Confermato il limite di tre familiari per il colloquio mensile del detenuto in 41bis con famiglia allargata

Respinta la richiesta mirata ad ottenere l’autorizzazione, in via permanente, a effettuare il colloquio visivo con una quarta persona. Irrilevante, secondo i giudici, il richiamo fatto dal detenuto ai problemi di organizzazione connessi all’avere una famiglia numerosa.

Avere una famiglia numerosa non basta a legittimare la richiesta del detenuto – sottoposto al regime del 41bis – di poter incontrare più di tre persone in occasione del colloquio mensile. Cassazione, sentenza n. 20958/21, depositata oggi il 27 maggio . Concordi magistrato di sorveglianza e tribunale di sorveglianza. Confermata la risposta negativa alla richiesta, presentata dal detenuto sottoposto al cosiddetto ‘carcere’, di vedersi concessa l’autorizzazione, in via permanente, a effettuare il colloquio visivo con una quarta persona . Il detenuto ha spiegato di essere padre di tre figli maggiorenni e di due figli minorenni, avuti da donne diverse e che, quindi, egli non può svolgere il colloquio con tutti contemporaneamente . Per i giudici, però, non può ravvisarsi alcuna lesione del diritto del detenuto alla cura degli affetti familiari, potendo egli effettuare il colloquio con tre familiari adulti e con i due figli minori al seguito, così adeguatamente soddisfacendo le relazioni familiari . Senza dimenticare che la previsione del numero massimo di tre persone ammissibili ai colloqui è stabilita anche per i colloqui dei detenuti non sottoposti al regime ex articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario . Per fare ancora più chiarezza, poi, i giudici ricordano che il limite numerico delle tre persone ammesse ai colloqui può essere derogato per motivi ragionevoli ed eccezionali , secondo la valutazione rimessa all’amministrazione penitenziaria , mentre in questa vicenda la richiesta prospettata dal detenuto non è legata a una circostanza eccezionale, bensì al fatto che egli ha una famiglia numerosa, condizione, questa, che gli impone di scegliere chi incontrare, analogamente a quanto stabilito per gli altri detenuti nella medesima situazione . In Cassazione, però, il detenuto contesta le valutazioni del Tribunale di sorveglianza e sostiene che atteso il numero dei figli e l’esistenza di una famiglia allargata , la previsione della possibilità di effettuare, in occasione di ciascun incontro, colloqui con soli tre adulti, è lesivo del proprio diritto a incontrare i familiari e a mantenere con essi rapporti, trovandosi egli costretto a scegliere, di volta in volta, quale figlio escludere dal colloquio mensile . Secondo il detenuto la circostanza di avere una famiglia cosiddetta allargata è sufficiente a giustificare la deroga della norma , preso atto anche della possibilità di predisporre le consuete cautele mediante sistemi di sorveglianza audio e video durante il colloquio, oltre alla presenza di un vetro divisorio, idoneo a impedire qualsiasi contatto con il visitatore . Prima di prendere in esame i dettagli della vicenda, i giudici della Cassazione tengono a ricordare che i detenuti sottoposti al regime differenziato possono effettuare un colloquio visivo al mese, a intervalli regolari, con esclusione delle persone diverse dai familiari . In particolare, il detenuto può fruire di colloqui visivi della durata massima di un’ora, nella misura inderogabile di uno al mese, da effettuarsi a intervalli di tempo regolari e al colloquio sono ammesse massimo tre persone . Ciò significa che se il limite numerico delle tre persone ammesse ai colloqui costituisce la regola, la deroga a tale limitazione numerica ne costituisce, invece, l’eccezione, che deve essere giustificata e fondata su motivazioni ragionevoli ed eccezionali , la cui valutazione e decisione è rimessa all’Amministrazione penitenziaria , sempre contemperando e bilanciando l’esigenza di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza con il diritto del detenuto al mantenimento di regolari rapporti con il contesto familiare e affettivo . Alla luce di tali principi va confermata la valutazione del Tribunale di sorveglianza, che correttamente, spiegano i magistrati della Cassazione, ha ritenuto che non ricorresse alcuna circostanza eccezionale, essendo la richiesta del detenuto legata semplicemente al fatto che egli ha una famiglia numerosa e che, pertanto, egli deve scegliere se incontrare ogni mese tutti i suoi figli oppure se incontrare, a mesi alterni, il primo mese, i suoi figli maggiorenni, e il mese successivo, la compagna e i figli minorenni . A tale situazione devono in realtà soggiacere anche gli altri detenuti , ancorché sottoposti al regime ordinario, i quali si trovino nelle medesime condizioni, senza che rispetto ad esse possa configurarsi alcuna lesione del diritto alla tutela dei rapporti familiari . Sacrosanta, quindi, la limitazione del numero di adulti autorizzabili al colloquio , limitazione che rientra nell’ambito dei poteri di autorganizzazione dell’amministrazione penitenziaria, che nella specie sono stati esercitati attraverso un ragionevole bilanciamento tra i contrapposti interessi, ponendo un limite adeguato alle possibilità di accesso in carcere funzionale all’esercizio dei necessari controlli da parte del personale penitenziario , concludono i magistrati.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 febbraio – 27 maggio 2021, n. 20958 Presidente Casa – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 9/6/2020, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila rigettò il reclamo proposto nell’interesse di A.G. , detenuto nella Casa circondariale di L’Aquila in regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen., avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza della stessa città che aveva respinto il reclamo, proposto ai sensi dell’art. 35-bis, e art. 69, comma 6, lett. b , Ord. pen., diretto a ottenere l’autorizzazione, in via permanente, a effettuare il colloquio visivo con una quarta persona, motivata con il fatto che il detenuto era padre di tre figli maggiorenni e di due minorenni, avuti da donne diverse, e che egli non poteva svolgere il colloquio con tutti contemporaneamente. Secondo il Collegio, infatti, non poteva ravvisarsi alcuna lesione del diritto del detenuto alla cura degli affetti familiari, potendo egli effettuare il colloquio con tre familiari adulti e con i due figli minori al seguito, così adeguatamente soddisfacendo le relazioni familiari, in un’ottica di equo contemperamento tra il diritto del ristretto e le esigenze di ordine e sicurezza ed essendo la previsione del numero massimo di tre persone inammissibili ai colloqui stabilita anche per i colloqui dei detenuti non sottoposti al regime ex art. 41-bis Ord. pen. Sotto altro profilo, il Collegio osservò che il limite numerico delle tre persone ammesse ai colloqui poteva essere derogato per motivi ragionevoli ed eccezionali, secondo la valutazione rimessa all’Amministrazione penitenziaria esigenza non sussistente nella specie, non essendo la richiesta prospettata dal reclamante legata a una circostanza eccezionale, ma al fatto che A. aveva una famiglia numerosa condizione che gli imponeva di scegliere chi incontrare, analogamente a quanto stabilito per gli altri detenuti nella medesima situazione. 2. A.G. ha proposto ricorso per cassazione avverso ìl predetto provvedimento, per mezzo del difensore di fiducia, avv. Barbara Amicarella, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 41-bis Ord. pen. e 16 della circolare DAP del 2/10/2017, rilevando che, atteso il numero dei figli e l’esistenza di una famiglia allargata, la previsione della possibilità di effettuare, in occasione di ciascun incontro, colloqui con soli tre adulti, sia lesivo del proprio diritto a incontrare i familiari e a mantenere con essi rapporti, trovandosi A. costretto a scegliere, di volta in volta, quale figlio escludere dal colloquio mensile, senza che la circostanza di avere una famiglia cd. allargata sia stata ritenuta sufficiente a giustificare la deroga della norma. Il diritto strettamente connesso con il principio rieducativo sancito dall’art. 27 Cost., comma 3, la cui tutela è stata ribadita nella Decisione CEDU Van der Ven c. Paesi Bassi del 4/2/2003, secondo cui la detenzione non può in sacrificare la vita affettiva del detenuto poiché produrrebbe effetti negativi sulla personalità pregiudicandone il processo di reinserimento - sarebbe esercitabile, nella specie, senza pregiudizio per la salvaguardia della sicurezza e dell’ordine pubblico, stante la possibilità di predisporre le consuete cautele mediante sistemi di video e audio-sorveglianza durante il colloquio, oltre alla presenza di un vetro divisorio, idoneo a impedire qualsiasi contatto con il visitatore. Fermo restando che, in ogni caso, le restrizioni imposte dall’Amministrazione penitenziaria devono essere sempre congrue e proporzionate rispetto alle finalità che il regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen. intende realizzare e tali, comunque, da non comprimere i diritti minimi. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , la mancanza della motivazione del provvedimento, essendosi il Tribunale di sorveglianza limitato ad addurre generiche ragioni di cautela e di sicurezza e presunte ragioni di parità di trattamento tra i detenuti, omettendo qualsivoglia specifica argomentazione in relazione alle ragioni del rigetto, senza alcun cenno al contemperamento degli interessi in gioco, al violato diritto all’affettività e all’eccezionalità che giustificherebbe la deroga della norma. 3. In data 14/1/2021 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto. 2. Ai sensi dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b , Ord. pen., i detenuti sottoposti al regime differenziato possono effettuare un colloquio visivo al mese, a intervalli regolari, con esclusione delle persone diverse dai familiari. Inoltre, l’art. 16 della circolare del D.A.P. del 2/10/2017, stabilisce che i colloqui con i familiari si svolgono secondo le esigenze organizzative nei giorni stabiliti dalla Direzione, anche tramite il sistema della preventiva prenotazione. Il detenuto/internato può, ai sensi della normativa vigente in materia, fruire di colloqui visivi della durata massima di un’ora, nella misura inderogabile di uno al mese da effettuarsi a intervalli di tempo regolari. Nel rispetto della calendarizzazione delle giornate dei colloqui da parte della Direzione, gli stessi saranno autorizzati e fruiti a distanza di circa 30 giorni. . Al colloquio, sono ammesse massimo tre persone. Detto limite può essere derogato esclusivamente in favore di minori e/o di familiari o conviventi . . 3. Orbene, l’ordinanza impugnata ha correttamente ritenuto che se il limite numerico delle tre persone ammesse ai colloqui costituisce la regola, la deroga a tale limitazione numerica ne costituisce, invece, l’eccezione la quale deve essere giustificata e fondata su motivazioni ragionevoli ed eccezionali, la cui valutazione e decisione è rimessa all’Amministrazione penitenziaria e che devono essere valutate caso per caso, contemperando e bilanciando l’esigenza di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza con il diritto del detenuto al mantenimento di regolari rapporti con il contesto familiare e affettivo. 3.1. Del tutto condivisibilmente, e in ogni caso con motivazione che si sottrae alle proposte censure, il Tribunale di sorveglianza ha, dunque, ritenuto che nel caso di specie non ricorresse alcuna circostanza eccezionale, essendo la richiesta del detenuto legata semplicemente al fatto che A. aveva una famiglia numerosa e che, pertanto, egli doveva scegliere se incontrare ogni mese tutti i suoi figli oppure se incontrare, a mesi alterni, il primo mese, i suoi figli maggiorenni, e il mese successivo, la compagna e i figli minorenni. Una situazione, quella ora descritta, alla quale devono in realtà soggiacere anche gli altri detenuti, ancorché sottoposti al regime ordinario, i quali si trovino nelle medesime condizioni, senza che rispetto ad esse possa configurarsi alcuna lesione del diritto alla tutela dei rapporti familiari. La limitazione del numero di adulti autorizzabili al colloquio, infatti, rientra nell’ambito dei poteri di autorganizzazione dell’Amministrazione penitenziaria, che nella specie sono stati esercitati attraverso un ragionevole bilanciamento tra i contrapposti interessi, ponendo un limite adeguato alle possibilità di accesso in carcere funzionale all’esercizio dei necessari controlli da parte del personale penitenziario. 3.2. Manifestamente infondato deve ritenersi, per le ragioni indicate, il secondo motivo di censura, che lamenta la carente motivazione del provvedimento impugnato, il quale, diversamente da quanto dedotto, ha congruamente e logicamente indicato le ragioni poste a fondamento della decisione. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.