che, costretto ai domiciliari, non ha risposto al controllo effettuato dalla polizia giudiziaria Cassazione, sentenza n. 22085/21, sez. VI Penale, depositata il 4 giugno . Per i giudici di merito è semplice la lettura dell’episodio incriminato alla luce della versione fornita dagli agenti della polizia giudiziaria. Consequenziale la condanna per il reato di evasione dell’uomo che sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, non era stato trovato in casa durante un controllo di routine. Il legale dell’uomo prova però a mettere in discussione il giudizio di colpevolezza , osservando soprattutto che gli operatori di polizia giudiziaria si sono limitati, all’atto del controllo, a suonare al citofono, senza accertarsi del suo funzionamento, e senza ripetere nel corso della giornata la verifica . In aggiunta, poi, il legale spiega che il suo cliente è affetto da gravi patologie che ne limitano gravemente la deambulazione e che lo costringono all’assunzione di farmaci, che avrebbero ben potuto creare uno stato di sonnolenza tale da impedirgli di sentire il citofono . Per i giudici della Cassazione, però, le obiezioni difensive sono assolutamente fragili. Soprattutto perché il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari ha l’ onere di porsi in condizioni di consentire il proprio controllo , anche mediate la verifica dell’efficienza dei semplici strumenti campanello e citofono tipicamente in uso in qualsiasi abitazione . Ciò significa che nel caso in cui gli agenti facciano un accesso per il controllo, procedendo, come di norma, ad utilizzare tali dispositivi tocca all’uomo sottoposto ai domiciliari dare prova dell’esistenza di una situazione di caso fortuito che gli ha impedito di rispondere . Tirando le somme, viene confermata la condanna per evasione , in questo caso, poiché, una volta che la polizia giudiziaria ha attestato di avere proceduto al controllo con le corrette modalità, utilizzando il citofono , l’uomo sottoposto ai domiciliari non ha dimostrato il mancato funzionamento del dispositivo o le altre peculiari condizioni che gli avevano impedito di rispondere e di far accertare la sua presenza a casa.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 gennaio – 4 giugno 2021, n. 22085 Presidente Mogini – Relatore Di Stefano Motivi della decisione Con la sentenza in epigrafe la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la condanna di D.P. per il reato di evasione in quanto, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, non era reperito dalla polizia giudiziaria che procedeva ad un controllo. Il difensore ha proposto ricorso nell’interesse del D. deducendo con unico motivo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b , c ed e . Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello avrebbe disatteso la regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio poiché il compendio probatorio su cui si è fondato il giudizio di colpevolezza sarebbe il frutto di una sommatoria di indizi che non rispettano affatto i criteri dell’art. 192 c.p.p., comma 2. È infatti emerso che gli operatori di p.g. all’atto del controllo si sono limitati a suonare al citofono senza ripetere nel corso della giornata la verifica e senza accertarsi del funzionamento dello stesso. A ciò si aggiunge che il D. è affetto da gravi patologie che ne limitano gravemente la deambulazione e che lo costringono all’assunzione di farmaci, i quali avrebbero ben potuto creare uno stato di sonnolenza tale da impedirgli di sentire il citofono. Il procuratore generale con proprio requisitoria scritta ha chiesto l’accoglimento del ricorso. Il ricorso è manifestamente infondato. Il soggetto sottoposto agli arresti domiciliari ha certamente l’onere di porsi in condizioni di consentire il proprio controllo, anche mediate la verifica dell’efficienza dei semplici strumenti campanello e/o citofono tipicamente in uso in qualsiasi abitazione. Perciò, nel caso in cui gli addetti facciano un accesso per il controllo procedendo, come di norma, ad utilizzare tali dispositivi scatta, se del caso, l’onere del soggetto posto agli arresti che non abbia dato risposta a ripetute chiamate di dimostrare che ricorre una situazione di caso fortuito che gli ha impedito di rispondere. Nel caso di specie, quindi, una volta che la polizia giudiziaria ha attestato di avere proceduto con le corrette modalità, utilizzando il citofono, era onere del D. dimostrare il mancato funzionamento del dispositivo o le altre peculiari condizioni che gli avevano impedito di rispondere. Valutate le ragioni della inammissibilità, la sanzione pecuniaria va determinata nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.