Striscione sottratto ai tifosi avversari: è rapina

Confermata la condanna per un uomo che, assieme ad altre persone, ha avvicinato alcuni tifosi avversari, li ha aggrediti e alla fine gli ha strappato di mano uno striscione. Il valore dell’oggetto è sì economico ma anche simbolico.

Sottrarre con forza lo striscione esposto dalla tifoseria avversaria vale una condanna per rapina. Il profitto ingiusto ottenuto è identificabile, secondo i giudici, non solo nel valore economico dello striscione ma anche in quello simbolico legato alla contrapposizione tra supporters di squadre differenti Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 18977/21, depositata il 14 maggio . Ricostruito l’episodio incriminato, consistito nell’aggressione nei confronti di alcuni tifosi , nell’invito loro rivolto – non con cortesia – a rimuovere uno striscione e, infine, nella sottrazione con forza dello stesso striscione , i giudici di merito ritengono evidente la colpevolezza di uno dei supporters che hanno messo a segno il colpo ai danni della tifoseria avversaria. Consequenziale la condanna, sia in primo che in secondo grado, anche per il reato di rapina. In Cassazione l’uomo sotto processo prova a contestare la versione che ha convinto i Giudici a condannarlo. In particolare, egli sostiene non si possa parlare di rapina , poiché lo striscione oggetto della condotta non riveste alcun valore economico, e quindi manca sia l’ingiusto profitto che l’altrui danno . Allo stesso tempo, l’uomo sottolinea anche che il gesto di strappare lo stendardo ai tifosi avversari ha, nella simbologia violenta delle tifoserie più aggressive, il significato di sopraffare l’avversario , e quindi le condotte in esame, avuto riguardo alla contrapposizione tra tifoserie, non possono essere dotate dell’attitudine di rendere manifesto in maniera univoca che il proposito criminoso fosse quello dell’impossessamento dello striscione . Il quadro probatorio però cancella le osservazioni proposte dall’uomo. Difatti, si è appurato, osservano dalla Cassazione, che più persone avevano avvicinato – con fare minaccioso – le persone offese, intimando loro di non esporre lo striscione della propria squadra, e di fronte a un rifiuto avevano poi ingaggiato una colluttazione per impossessarsi dello stendardo . Ciò che però conta è che lo striscione, oggetto di discussione prima e colluttazione poi, è suscettibile di valutazione economica, trattandosi di bene frutto di materiale acquistato e oggetto di normale compravendita anche al di fuori degli stadi, con la conseguenza che la sua sottrazione può essere valutata in termini di danno ingiusto . E in questa ottica è significativo, secondo i Giudici, il fatto che tale sottrazione fosse valutata dai tifosi aggressori in termini di utilità non patrimoniale . Sacrosanto, quindi, parlare di rapina, anche tenendo presente il principio secondo cui il concetto di profitto va inteso in senso ampio, così da comprendervi non solo il vantaggio di natura puramente economica, ma anche quello di natura non patrimoniale, realizzabile con l’impossessamento della cosa mobile altrui commesso con coscienza e volontà in danno della persona offesa .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 gennaio – 14 maggio 2021, n. 18977 Presidente Diotallevi – Relatore Tutinelli Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Firenze ha confermato la dichiarazione di penale responsabilità dell’odierno ricorrente già pronunciata con sentenza 18/12/2013 dal Tribunale di Firenze in relazione a fattispecie di rapina e altro 2. Propone ricorso per cassazione l’imputato articolando i seguenti motivi. 2.1. Manifesta illogicità della motivazione in relazione ai capi a e b dell’imputazione Il ricorrente ritiene che la motivazione della denunciata Sentenza si collochi alle soglie della mera apparenza e non avrebbe valutato le questioni specificamente devoluti dall’appellante. La prima questione devoluta e non valutata riguarderebbe il profilo afferente la possibilità di un errore circa la certa individuazione al momento dei fatti dell’odierno ricorrente e del coimputato da parte degli operatori di P.G. anche in ragione delle incertezze dei due testi sul numero degli aggressori. Secondo profilo specificamente devoluto e che - secondo il ricorrente risulterebbe fatto oggetto di totale pretermissione nell’ambito della denunciata sentenza è quello afferente la qualificazione giuridica della fattispecie concreta alla stregua degli artt. 56 e 635 c.p., danneggiamento tentato . Più in generale, la motivazione del provvedimento impugnato risulterebbe assolutamente illogica e incerta in presenza di non rilevate incongruenze tra le dichiarazioni dell’operante di PG e delle persone offese sul numero degli aggressori. Vi sarebbero plurimi passaggi meramente congetturali in particolare in ordine al riconoscimento del ricorrente come aggressore sulla scorta della sola premessa secondo la quale lo stesso si sarebbe avvicinato alle persone offese per richiedere che venisse abbassato lo striscione oggetto dell’imputazione. A rendere congetturale tale asserto sarebbe, a detta del ricorrente, la pluralità di soggetti presenti. 2.2. violazione dell’art. 628 c.p., con riferimento alla sussistenza dell’elemento materiale del reato. Secondo il ricorrente lo striscione oggetto della condotta non rivestirebbe alcun valore economico e quindi mancherebbe sia l’ingiusto profitto che l’altrui danno. 2.3. Violazione dell’art. 56 c.p., con riferimento al requisito della univocità degli atti. Secondo il ricorrente, i passaggi motivazionali ove viene fatto riferimento alla circostanza per cui il gesto di strappare lo stendardo ai tifosi avversari avrebbe, nella simbologia violenta delle tifoserie più aggressive, il significato di stanare , cioè sopraffare l’avversario , consentirebbe di comprendere come gli atti posti in essere, avuto riguardo al contesto interpersonale quello delle tifoserie e del particolare significato delle condotte reciprocamente poste in essere , non fossero dotati dell’attitudine di rendere manifesto in maniera univoca che il proposito criminoso fosse quello dell’impossessamento dello striscione. 2.4. Violazione degli artt. 56 e 628 c.p. e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo in difetto della effettiva prova della volontà di impossessamento come contestata nel precedente motivo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. Le deduzioni operate dal ricorrente non individuano un effettivo vizio motivazionale, posto che la valutazione realizzata in sede di merito non omette alcuno dei dati informativi rilevanti, nè risulta formulata in modo contraddittorio o parcellizzante dovendosi ritenere correttamente valorizzati una serie di elementi contenuti nel fascicolo processuale e segnatamente - la presenza di una pluralità di dichiarazioni convergenti che confermavano la ricostruzione per cui più persone - con fare minaccioso - avevano avvicinato le persone offese intimando di non esporre lo striscione della propria squadra e - di fronte a un rifiuto avevano poi ingaggiato una colluttazione per impossessarsene dichiarazioni F.G. e M. , CO. - la presenza di plurime dichiarazioni F.G. e M. che riconoscevano con certezza il C. tra gli aggressori - il fatto che costituiva particolare trascurabile la questione se il ricorrente indossasse o meno un cappellino verde - il fatto che il bene oggetto di discussione prima e colluttazione poi per quanto si trattasse di uno striscione fosse suscettibile di valutazione economica trattandosi di bene frutto di materiale acquistato e oggetto di normale compravendita anche al di fuori degli stadi con la conseguenza che la sottrazione dello stesso potesse essere valutato in termini di danno ingiusto - il fatto che tale sottrazione fosse valutata dall’agente in termini di utilità non patrimoniale peraltro emergente dalla stessa formulazione del ricorso . Tali elementi risultano essere legittimamente valutati alla luce del principio di diritto per cui il concetto di profitto va inteso in senso ampio, così da comprendervi non solo il vantaggio di natura puramente economica, ma anche quello di natura non patrimoniale, realizzabile con l’impossessamento della cosa mobile altrui commesso con coscienza e volontà in danno della persona offesa Sez. 4 -, Sentenza n. 13842 del 26/11/2019 Rv. 278865 - 01 Sez. 2, Sentenza n. 15680 del 22/03/2016 Rv. 266516 - 01 . 1.2. Deve quindi darsi atto del fatto che l’iter argomentativo del provvedimento impugnato appare esente da vizi, fondandosi esso su di una compiuta analisi critica degli elementi in atti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo di conseguenza, appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della univocità, in quanto conducenti all’affermazione della sussistenza della gravità indiziaria in ragione di una valutazione globale e completa in ordine a tutti gli elementi rilevanti del giudizio, scevra da errori nell’applicazione delle regole della logica e nella articolazione del giudizio in quanto condotta sulla base di una corretta attribuzione di significato dimostrativo agli elementi valorizzati nell’ambito del percorso seguito tenendo conto l’assenza di incompatibilità di detto significato con specifici atti del procedimento indicati ed allegati in sede di ricorso. 1.3. Del resto, nemmeno è possibile ritenere insussistente il requisito della gravità degli indizi di colpevolezza sulla base di una inammissibile valutazione separata ed atomistica dei vari dati probatori, dovendosi invece verificare se gli stessi, coordinati ed apprezzati globalmente secondo logica comune, assumano la valenza richiesta dall’art. 192 c.p.p., atteso che essi, in considerazione della loro natura, sono idonei a dimostrare il fatto se coordinati organicamente Sez. 2, Sent. n. 9269 del 05/12/2012, dep. 27/02/2013, Rv. 254871 . 2. Alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, F.M. e F.G. , da liquidarsi in complessivi Euro 2900,00 oltre CPA ed I.V.A P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili F.M. e F.G. che liquida in complessivi Euro 2900,00 oltre CPA ed I.V.A