Nessun congelamento tout court dei termini di durata massima della custodia cautelare nella prima ondata pandemica

La disciplina prevista nell’art. 83, comma 4, del decreto legge Cura Italia non prevede un’automatica sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, applicabile indiscriminatamente a tutti i procedimenti nel periodo di riferimento 9 marzo-11 maggio 2020 . La sospensione di tali termini, invece, opera solo se vi sia una contestuale sospensione di termini procedurali finalizzati al compimento di atti processuali.

Questo l’importante principio di diritto affermato dalla IV sezione di legittimità con la sentenza n. 17787/2021, depositata il 7 maggio, che chiude le porte ad esegesi che nella delicata materia cautelare nella quale entra in gioco la fondamentale libertà personale dell’accusato che solo eccezionalmente può subire limitazioni prima dell’affermazione definitiva della penale responsabilità aveva avallato l’automatica sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare nel periodo di lockdown per l’esplodere dell’emergenza sanitaria mondiale legata al Coronavirus , dal 9 marzo all’11 maggio 2020. La vicenda concreta. Seguendo tale sentiero ermeneutico, era stata rigettata nelle fasi di merito la richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere, avanzata da un imputato di associazione finalizzata al narcotraffico, condannato, in prime cure, dopo avere scelto il rito abbreviato, a sei anni e otto mesi di reclusione il 5 giugno 2019 pena confermata all’esito del giudizio di appello il 26 ottobre 2020. L’imputato lamentava essere decorsi i termini massimi di fase di custodia cautelare in quanto spirato il termine annuale tra il primo e il secondo grado, pur aggiungendo i 90 giorni di sospensione per la redazione della sentenza. Nel calcolo dei termini aggiunti i 64 giorni di sospensione del Cura Italia. Il tribunale di Milano, in funzione di giudice cautelare d’appello, rigettava la richiesta dell’imputato in quanto nel termine di fase, oltre a quest’ultimo, andasse aggiunta la sospensione dei 64 giorni, dal 9 marzo all’11 maggio 2020, prevista dall’art. 83, commi 2 e 4, del decreto legge n. 18 del 2020. Per cui, al 26 ottobre 2020, non era ancora trascorso il termine di fase, con conseguente persistente efficacia della misura custodiale. La quaestio iuris. La divergenza tra i calcoli dei termini della custodia cautelare riguardava proprio la questione se tale sospensione di 64 giorni operi automaticamente oppure – come sostiene l’imputato nel suo ricorso – solo in ipotesi di rinvio d’ufficio del procedimento a causa della fissazione dell’udienza nel periodo compreso tra il 9 marzo e l’11 maggio 2020. Nel caso di specie, essendo stato presentato l’appello il 23 dicembre 2019 cioè prima dell’emergenza sanitaria , pervenuto alla Corte di Appello il 7 luglio 2020 e fissata l’udienza il 22 settembre 2020 preceduta dagli avvisi, via PEC, alle parti il 13 luglio 2020 , è evidente che risulta improprio il richiamo indiscriminato della sospensione dei termini di custodia cautelare, non potendosi sostenere che il processo non avrebbe potuto essere celebrato a causa dell’emergenza sanitaria. La risposta della Suprema Corte Nell’accogliere il ricorso, la IV sezione di legittimità ripercorre il suo recente vissuto giurisprudenziale, a partire dalla sentenza Barbaro , n. 12161/21, nella quale la medesima sezione ha accolto il ricorso di un coimputato dello stesso processo facendo dipendere e legando la sospensione dei termini di durata massima di custodia cautelare alla contestuale ed effettiva sospensione dei termini processuali per i procedimenti che si trovano nella fase procedimentale in cui sta decorrendo un termine per il compimento di un atto del processo. Una diversa interpretazione contrasterebbe con l’art. 83, comma 2, d.l. n. 18/2020 che prevede la sospensione di tutti i termini procedurali relativi al compimento di qualsiasi atti dei procedimenti civili e penali . che si allinea a quanto stabilito dalle Sezioni Unite. Tale impostazione ha trovato conferma nella recente sentenza del Massimo Consesso n. 5292/2021 Sanna , laddove ha ritenuto che la sospensione della prescrizione in cassazione opera solo per i procedimenti la cui udienza sia stata fissata nel periodo compreso tra dal 9 marzo all’11 maggio 2020 nonché a quelli per i quali fosse prevista la decorrenza, nel predetto periodo, di un termine processuale. Tale disciplina, nel contemperare le esigenze emergenziali derivanti dalla pandemia con il diritto dell’imputato ad una ragionevole durata del processo, è dettata dal criterio del maggior contenimento possibile del sacrificio imposto al diritto di difesa. Ponendosi su tale binario interpretativo, la sentenza in commento afferma che la disciplina dell’art. 83, comma 2, del decreto legge Cura Italia, non prevede un’automatica sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, applicabile indiscriminatamente a tutti i procedimenti nel periodo di riferimento 9 marzo-11 maggio 2020 . La sospensione di tali termini, invece, opera solo se vi sia una contestuale sospensione di termini procedurali finalizzati al compimento di atti processuali. Nessun congelamento tout court del procedimento penale. L’ error iuris in cui sono incorsi i provvedimenti cautelari che non hanno dichiarato la perdita di efficacia della misura custodiale consiste nell’aver ritenuto che le disposizioni del D.L. n. 18/2020 abbiano sancito un arresto generalizzato dell’attività giudiziaria. Vale a dire che le disposizioni legislative in esame siano state finalizzate a congelare” tout court il procedimento penale, disponendo la indiscriminata e cassata sospensione in tutti i procedimenti anche dei termini massimi di custodia cautelare Per la Suprema Corte, questa lettura interpretativa, oltre a non trovare alcun appiglio nel testo normativo, confonde la teorica applicabilità della sospensione a tutti i procedimenti penali nel periodo di riferimento con la necessaria verifica, per ciascun procedimento, della effettiva decorrenza di termini procedurali per il compimento di atti di carattere processuale destinati ad essere sospesi in virtù del citato art. 83 comma 2.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 aprile – 7 maggio 2021, n. 17787 Presidente Piccialli – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’appello cautelare, adito ai sensi dell’art. 310 c.p.p., il 1 febbraio 2021 ha confermato l’ordinanza con cui la Corte d’appello di Milano il 18-21 dicembre 2020 ha rigettato la richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere avanzata nell’interesse di B.S. . 2. B.S. , imputato per partecipazione ad associazione finalizzata al narcotraffico D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74 , è stato condannato in primo grado il 5 giugno 2019, all’esito del giudizio abbreviato, alla pena di sei anni ed otto mesi di reclusione, sanzione confermata in appello il 26 ottobre 2020. 3. Avanzata istanza di scarcerazione sul presupposto dell’avvenuta decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare in data 3 settembre 2020 un anno a far data dal dispositivo di primo grado, cioè 5 giugno 2020 + 90 giorni per la redazione della sentenza ex art. 304 c.p.p., comma 1, lett. c , essa è stata rigettata dal giudice che procede. 4. Il Tribunale per il riesame ha confermato l’impostazione della Corte di appello, che aveva rigettato l’istanza di dichiarazione di inefficacia della misura cautelare applicata all’imputato, per scadenza del termine di durata massima alla data del 3 settembre 2020, avendo ritenuto che tale termine avesse subito non soltanto la sospensione di 90 giorni per la redazione della sentenza, di cui si è detto, ma anche quella di 64 giorni dal 9 marzo all’11 maggio 2020 ai sensi del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, commi 2 e 4, convertito nella L. 24 aprile 2020, n. 27 recante Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi . In particolare, è stato affermato che la sentenza di appello del 26 ottobre 2020, confermativa della condanna di primo grado, è stata emessa prima della decorrenza del termine di fase, con conseguente persistente efficacia della misura custodiale. 5. L’imputato ricorre, tramite difensore di fiducia, per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale per il riesame di Milano, lamentando promiscuamente violazione di legge art. 303 c.p.p., comma 1, lett. c, n. 2 e art. 306 c.p.p., in relazione al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, commi 1, 2, 3 e 4 e vizio di motivazione per manifesta illogicità. Ricostruito puntualmente l’iter dell’antefatto e le ragioni a sostegno del provvedimento impugnato, richiamata la requisitoria del Procuratore generale, favorevole all’accoglimento del ricorso, si sottolinea che il procedimento in questione non ha subito alcuna stasi a causa dell’emergenza sanitaria e che, quindi, non trova applicazione la sospensione dei termini di custodia cautelare. Si rammenta che il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, commi 1 e 2, ha disposto la sospensione dei termini per la celebrazione delle udienze e per il compimento di tutti gli atti processuali nel periodo ricompreso tra il 9 marzo ed il 15 aprile 2020 termine prorogato all’11 maggio 2020 con il D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito nella L. 5 giugno 2020, n. 40, recante Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali la stessa norma al comma 4 ha previsto la sospensione dei termini di custodia cautelare per lo stesso periodo. I termini di custodia cautelare - si afferma - dovrebbero essere sospesi soltanto in via indiretta, ovvero la sospensione dovrebbe operare solo nelle ipotesi di rinvio d’ufficio del procedimento a causa di una fissazione dell’udienza nel periodo ricompreso tra il 9 marzo e l’11 maggio 2020, o nel caso in cui nel periodo operi comunque la sospensione di un qualsiasi altro termine processuale. Si evidenzia che la sospensione dei termini di custodia cautelare non può e non deve applicarsi in maniera automatica ed indiscriminata. Si rammenta che nel procedimento in oggetto nessuna udienza ha subito un rinvio nel periodo di sospensione dal 9 marzo all’11 maggio 2020 che la sentenza di primo grado è stata emessa il 5 giugno 2019 e depositata il 23 ottobre 2019 che l’appello è stato presentato il 21 dicembre 2019 e che l’udienza è stata fissata il 22 settembre 2020. Non avendo la sospensione prevista nel periodo di epidemia inciso in nessun modo nel procedimento a carico dell’imputato, i termini sono conseguentemente spirati - si afferma - il 3 settembre 2020, calcolando la sospensione di 90 giorni per il deposito della sentenza di primo grado. Inoltre, il fascicolo processuale, essendo stato presentato appello il 23 dicembre 2019, cioè prima dell’emergenza sanitaria, è pervenuto in Corte d’appello il 7 luglio 2020 ed il decreto di fissazione dell’udienza per il 22 settembre 2020, emesso il 10 luglio 2020, è stato notificato a mezzo posta elettronica certificata alle parti il 13 luglio 2020, date ampiamente successive al termine dell’operatività della sospensione, sicché non è vero che il processo non avrebbe potuto essere celebrato a causa dell’emergenza sanitaria. In definitiva, ritenendosi destituito di fondamento il rilievo del Tribunale secondo cui l’imputato avrebbe potuto paralizzare la sospensione del procedimento - e dunque dei termini cautelari - richiedendo la celebrazione del processo, poiché durante il periodo strettamente emergenziale 9 marzo -11 maggio 2020 il processo non era in corso nè rinviato e nemmeno pendente presso la Corte di appello, ma solo in attesa di essere trasmesso dalla cancelleria al giudice competente per l’impugnazione deposito dell’impugnazione il 23 dicembre 2020 fissazione del processo di appello con decreto del 10 luglio, notificato il 13 luglio 2020 , si chiede l’annullamento del provvedimento impugnato. 6. Il Procuratore generale, nelle conclusioni scritte del 27 marzo 2021 D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8, convertito, con modificazioni, nella L. 18 dicembre 2020, n. 176 ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. 7. Con memoria del 7 aprile 2021, cui è allegata la sentenza di Sez. 4, n. 12161 del 24/03/2021, emessa su ricorso del coimputato B.A. , il difensore del ricorrente ha domandato che l’annullamento, chiesto anche dal P.G., venga pronunciato senza rinvio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto, per i seguenti motivi. 2. Come già recentemente ritenuto dalla S.C. su ricorso del coimputato B.A. , da Sez. 4, n. 12161 del 24/03/2021, non mass., sentenza espressamente richiamata dalla difesa , occorre convenire con il ricorrente e con le conclusioni del Procuratore generale, secondo cui la disposizione di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 4, nel prevedere che Nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione e i termini di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. , fa dipendere sia la sospensione del corso della prescrizione sia la sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari dalla contestuale ed effettiva sospensione dei termini processuali per i procedimenti che si trovano nelle condizioni indicate nel richiamato art. 83, comma 2 ossia nella fase procedimentale in cui stia decorrendo un termine per il compimento di un atto del processo. Una diversa interpretazione sarebbe inconciliabile con quanto stabilito dal citato art. 83, comma 2 che prevede la sospensione di tutti i termini procedurali relativi al compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali ciò che, evidentemente, presuppone che nel procedimento interessato un atto debba essere compiuto entro un certo termine diversamente, in mancanza cioè di atti da compiere e di termini procedurali in corso, la sospensione, così come congegnata dal legislatore prescegliendo una tra le plurime alternative astrattamente possibili , non ha motivo di operare. 3. Tale impostazione ha trovato autorevole conferma nella recentissima sentenza delle Sezioni Unite, ric. Sanna Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna , che, sia pure nella differente prospettiva di fornire la corretta interpretazione dell’art. 83 citato, comma 3-bis disposizione applicabile ai soli processi pendenti in Cassazione nel periodo considerato, ha avuto modo di precisare in motivazione che il citato art. 83, comma 2 sospende, senza distinzione, tutti i termini procedurali , purché gli stessi decorrano nell’intervallo temporale considerato da tale disposizione e siano tali nel senso indicato dall’art. 172 c.p.p., comma 1 aggiungendo, in particolare, come rimangano sospesi anche i termini per proporre qualsiasi tipo di impugnazione. La massima ufficiale ricavata dalla decisione recita In tema di disciplina della prescrizione a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19, la sospensione del termine per complessivi sessantaquattro giorni, prevista dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, si applica ai procedimenti la cui udienza sia stata fissata nel periodo compreso dal 9 marzo all’11 maggio 2020, nonché a quelli per i quali fosse prevista la decorrenza, nel predetto periodo, di un termine processuale. In motivazione, la Corte ha escluso che la sospensione della prescrizione possa operare in maniera generalizzata, per tutti i procedimenti pendenti, in quanto la disciplina introdotta al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 4, presuppone che il procedimento abbia subito una effettiva stasi a causa delle misure adottate per arginare la pandemia Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020, dep. 2021, Sanna, Rv. 280432-02 . In sintesi estrema, le Sezioni Unite hanno osservato come con la articolata disciplina in questione il legislatore, nel contemperare le esigenze emergenziali derivanti dalla pandemia con il diritto dell’imputato ad una ragionevole durata del processo, abbia effettuato scelte ispirate al criterio del maggior contenimento possibile del sacrificio imposto al diritto di difesa. 4. Ne consegue come la sospensione dei termini procedurali di cui al richiamato art. 83, comma 2 - per il periodo che va dal 9 marzo all’11 maggio 2020 - pur riguardando formalmente tutti i procedimenti penali in corso nel periodo in riferimento, trova applicazione soltanto nei procedimenti penali in cui siano effettivamente operanti termini procedurali per il compimento di un qualsivoglia atto processuale ad esempio, rinvio dell’udienza, presentazione dell’impugnazione o redazione della sentenza . La disciplina in esame non prevede un’automatica sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, applicabile indiscriminatamente a tutti i procedimenti nel periodo in riferimento 9 marzo - 11 maggio 2020 . La sospensione di tali termini, invece, opera solo se vi sia una contestuale sospensione di termini procedurali finalizzati al compimento di atti processuali, ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2. 5. Le considerazioni che precedono evidenziano l’errore in diritto in cui è incorsa l’ordinanza impugnata, laddove ha interpretato la normativa della sospensione dei termini di cui al citato art. 83 nel senso di sancire un arresto generalizzato a tutta l’attività giudiziaria, ritenendo che non avrebbe alcun significato prevedere l’operatività della sospensione solo se nello stesso periodo fossero stati fissati atti o udienze il Tribunale per il riesame e, prima, la Corte di appello hanno ritenuto che le disposizioni legislative in esame siano state finalizzate a congelare tout court il procedimento penale, disponendo, quale conseguenza che si è stimata obbligata, la indiscriminata sospensione in tutti i procedimenti anche dei termini massimi di custodia cautelare. Tale interpretazione, tuttavia, oltre a non trovare alcun appiglio nel testo legislativo, sembra confondere la teorica applicabilità della sospensione a tutti i procedimenti penali nel periodo in riferimento il che è certamente vero - con la necessaria verifica, per ciascun procedimento, della effettiva decorrenza di termini procedurali per il compimento di atti di carattere processuale destinati ad essere sospesi in virtù di quanto previsto dal D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2 soltanto in quest’ultimo caso, in realtà, cioè in presenza di una effettiva sospensione di termini procedurali in corso, si determina anche la sospensione dei termini massimi di durata della custodia cautelare in atto nei confronti dell’imputato. 6. La riscontrata violazione di legge impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Milano, sezione per il riesame, che dovrà attenersi al principio indicati. In particolare, il giudice del rinvio, che ha accesso all’intero fascicolo, dovrà verificare se nel corso del procedimento di merito si sia concretizzata o meno, nel periodo in riferimento 9 marzo - 11 maggio 2020 , una effettiva sospensione di termini procedurali in corso per il compimento di una qualsivoglia attività processuale, eventualmente anche con riguardo alla posizione dei coimputati nell’ambito del giudizio di cognizione si pensi, ad esempio, ai termini per la presentazione di eventuali appelli incidentali ex art. 595 c.p.p. . P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Milano. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.