Il ricorso per cassazione della Parte Civile non appellante

La parte civile che non ha proposto appello avverso la sentenza di assoluzione di primo grado è legittimata a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di appello che conferma l’assoluzione se non ha rinunciato all’impugnazione stessa ovvero non ha revocato la costituzione di parte civile.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, sezione Terza Penale, con la sentenza n. 16492/21, depositata il 30 aprile. Violenza sessuale di gruppo e inattendibilità della persona offesa. Gli imputati rispondevano del reato di violenza sessuale di gruppo a danno di una minorenne avendo, con l’uso di violenza e minaccia, prima costretto la ragazza a masturbarli e poi ad avere un rapporto orale. La decisione di primo grado, confermata in Appello, aveva fondato l’assoluzione per insussistenza del fatto sulla inattendibilità della persona offesa, sia sul versante dell’incoerenza del racconto che su quello dell’incongruenza dei comportamenti tenuti in occasione del fatto. Nella specie, la mancanza di consenso mal si sarebbe conciliata, ad esempio, con l’aver scambiato per tutta la durata dell’azione dei messaggi con la sorella senza mai accennare alle violenze subite ancora, con il saluto affettuoso scambiato con il conducente dell’auto quando era scesa dalla macchina per tornare a casa o ancora con il tenore dei messaggi inviati all’imputato alcuni giorni successivi al fatto, che dimostravano la totale assenza degli indici di un abuso. Il ricorso per cassazione, proposto dalle parti civili avverso la decisione di Appello, viene dichiarato inammissibile, poiché i motivi proposti dai ricorrenti si presentavano aspecifici e non consentiti dalla legge nella fase di legittimità particolarmente, in relazione al profilo del travisamento della prova e dell’illogicità della motivazione . Inoltre, la Cassazione si pronuncia sulla questione processuale relativa alla legittimità del ricorso per cassazione avanzato dalla parte civile nel caso di specie i genitori della minore che non abbia proposto appello avverso la decisione di primo grado. Criteri di individuazione dei motivi di ricorso per cassazione. Sull’esatta delimitazione dei motivi di ricorso di cui all’art. 606. c.p. la Suprema Corte richiama degli orientamenti invero consolidati. Con riguardo al profilo dell’illogicità della motivazione, questa deve risultare ictu oculi , essendo il sindacato della Corte limitato al riscontro di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni del Giudice e la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. In altri termini, ciò che deve dimostrarsi è che il provvedimento sia carente di logicità e non già opporre alla valutazione del Giudice una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica. Con riguardo, invece, al travisamento della prova esso è configurabile solo quando si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva per la pronuncia. Il travisamento deve riguardare la prova e non il significato che il Giudice trae dalla stessa, essendo dunque necessario che si tratti di un errore di natura percettiva e non valutativa. Il vizio del travisamento è decisivo solo se l’errore sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione. Ricorso per cassazione della parte civile non appellante. Secondo l’orientamento maggioritario della Corte ritiene inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza d’Appello se la stessa non ha impugnato la decisione assolutoria di primo grado, confermata dalla Corte d’Appello in seguito all’impugnazione del pubblico ministero. Ciò in quanto il principio dell’immanenza degli effetti della costituzione di parte civile vale nel rispetto di tutti gli altri principi, tra cui quello di tempestività dell’impugnazione, la cui mancanza determina il passaggio in giudicato della sentenza. Difatti la parte civile non può devolvere in Cassazione questioni non devolute in Appello e sulle quali il Giudice del gravame non si è espresso. In senso contrario, si è affermato che il principio di immanenza impone di ritenere ammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile non appellante o che abbia presentato appello inammissibile ove sussista il concreto interesse. Secondo la terza sezione si tratta di un contrasto meramente apparente. Se avverso la sentenza di assoluzione di primo grado propone appello il solo P.M., non vi è ragione, in virtù del principio di immanenza, che si impedisca alla parte civile non appellante di prendere parte al processo di secondo grado, di rassegnare le proprie conclusioni ed eventualmente di ricorrere per cassazione contro la sentenza confermativa della pronuncia assolutoria. La parte civile non appellante è dunque legittimata a proporre ricorso per cassazione non potendo la mancata impugnazione essere intesa quale rinuncia. Diversa è la questione relativa ai limiti che la parte civile non appellante incontra nell’impugnare la sentenza d’appello. Questa non può giovarsi dell’effetto estensivo dell’altrui impugnazione e far proprie le questioni devolute dal pubblico ministero o dalle altri parti civili, ma potrà solo dedurre questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado e questioni di pura legittimità o di puro diritto sopraggiunte dopo il giudizio di secondo grado. Non potrà, invece, proporre questioni di fatto, relative al governo delle prove e della logica.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 novembre 2020 – 30 aprile 2021, n. 16492 Presidente Di Nicola – Relaotre Aceto Ritenuto in fatto 1.1 sigg.ri S.V., S.D. e O.D., parti civili costituite nel processo a carico dei sigg.ri C.L. e S.R., ricorrono, con separati atti, per l'annullamento della sentenza del 25/03/2019 della Corte di appello di Catanzaro che, decidendo sulle impugnazioni di S.V. e del pubblico ministerio avverso la sentenza di assoluzione del 06/04/2016 del GUP del Tribunale di Crotone, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato con la formula perché il fatto non sussiste , ha confermato l'assoluzione degli imputati dal reato di cui agli artt. 81 cpv. e 609-octies c.p 2.Pur con distinti ricorsi, deducono, con unico identico motivo, la violazione dell'art. 6, Conv. EDU, art. 178 c.p.p., lett. c , art. 187 c.p.p., art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, art. 125 c.p.p., comma 3, art. 546 c.p.p., lett. e , art. 603 c.p.p. e art. 81 cpv. e 609-octies c.p Sulla premessa che il giudizio in primo grado era stato definito allo stato degli atti, lamentano la violazione del diritto al contraddittorio e alla difesa della parte civile quale conseguenza della mancata ammissione, in appello, della richiesta di rinnovazione istruttoria e della mancata considerazione di quanto da esse rappresentato e di quanto contenuto nell'elaborato peritale da loro depositato. Trascritto il testo della sentenza impugnata, pongono a confronto la propria versione dei fatti ricostruendoli in termini del tutto antitetici e ribadendo la natura non casuale dell'incontro prodromico al fatto criminoso del OMISSIS , come si evince dai tabulati telefonici i quali documentano un flusso di chiamate in uscita dall'utenza del S. verso quella della vittima senza che risultino chiamate dà quest'ultima verso l'imputato. Non é affatto vero, come afferma la Corte di appello, che la ragazza, senza alcuna apparente ragione, aveva informato i due imputati di avere le mestruazioni questa informazione fu data solo dopo la consumazione della violenza, non prima. La Corte di appello, affermano, si é fatta certamente suggestionare dalle dichiarazioni del testimone C. il quale, sentito dai difensori degli imputati a ben due anni di distanza, ha ricordato incredibilmente che la persona offesa, scendendo dalla macchina, aveva dato un bacio al conducente. La Corte di appello sostiene che nel periodo durante il quale si sarebbe consumata la violenza i tabulati provano che nelle chiamate e nei messaggi di testo SMS in uscita dall'utenza della vittima verso la propria sorella non si fa menzione di alcuna violenza la vittima si sarebbe confidata solo con un'amica e nemmeno nell'immediatezza. I ricorrenti replicano richiamando le sommarie informazioni testimoniali dell'amica in questione e il contenuto della querela del padre della persona offesa dalle quali emerge la vergogna di quest'ultima nel riferire i fatti. Deducono, altresì, la non corretta interpretazione della conversazione del 28 agosto 2011 trascritta alle pagg. 8-10 dei ricorsi , intercorsa via facebook tra la persona offesa ed il S., dalla quale risulta che quest'ultimo voleva concordare con la vittima una versione diversa dei fatti il che é confermato dalle dichiarazioni di B.G. amico della persona offesa , trascritte alle pagg. 10-11 dei rispettivi ricorsi, il quale ha confermato il tentativo dell'imputato di condizionare la persona offesa affinché fornisse una versione concordata dei fatti. L'argomento, affermano, si aggancia a quello relativo alle telefonate in uscita dall'utenza del S. successivamente alla data del fatto. Lamentano, altresì, il malgoverno in senso favorevole agli imputati dell'elaborato del Dott. V., ausiliario di PG, che ha disimpegnato il proprio incarico con atteggiamento non neutrale e con metodo scientificamente non apprezzabile. Per converso, non é stata adeguatamente valutata la consulenza tecnica delle parti civili a firma del Dott. P.M. , trascritta alle pagg. 12-15 dei ricorsi, fortemente critica nei confronti dell'operato dell'ausiliario di PG sotto vari profili a dichiarazioni in querela sintetizzate e non registrate b ricorso a domande e frasi suggestive c atteggiamento non neutro ed obiettivo ma orientato a verificare un presunto consenso agli atti sessuali d commenti sulla attendibilità della minore che non competono al consulente tecnico e accertamento psicologico condotto solo sulle dichiarazioni della minore, in assenza di necessarie e più complesse operazioni mai effettuate f indicatori di attendibilità non meglio specificati. Stesse critiche sono state espresse dalla Dott.ssa F Ribadito che la testimonianza della persona offesa può costituire da sola prova del fatto, deducono che la Corte di appello e prima ancora il GUP non hanno 1 valorizzato la genesi della notizia di reato 2 valutato il grado cognitivo e le attitudini percettive della minore illustrandone la capacità di rendere valida testimonianza 3 motivato in alcun modo sulle ragioni che possano aver portato la minore a formulare accuse false. Concludono che la persona offesa non ha mai acconsentito al compimento di atti sessuali ed allegano ai ricorsi un CD-ROM contenente la documentazione richiamata il cui indice é riportato nell'ultima pagina . 3. Il Procuratore Generale ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi e l'annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore. Manca del tutto, afferma il requirente, una valutazione sull'inattendibilità intrinseca della persona offesa, se non nel riferimento al giudizio, peraltro travisato, dello psicologo. Quanto alla attendibilità estrinseca non viene indicato chiaramente quale punto del racconto si ritenga non veritiero, e in particolare se la non credibilità investa l'intera vicenda, e financo l'incontro, o il solo punto del dissenso agli atti sessuali. La assenza di una chiara presa di posizione sul punto, da parte della Corte di merito, integra già di per sé un vizio di motivazione. Non é vero, come si dice in sentenza, che l'incontro fu casuale. Esso fu, invece, promosso dai due imputati su intermediazione di un conoscente della ragazza, come risulta dalle telefonate registrate. Non può considerarsi incongrua la mancanza di ferma opposizione o di fuga da parte della S., se si tiene conto della situazione di inferiorità e debolezza in cui si trovava la ragazza, sola, in compagnia di due uomini semi sconosciuti. Il suo racconto, invece, é riscontrato 1 dai messaggi intercorsi tra la ragazza e uno degli imputati, dai quali si desume chiaramente che - contrariamente all'assunto della Corte di merito - un incontro in macchina c'era stato e che quello che era successo non si poteva dire se non in privato ci hanno visti . non parlarne ecc. 2 dalla testimonianza de relato della amica e dei genitori stessi della persona offesa cui quest'ultima infine confermò i fatti 3 dallo psicologo che, in punto attendibilità, in realtà non smentisce la ragazza al contrario sostiene essere probabile una reale esperienza vissuta rispetto ad una elaborazione di fantasia . La dichiarazione dello psicologo viene, sul punto, travisata in sentenza 4 dalla mancanza di un movente per una calunnia e dalla genesi della notizia di reato la vittima racconta l'accaduto ad una amica, non ai genitori o peggio ai carabinieri 5 dalle stesse conversazioni intercettate ci hanno visti . non parlarne ecc. che depongono per un contesto socio culturale nel quale atti come quelli riferiti, se posti in essere per libera scelta, non sarebbero confidati ad amiche. 4. Gli imputati hanno presentato una prima memoria con la quale hanno dedotto l'inammissibilità dei ricorsi dei genitori della persona offesa, per mancanza di procura e perché non legittimati in quanto non appellanti , nonché di tutti i ricorsi per genericità dei motivi, pedissequamente reiterativi di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi, perché non conformi ai casi previsti dall'art. 606 c.p.p. e comunque perché manifestamente infondati. Non risulta infatti assolutamente intellegibile la dedotta violazione del diritto al contraddittorio. Nulla é stato mai rappresentato in ordine alla decisività della denegata attività istruttoria, per dimostrare l'attendibilità del narrato della parte offesa, del quale hanno conformemente argomentato i Giudici di primo grado e d'appello, fondando il proprio convincimento su specifici elementi valutativi, motivatamente valorizzati, escludendo con inequivoco argomentare la non ritenuta utilità di ulteriori acquisizioni a fini decisori. Non é dato cogliere, inoltre, la violazione in concreto censurata tra quelle indicate dall'art. 606 c.p.p. il vulnus argomentativo che dovrebbe asseritamente viziare la decisione impugnata, non risulta in alcun modo definito, non essendo chiaro in quale delle ipotesi disciplinate dall'art. 606 c.p.p., lett. e , sia riconducibile, onde apprezzarne la concreta deducibilità in sede di legittimità. Il ricorso non può affidarsi alla mera riproduzione di atti processuali dei quali non si denuncia, in modo chiaro e comprensibile, la omessa o travisata valutazione o la illogica valutazione, ma se ne sollecita una rivisitazione coerente ad una diversa lettura e ad un'interpretazione delle risultanze processuali assolutamente non consentita in sede di legittimità. Il giudizio di non colpevolezza, inoltre, non é censurabile mediante la mera riproposizione dei motivi di appello, puntualmente disattesi anche in riferimento al diverso opinamento del CTP, che non sfuggono alla sanzione di inammissibilità per evidente genericità per omessa circostanziata indicazione di apprezzabili valutazioni ed allegazioni tecnico-difensive idonee a dimostrare la rilevanza delle diverse conclusioni disattese e/o eluse nelle sentenze assolutorie, non risultando bastevoli a tal fine la pretesa rilettura degli atti, invero solo parzialmente riprodotti, con malinteso rispetto del principio di autosufficienza. 5.Con la seconda memoria gli imputati replicano alle conclusioni del Procuratore Generale. Le censure dei ricorrenti, così come la requisitoria del PG., sollecitano una rivalutazione delle risultanze probatorie, offrendone una lettura alternativa, assolutamente non consentita in sede di legittimità secondo i pacifici insegnamenti di questa Corte pur dopo la novella di cui alla L. n. 46 del 2006. Le parole dell'ausiliario denunciano la sconcertante precisione e la proprietà di linguaggio della persona offesa, nel riferire particolari sicuramente imbarazzanti su pratiche sessuali, riconducibile a fatti e comportamenti già noti e non inediti, invero coerenti con la evidenziata mancanza di reazioni emotive significative. Per tutto l'arco temporale che l'aveva vista in compagnia dei due imputati, dalle ore 23,00 circa del OMISSIS alle ore 1.00 del mattino seguente, la ragazza aveva fatto tranquillamente uso del suo cellulare messaggiando ed interloquendo con più persone, tra le quali la sorella, cosi come successivamente al rientro nel domicilio. Alle domande del Dott. V. che, ignorando le risultanze successivamente acquisite dei tabulati telefonici, nel corso del colloquio le aveva chiesto per quale ragione non avesse fatto uso del telefono per segnalare la difficoltà di quel momento, aveva risposto, mentendo, che il telefono non era in funzione perché privo di carica. Non era necessario trovare il movente di una ipotetica calunnia, risultando la condotta menzognera della S. funzionale al tentativo di copertura di esperienze certamente eccessive per la sua età volute per emulazione di comportamenti emancipati e spregiudicati, che aveva inteso giustificare cercando di far credere di esservi stata costretta. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono inammissibili perché generici e proposti al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità. 2.1 due imputati rispondevano del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 609-octies c.p. perché , con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, avevano preso parte ad atti di violenza sessuale ai danni della S.V., minore degli anni 14 in particolare, dopo averla condotta con l'inganno in un luogo isolato, all'interno dell'autovettura in loro uso, dapprima l'avevano toccata sulle spalle e poi nelle parti intime subito dopo il S., con violenza consistita nel bloccare la ragazza contro il sedile dopo averla spinta con forza, e con minaccia consistita nel proferire nei suoi confronti la seguente frase tu non te ne vai da qui se non mi fai una sega , la aveva costretta a masturbarlo immediatamente dopo, anche il C., con le medesime minacce, l'aveva costretta a compiere su di lui il medesimo atto sessuale infine entrambi, con la minaccia di non riaccompagnare a casa la ragazza nonostante si stesse avvicinando l'ora in cui la doveva rientrare e nonostante le sue resistenze, la avevano costretta ad avere un rapporto orale dapprima con il C. e poi con il S Il fatto dal quale sono stati irrevocabilmente assolti in sede penale era contestato come commesso il OMISSIS . 2.1. Il GUP aveva espresso un giudizio di inattendibilità della allora ragazzina stigmatizzandone la non linearità, imprecisione e incoerenza del racconto nonché l'incongruenza dei comportamenti tenuti nell'occorso. Secondo il primo Giudice la mancanza di consenso agli atti sessuali e l'intera ricostruzione della vicenda nei termini descritti dalla rubrica mal si concilia con la decisione di salire a bordo dell'autovettura di due conoscenti, in tarda serata, ben più grandi di lei e di informarli da subito di avere le mestruazioni , con il fatto di aver scambiato per tutto il tempo messaggi di testo SMS con la sorella e di essersi sentita per telefono con la stessa senza mai accennare alle violenze subite, con l'unica preoccupazione di farsi accompagnare per tempo in casa per non subire la punizione dei genitori, con il saluto affettuoso scambiato con il conducente dell'auto quando era scesa dalla macchina secondo quanto riferito da un testimone oculare . Il GUP aveva altresì confrontato il racconto della vittima con il messaggio scambiato via facebook con il S. il OMISSIS nove giorni dopo il fatto , messaggio trascritto in sentenza, e con la totale assenza degli indicatori di un'esperienza di abuso evidenziata dallo psicologo, Dott. V., responsabile del consultorio famigliare di OMISSIS . 2.2.Avverso la sentenza avevano proposto appello il pubblico ministero e la persona offesa, non i suoi genitori oggi ricorrenti. 2.3.Nel condividere le conclusioni del primo Giudice, la Corte di appello ha innanzitutto escluso la necessità di rinnovare l'istruttoria e, quindi, dato conto degli elementi di prova utilizzati ai fini della decisione, ne ha interpretato la scarsa valenza accusatoria alla luce dei comportamenti tenuti dalla ragazza tanto in occasione del fatto quanto successivamente, interpretando il contenuto dei messaggi scambiati con il S. nei giorni successivi quale ulteriore prova della assoluta serenità della S. nel rievocare le vicenda ed il suo totale distacco emotivo ma ci hanno visti fare cosa .quale é il problema? .parla chiaro che mi stai rompendo , così come riscontrato dal Dott. V. che aveva escluso segni di abuso, pur a fronte di un'esperienza realmente vissuta e non frutto di fantasia. 3.Tanto premesso, é necessario preliminarmente esaminare l'eccezione di inammissibilità dei ricorsi dei genitori della persona offesa proposto dagli imputati sotto il duplice profilo della mancanza di procura speciale e del fatto che non avevano proposto appello avverso la sentenza di primo grado. 3.1.Quanto alla mancanza di procura speciale, il Collegio dà atto che, diversamente da quanto eccepito, essa risulta regolarmente conferita dai genitori di Va. con atto da loro sottoscritto con firme debitamente autenticate dal difensore in calce all'atto stesso. 3.2.Quanto all'ulteriore aspetto mancanza di legittimazione , costituisce insegnamento maggioritario della Corte di cassazione quello secondo il quale é inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza d'appello, se la stessa non abbia impugnato la decisione assolutoria di primo grado, confermata dalla Corte d'appello a seguito di impugnazione proposta dal solo pubblico ministero, in quanto il principio dell'immanenza degli effetti della costituzione di parte civile, di cui all'art. 76 c.p.p., vale nel rispetto di tutti gli altri principi, tra cui quello della tempestività dell'impugnazione, la cui mancanza determina il passaggio in giudicato della sentenza a norma dell'art. 329 c.p.c. Sez. 5, n. 315 del 14/11/2017, dep. 2018, Rv. 271926 - 01 Sez. 6, n. 35678 del 07/07/2015, Rv. 265003 - 01 Sez. 6, n. 35513 del 21/05/2013, Rv. 256091 - 01 Sez. 6, n. 49497 del 13/10/2009, Rv. 245477 - 01 Sez. 5, n. 6911 del 08/05/1998, Rv. 211844 01 . Tale principio si basa sulla considerazione che la parte civile non appellante non può devolvere in cassazione questioni non devolute in appello e sulle quali, di conseguenza, il giudice del gravame non si é espresso insegnamento assolutamente consolidato cfr., sul punto, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316 - 01 Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Rv. 269745 - 01 Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Rv. 255577 - 01 . 3.3.In senso contrario, si é affermato che la parte civile, benché non abbia proposto impugnazione avverso la sentenza assolutoria di primo grado, appellata dal solo P.M., deve ritenersi legittimata a proporre ricorso per cassazione, ai soli effetti civili e ove sussista il concreto interesse Sez. 4, n. 26643 del 15/04/2009, Rv. 244796 - 01 Sez. 4, n. 11016 del 31/05/1994, Rv. 200388 01, secondo cui per il principio dell'immanenza della costituzione di parte civile, fino a quando é in corso il procedimento penale, la parte civile, una volta ammessa, ha diritto di partecipare alle fasi successive alla prima e può ricorrere contro la sentenza di appello anche quando da essa non sia stata impugnata la pronuncia di primo grado o non sia stata proposta impugnazione ammissibile. Ed infatti, se l'azione civile rimane validamente inserita nel processo penale fino alla sentenza irrevocabile, nessuna limitazione difensiva può incontrare il costituito il quale contro le pronunce a lei sfavorevoli di primo o di secondo grado può attivarsi con proprie impugnazioni o affidarsi, in appello ed in cassazione, o solo in appello od ancor solo in cassazione, agli eventuali gravami del P.M., con diritto, comunque, anche nella seconda evenienza, di partecipare e parlare . 3.4.Ritiene il Collegio che il contrasto tra i due orientamenti sia più apparente che reale. 3.5. Il secondo orientamento, infatti, fa leva sul principio di immanenza della costituzione di parte civile espressamente affermato dall'art. 76 c.p.p., comma 2, che ha effetto per ogni stato e grado del processo e deve intendersi revocata nei soli casi tassativamente previsti dall'art. 83 c.p.p., comma 1 revoca espressa e comma 2 revoca tacita . Costituisce declinazione pratica del principio di immanenza il fatto che la sentenza penale di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni o il risarcimento del danno promosso dal danneggiato che si sia costituito parte civile e, come nel caso di specie, abbia accettato il rito abbreviato art. 652 c.p.p. . Secondo l'art. 648 c.p.p. la sentenza é irrevocabile quando contro di essa non é ammessa impugnazione ovvero quando sono spirati i termini per impugnarla ovvero, ancora, quando la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso presentato avverso di essa. Sono di conseguenze estranee alla peculiarità del processo penale le norme che disciplinano l'acquiescenza alla sentenza nel processo civile art. 329 c.p.c. non importabili, né applicabili estensivamente al processo penale. Nel processo penale la parte civile, oltre alla possibilità di revoca della costituzione, può rinunciare all'impugnazione art. 589 c.p.p. o non proporre impugnazione affatto e solo in quel caso non é più legittimata a coltivare l'azione civile nel processo penale. Ma se avverso la sentenza di assoluzione di primo grado propone appello il solo pubblico ministero, non v'é ragione che, in virtù del principio di immanenza, impedisca alla parte civile non appellante di prendere parte al processo di secondo grado, di rassegnare come nel caso di specie le proprie conclusioni ed eventualmente ricorrere per cassazione avverso la sentenza confermativa della pronuncia assolutoria. Del resto, nemmeno l'assenza della parte civile nel giudizio di appello può essere interpretata come comportamento equivalente a revoca tacita o presunta, non essendo riconducibile ad alcuna delle specifiche ipotesi previste dall'art. 82 c.p.p., comma 2, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 2016, Clarke, Rv. 203430 - 01 in senso conforme, più recentemente, Sez. 5, n. 24637 del 06/04/2018, Rv. 273338 - 01, secondo cui la parte civile costituita, che non partecipi al giudizio di appello personalmente e non presenti conclusioni scritte ai sensi dell'art. 523 c.p.p., deve ritenersi comunque presente nel processo e le sue conclusioni, pur rassegnate in primo grado, restano valide in ogni stato e grado in virtù del principio di immanenza previsto dall'art. 76 c.p.p. nello stesso senso, Sez. 6, n. 25012 del 23/05/2013, Rv. 257032 - 01, secondo cui la mancata presentazione delle conclusioni della parte civile nel giudizio di appello non integra gli estremi della revoca tacita della costituzione di parte civile di cui all'art. 82 c.p.p., comma 2, nel senso che la disposizione di cui all'art. 82 c.p.p., comma 2, vale solo per il processo di primo grado ove, in mancanza delle conclusioni non si forma il petitum sul quale il giudice possa pronunziarsi, mentre invece le conclusioni rassegnate in primo grado restano valide in ogni stato e grado del processo essendo quest'ultima norma applicabile al solo giudizio di primo grado, cfr. Sez. 2, n. 24063 del 20/05/2008, Rv. 240616 - 01 Sez. 5, n. 12959 del 08/02/2006, Rv. 234536 - 01 Sez. 4, n. 11783 del 08/11/1995, Rv. 203535 01 . La mancata impugnazione della sentenza di primo grado appellata dal pubblico ministero o da altre parti civili non può essere intesa come rinuncia all'impugnazione ben potendo la stessa parte civile non appellante prendere parte al processo di appello e di rassegnarvi le proprie conclusioni. 3.6.Deve essere affermato il principio di diritto che la parte civile che non ha proposto appello avverso la sentenza di assoluzione di primo grado é legittimata a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di appello che conferma l'assoluzione se non ha rinunciato all'impugnazione stessa ovvero non ha revocato la costituzione nei termini previsti dall'art. 82 c.p.p 3.7.Questione ben diversa dalla legittimazione ad impugnare é quella relativa ai limiti che incontra la parte civile non appellante nell'impugnare la sentenza di appello in questo caso il ricorso va esaminato con lo stesso metro di giudizio con il quale vengono proposte in sede di legittimità questioni di fatto e di diritto non specificamente devolute in appello dalla stessa parte ricorrente la quale non può giovarsi dell'effetto estensivo dell'altrui impugnazione e far proprie - proponendole in sede di legittimità - le questioni devolute dal pubblico ministero o dalle altre parti civili . 3.8.Ne consegue che la parte civile non appellante avverso la sentenza di assoluzione di primo grado può ricorrere per cassazione avverso la sentenza di appello che abbia confermato l'assoluzione deducendo solo questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo e/o di pura legittimità o di puro diritto insorte dopo il giudizio di secondo grado in forza di ius superveniens o di modificazione della disposizione normativa di riferimento anche in conseguenza all'intervento demolitorio o additivo della Corte costituzionale. 3.9.Nel caso di specie, il ricorso dei genitori della persona offesa propongono solo questioni di fatto, relative al governo delle prove e della logica, mai devolute in appello ed in quanto tali non scrutinabili. 4. Il ricorso della persona offesa che, invece, aveva impugnato la sentenza del GUP é inammissibile perché generico e proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge. 4.1.In primo luogo deve essere stigmatizzata la mancanza di specificità dell'unico motivo che deduce la onnicomprensiva violazione dell'art. 6, Conv. EDU, art. 178 c.p.p., lett. c , art. 187 c.p.p., art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, art. 125 c.p.p., comma 3, art. 546 c.p.p., lett. e , art. 603 c.p.p. e artt. 81 cpv. e 609-octies c.p., collegandola a sua volta, in modo indistinto, alla violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. b , c , d ed e . 4.2.Premesso che la violazione degli artt. 187,192 e 546 c.p.p., non può mai costituire specifico motivo di ricorso trattandosi di norme processuali la cui inosservanza non é stabilita a pena di nullità , e che la violazione delle norme sostanziali é sorretta, come si vedrà, da deduzioni inammissibilmente fattuali, non assolve al requisito di specificità del motivo di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità dall'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. d , la mancata indicazione delle declinazioni del vizio di motivazione di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e , nel caso di specie nemmeno richiamate nel né evincibili dal titolo del ricorso stesso se non attraverso il generico richiamo all'art. 125 c.p.p Il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , ha l'onere - sanzionato a pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso - di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione così, in motivazione, Sez. U, n. 29541 del 16/0/2020, Filardo nello stesso senso, Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, Rv. 277518 - 02 cfr., altresì, Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, Rv. 264535, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, la denunzia cumulativa, promiscua e perplessa della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché della mancanza, della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione rende i motivi aspecifici ed il ricorso inammissibile, ai sensi dell'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c , non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio nello stesso senso, Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263541 Sez. 6, n. 800 del 06/12/2011, dep. 2012, Rv. 251528 . 4.3.Tanto più che nel caso di specie viene dedotta la nullità della sentenza sotto tutti i profili dell'art. 606, c.p.p. con esclusione della sola lett. a ma senza specificare, per ognuno di essi, quale sia la specifica doglianza proposta. 4.4.Ciò costituisce il frutto di un'impostazione radicalmente sbagliata che, attraverso il contenitore generico ed onnicomprensivo dell'art. 606 c.p.p., sollecita un sostanziale riesame di fatto degli elementi di prova utilizzati o utilizzabili ai fini della decisione ponendoli a confronto con brani della sentenza impugnata. Il malgoverno delle norme processuali e sostanziali richiamate nel titolo del motivo, infatti, non può essere supportato dalla sostanziale diversità dei fatti addotti dalla ricorrente ovvero con la svalutazione probatoria di alcuni di essi perché in tal modo oggetto di devoluzione non é l'erronea applicazione della legge penale bensì un tipico vizio di motivazione, del quale però non é indicata, come detto, la specifica declinazione mancanza, manifesta illogicità, contraddittorietà intrinseca, travisamento della prova . 4.5.Oggetto di cognizione in sede di legittimità non é il fatto come ricostruibile in base alle prove assunte nella fase di merito, bensì il fatto come ricostruito e descritto nel provvedimento impugnato. Il vizio di motivazione, dunque, deve essere apprezzato in base alla lettura diretta e immediata del testo del provvedimento impugnato senza la mediazione di elementi spuri ad esso estranei inequivoco il riferimento al testo del provvedimento impugnato contenuto nell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . Il giudice indica le prove poste a base della decisione . e l'enunciazione delle ragioni per le quali ritiene non attendibili le prove contrarie così l'art. 546, comma 1, lett. e, prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 52 nel valutare la prova egli deve dar conto, nella motivazione, dei risultati acquisiti e dei criteri adottati art. 192 c.p.p., comma 1 . La frattura tra il fatto descritto nel provvedimento impugnato in base alle prove poste a base della decisione e quello ricostruibile in base alle stesse ovvero ad altre prove comunque assunte nel corso del giudizio può viziare il provvedimento solo se tale frattura é il frutto di un errore di natura percettiva e non valutativa. La prova, cioé , deve essere travisata. Come autorevolmente ribadito da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n. m. sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore revocatorio , per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante sul documento e non sul significato sul documentato . Più semplicemente, il travisamento della prova é configurabile solo quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia il relativo vizio ha natura decisiva solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774 Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 . Al di fuori di questi specifici casi, non é consentito alla Corte di cassazione prendere conoscenza del contenuto delle prove assunte nel corso del giudizio di merito. 4.6.E, dunque a l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si é avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioé di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 b la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento é manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621 , sicché una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903 c il travisamento della prova é configurabile solo quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia il relativo vizio ha natura decisiva solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774 Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 . 4.7.Nel caso di specie la ricorrente non deduce il travisamento delle prove, nei termini sopra indicati, ma ne sollecita una diversa valutazione ponendole come metro di valutazione della tenuta della motivazione ed allegandole al ricorso mediante CD quale materiale a disposizione del e consultabile dal Collegio. Si tratta di una richiesta più acconcia ad un atto di appello dal quale peraltro l'odierno ricorso mutua l'impostazione che ad un ricorso per cassazione. 4.8.L'intero ricorso, dunque, poggia su deduzioni di fatto che sollecitano un'indagine extratestuale della motivazione della sentenza in assenza di una corretta deduzione del travisamento delle prove, con conseguente inammissibilità del ricorso stesso. 4.9.Si aggiunga che il travisamento del fatto e non della prova era tradizionalmente inteso quale vizio logico che aveva ad oggetto la ricostruzione dei fatti insanabilmente in contrasto con la realtà indiscussa od almeno manifesta nel processo Sez. 2, n. 1195 del 01/07/1965, dep. 1967, Wobbe , quando cioé la pronuncia fosse emanata sul presupposto dell'esistenza o inesistenza di fatti, che invece dagli atti risultavano, di certo, inesistenti o esistenti, con esclusione del momento valutativo della prova Sez. 1, n. 86 del 25/01/1966, Spucches . Il nuovo codice di rito ha voluto mantenere il sindacato sul piano della legittimità, evitando gli eccessi . che hanno talvolta dato luogo a invasioni da parte del giudice di legittimità dell'area in giudizio riservata al giudice di merito Relazione al progetto del codice di procedura penale . L'iniziale formulazione dell'art. 606 c.p.p., lett. e , era perciò chiaramente finalizzata a evitare che il giudizio di legittimità si trasformasse, di fatto, in un'ulteriore grado di giudizio di merito, vietando qualsiasi incursione nel materiale raccolto nelle precedenti fasi di merito ed imponendo come oggetto di valutazione della logicità, congruità e coerenza della sentenza esclusivamente il testo della motivazione. Coerentemente, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato il principio per il quale il travisamento del fatto intanto poteva essere oggetto di valutazione e di sindacato in sede di legittimità, in quanto risultasse inquadrabile nelle ipotesi tassativamente previste dall'art. 606 c.p.p., lett. e l'accertamento di esso richiedeva, pertanto, la dimostrazione, da parte del ricorrente, dell'avvenuta rappresentazione, al giudice della precedente fase di impugnazione, degli elementi dai quali quest'ultimo avrebbe dovuto rilevare il detto travisamento, sicché la Corte di cassazione potesse, a sua volta, desumere dal testo del provvedimento impugnato se e come quegli elementi fossero stati valutati Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimo nello stesso senso, Sez. 4, n. 31064 del 02/07/2002 . La L. n. 46 del 2006, art. 8, comma 1, ha esteso l'ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame . Il legislatore ha così introdotto il travisamento della prova e non del fatto quale ulteriore criterio di giudizio della contraddittorietà estrinseca della motivazione ma ciò non muta, alla luce delle considerazioni che precedono, la natura dell'indagine di legittimità il cui oggetto resta la motivazione del provvedimento impugnato, l'esame della cui illogicità non può mai trasmodare in un inammissibile e rinnovato esame dell'intero compendio probatorio già utilizzato dal giudice di merito per giungere alle sue conclusioni. Il travisamento, insomma, deve riguardate uno o più specifici atti del processo, non il fatto nella sua interezza. 4.10.Non é dunque consentito, in sede di legittimità, proporre un'interlocuzione diretta con la Suprema Corte in ordine al contenuto delle prove già ampiamente scrutinate in sede di merito sollecitandone l'esame e proponendole quale criterio di valutazione della illogicità manifesta della motivazione in questo modo si sollecita la Corte di cassazione a sovrapporre la propria valutazione a quella dei Giudici di merito laddove, come detto, ciò non é consentito, nemmeno quando venga eccepito il travisamento della prova. Il travisamento non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento - come detto - per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento. 4.11.E' agevole allora notare, dal confronto tra il ricorso e la motivazione della sentenza impugnata, che la ricorrente eccepisce il travisamento del fatto perché attinge a piene mani all'intero compendio probatorio onde dimostrare, in base ad una sua diversa valutazione, sollecitata mediante l'eccepito vizio di motivazione, che gli imputati avevano abusato di lei contro la sua volontà. La necessità di sostenere le proprie ragioni offrendo alla Corte di cassazione un fatto diverso da quello descritto denota la debolezza dell'argomentazione difensiva che implicitamente riconosce che il fatto posto dal giudice della riparazione a fondamento della impugnata decisione esclude la natura manifestamente illogica delle conclusioni alle quali é pervenuta la Corte di appello. 4.12.Né a diversi rilievi si espone la critica all'interpretazione data dalla Corte di appello allo scambio di messaggio intercorso via facebook tra la persona offesa ed il S 4.13.La Corte di cassazione ha più volte spiegato che l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazioni telefoniche costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite Sez. 5, n. 35680 del 10/06/2005, Rv. 232576 Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007, Rv. 239636 Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, Rv. 239724 Sez. 6, n. 11794 del 11/12/2013, Rv. 254439 Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Rv. 258164 . In sede di legittimità é possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, Rv. 259516 Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Rv. 252190 Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, Rv. 237994 . Tale orientamento interpretativo é stato autorevolmente ribadito da Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715, che ha affermato il principio di diritto secondo il quale in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità principio ripreso e confermato da Sez. 3, n. 35593 del 17/06/2016, Folino, Rv. 267650, e da Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389 . 4.14.Nel caso di specie la divergenza interpretativa tra i giudici di merito e la ricorrente si basa comunque sulla lettura corretta e non travisata della conversazione in questione, con la conseguenza che le questioni poste hanno natura squisitamente fattuale. 4.15.Colgono nel segno, pertanto, le memorie difensive che hanno sollecitato la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. 5. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186 , l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.