Bancarotta fraudolenta: nessuna distrazione se l’imputato ha comunicato al curatore l’esistenza del bene

È esclusa la configurabilità di una distrazione in difetto di un effettivo distacco del bene dal patrimonio del fallito. Distacco che non necessariamente deve concretizzarsi in atti formali o risolversi nella giuridica estromissione del bene dal patrimonio, essendo sufficiente la sua destinazione ad uno scopo diverso da quello doveroso, ma che deve comunque risultare effettivo.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21712/21, depositata il 3 giugno. La Corte d’Appello di Lecce confermava la condanna di un imputato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale , commesso in qualità di amministratore di una s.r.l. ormai fallita. L’accusato ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, l’ erronea applicazione della legge penale per ciò che attiene l’affermazione della responsabilità per la distrazione di un veicolo acquistato dalla società fallita in forza di un contratto di leasing. Egli sottolinea l’ammissione, da parte della stessa sentenza, dell’esistenza del bene in questione, esistenza comunque comunicata dall’imputato al curatore al quale ha fornito le indicazioni per il suo recupero, non potendogli così addebitare l’inerzia dell’organo fallimentare. Il ricorso è fondato in quanto la contestazione nei confronti dell’imputato riguardava l’occultamento o la distrazione del veicolo, coerentemente con quanto previsto dall’art. 216 comma 1, n. 1 l. fall Ed è per questo che la Corte ribadisce che è esclusa la configurabilità di una distrazione in difetto di un effettivo distacco del bene dal patrimonio del fallito. Distacco che non necessariamente deve concretizzarsi in atti formali o risolversi nella giuridica estromissione del bene dal patrimonio, essendo sufficiente la sua destinazione ad uno scopo diverso da quello doveroso, ma che deve comunque risultare effettivo. Quanto alla condotta di occultamento , la stessa ricomprende qualsiasi condotta che comporti anche solo la temporanea indisponibilità di un bene attraverso il suo materiale nascondimento in grado di frapporre un ostacolo alla sua acquisizione da parte degli organi fallimentari, attentando così all’integrità della garanzia patrimoniale dei creditori, fermo restando che la mera omessa segnalazione della sua esistenza cui, ai sensi dell’art. 87, comma 3, l. fall. il fallito è tenuto, integra il diverso reato di cui all’art. 220 stessa legge . Nel caso di specie la sentenza non ha preso in considerazione il fatto che l’imputato avesse comunicato l’ esistenza del bene al curatore, e altresì che avesse fornito le opportune indicazioni per la sua acquisizione , senza precisare se la materiale apprensione del medesimo dopo ben due anni dall’apertura del fallimento sia stata causata da comportamenti precedenti o successivi alla denunzia dell’esistenza del bene attribuibili all’imputato e tali da renderne difficoltoso il rinvenimento o il recupero e quindi idonei ad integrare la condotta di occultamento , nè se e in che termini la collocazione del veicolo presso un terzo possa ritenersi aver impresso allo stesso una destinazione diversa dallo scopo cui era giuridicamente vincolato rimanendo in tal caso effettivamente integrata la condotta di distrazione . Per questi motivi il Collegio annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 maggio – 3 giugno 2021, n. 21712 Presidente Miccoli – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce ha confermato la condanna di C.B. per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso nella sua qualità di amministratore della Valchi s.r.l., fallita nel corso del 2010. In parziale riforma della pronunzia di primo grado, la Corte territoriale ha invece assolto l’imputato per il concorrente reato di bancarotta fraudolenta documentale per l’insussistenza del fatto, nonché, esclusa l’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta e riconosciute le attenuanti generiche, ha rimodulato il trattamento sanzionatorio. 2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato articolando due motivi. Con il primo deduce erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito all’affermazione di responsabilità del C. per la distrazione di un veicolo acquistato dalla fallita in forza di un contratto di leasing. In proposito osserva come sia la stessa sentenza ad ammettere che l’esistenza del bene sia stata comunicata dall’imputato al curatore al quale egli ha fornito le indicazioni per il suo recupero non essendo dunque possibile addebitare al medesimo l’inerzia dell’organo fallimentare. Nè i giudici di merito hanno dimostrato che il non immediato rinvenimento del veicolo abbia arrecato un effettivo pregiudizio ai creditori, invero necessario per la configurabilità del reato. Ulteriori vizi di motivazione vengono denunziati con il secondo motivo in merito alla rideterminazione della pena a seguito dell’assoluzione dell’imputato per i fatti di bancarotta documentale. In realtà la Corte territoriale, una volta esclusa l’aggravante e riconosciute le attenuanti generiche, si sarebbe limitato ad applicare la diminuzione corrispondente a queste ultime, senza motivare le ragioni della conferma della pena base stabilita in primo grado nonostante all’esito del giudizio d’appello l’imputato sia stato condannato solo per la bancarotta patrimoniale relativa alla distrazione di un unico bene, peraltro successivamente rinvenuto ed acquisito al fallimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La contestazione nei confronti dell’imputato, coerentemente a quanto previsto dall’art. 216, comma 1, n. 1 , L. Fall., riguardava l’occultamento o la distrazione del bene descritto in precedenza. In tal senso va dunque ribadito che è esclusa la configurabilità di una distrazione in difetto di un effettivo distacco del bene dal patrimonio del fallito. Distacco che non necessariamente deve concretizzarsi in atti formali o risolversi nella giuridica estromissione del bene dal patrimonio, essendo sufficiente la sua destinazione ad uno scopo diverso da quello doveroso, ma che deve comunque risultare effettivo. Quanto alla condotta di occultamento, la stessa ricomprende qualsiasi condotta che comporti anche solo la temporanea indisponibilità di un bene attraverso il suo materiale nascondimento in grado di frapporre un ostacolo alla sua acquisizione da parte degli organi fallimentari, attentando così all’integrità della garanzia patrimoniale dei creditori, fermo restando che la mera omessa segnalazione della sua esistenza cui, ai sensi dell’art. 87, comma 3, L. Fall. il fallito è tenuto, integra il diverso reato di cui all’art. 220 stessa L Ciò premesso la sentenza, dopo aver ammesso che l’esistenza del veicolo di cui si tratta era stata puntualmente e tempestivamente comunicata dall’imputato al curatore contraddicendo dunque quanto sostenuto nella sentenza di primo grado, per la quale l’esistenza del bene venne scoperta solo a seguito della presentazione di una querela da parte della società di leasing che ne aveva finanziato l’acquisto , solo apparentemente ha spiegato in che termini lo stesso debba ritenersi essere stato oggetto di distrazione ovvero di occultamento. In tal senso insufficiente è il richiamo operato dalla Corte ai consolidati principi relativi al valore indiziante del mancato rinvenimento del bene che si assume oggetto di distrazione in assenza di adeguata giustificazione da parte del fallito. Infatti tali principi presuppongono l’effettività del mancato rinvenimento del bene, che non si identifica però con la sua materiale irreperibilità nei locali dell’impresa e nemmeno soltanto con la mera mancata consegna del medesimo da parte del fallito, il quale peraltro non ha alcun obbligo in tal senso se non, ai sensi dell’art. 86, L. Fall., con riguardo al danaro ed ai titoli di credito. Il mancato rinvenimento non coincide, infatti, con la semplice materiale assenza del bene, ma è connesso all’incapacità da parte del fallito di fornire idonea giustificazione della medesima. Ed in proposito con il gravame di merito era stato eccepito non solo che l’imputato avesse comunicato l’esistenza del bene al curatore, ma altresì che avesse fornito le opportune indicazioni per la sua acquisizione, obiezione che la sentenza non ha preso in considerazione, senza precisare se la materiale apprensione del medesimo dopo ben due anni dall’apertura del fallimento sia stata causata da comportamenti precedenti o successivi alla denunzia dell’esistenza del bene attribuibili all’imputato e tali da renderne difficoltoso il rinvenimento o il recupero e quindi idonei ad integrare la condotta di occultamento , nè se e in che termini la collocazione del veicolo presso un terzo possa ritenersi aver impresso allo stesso una destinazione diversa dallo scopo cui era giuridicamente vincolato rimanendo in tal caso effettivamente integrata la condotta di distrazione . 3. Fondate sono altresì le censure proposte con il secondo motivo. Una volta assolto l’imputato per il reato di bancarotta documentale, nel rimodulare il trattamento sanzionatorio la Corte si è apparentemente limitata a diminuire la pena determinata in primo grado di un terzo in ragione del riconoscimento delle attenuanti generiche. Della commisurazione finale della pena - che peraltro emerge esclusivamente dal dispositivo della sentenza -i giudici dell’appello non hanno comunque offerto giustificazione alcuna nella motivazione della sentenza, nella quale non sembra essersi tenuto conto del fatto che la pena irrogata dal Tribunale era stata calcolata in riferimento ad un compendio accusatorio più ampio e, soprattutto, considerando l’aumento per l’aggravànte della pluralità dei fatti di bancarotta, poi correttamente esclusa nel giudizio di secondo grado. 4. Alla luce delle evidenziate lacune motivazionali la sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Lecce per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Lecce.