La revoca dell’affidamento in prova terapeutico non rileva ai fini del divieto triennale di altri benefici penitenziari

Il divieto triennale ex art. 58-quater ord. pen. di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione, non opera nel caso di revoca dell’affidamento in prova in casi particolari di cui all’art. 94 d.P.R. n. 309/1990, in quanto, il fallimento di quest’ultimo, oltre a non essere espressamente contemplato fra le misure pregiudicanti” di cui all’art. 58-quater, comma 2, in considerazione della peculiare situazione dei soggetti che ne fruiscono, non può determinare alcuna presunzione dell’assoluta incapacità del condannato di conformazione ai benefici che hanno finalità di rieducazione comune.

Così ha statuito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17821/21 depositata il 7 maggio. Il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro dichiarava inammissibile l’istanza con cui l’imputato aveva domandato l’ affidamento in prova al servizio sociale , in relazione al residuo di pena da scontare. L’autorità giudiziaria motivava la propria declaratoria sulla base del fatto che non era ancora trascorso il periodo di tre anni – prescritto dall’art. 58- quater ord. pen. - dalla revoca del beneficio dell’affidamento in prova ex art. 94 T.U. stupefacenti, concessa al condannato da un’ordinanza dello stesso Tribunale. Avverso la declaratoria di inammissibilità, l’imputato propone ricorso in Cassazione. I Giudici di legittimità premettono come nell’ affidamento in prova terapeutico assuma rilievo fondamentale la cura dello stato patologico del condannato. In questo contesto, il fallimento o anche solo l’inefficace perseguimento dell’obiettivo menzionato, in rapporto all’atteggiamento dimostrato dall’affidato, è alla base della decisione di revocare la misura dell’affidamento terapeutico, anche indipendentemente da comportamenti del condannato di segno aggressivo. Inoltre, l’istituto della revoca riveste una valenza sanzionatoria solo eventuale che, sul piano effettuale, ne impedisce l’integrale assimilazione all’affidamento in prova di cui all’art. 47 ord. pen Di conseguenza la preclusione stabilita dall’art. 58- quater , comma 2, secondo cui le misure alternative di cui al comma 1 non possono essere concesse al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa, non opera laddove la revoca abbia riguardato l’affidamento in prova in casi particolari ai sensi dell’art. 94 T.U. stupefacenti. La Corte conclude infatti enunciando il principio secondo cui il divieto triennale ex art. 58- quater ord. pen. di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione, non opera nel caso di revoca dell’affidamento in prova in casi particolari di cui all’art. 94 d.p.r. n. 309/1990, in quanto, il fallimento di quest’ultimo, oltre a non essere espressamente contemplato fra le misure pregiudicanti” di cui all’art. 58- quater , comma 2, in considerazione della peculiare situazione dei soggetti che ne fruiscono, non può determinare alcuna presunzione dell’assoluta incapacità del condannato di conformazione ai benefici che hanno finalità di rieducazione comune . Alla luce di tali considerazioni la Suprema Corte impone l’annullamento del provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 marzo – 7 maggio 2021, n. 17821 Presidente Casa – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con decreto emesso il 10/08/2020 il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro dichiarava inammissibile l’istanza presentata da C.E. , finalizzata a ottenere il beneficio penitenziario dell’affidamento in prova al servizio sociale, richiesto ex art. 47 Ord. Pen., in relazione al residuo di pena che l’istante doveva scontare. La declaratoria di inammissibilità veniva pronunciata dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro sull’assunto che non era trascorso il periodo di tre anni prescritto dall’art. 58-quater Ord. Pen. dalla revoca del beneficio dell’affidamento in prova ex art. 94 T.U. stup. concesso al condannato, disposta con ordinanza emessa dallo stesso Tribunale il 19/03/2020. 2. Avverso questo ordinanza C.E. , a mezzo dell’avv. Carlo Ercolino, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 58-quater Ord. Pen., comma 3, conseguente alla ritenuta insussistenza dei presupposti applicativi dell’affidamento in prova al servizio sociale, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro con un percorso argomentativo incongruo e svincolato dalle risultanze processuali. Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da C.E. è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Occorre premettere, allo scopo di inquadrare la posizione di C.E. , che la revoca dell’affidamento terapeutico, concesso ex art. 94 T.U. stup., mutua dallo schema ordinario le forme procedimentali e i presupposti sostanziali, tra i quali ultimi rileva, ai sensi dell’art. 47 Ord. Pen., comma 11, la contrarietà della condotta dell’affidato alla legge e alle prescrizioni dettate , che rende il suo comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova . Deve, al contempo, rilevarsi che è il contenuto delle prescrizioni imposte all’affidato a rendere peculiare l’istituto della revoca nelle ipotesi previste dall’art. 94 T.U. stup., rivestendo tali prescrizioni una specifica valenza riabilitativa e terapeutica, attraverso cui si persegue la finalità di recuperare il condannato, liberandolo dalla dipendenza da cui è affetto. Pertanto, il fallimento, o anche solo l’inefficace perseguimento di tale obiettivo, in rapporto all’atteggiamento dimostrato dall’affidato rispetto al trattamento, è alla base della decisione di revocare la misura di cui all’art. 94 T.U. stup., anche indipendentemente da comportamenti del condannato di segno manifestamente trasgressivo Sez. 1, n. 27711 del 06/06/2013, De Martino, Rv. 256479-01 Sez. 1, n. 27854 del 22/05/2013, Manca, Rv. 255820-01 . Queste conclusioni, del resto, appaiono corroborate dai principi affermati dalla Corte costituzionale, secondo cui l’affidamento in prova ex art. 94 T.U. stup., pur inserendosi come species del genus dell’affidamento in prova già previsto dall’ordinamento penitenziario, rappresenta una risposta differenziata dell’ordinamento penale conformata alla e giustificata dalla singolarità della situazione dei suoi destinatari, vale a dire le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti Corte Cost., n. 377 del 1997 . Da tali affermazioni deriva che, nell’affidamento in prova terapeutico, tenuto conto dei presupposti specifici e autonomi su cui si fonda, assume un rilievo preminente, pur nel più ampio contesto delle misure alternative alla detenzione, la cura dello stato patologico del condannato e la sua affrancazione dalla condizione di dipendenza, in linea con quanto affermato dalla Corte costituzionale Corte Cost., n. 377 del 1977, cit. . Le prescrizioni impartite all’affidato e i relativi controlli, del resto, sono finalizzate a garantire la corretta esecuzione del programma terapeutico, sull’assunto che, nel caso della persona dipendente da sostanze stupefacenti, l’azione di risocializzazione si fonda sull’emancipazione del condannato dalla condizione patologia in cui versa Sez. 1, n. 13542 del 03/03/2010, Silva, Rv. 246833-01 Sez. 1, n. 3476 del 25/11/2009, dep. 2010, Bonillo, Rv. 245692-01 . 3. In questa cornice, deve rilevarsi che, nelle ipotesi di affidamento in prova concesso ex art. 94 T.U. stup., l’istituto della revoca assume una valenza sanzionatoria solo eventuale, che, sul piano effettuale, ne impedisce l’integrale assimilazione all’affidamento in prova di cui all’art. 47 Ord. Ne consegue che, come evidenziato da questa Corte in un recente intervento chiarificatore, non solo mancano elementi idonei di contesto a sostegno dell’interpretazione estensiva del richiamo che l’art. 58-quater Ord. Pen. opera al precedente art. 47, comma 11, ma dall’analisi logico-sistematica l’interprete agevolmente ne ricava di contrari, in grado di validare in via definitiva una diversa opzione ermeneutica di tipo testuale Sez. 1, n. 75 del 29/11/2019, Angelucci, Rv. 277736-01 . Ne discende che la preclusione stabilita dall’art. 58-quater Ord. Pen., comma 2, - secondo cui le misure alternative di cui al comma 1 non possono essere concesse, per la durata di cui al comma 3 della stessa norma, al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa - non opera laddove la revoca abbia riguardato l’affidamento in prova in casi particolari ai sensi dell’art. 94 T.U. stup. Sez. 1, n. 75 del 29/11/2019, Angelucci, cit. . Tali conclusioni, da ultimo, sono state ribadite da questa Corte, che ha affermato il seguente principio di diritto Il divieto triennale ex art. 58-quater Ord. Pen. di concessione di benefici penitenziari al condannato nei cui confronti sia stata disposta la revoca di una misura alternativa alla detenzione, non opera nell’ipotesi di revoca dell’affidamento in prova in casi particolari di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 94, in quanto, il fallimento di quest’ultimo, oltre a non essere espressamente contemplato fra le misure pregiudicanti di cui all’art. 58-quater, comma 2, citato, in considerazione della peculiare situazione dei soggetti che ne fruiscono, non può determinare alcuna presunzione assoluta di incapacità del condannato di conformazione ai benefici che hanno finalità di rieducazione comune Sez. 1, n. 26010 del 06/07/2020, Carnevali, Rv. 279527-01 . 4. Le considerazioni esposte impongono l’annullamento del provvedimento impugnato, con il conseguente rinvio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro per un nuovo giudizio, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi che si sono enunciati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro.