Concessione demaniale scaduta, continuare a pagare la tassa non giustifica l’occupazione abusiva

Condanna definitiva per la titolare di una struttura alberghiera. Fatale l’avere destinato lo spazio demaniale a solarium mediante la posa di ombrelloni e lettini, pur a fronte della scadenza della concessione. Irrilevante il fatto di avere continuato a pagare la tassa.

Concessione demaniale scaduta, ma la proprietaria della struttura alberghiera continua a pagare la tassa di occupazione. Perciò lascia intatto il solarium. Pessima scelta, questa, che le costa una condanna Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 17114/21, depositata il 5 maggio . Ricostruita nei dettagli la vicenda, i Giudici d’Appello condannano la proprietaria di un hotel a due mesi e venti giorni di reclusione per abusiva occupazione di suolo demaniale . In sostanza, è stato occupato arbitrariamente il suolo marittimo, nella splendida cornice della costiera amalfitana, mediante una banchina destinata a solarium adibita alla posa di ombrelloni e lettini . Acclarata la mancanza di una concessione demaniale in sanatoria , i Giudici ritengono secondario il fatto che le dimensioni dell’opera abusiva fossero più contenute rispetto a quanto accertato dagli inquirenti , e, soprattutto, dichiarano irrilevante il fatto la società titolare della struttura alberghiera avesse proseguito a pagare la tassa di occupazione nonostante la scadenza della concessione . Quest’ultimo dettaglio, anzi, testimonia, secondo i Giudici, la consapevolezza dell’abusiva occupazione, a nulla rilevando la circostanza che si era in presenza di concessione scaduta piuttosto che di totale assenza di essa . Col ricorso in Cassazione la titolare dell’hotel rimarca l’incertezza sull’area demaniale effettivamente occupata e osserva poi che era comunque consentito l’accesso a terze persone . A sua discolpa, però, la donna mette sul tavolo soprattutto il pagamento per l’occupazione del suolo marittimo , sostenendo, quindi, di avere agito nella convinzione di non compiere nessun illecito, e richiamando, a questo proposito, anche la colpevole inerzia dell’ente comunale . I Giudici di terzo grado ribattono, innanzitutto, osservando che la occupazione del bene demaniale risulta accertata a prescindere dalla reale consistenza del sedime demaniale effettivamente occupato poiché si è appurato che l’area demaniale è stata destinata a solarium mediante la posa di ombrelloni e lettini, e tale circostanza rende del tutto irrilevante il fatto che il bene fosse astrattamente fruibile anche da parte di terze persone, stante la pacifica limitazione al godimento di tutti i consociati in ragione delle modalità di occupazione . Ciò che non può essere messo in discussione, infine, è il dato della colpa della titolare della struttura alberghiera. Per i Giudici, difatti, non ha alcun peso il fatto che la donna abbia continuato a versare all’erario una somma a titolo di onere concessorio, poiché la concessione era scaduta mentre l’occupazione è proseguita sine die , e quindi deve ritenersi arbitraria l’ occupazione del demanio marittimo protrattasi oltre la scadenza della concessione sino al rilascio della nuova, anche qualora sia stato richiesto il rinnovo della stessa concessione .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 gennaio – 5 maggio 2021, n. 17114 Presidente Dovere – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento del giudice di legittimità della sentenza del giudice di appello, rideterminava la pena a G.M. in mesi due giorni venti di reclusione in relazione al reato di abusiva occupazione di suolo demaniale art. 54 e 1161 c.n. per avere, quale legale rappresentante della società Gran Hotel Tritone occupato arbitrariamente il suolo marittimo mediante una banchina destinata a solarium adibita alla posa di ombrelloni e lettini in . La Corte di appello in sede di rinvio, premesso che il reato non era ancora estinto per non essere la condotta illegittima cessata fino alla pronuncia della sentenza di primo grado e per non essere stata rilasciata concessione demaniale in sanatoria, riconosceva la sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’imputata non rivestendo rilievo, a tale fine, nè che le dimensioni dell’opera abusiva fossero più contenute rispetto a quanto accertato dagli inquirenti, nè che la società di cui l’imputata era legale rappresentante avesse proseguito a pagare la tassa di occupazione nonostante la scadenza della concessione. Osservava che la prima circostanza risultava irrilevante ai fini della consumazione del reato, mentre la seconda testimoniava la consapevolezza dell’abusiva occupazione a nulla rilevando, ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo, la circostanza che si era in presenza di concessione scaduta piuttosto che di totale assenza di essa. Parimenti non poteva assumere rilevanza esimente la asserita buona fede della ricorrente, atteso che la responsabilità per il reato in esame era riconosciuta anche a titolo di colpa. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa della G. deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al riconoscimento del reato ascritto assumendo che il giudice del rinvio non aveva provveduto a colmare le carenze motivazionali indicate dal giudice di legittimità, atteso che sussisteva incertezza sull’area demaniale effettivamente occupata e che era comunque consentito l’accesso a tutti i consociati. Assumeva poi che il pagamento per l’occupazione aveva ingenerato una presunzione di legittimità dell’operato dell’anziana imputata in presenza di una colpevole inerzia dell’ente comunale. Considerato in diritto 3. Il ricorso si presenta inammissibile in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che appare coerente e lineare nel riconoscere la ricorrenza dei profili oggettivi e soggettivi del reato ascritto e si limita a reiterare le medesime censure sviluppate nel giudizio di appello e in sede di legittimità alle quali il giudice di rinvio ha fornito adeguata e integrale risposta. Quanto ai profili oggettivi ha evidenziato che la occupazione del bene demaniale risulta accertata a prescindere dalla reale consistenza del sedime demaniale effettivamente occupato, per essere stata l’area demaniale destinata a solarium mediante la posa di ombrelloni e lettini e tale circostanza rende del tutto irrilevante il fatto che il bene fosse astrattamente fruibile anche da parte di terzi stante la pacifica limitazione al godimento di tutti i consociati in ragione delle modalità di occupazione sez. 3, 26.4.2018, Fabbri, Rv. 273317 -01 . 2. Sotto diverso profilo il giudice distrettuale ha evidenziato che la fattispecie in esame è punibile anche a titolo di colpa di talché a nulla rileva la circostanza che la ricorrente abbia continuato a versare all’Erario una somma a titolo di onere concessorio, atteso che la concessione era scaduta mentre l’occupazione era stata proseguita sine die, di talché deve ritenersi arbitraria l’occupazione del demanio marittimo protrattasi oltre la scadenza della concessione sino al rilascio della nuova, anche qualora sia stato richiesto il rinnovo della stessa sez. 3, 23.6.2011, PM in proc. Bianchi, Rv.250664 -01 25.3.2010, Massacesi Rv. 246773 -01 . D’altro canto per l’esclusione dell’elemento psicologico non può ritenersi sufficiente l’ignoranza sul termine di durata della concessione, atteso che l’ignoranza non può estendersi alla interpretazione ed all’applicazione del precetto penale sez. 3, 8.4.2019, Versaci Valeria, Rv. 275993.02 , laddove per escludersi l’antidoverosità della condotta deve manifestarsi all’esterno una volontà contraria alla violazione di legge e l’agente deve aver fatto tutto il possibile per uniformarvisi laddove sussista l’incertezza oggettiva sulla natura demaniale dell’area sez. 3, 29.5.08, Marino, Rv. 240823.01 5.4.2011, Pavanati, Rv. 251225.01 . 3. In conclusione il ricorso deve esser dichiarato inammissibile e e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero per assenza di colpa, al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende nella misura di cui al dispositivo. Ai sensi dell’art. 619 c.p.p., comma 2 deve poi essere disposta la correzione del dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui la pena applicata alla G. viene indicata reclusione , dovendo invece essere indicata in arresto in presenza di contestazioni relative a reati contravvenzionali. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Dispone correggersi il dispositivo della sentenza impugnata nel senso che laddove si legge reclusione deve leggersi arresto .