Aborto farmacologico, il medico obiettore di coscienza non può negare l’ecografia alla paziente

Condanna definitiva per un medico, ritenuto colpevole di rifiuto di atti d’ufficio. Inutile il richiamo difensivo al diritto di obiezione di coscienza sul tema delicato dell’interruzione volontaria della gravidanza.

Sanzione penale per il medico che opta per l’obiezione di coscienza sul tema dell’aborto e si rifiuta di effettuare un’ecografia di controllo sulla donna, prossima all’uscita dalla struttura ospedaliera, che ha ultimato la procedura farmacologica per l’interruzione volontaria della gravidanza Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 18901/21, depositata il 13 maggio . Ricostruita la delicata vicenda, i giudici di merito condannano, sia in primo che in secondo grado, il medico sotto accusa, ritenendolo colpevole di rifiuto di atti d’ufficio . Nello specifico, si è appurato che il professionista, medico in servizio presso la divisione di ‘Ginecologia ed Ostetricia’ di un ospedale, era di guardia quando venne chiamato dalle infermiere di turno e dal direttore della struttura per eseguire una ecografia di controllo su due donne che avevano ultimato la procedura farmacologica di interruzione volontaria della gravidanza – ecografia preliminare alle loro dimissioni dall’ospedale –, ma negò l’esecuzione degli esami ecografici . Tale rifiuto era derivato dall’ esercizio del diritto di obiezione di coscienza sul fronte dell’aborto, obiezione però non sufficiente a giustificare, secondo i giudici di merito, la condotta tenuta dal medico in questa vicenda. Proprio sull’ obiezione di coscienza si sofferma il medico nel ricorso proposto in Cassazione. In particolare, egli sostiene che l’atto rifiutato, cioè l’accertamento ecografico successivo all’assunzione del farmaco abortivo e prodromico alle dimissioni della paziente, è unico, specifico e necessario per il medico al fine di determinare l’avvenuta espulsione dell’embrione nella sua completezza, cioè l’aborto . Anche perché per aborto si intende l’intero processo, dalla morte dell’embrione fino alla sua espulsione e l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica è una procedura unica che si articola in più fasi e l’intera procedura deve essere monitorata, con particolare riguardo al momento della espulsione del prodotto del concepimento . Secondo il medico, poi, nella procedura farmacologica è errato ritenere l’unico accertamento idoneo per verificare l’interruzione della gravidanza, cioè l’ecografia, come esterno rispetto al diritto di obiezione, solo perché non determinativo dell’aborto , mentre anche l’ecografia volta a verificare il successo della procedura deve essere compiuta, così come quelle eseguite al momento in cui la donna fa rientro in ospedale, da un medico non obiettore . Per i Giudici della Cassazione, però, la versione proposta dal medico va respinta. In sostanza, non vi sono i presupposti per ritenere legittima la sua decisione di rifiutarsi di eseguire l’ecografia in quanto obiettore di coscienza. In premessa vengono comunque richiamati i punti salienti della vicenda. Innanzitutto viene ribadito che l’esame ecografico prodromico alle dimissioni, che il medico era stato chiamato ad eseguire, aveva una funzione di mero controllo, era cioè parte integrante della visita di dimissioni ed era funzionale a verificare che non vi fossero complicanze ovvero che non vi fossero nell’utero residui di materiale abortivo , quindi l’esame ecografico non presentava un rapporto causale – diretto o indiretto – rispetto alla procedura di interruzione volontaria di gravidanza, atteso che, se anche in occasione dell’esame, si fosse accertato che non vi era ancora stata una interruzione di gravidanza, questa avrebbe potuto essere cagionata non a seguito dell’attività del medico che aveva eseguito l’ecografia, ma di ulteriori valutazioni ed attività compiute dalla paziente e da un medico non obiettore . Peraltro, l’ecografia in questione era doverosa, indispensabile, poteva essere seguita anche da un medico non obiettore ed aveva la funzione di verificare se l’embrione era o non era vitale e se vi era stata espulsione del materiale abortivo . In sostanza, l’accertamento ecografico in questione aveva dunque il fine specifico non di determinare l’interruzione della gravidanza, ma piuttosto quello di verificare se l’interruzione vi era stata . Secondo i Giudici della Cassazione, proprio i dettagli appena richiamati inchiodano il medico. Difatti, la legge esonera il medico obiettore dal partecipare alla procedura di interruzione della gravidanza solo in relazione alle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non anche per quelle di assistenza ovvero per quelle strumentali, come in questo caso, non a determinare l’interruzione della gravidanza ma a verificare se l’interruzione vi sia stata ed ad accertare che non vi siano rischi per le condizioni cliniche e di salute della donna. II medico può solo rifiutarsi di causare l’aborto, chirurgicamente o farmacologicamente, ma non anche di prestare assistenza . Invece, in questa vicenda il medico rifiutò, nell’ambito di una procedura articolata in più fasi, di accertare se l’aborto indotto per via farmacologica da altro sanitario si fosse verificato e se vi fossero le condizioni per dimettere le pazienti , eppure l’esame ecografico, anche se avesse accertato che l’aborto non si era verificato , non avrebbe avuto nessuna valenza rispetto a ciò che successivamente sarebbe potuto accadere alla paziente e al feto. In conclusione, il diritto di obiezione non esonera il medico dall’intervenire durante l’intero procedimento di interruzione volontaria della gravidanza , e in questa vicenda il medico, se avesse eseguito l’ecografia richiesta, non avrebbe compiuto un’attività specificamente e necessariamente diretta a determinare l’interruzione della gravidanza , e comunque il diritto di obiezione di coscienza trova un limite nella tutela della salute della donna . Evidente, quindi, l’ abuso compiuto dal medico, che era stato chiamato a svolgere un’attività meramente constatativa, non strumentale, né prodromica, né finalizzata specificamente a determinare l’interruzione della gravidanza , anche perché la doverosa assistenza successiva alla somministrazione dei farmaci è certamente parte del procedimento di interruzione della gravidanza ma non è finalizzata alla interruzione di questa e prescinde del tutto dalla presenza di una situazione di pericolo per l vita della paziente , annotano i Giudici. Per fare chiarezza, infine, viene ribadito che nell’aborto indotto per via farmacologica la fase rispetto alla quale opera l’esonero da obiezione di coscienza è limitata alle sole pratiche di predisposizione e somministrazione dei farmaci abortivi, coincidenti con quelle procedure e attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione , mentre per il resto il medico ha l’obbligo di assicurare la cura alla paziente.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 novembre 2020 – 13 maggio 2021, n. 18901 Presidente Fidelbo – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza con cui F.S. è stato condannato per il reato di cui all’art. 328 c.p., comma 1. L’imputato, nella qualità di medico in servizio presso la divisione di ginecologia ed ostetricia dell’ospedale San Martino di Genova, di guardia nella giornata di sabato omissis , richiesto alle ore 16 circa dalle infermiere di turno e dal direttore della Struttura di eseguire una ecografia di controllo preliminare alla dimissione di S.A. e M.I. che avevano ultimato la procedura di interruzione volontaria di gravidanza farmacologica è accusato di avere indebitamente rifiutato l’esecuzione degli esami ecografici. Il rifiuto sarebbe derivato dall’esercizio del diritto di obiezione di coscienza 2. Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’imputato articolando sette motivi. 2.1. Con il primo si lamenta la nullità della sentenza ed il vizio di motivazione per non avere la Corte preso in considerazione le argomentazioni difensive esposte nei motivi di appello relative alla insussistenza del reato. In particolare, la Corte non avrebbe valutato le argomentazioni volte a dimostrare l’irregolarità delle procedure nel cui ambito i fatti per cui si procede si verificarono, l’inosservanza della normativa prevista dalle linee guida ministeriali e del consenso informato, delle regole della buona pratica medica. Si fa specifico riferimento alla falsità delle cartelle cliniche ed al fatto che il primo giorno utile per la somministrazione del farmaco non sarebbe stato quello di giovedì 17 ma quello di mercoledì 16, con la conseguenza che la seconda parte della procedura si sarebbe dovuta svolgere il venerdì e non il sabato giorno quasi mai destinato ad interventi quali la interruzione della gravidanza , cioè in un giorno feriale con tutti i medici in reparto le due cartelle cliniche sarebbero state predisposte da altro medico Dott. F. -non nella mattina del sabato, all’atto del rientro delle due donne in reparto, ma due giorni prima delle dimissioni delle stesse il Dott. F. , diversamente dagli assunti della Corte, non fosse in servizio il sabato al momento del ricovero e che in detto momento prescrisse i farmaci ed un controllo ecografico il giovedì precedente, i farmaci furono assunti dalle due donne in presenza di una infermiera e non di un medico. Una serie di circostanze, si argomenta, che avrebbero potuto legittimare il rifiuto da parte dell’imputato di partecipare a quelle due procedure per le gravi irregolarità verificatisi, e ciò a prescindere del tema dell’esercizio del diritto di obiezione di coscienza per non eseguire gli accertamenti ecografici richiesti. Su detto punto la Corte, benché sollecitata, sarebbe rimasta silente 2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità e, in particolare, alla doverosità dell’atto di ufficio richiesto. Il tema è quello della esatta interpretazione della L. 22 maggio 1978, n. 194, art. 9, comma 3 e della valenza della sentenza di questa Sezione la n. 14979 del 2013 richiamata dalla Corte di appello. L’assunto difensivo è che l’art. 9 in questione debba essere interpretato in chiave evolutiva rispetto all’ambito medico normativo esistente al momento della entrata in vigore della L. n. 194 del 1978, tenendo conto, cioè, delle specifiche modalità procedurali previste dal legislatore per l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica. Una procedura abortiva, quella farmacologica, articolata in fasi e giorni diversi, ma soprattutto si sostiene caratterizzata dall’assenza di un intervento chirurgico che, secondo il dato normativo, solo costituirebbe l’oggetto dell’attività scriminata per l’obiettore di coscienza un atto, rispetto al quale si era posto il tema, affrontato nella sentenza valorizzata in chiave accusatoria, relativo all’ambito del diritto di obiezione e, dunque, se questo potesse operare anche per all’attività medica compiuta prima e successivamente l’atto chirurgico. La difesa aveva evidenziato come, a differenza del fatto oggetto della sentenza richiamata in cui l’atto rifiutato sarebbe consistito nella rimozione della placenta nella fase c.d. di secondamento e, quindi, un atto successivo all’intervento di espulsione del feto nel presente processo, l’atto rifiutato, cioè l’accertamento ecografico successivo all’assunzione del farmaco abortivo e prodromico alle dimissioni del paziente, sarebbe unico, specifico e necessario per il medico al fine di determinare l’avvenuta espulsione dell’embrione nella sua completezza, cioè l’aborto. Dunque, sarebbe errata la tesi della Corte secondo cui a il diritto di obiezione sarebbe limitato solo all’intervento chirurgico abortivo e l’art. 9 non potrebbe essere interpretato nel senso estensivo prospettato dalla difesa b i limiti all’esercizio di tale diritto sarebbero sempre gli stessi c che la espulsione del feto non più vivo costituirebbe un evento successivo alla ormai già compiuta interruzione della gravidanza, che si realizzerebbe con l’assunzione del primo farmaco. Sarebbe in particolare errata l’affermazione secondo cui nella procedura di interruzione volontaria farmacologica il momento abortivo sarebbe coincidente con l’assunzione del primo farmaco mentre l’assunzione del secondo quello che, nella specie, fu somministrato il sabato sarebbe finalizzata alla espulsione del materiale abortivo, e dunque si collocherebbe in un momento successivo rispetto all’aborto. Si tratta di un assunto sganciato dalle risultanze probatorie e dalle indicazioni medico scientifiche secondo cui, invece per aborto si intende l’intero processo, dalla morte dell’embrione fino alla sua espulsione l’interruzione volontaria di gravidanza farmacologica è una procedura unica che si articola in più fasi l’intera procedura deve essere monitorata con particolare riguardo al momento della espulsione del prodotto del concepimento che non è, come invece sostenuto dalla Corte, il materiale abortivo l’aborto avviene quasi sempre nel corso della terza giornata la donna può interrompere il trattamento in qualunque momento, e, nel caso in cui decidesse di proseguire la gravidanza e se ciò avvenisse dopo l’assunzione del primo farmaco, non vi sarebbero rischi aggiuntivi di malformazione. La tesi difensiva è che un atto abortivo sia presente nella procedura chirurgica ma non in quella farmacologica. Il diritto di obiezione, si aggiunge, sarebbe stato concepito in una procedura in cui era il medico a determinare l’espulsione del prodotto del concepimento , ma nella procedura farmacologica unitaria sarebbe invece errato ritenere l’unico accertamento idoneo per verificare l’interruzione della gravidanza l’ecografia esterno rispetto al diritto di obiezione, solo perché non determinativo dell’aborto. La ecografia volta a verificare il successo della procedura, si sostiene, dovrebbe essere compiuta, così come quelle che eseguite al momento in cui la donna fa rientro in ospedale, da un medico non obiettore. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta, vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva. La questione attiene alla mancata assunzione di una perizia finalizzata ad indentificare il momento abortivo nella procedura di interruzione volontaria di gravidanza farmacologica ed a stabilire attraverso quali esami si possa accertare l’avvenuto successo della procedura. Sul tema la sentenza sarebbe silente. 2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al carattere urgente dell’atto omesso dal ricorrente. La tesi è che al momento in cui fu richiesta la seconda ecografia alle ore 16,00 quell’atto non fosse urgente perché la somministrazione avvenne alle 13,30 e dunque l’ecografia, secondo il protocollo, avrebbe dovuto essere eseguita entro quattro cinque ore l’ecografia fu richiesta per la insistenza delle pazienti, ma non era in quel momento necessitata da un punto di vista medico, nè si era verificato qualche effettivo rischio per le donne. 2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento del difetto di dolo per errore su legge extrapenale o comunque sui limiti della scriminante. Un errore sul fatto avente ad oggetto l’interpretazione e la portata di una norma extrapenale, quella di cui alla L. n. 194 del 1978, art. 9, comma 3, in relazione alla procedura di interruzione volontaria di gravidanza farmacologica e sui limiti del diritto d’obiezione. La Corte non avrebbe affatto chiarito la portata dell’art. 9 e dell’errore sulla sua interpretazione. Secondo il ricorrente, l’errore non sarebbe nè sul precetto penale, nè su legge extrapenale integrativa del precetto e dunque la argomentazioni della Corte sulla inescusabilità dell’errore e della ignoranza della legge non sarebbero pertinenti si tratterebbe di un errore, rilevante anche solo sotto il profilo putativo, sulla esistenza di una scriminante l’esercizio su un diritto e sulle concrete modalità di operare del diritto di obiezione in ragione della particolarità della situazione di fatto e dell’adattabilità della norma ad una procedura di interruzione della gravidanza diversa da quella originariamente normata. La Corte avrebbe valorizzato circostanze non provate e comunque non decisive al fine di escludere la rilevanza dell’errore. 2.6. Con il sesto motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato. Il tema attiene all’affermazione della Corte secondo cui l’imputato sapeva che la ecografia funzionale alle eventuali dimissioni potesse essere fatta anche da un medico non obiettore ed in tal senso sarebbe stata erroneamente valorizzata una mail intervenuta tra altri due medici Dott. A. e prof. G. si tratterebbe di una mail da cui, secondo la difesa, sarebbe invece inferibile che anche in altre occasione il ricorrente ritenesse che non fosse di sua competenza neppure come medico di guardia eseguire le ecografie in terza giornata e proprio ciò confermerebbe che in altre occasioni la situazione fu risolta all’interno della organizzazione. Ne sarebbero decisive le altre occasioni – due in cui F. eseguì l’accertamento ecografico e la visita di dimissione delle pazienti, atteso che, oltre alle questioni relative al fatto che i fogli di dimissioni erano sottoscritti dagli specializzandi in dette occasioni si trattava di ecografie eseguite a distanza di ore dall’intervento per sopravvenute complicanze e ciò dimostrerebbe come il ricorrente abbia sempre anteposto le ragioni di salute al suo diritto all’obiezione. 2.7. Con il settimo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione della pena. Considerato in diritto 1. Il ricorso è nel complesso infondato. 2. Il primo motivo è inammissibile. L’assunto difensivo è volto a valorizzare alcune circostanze delle quali la Corte non avrebbe tenuto conto nel ragionamento probatorio rivelatrici di disfunzioni organizzative ovvero relative alla genuinità delle cartelle cliniche, alle modalità con cui i farmaci furono somministrati, alla effettiva presenza del Dott. F. . La tesi è che in ragione di tali elementi l’imputato sarebbe stato legittimato a rifiutarsi di partecipare alla procedura di interruzione volontaria di gravidanza a prescindere dal tema del diritto di obiezione di coscienza. Si tratta di assunti, sui quali peraltro soprattutto il Tribunale si è lungamente soffermato, che in realtà provano troppo e non spiegano la ragione per cui F. , in ragione delle disfunzioni e dei comportamenti opachi denunciati, avrebbe potuto non eseguire la ecografie preliminari a lui richieste, necessarie per le dimissioni delle due pazienti, cioè perché, prescindendo dal tema della obiezione di coscienza, l’imputato, pur volendo ipotizzare che per una serie di fattori negativi si trovò in una situazione che non si sarebbe verificata senza le circostanze denunciate, potesse non assistere le due pazienti in quel momento, in quel contesto specifico e concreto in cui i fatti oggetto del processo si verificarono. In tal senso correttamente la Corte ha evidenziato come i temi in questione siano non decisivi, perché in qualche modo esterni rispetto all’accertamento del reato contestato e della sua attribuibilità all’imputato. 3. È infondato il secondo motivo di ricorso. 3.1. È stato accertato che la procedura di interruzione di gravidanza farmacologica si sviluppava in due fasi, corrispondenti a due distinte somministrazioni di farmaci a distanza di 48 ore e che la seconda somministrazione era sostanzialmente volta a determinare l’espulsione del materiale abortivo in alcuni casi, ultimata la procedura, l’espulsione, in tutto o in parte, non si verifica e che ciò rende necessario un intervento chirurgico le pazienti furono sottoposte il omissis alla visita ambulatoriale ed agli esami preliminari il successivo giovedì omissis le donne furono ricoverate e furono somministrate loro tre compresse di Myfegyne le pazienti sottoscrissero una dimissione volontaria dall’ospedale contro il parere dei sanitari per evitare il ricovero nei giorni successivi sabato omissis le donne si ricoverarono nuovamente ed alle ore 9 fu effettuata la prima somministrazione di Cytotec ed alle ore 12, previo controllo ecografico, la seconda somministrazione l’imputato, in quanto obiettore di coscienza, si rifiutò di eseguire l’ecografia non obbligatoria tra le due somministrazioni alle ore 16 le due pazienti avrebbero dovuto essere dimesse, previo un ulteriore esame ecografico di controllo l’imputato, che era l’unico medico di guardia disponibile, si rifiutò di eseguire l’ecografia aggiungendo che avrebbe visitato le due signore solo nel caso in cui le stesse non si fossero sentite bene fino alle ore 18 nessuno visitò le pazienti e una delle due – M.I. , senza firmare le dimissioni volontarie, si allontanò dall’ospedale il padre dell’altra paziente S.A. chiamò i carabinieri e la donna fu dimessa alle ore 20, previa esecuzione di un controllo ecografico da parte del Dott. F. , recatosi in reparto su richiesta del prof. G. , direttore dell’istituto alle visite di dimissioni durante il fine settimana procedeva il medico di guardia. In tale contesto si è spiegato che 1 l’esame ecografico prodromico alle dimissioni, che F. era stato chiamato ad eseguire, aveva una funzione di mero controllo, era cioè parte integrante della visita di dimissioni ed era funzionale a verificare che non vi fossero complicanze ovvero che non vi fossero nell’utero residui di materiale abortivo 2 l’esame ecografico non presentava un rapporto causale diretto o indiretto rispetto alla procedura di interruzione volontaria di gravidanza, atteso che, se anche in occasione dell’esame, si fosse accertato che non vi era ancora stata una interruzione di gravidanza , questa avrebbe potuto essere cagionata non a seguito dell’attività del medico che aveva eseguito l’ecografia, ma di ulteriori valutazioni ed attività compiute dalla paziente e da un medico non obiettore 3 l’ecografia in questione era doverosa, indispensabile, poteva essere seguita anche da un medico non obiettore ed aveva la funzione di verificare se l’embrione sia o non sia vitale e se vi sia la presenza in utero della mera gestionale , se vi fosse stata espulsione del materiale abortivo 4 l’accertamento ecografico in questione aveva dunque il fine specifico non di determinare l’interruzione della gravidanza, ma piuttosto quello di verificare se l’interruzione vi sia stata così il Tribunale a pag. 23 della sentenza 5 l’interruzione volontaria di gravidanza attraverso il metodo farmacologico è una procedura distinta in più fasi che si basa sull’assunzione di almeno due principi attivi diversi e che il secondo farmaco normalmente determina l’espulsione del prodotto abortivo 6 la procedura di interruzione volontaria della gravidanza non si considera conclusa con la ecografia funzionale alle dimissioni, ma solo con quella eseguita entro i 14-21 giorni successivi alle dimissioni. 3.2. Alla luce di tale ricostruzione, il motivo di ricorso rivela la sua infondatezza. La L. n. 194 del 1978, art. 9, prevede Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli artt. 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. L’obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente . Diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, correttamente la Corte di appello ha richiamato i principi già affermati da questa Corte. La legge esonera il medico obiettore dal partecipare alla procedura di interruzione della gravidanza solo in relazione alle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza e non anche per quelle di assistenza ovvero per quelle strumentali, come nel caso di specie, non a determinare l’interruzione della gravidanza ma a verificare se l’interruzione vi sia stata ed ad accertare che non vi siano rischi per le condizioni cliniche e di salute della donna. Il medico può solo rifiutarsi di causare l’aborto, chirurgicamente o farrnacologicamente, ma non anche di prestare assistenza. Nel caso in esame, l’imputato rifiutò, nell’ambito di una procedura articolata in più fasi, di accertare se l’aborto indotto per via farmacologica da altro sanitario si fosse verificato e se vi fossero le condizioni per dimettere le pazienti un esame che, anche nel caso in cui fosse stato accertato che l’aborto non si era verificato, non avrebbe avuto nessuna valenza rispetto a ciò che successivamente sarebbe potuto accadere. Il diritto di obiezione, si è lucidamente spiegato, non esonera il medico dall’intervenire durante l’intero procedimento di interruzione volontaria della gravidanza, in quanto si tratta di interpretazione che obiettivamente non trova conferma nel dato normativo. F. , se avesse eseguito quella ecografia, non avrebbe compiuto un’attività specificamente e necessariamente diretta a determinare l’interruzione della gravidanza ed diritto di obiezione di coscienza trova comunque un limite nella tutela della salute della donna. L’imputato era stato chiamato a svolgere un’attività meramente constatativa, non strumentale, nè prodromica, nè finalizzata specificamente a determinare l’interruzione della gravidanza. La doverosa assistenza successiva alla somministrazione dei farmaci è certamente parte del procedimento di interruzione della gravidanza ma non è finalizzata alla interruzione di questa e prescinde del tutto dalla presenza di una situazione di pericolo per la vita della paziente. Nell’aborto indotto per via farmacologica la fase rispetto alla quale opera l’esonero da obiezione di coscienza è limitata alle sole pratiche di predisposizione e somministrazione dei farmaci abortivi, coincidenti con quelle procedure e attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione cui si riferisce l’art. 9 comma 3 citato per il resto il medico ha l’obbligo di assicurare la cura Sez. 6, n. 14979 del 27/11/2012, dep. 2013, M., Rv. 254862 . 4. Inammissibile per aspecificità è il terzo motivo di ricorso, relativo alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’assunzione di una perizia. La Corte di cassazione ha già chiarito che nel dibattimento del giudizio di appello la rinnovazione di una perizia può essere disposta solo se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, e, in caso di rigetto della relativa richiesta di parte, la valutazione del giudice di appello, allorquando sia logicamente e congruamente motivata, è incensurabile in cassazione, trattandosi di giudizio di fatto Sez. 3, n. 7259 del 30/11/2017, dep. 2018, S., Rv. 273613 Sez. 1, n. 6911 del 29/04/1992, Velia, Rv. 190555 . Nel caso di specie, la sentenza impugnata, dopo ampia e dettagliata analisi di tutti gli elementi probatori, ha chiarito e concluso, con un giudizio privo di vizi logici manifesti, che non fosse necessaria la invocata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. 5. È inammissibile il quarto motivo di ricorso, relativo al carattere urgente dell’atto omesso. 5.1. La Corte di cassazione, in una fattispecie sovrapponibile a quella in esame ha chiarito, quanto al requisito oggettivo dell’urgenza, che sussiste il reato previsto dall’art. 328 c.p., nei casi in cui il medico in servizio di guardia rifiuti il compimento di un atto sanitario richiesto con insistenza da personale infermieristico, in una situazione di oggettivo rischio per la paziente, essendo del tutto irrilevante che le condizioni di salute accertate successivamente non siano risultate gravi Sez. 6, n. 14979 del 2012 cit. Il reato di rifiuto di atti di ufficio è un reato di pericolo, e dunque la violazione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice al corretto svolgimento della funzione pubblica ricorre ogniqualvolta venga denegato un atto non ritardabile alla luce delle esigenze prese in considerazione e protette dall’ordinamento, prescindendosi dal concreto esito della omissione Sez. 6, n. 3599 del 23/3/1997, Maioni, Rv. 207545 e finanche dalla circostanza che il paziente non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva Sez. 6, n. 21631 del 30/03/2017, Ferlaino, Rv. 269955 . L’elemento oggettivo, è stato affermato, è integrato dal rifiuto che si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza di rifiuto dell’atto medesimo, e non è integrato solo nell’ipotesi, in cui l’atto, non rivesta ex se la indifferibilità ed urgenza. 5.2. I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi indicati. Nel caso di specie, si è spiegato, le due donne avevano diritto di ritornare presso le proprie abitazioni ed avevano diritto, soprattutto, di essere rassicurate sulle loro condizioni di salute, sul fatto che non vi fossero complicanze in corso, che la procedura stesse seguendo regolarmente il suo corso F. , sollecitato in più occasioni dalle infermiere, decise di non fare alcunché, di non parlare con le pazienti, di non verificare il loro stato di salute nè alle 16,00, nè nelle ore successive. Quella ecografia, come si è detto, fu eseguita solo dopo ore, solo ad una delle due pazienti, da un altro medico ed una delle due donne andò via dall’ospedale assumendosi un grave rischio derivante dal rifiuto dell’imputato. Rispetto a tale solida trama argomentativa, il motivo rivela la sua inammissibilità strutturale perché finisce per sollecitare la Corte ad una diversa valutazione fattuale, del significato e della portata delle prove assunte senza tuttavia confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato. 6. Sono infondati il quinto ed il sesto motivo di ricorso, che possono essere valutati congiuntamente. Si è già detto di come, secondo il ricorrente, F. avrebbe errato, anche solo sotto il profilo putativo, sulla esistenza di una scriminante, l’esercizio di un diritto, sulle concrete modalità di operare del diritto di obiezione in ragione della particolarità della situazione di fatto che era venuta a profilarsi, sull’adattabilità della norma ad una procedura di interruzione della gravidanza diversa da quella originariamente prevista. 6.1. L’assunto non può essere condiviso. L’errore scusabile che può giustificare la scriminante o che può escludere la colpevolezza deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto oggettivo che, seppure malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi in una situazione obiettiva idonea a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in una situazione tale da poter esercitare il suo diritto. Secondo l’orientamento interpretativo espresso da questa Corte in tema di scriminanti, l’accertamento relativo alla sussistenza di una causa di giustificazione reale o putativa deve essere effettuato con un giudizio ex ante calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie sottoposta all’esame del giudice si tratta di una valutazione di carattere relativo, e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento dei giudice di merito, dovendo egli esaminare, di volta in volta e in concreto, se la particolare situazione sia obiettivamente tale da far sorgere l’errore di trovarsi nelle condizioni di fatto che, se fossero realmente esistenti, escluderebbero l’antigiuridicità della condotta prevista dalla legge come reato. La valutazione, si aggiunge, deve essere necessariamente estesa a tutte le circostanze che possano avere avuto effettiva influenza sull’erronea supposizione, dovendo tenersi conto, oltre che delle modalità del singolo episodio in sé considerato, anche di tutti gli elementi fattuali che pur essendo antecedenti all’azione possano spiegare la condotta tenuta dai protagonisti della vicenda ed avere avuto concreta incidenza sulla insorgenza dell’erroneo convincimento, non potendo, invece, ritenersi sufficienti a tal fine gli stati d’animo e i timori personali, non basati su circostanze oggettive in tal senso, Sez. 4, n. 24084 del 28/02/2018, Perrone, Rv. 273401 Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255628 . 6.2. Nel caso di specie, al di là del tema relativo alla natura penale o extrapenale della L. n. 194 del 1978, art. 9, comma 3, i Giudici hanno escluso che l’imputato potesse trovarsi in una condizione di errore sulla possibilità di esercitare il proprio di diritto all’obiezione. Si è infatti spiegato che a dalle cartelle cliniche acquisite è emerso che l’imputato in date precedenti e successive in relazione ad interruzioni volontarie di gravidanza, anche con metodo farmacologico, avesse eseguito la visita di dimissione sempre preceduta da un accertamento ecografico così il Tribunale a pagg. 27 -28 della sentenza . b la tesi difensiva, secondo cui in quelle cartelle non vi sarebbe la sua firma ma solo il suo nome e che, di fatto, la visita di dimissione sarebbe stata eseguita da altri, è stata probatoriamente smentita sul punto, diffusamente il Tribunale a pag. 28 della sentenza di primo grado c F. sapeva che le ecografie di dimissioni nei giorni festivi e prefestivi erano eseguite dal medico di guardia. Dunque, in precedenti ed in successive occasioni, l’imputato aveva dimesso pazienti senza obiettare alcunché. Rispetto a tale quadro di riferimento il motivo di ricorso, da una parte, sollecita una diversa valutazione fattuale in relazione al senso, alla portata, alla capacità dimostrativa dei documenti e delle cartelle cliniche acquisite e su cui i Giudici di merito si sono soffermati, e, dall’altra, non chiarisce la ragione per cui, diversamente da quanto era accaduto in precedenza e sarebbe accaduto successivamente, l’imputato, ritenne-errando che proprio in quella occasione egli potesse fare riferimento al diritto di obiezione per sottrarsi in concreto al compimento dell’atto doveroso. Sul punto il ricorso è silente non si spiega cioè la ragione per cui, diversamente da altre occasioni, l’imputato ritenne che quella visita e quella ecografia di controllo fossero specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza . La ricostruzione difensiva non chiarisce quale fosse il fatto oggettivo che, seppure malamente rappresentato o compreso, avesse determinato in F. la convinzione di trovarsi in una situazione che consentisse di esercitare il diritto alla obiezione, tenuto conto che quella ecografia poteva essere eseguita da un medico obiettore. In realtà, non è irragionevole quanto i Giudici di merito hanno evidenziato e cioè che l’imputato, più semplicemente, rifiutò di intervenire perché non intendeva mai essere coinvolto nella procedura di interruzione di gravidanza in nessuna fase del procedimento, anche per le attività, cioè, non direttamente volte a determinare l’interruzione della gravidanza e che in tal senso attribuiva alla struttura una serie di disfunzioni organizzative. 7.È inammissibile il settimo motivo di ricorso relativo al trattamento sanzionatorio. A fronte di una adeguata motivazione, con cui la Corte ha indicato in modo non manifestamente illogico i motivi per cui non possono essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche, valorizzando il comportamento in concreto tenuto dal ricorrente, nulla di specifico è stato dedotto, essendosi l’imputato limitato a riproporre le stesse argomentazioni già portate alla cognizione dei Giudici di merito e da questi congruamente valutate e disattese. 8. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, che si liquidano in 3.465,00 oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile S.A. , che liquida, come da richiesta della stessa parte civile, in complessivi Euro 3.465,00 oltre accessori di legge.