Conflitti e tensioni tra coniugi: vacilla l’accusa di maltrattamenti

Necessario un nuovo processo per meglio valutare le condotte tenute dall’uomo nei confronti della moglie e per decidere sulla sua possibile colpevolezza. Impossibile, comunque, ridimensionare i fatti solo tenendo presente il richiamo dell’uomo al desiderio di esercitare la genitorialità verso i figli e all’ostruzionismo oppostogli dalla moglie.

Tensioni, conflitti e anomalie comportamentali da parte di entrambi i coniugi mettono in discussione l’accusa a carico dell’uomo di maltrattamenti in danno della consorte Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 16547/21, depositata il 30 aprile . Sotto processo un uomo per i comportamenti da lui tenuti nei confronti della moglie. Acclarata la sua condanna per i delitti di lesioni , a essere oggetto di discussione è il reato di maltrattamenti in famiglia , riconosciuto ai soli fini risarcitori in Appello – mentre era stato escluso in Tribunale – e contestato fortemente in Cassazione dall’uomo. Secondo il suo difensore, i Giudici di secondo grado non hanno specificatamente individuato le singole condotte integranti la fattispecie del reato di maltrattamenti in famiglia né il contesto temporale in cui esse si sarebbero collocate e non hanno tenuto conto del fatto che la separazione, in prossimità della quale erano state collocate le condotte, risaliva in realtà ad un tempo antecedente al periodo oggetto di contestazione . Sempre in ottica difensiva, poi, viene sottolineato che la Corte d’appello, nel valutare fa sussistenza degli elementi costitutivi del reato, si è soffermata esclusivamente sulla condotta aggressiva ed offensiva dell’uomo nei confronti della convivente, senza dare rilievo, invece, a tutte le circostanze contingenti che, protrattesi nel tempo, avevano dato luogo ad un clima familiare di conflitto ed astio reciproco, culminato nella sua reazione eccessiva . E difatti, aggiunge il legale, l’ampia produzione difensiva ha dimostrato come la condotta aggressiva dell’uomo non sia scaturita da un mero e immotivato disprezzo o da una volontà di prevaricazione nei confronti della moglie ma da un contesto caratterizzato da tensioni e anomalie comportamentali di entrambi i coniugi . Secondo il difensore, quindi, non vi era l’intenzione di maltrattare sistematicamente la donna, e comune le condotte sanzionate non si sono verificate immediatamente dopo la separazione bensì quando in realtà la cessazione della convivenza tra i coniugi era ormai stabile e consacrata da tempo . In ultima battuta, infine, il legale aggiunge che le condotte lesive erano espressive di una frustrazione protratta nel tempo, a partire dalla cessazione della convivenza, e riconducibile fra l’altro agli impedimenti frapposti dalla donna all’esercizio da parte dell’uomo del diritto di incontro con i figli e agli atteggiamenti dispregiativi e alla sfiducia manifestati da lei nei confronti del marito . Le obiezioni proposte dal legale che rappresenta l’uomo sono ritenute almeno plausibili dai Giudici della Cassazione. Questi ultimi osservano che, in effetti, in secondo grado si è riconosciuto il delitto di maltrattamenti dando rilievo ad una mera elencazione di condotte, ingiuriose, minacciose e aggressive che tuttavia non sono state specificamente contestualizzate, anche perché la Corte d’appello si è limitata a far riferimento al periodo successivo alla separazione dei coniugi, senza considerare che esso era parzialmente già oggetto di separato procedimento, e senza confrontarsi con la documentazione prodotta nell’interesse dell’uomo, volta da un lato a comprovarne la capacità genitoriale e dall’altro a delineare il quadro complessivo delle insorte conflittualità con la moglie e delle ragioni ad esse sottese . In questo ragionamento, poi, non può essere ignorato, aggiungono dalla Cassazione, il fatto che il primo giudice aveva collocato la vicenda in un quadro di significativo antagonismo tra gli ex coniugi, dando conto anche delle condotte in varia guisa ostruzionistiche tenute dalla persona offesa e di una contrapposizione tra condotte prevaricatorie, con l’uomo intenzionato ad affermare il diritto all’esercizio della genitorialità . Anche di questa ricostruzione bisognerà tenere ora conto, esaminando nuovamente in Appello l’ipotesi accusatoria a carico dell’uomo, anche se ai soli effetti civili. In aggiunta, poi, i magistrati di terzo grado chiariscono che in merito al riconoscimento del reato di maltrattamenti in famiglia è da considerare irrilevante l’avvenuta separazione della coppia. Infine, è impossibile ridimensionare a prescindere le condotte dell’uomo richiamando il suo desiderio di esercitare la genitoritalità . Su questo fronte i magistrati rimarcano che relativamente all’ attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale, la norma affida al giudice il compito di verificare, alla luce di tutte le connotazioni del fatto, se ha ragione di conoscere che il reo, pur nel delitto è rimasto meritevole di considerazione, rispetto, estimazione, per aver agito sotto l’impulso di sentimenti, ideali, esigenze, tali da far ritenere che ogni altra persona, pur della massima onestà, avrebbe preferito agire nello stesso modo, sol che avesse avuto le stesse virtù orali del soggetto giudicabile amore del prossimo, altruismo, idealismo, coraggio civile, desiderio di progresso sociale . In questa prospettiva è stato affermato che può darsi rilievo ai motivi sui quali si registra un generale consenso sociale, in rapporto al tipo di pulsione all’azione, confrontata con la condotta tenuta , e ciò significa che non può darsi genericamente e apoditticamente rilievo al desiderio individuale di esercitare la genitorialità, ove esso sia riconducibile , come in questa vicenda, a mere logiche di conflitti intersoggettivi e non sia inquadrabile in una motivazione che si traduca nella spinta alla realizzazione di un valore di rilievo generale .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 febbraio – 30 aprile 2021, n. 16547 Presidente Mogini – Relatore Ricciarelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 gennaio 2020 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Agrigento pronunciata in data 10 gennaio 2018, ha accolto l’appello della parte civile M.G. , dichiarando C.F. responsabile, ai soli effetti civilistici, del delitto di cui all’art. 572 c.p. e condannandolo al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, derivanti da tale condotta, nel contempo confermando la sentenza di primo grado nella parte relativa alla condanna del C. per i delitti di lesioni di cui ai capi b e c . 2. Ha presentato ricorso il C. tramite il suo difensore. 2.1. Premessa l’indicazione sintetica delle ragioni di doglianza e la ricostruzione del quadro della vicenda, con il primo motivo denuncia violazione di legge processuale e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del delitto di cui all’art. 572 c.p La Corte territoriale, riformando la decisione di assoluzione del Giudice di prime cure, aveva riconosciuto la responsabilità del C. , sebbene ai soli fini civilistici, per il delitto di cui all’art. 572 c.p., senza tuttavia fornire un’adeguata motivazione. La Corte di Appello non aveva infatti specificatamente individuato le singole condotte integranti la fattispecie del reato di maltrattamenti in famiglia nè il contesto temporale in cui le stesse si sarebbero collocate, e non aveva tenuto conto del fatto che la separazione, in prossimità della quale aveva collocato le condotte, risaliva in realtà ad un tempo antecedente al periodo oggetto di contestazione. Dinanzi ad una sentenza assolutoria del Giudice di primo grado, la Corte avrebbe dovuto puntualmente e analiticamente motivare la propria decisione di condanna - sebbene ai soli fini risarcitori -, non potendosi limitare a frasi puramente apodittiche, in assenza di argomentazioni concrete idonee a confutare la decisione di primo grado. 2.2. Con il secondo motivo deduce la erronea applicazione della legge penale sostanziale, con riferimento alla configurazione del reato di cui all’art. 572 c.p La Corte, nel valutare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, si era soffermata esclusivamente sulla condotta aggressiva ed offensiva del C. nei confronti della convivente e della zia di questa , senza dare rilievo, invece, a tutte le circostanze contingenti che, protrattesi nel tempo, avevano dato luogo ad un clima familiare di conflitto ed astio reciproco, culminato nella reazione eccessiva dell’imputato. L’ampia produzione difensiva - che non era stata vagliata dalla Corte aveva, infatti, dimostrato come la condotta aggressiva dell’imputato non fosse scaturita da un mero e immotivato disprezzo o da una volontà di prevaricazione nei confronti del soggetto passivo - tale da poter integrare la fattispecie di cui all’art. 572 c.p. - ma da un contesto caratterizzato da tensioni e anomalie comportamentali di entrambi i coniugi. Pertanto, la Corte avrebbe dovuto prendere atto dell’assenza non solo dell’elemento oggettivo, ma altresì di quello soggettivo, non sussistendo l’intenzione di maltrattare sistematicamente. Inoltre, la decisione era viziata anche in relazione al fatto che le condotte sanzionate si sarebbero verificate immediatamente dopo la separazione, quando in realtà la cessazione della convivenza tra i coniugi era ormai stabile e consacrata da tempo, non essendo dunque configurabile il delitto di cui all’art. 572 c.p., ma tutt’al più quello di cui all’art. 612-bis c.p 2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione apparente con riferimento al mancato accoglimento della richiesta di applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p La Corte aveva rigettato l’appello promosso dall’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento, ritenendo non fondata la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. per essersi il C. reso autore di ulteriori reati della stessa indole, come risultava dal certificato del casellario giudiziale, ciò da cui si era desunta una personalità proclive al delitto, incompatibile con il predetto istituto, ma alla stregua della viziata motivazione posta alla base del giudizio sul capo a . 2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge processuale e vizio di motivazione apparente in relazione al mancato accoglimento della richiesta di concessione delle attenuanti di cui all’art. 62 c.p., comma 1, nn. 1 e 2. La valutazione era stata condizionata dalla ritenuta configurabilità del delitto di maltrattamenti, quando le condotte lesive erano espressive di una frustrazione protratta nel tempo a partire dalla cessazione della convivenza nel 2012, e riconducibile fra l’altro agli impedimenti frapposti all’esercizio del diritto di incontro con i figli, agli atteggiamenti dispregiativi e alla sfiducia manifestata nei suoi confronti. 3. Il Procuratore generale ha inviato requisitoria scritta, concludendo per l’annullamento senza rinvio quanto alle statuizioni relative al capo A e per l’inammissibilità del ricorso nel resto. 4. Il difensore del ricorrente ha inviato conclusioni scritte insistendo nell’accoglimento del ricorso con annullamento della sentenza impugnata. 5. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, commi 8 e 9, senza l’intervento delle parti. Considerato in diritto 1. I primi due motivi, esaminati congiuntamente, risultano fondati. 1.1. La Corte territoriale ha riformato agli effetti civili il giudizio assolutorio formulato dal Tribunale in ordine al delitto di maltrattamenti, dando rilievo ad una mera elencazione di condotte, ingiuriose, minacciose e aggressive, che tuttavia non ha specificamente contestualizzato. La Corte si è infatti limitata a far riferimento al periodo successivo alla separazione dei coniugi, senza considerare che lo stesso era parzialmente già oggetto di separato procedimento, e senza confrontarsi con la documentazione prodotta nell’interesse dell’imputato, volta da un lato a comprovarne la capacità genitoriale e dall’altro a delineare il quadro complessivo delle insorte conflittualità e delle ragioni ad esse sottese. 1.2. Ma soprattutto, e si tratta del dato decisivo, la Corte ha omesso di fornire una motivazione rafforzata, a fronte del pregresso giudizio assolutorio, tale da dar conto dei principali argomenti utilizzati dal primo giudice e da confutarne efficacemente la valenza, onde pervenire motivatamente alla dimostrazione dell’insostenibilità della valutazione operata in primo grado. È noto invero che il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato Sez. U. n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231679 più di recente in senso analogo, nel caso di riforma della sentenza di primo grado, Sez. U. n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430 . Nel caso di specie il primo Giudice aveva collocato la vicenda in un quadro di significativo antagonismo tra gli ex coniugi, dando conto anche delle condotte in varia guisa ostruzionistiche della persona offesa e di una contrapposizione tra condotte prevaricatorie, con il ricorrente intenzionato ad affermare il diritto all’esercizio della genitorialità. Tale ricostruzione non è stata presa in considerazione dalla Corte, che ha dato rilievo alle sole condotte del ricorrente, segnalandone una ripetitività, di cui ha presupposto l’autoevidenza, al di fuori tuttavia di un preciso contesto. 1.3. Da ciò discende che la motivazione della sentenza di appello in ordine al delitto di maltrattamenti risulta viziata, in quanto priva di un effettivo confronto con gli argomenti difensivi alla luce del giudizio di primo grado, discendendone in parte qua l’annullamento con rinvio. Solo sulla base di una rinnovata ricostruzione e contestualizzazione delle condotte potrà operarsi, sia pur ai soli effetti civili, la sussunzione delle stesse nella fattispecie di cui all’art. 572 c.p., dovendosi al riguardo sottolineare l’irrilevanza a tal fine dell’intervenuta separazione sul punto Sez. 6, n. 3087 del 19/12/2017, dep. 2018, F., Rv. 272134 Sez. 2, n. 39331 del 5/7/2016, Spazzoli, Rv. 267915 . 2. I motivi di ricorso sono per il resto inammissibili. 2.1. In particolare il terzo motivo, riguardante la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. risulta manifestamente infondato e comunque genericamente formulato, in quanto la Corte non si è basata in modo decisivo sulla propria valutazione relativa al delitto di maltrattamenti, ma sull’analisi del certificato penale, dal quale ha desunto plurime condanne per delitti della stessa indole, di per sé ostativi al riconoscimento della causa di non punibilità il motivo di ricorso, a ben guardare, non si confronta con tale giudizio e in particolare con le risultanze del certificato penale, per confutarne la decisività. 2.2. Il quarto motivo, incentrato sulle attenuanti di cui all’art. 62 c.p., comma 1, nn. 1 e 2, è parimenti generico e comunque manifestamente infondato. 2.3. Deve in primo luogo rimarcarsi che, relativamente all’attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale, la norma affida al giudice il compito di verificare alla luce di tutte le connotazioni del fatto se ha ragione di conoscere che il reo, pur nel delitto è rimasto meritevole di considerazione, rispetto, estimazione, per aver agito sotto l’impulso di sentimenti, ideali, esigenze, tali da far ritenere che ogni altra persona, pur della massima onestà, avrebbe preferito agire nello stesso modo, sol che avesse avuto le stesse virtù orali del soggetto giudicabile amore del prossimo, altruismo, idealismo, coraggio civile, desiderio di progresso sociale Sez U. n. 1 del 18/3/1970, Kofler, Rv. 115782 . In tale prospettiva è stato affermato che può darsi rilievo ai motivi sui quali si registra un generale consenso sociale, in rapporto al tipo di pulsione all’azione, confrontata con la condotta tenuta sul punto Sez. 6, n. 27746 del 31/5/2018, T., Rv. 273681 ciò significa che non può darsi genericamente e apoditticamente rilievo al desiderio individuale di esercitare la genitorialità, ove lo stesso sia riconducibile a mere logiche di conflitti intersoggettivi e non sia inquadrabile in una motivazione che si traduca nella spinta alla realizzazione di un valore di rilievo generale, ciò che nel caso in esame non è stato neppure prospettato. 2.4. Quanto poi all’attenuante della provocazione, deve rilevarsi che al di là del complessivo contesto dei rapporti intercorsi tra il ricorrente e l’ex coniuge e la zia di lei, risulta generica la dedotta prospettiva della specifica reazione ad un fatto ingiusto altrui, non essendo stata delineata neppure nell’atto di appello, con riguardo alle due ipotesi di lesioni per le quali è stata pronunciata condanna, la concreta correlazione causale tra uno specifico fatto ingiusto e la corrispondente reazione lesiva del ricorrente. 3. In conclusione si impone l’annullamento agli effetti civili della sentenza impugnata relativamente al capo A , con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello e con declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto. P.Q.M. Annulla agli effetti civili la sentenza impugnata limitatamente al capo A e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.