Nessuna aggravante per l’imputato che cede cocaina ad una minorenne

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso di un imputato, colpevole di aver ceduto cocaina ad una minorenne. Per la Corte d’Appello le fattezze fisiche della giovane erano tali da dover suscitare nell’imputato il ragionevole dubbio circa la sua età anagrafica ed indurlo ad accertarsene con cautela. Deduzione non sostenuta da alcuna legge statistica di copertura.

Sul tema la Suprema Corte con la sentenza n. 20938/21, depositata il 27 maggio. La Corte d’Appello di Firenze confermava la decisione del Tribunale del capoluogo toscano con la quale aveva riconosciuto un imputato colpevole di aver ceduto cocaina ad una minorenne . L’accusato ricorre in Cassazione deducendo la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata riguardo la sussistenza della aggravante contestata, cioè la cessione della sostanza stupefacente a persona minorenne. Egli contesta il fatto che la Corte territoriale non avrebbe indicato i criteri e le ragioni dalle quali desumere l’età della minore in questione, ignorata dall’imputato. Il motivo di doglianza è fondato in quanto l’art. 80, comma 1, lett. a , d.P.R. n. 309/1990 prevede che le pene previste per l’avvenuta violazione del disposto dell’art. 73 del medesimo decreto presidenziale siano aumentate, da un terzo alla metà, se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona di età minore” . E la Corte di Cassazione, a seguito dell’intervenuta modifica dell’art. 59, comma 2, c.p., con l’entrata in vigore dell’art. 1 l. n. 19/1990, ha avuto modo di sottolineare che il regime della attribuibilità a carico del colpevole delle conseguenze della ricorrenza delle circostanze aggravanti è applicabile ad ogni genere di queste, sicchè le stesse, prescindendosi dal fattore della loro persistenza o meno del fatto costituente reato, sono poste a carico dell’agente o nel caso in cui fossero da questo direttamente conosciute ovvero, se ignorate dall’agente oppure da questo ritenute insussistenti, esclusivamente nei limiti in cui siffatta ignoranza o creduta inesistenza fosse dovuta a colpa da parte dell’agente medesimo. Cass. n. 52321/2016 . Nel caso di specie la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che la conoscenza da parte dell’imputato della minore età della ragazza a cui ha ceduto la droga sarebbe derivata dal fatto che all’epoca dei fatti le fattezze fisiche della giovane erano tali da dover suscitare nell’imputato il ragionevole dubbio circa la sua età anagrafica ed indurlo ad accertarsene con cautela. Deduzione non sostenuta da alcuna riconosciuta legge statistica di copertura . Per questi motivi il Collegio annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lett. a d.P.R. n. 309/1990, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 – 27 maggio 2021, n. 20938 Presidente Gentili – Relatore Socci Ritenuto in fatto La Corte di appello di Firenze, con decisione del 29 giugno 2020, ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze, del 21 giugno 2017, con la quale B.I. era stato riconosciuto colpevole dei reati di cui in contestazione - aventi ad oggetto, quanto alla lettera A del capo di imputazione la plurima cessione di sostanza stupefacente, sia del tipo cocaina che del tipo hashish, a diversi soggetti e, quanto al capo B , la cessione, in tempo diversi, di talune dosi di sostanza stupefacente del tipo cocaina ad una ragazza all’epoca dei fatti ancora minorenne - e con la quale lo aveva, pertanto, condannato, qualificati i fatti contestati nell’ambito del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, unificati i fatti sotto il vincolo della continuazione e ritenuta sussistente, quanto al fatto di cui al capo B , la circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a , riguardante la cessione della sostanza stupefacente a persona minorenne, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed Euro 3.600,00 di multa, oltre accessori ed il risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile. Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto, assistito dal proprio difensore fiduciario, affidandolo ad un unico motivo di ricorso, con il quale egli ha dedotto la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata relativamente alla sussistenza della aggravante contestata quanto al reato di cui alla lettera B del capo di imputazione, riguardante l’avvenuta cessione della sostanza stupefacente a persona minorenne. Ha, in particolare, osservato il ricorrente che la Corte territoriale, a fronte di un suo specifico motivo di gravame sul punto, non avrebbe indicato i criteri e le ragioni dalla quali poter desumere che l’imputato fosse a conoscenza della minore età della persona che aveva acquistato da lui la sostanza stupefacente ovvero che avesse colposamente ignorato la circostanza che la stessa fosse, appunto, minorenne. Sostiene, in sostanza, il ricorrente che nella sentenza impugnata la circostanza aggravante di cui sopra è stata attribuita a suo carico sulla base della sua mera sussistenza, senza che sia stata operato alcun accertamento concreto in relazione alla riscontrabilità in ordine ad essa dell’elemento soggettivo in capo all’imputato ed avendo semplicemente la Corte distrettuale affermato che, avendo F.C. , cioè la ragazza acquirente dello stupefacente, all’epoca dei fatti l’età di 16 anni e non essendo pertanto prossima al compimento della maggiore età, era legittimo supporre che le sue fattezze fisiche avrebbero dovuto quanto meno suscitare nell’imputato il ragionevole dubbio che la persona in questione fosse minorenne. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto. L’unico punto in relazione al quale è stato articolato il ricorso presentato dalla difesa del prevenuto attiene alla adeguatezza della motivazione della sentenza della Corte di appello medicea con riferimento alla riconosciuta sussistenza a carico del B. della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a . Detta disposizione, infatti, prevede che le pene previste per l’avvenuta violazione del disposto dell’art. 73 del medesimo decreto presidenziale siano aumentate, da un terzo alla metà, se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona di età minore . Nel caso di specie, essendo pacifico che la persona che - direttamente e non per interposta persona come preteso dal ricorrente in grado di appello secondo la, del tutto condivisibile sul punto, ricostruzione operata dalla Corte distrettuale - aveva acquistato dal B. la sostanza stupefacente di cui alla lettera B del capo di imputazione, cioè tale F.C. , fosse minorenne al momento in cui il reato contestato è stato commesso, si tratta di verificare se il criterio adottato dalla Corte di merito onde attribuire al prevenuto gli effetti pregiudizievoli della contestata aggravante sia o meno corretto. Deve, in primo luogo, ribadirsi, nei sintetici termini funzionali alla presente decisione, che ai fini della ascrivibilità a carico del condannato degli effetti delle circostanze aggravanti del reato è necessario dimostrare che la sussistenza nella singola fattispecie degli elementi costituivi di queste fosse conosciuta dal soggetto agente ovvero che gli stessi elementi sarebbero stati da costui conosciuti ove egli avesse usato la ordinaria diligenza e che, pertanto, ove essi fossero stati ignorati, siffatta ignoranza doveva essere ritenuta conseguenza di una sua colpa. Infatti, come ha osservato questa stessa Corte di cassazione, a seguito della intervenuta modifica dell’art. 59 c.p., comma 2, conseguente alla entrata in vigore della L. n. 19 del 1990, art. 1, il regime della attribuibilità a carico del colpevole delle conseguenze della ricorrenza delle circostanze aggravanti è applicabile ad ogni genere di queste, sicché le stesse, prescindendosi dal fattore della loro preesistenza o meno al fatto costituente reato, sono poste a carico dell’agente o nel caso in cui fossero da questo direttamente conosciute ovvero, se ignorate dall’agente oppure da questo ritenute insussistenti, esclusivamente nei limiti in cui siffatta ignoranza o creduta inesistenza fosse dovuta a colpa da parte dell’agente medesimo cfr. per tutte Corte di cassazione, Sezione VI penale, 9 dicembre 2016, n. 52321 . Tale principio, puntualmente ritenuto applicabile anche in relazione alla circostanza aggravante di cui ora ci si occupa infatti, si vedano Corte di cassazione, Sezione IV, 15 gennaio 2020, n. 1351 idem Sezione Vi 22 novembre 2010, n. 41306, secondo le quali Ai fini della attribuibilità della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a , inerente alla consegna delle sostanze stupefacenti a persone di minore età, è necessario accertare, ai sensi dell’art. 59 c.p., comma 2, la colpevolezza del soggetto attivo anche in relazione alla circostanza contestata, dimostrando che la stessa sia da lui conosciuta, ovvero ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore dovuto a colpa non ha trovato, ad avviso di questo Collegio, una adeguata interpretazione nella sentenza ora in scrutinio. Si osserva, infatti, che la Corte gigliata, puntualmente investita della questione a seguito della impugnazione presentata dalla difesa del prevenuto, ha ritenuto che la conoscenza da parte dell’imputato della condizione di soggetto ancora minorenne dell’acquirente dello stupefacente da lui spacciato - o quanto meno la conoscibilità da parte di questo di tale condizione ove egli avesse usato la ordinaria diligenza - sarebbe derivata dal fatto che la F. era all’epoca dei fatti sedicenne e non dunque prossima a compiere gli anni diciotto cosa che ha reso, ad avviso della Corte stessa legittimo supporre che le sue fattezze fisiche fossero tali da dovere quantomeno suscitare nell’imputato il ragionevole dubbio sulla sua età anagrafica ed indurlo ad accertarsi con cautela della stessa . Una siffatta motivazione, ritiene la Corte, si risolve, in sostanza, nella tautologica affermazione, non sostenuta da alcun diretto apprezzamento, che la ragazza, in quanto minorenne, dovesse apparire anche morfologicamente come tale. Deduzione questa che, per comune esperienza, non è sostenuta da alcuna riconosciuta legge statistica di copertura, essendo, invece, patrimonio generalmente ripartito che un soggetto possa, tanto più ove solo superficialmente conosciuto come indubbiamente avvenuto fra l’imputato e la ragazza in questione che, seppure aveva acquistato lo stupefacente dal B. non in una sola occasione, non era una ripetuta acquirente di questo essendosi appena allora accostata al consumo della cocaina ed al predetto spacciatore ed avendo avuto, in tali poche occasioni, con lui solo fugaci contatti , apparire ai terzi come avente un’età, per eccesso o per difetto, diversa da quella reale. Ritiene il Collegio che, pertanto, la supposizione operata dalla Corte di Firenze in merito alla apparenza della minore età della F. - la quale, giova ricordare, è soggetto già sedicenne, per cui di un’età che, di regola si accompagna, dal punto di vista dello sviluppo fisico ad una morfologia non lontana dalla apparente piena maturazione - sia, nei termini in cui la stessa è stata formulata, il portato di un del tutto indimostrato ed immotivato postulato privo di alcuna legge di copertura di carattere generale. Nè essa è stata in qualche modo logicamente arricchita - e, perciò, resa plausibile - quanto al caso di specie dalla indicazione da parte della Corte di appello gigliata di fattori individualizzanti che, ove segnalati, avrebbero potuto indurre a pensare che l’imputato, usando l’ordinaria diligenza dovesse essere messo sull’avviso in relazione alla età della ragazza. A tale scopo si sarebbe potuto indicare il fatto che l’acquirente era stata personalmente osservata nelle sue fattezze fisiche in sede giudiziale o comunque in fase procedimentale sicché l’affermazione contenuta nella motivazione della sentenza impugnata in ordine alla significatività del suo aspetto quale spia della sua reale età, invece che essere considerata frutto di una apodittica ed astratta supposizione fondata su di un’inesistente legge statistica, sarebbe apparsa argomentata su verificati dati reali propri di quella specifica fattispecie , ovvero che la stessa ancora andava a scuola od anche sempre a fini esemplificativi e senza evidentemente esaurire in tal modo il novero degli innumerevoli possibili elementi di giudizio che in sede di merito avrebbero potuto essere offerti onde dare un effettivo contenuto dimostrativo alla motivazione della sentenza impugnata - il fatto che la acquirente avesse dichiarato all’imputato che non poteva esercitare il diritto di voto ovvero che non poteva liberamente acquistare sigarette presso gli apparecchi distributori automatici, trattandosi di condotte il cui compimento è subordinato al compimento della maggiore età. Ma, in assenza della indicazioni di elementi di tal genere, significativamente definibili come spie di altri dati ad essi plausibilmente connessi, non è chiaro in quali termini sarebbe riscontrabile nel caso ora in esame l’atteggiamento colposo della volontà del prevenuto - il quale, pur nella assenza degli elementi in questione, si sarebbe comunque dovuto attivare onde accertarsi della effettiva età del soggetto acquirente la sostanza stupefacente - laddove non si intenda, come non sarebbe assolutamente consentito, applicare anche alla materia penale il principio residualmente applicabile alla materia civile si veda, ad esempio, l’art. 1121 c.c. secondo il quale qui in re illicita versatur, tenetur etiam pro casu. Poiché la Corte di Firenze - si ripete, pur investita di uno specifico motivo di impugnazione sul punto - nulla ha inteso indicare quale fattore oggettivamente e concretamente sintomatico della minore età della F. , limitandosi, come detto, ad una motivazione del tutto apparente in ordine alla ascrivibilità dal punto di vista soggettivo a carico del prevenuto della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a , - apparente in quanto dichiaratamente fondata su di una mera supposizione - la sentenza impugnata deve essere annullata, limitatamente all’unico profilo dedotto in sede di impugnazione dalla difesa dell’imputato di tal che l’affermazione della sua penale responsabilità deve intendersi oramai definitivamente acquisita , con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo esame sul punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità della aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. a , con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, in quanto imposto dalla legge.