La riqualificazione del reato in sede cautelare non rileva ai fini della prescrizione

In caso di diversa qualificazione del fatto giuridico da parte del giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare, o del tribunale, in sede di riesame o di appello ai senso degli artt. 309 e 310 c.p.c., trattandosi di correzione del nomen iuris avente limitato effetto al procedimento incidentale de libertate, fintanto che la veste giuridica non sia stata recepita in un atto nel procedimento principale nella richiesta di rinvio a giudizio o nella sentenza anche non irrevocabile , per stabilire il tempo necessario a prescrivere, occorre avere riguardo, non alla qualificazione giuridica del fatto a fini cautelari, bensì alla fattispecie oggetto della originaria qualificazione oggetto di iscrizione.

Così ha statuito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16202/2021, depositata il 28 aprile. Il Tribunale di Salerno - sezione specializzata per il riesame - accogliendo parzialmente l’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza emessa dal GIP dello stesso Tribunale e riqualificando il reato originariamente contestato all’imputato – da concussione a induzione indebita - disponeva nei confronti di quest’ ultimo il sequestro preventivo a fini di confisca in forma diretta o per equivalente di una somma . L’imputato, in qualità di Guardia di Finanza, era stato indagato infatti per avere costretto – mediante azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso - alcuni imprenditori a consegnargli indebitamente somme di denaro, minacciando ritorsioni in caso di verifiche da parte della G.d.f operante. Avverso il provvedimento di sequestro l’imputato propone ricorso in Cassazione. Tra le diverse doglianze il ricorrente invoca l’estinzione del reato così come riqualificato in sede di riesame. Il motivo non risulta fondato. Infatti la Corte afferma il principio secondo cui in caso di diversa qualificazione del fatto giuridico da parte del giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare, o del tribunale, in sede di riesame o di appello ai senso degli artt. 309 e 310 c.p.c., trattandosi di correzione del nomen iuris avente limitato effetto al procedimento incidentale de libertate, fintanto che la veste giuridica non sia stata recepita in un atto nel procedimento principale nella richiesta di rinvio a giudizio o nella sentenza anche non irrevocabile , per stabilire il tempo necessario a prescrivere , occorre avere riguardo, non alla qualificazione giuridica del fatto a fini cautelari, bensì alla fattispecie oggetto della originaria qualificazione oggetto di iscrizione . Alla luce di tale principio la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 marzo – 28 aprile 2021, n. 16202 Presidente Bricchetti – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Salerno, Sezione specializzata per il riesame, in parziale accoglimento dell’appello ai sensi dell’art. 322-bis c.p.p. proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Salerno avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno in data 24 luglio 2020, ha disposto il sequestro preventivo a fini di confisca in forma diretta o per equivalente della somma Euro 21.700,00, in quanto profitto del reato di cui all’art. 319-quater c.p., così riqualificata l’originaria contestazione ex art. 317 c.p. Giova rilevare che V.A. è indagato di avere, quale maresciallo della Guardia di Finanza, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, costretto alcuni imprenditori - sottoposti a controlli e ispezioni da parte del servizio di polizia giudiziaria di cui faceva parte - a consegnargli indebitamente somme di denaro, anche in contanti, prospettando implicitamente eventuali ritorsioni in occasione delle verifiche da parte del personale della G.d.F. operante, desumibili dal contesto delle funzioni svolte dal pubblico ufficiale e dall’ingiustizia della pretesa, per un ammontare complessivo già accertato di almeno Euro 1.750.000, dazioni dissimulate quali contributi a favore delle due associazioni culturali [] e [], costituenti in realtà un mero paravento e gestite di fatto dal V. proprio allo scopo di incamerare le predette dazioni illecite fatti accertati dal omissis . 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, V.A. chiede che il provvedimento sia annullato per le ragioni di seguito sunteggiate ai sensi dell’art. 173 cod. proc. pen 2.1. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 414 c.p.p. e conseguente nullità di tutte le investigazioni poste a base del fumus commissi delicti, stante l’omessa riapertura delle indagini a seguito del provvedimento di archiviazione concernente i medesimi fatti, scaturenti dalla denuncia presentata nel 2010 da Cosimo De Vita e fondati sulle stesse fonti di prova. 2.2. Violazione di legge connessa alla qualificazione giuridica della condotta ascritta al ricorrente sub art. 319-quater c.p., per avere il Collegio della cautela operato la derubricazione dei fatti oggetto della contestazione provvisoria in termini di induzione indebita, omettendo nondimeno di indicare gli specifici elementi comprovanti la persuasione, la suggestione o l’allusione, con ciò stimando sussistente un elemento costitutivo della fattispecie di reato in via meramente ipotetica e probabilistica, sul presupposto che V. fosse un finanziere in servizio nel territorio di Eboli. 2.3. Violazione di legge ed illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti, per avere il Tribunale escluso il fumus del reato di riciclaggio nei confronti di tutti coloro i quali a tale titolo erano stati attinti dalla richiesta di sequestro e per avere poi omesso di valutare la capacità di resistenza dell’ipotesi accusatoria residua di induzione indebita strettamente legata al delitto escluso, in assenza di elementi comprovanti l’effettiva ricezione delle somme da parte dell’indagato. 2.4. Violazione di legge scaturente dalla qualificazione giuridica della condotta ascritta al ricorrente sub art. 319-quater c.p., per avere i Giudici del merito cautelare omesso di rilevare l’intervenuta estinzione per prescrizione del reato come derubricato, risalendo le dazioni di danaro da parte dei privati in favore delle associazioni culturali [.] e [] - al più tardi - all’anno 2011. Considerato in diritto 1. Il ricorso è destituito di fondamento in relazione a tutte le doglianze mosse e deve, pertanto, essere disatteso. 2. È inammissibile il primo motivo, con il quale il ricorrente eccepisce la nullità - rectius l’inutilizzabilità - di tutte le acquisizioni investigative poste a fondamento del fumus commissi delicti e la conseguente nullità del provvedimento di sequestro preventivo. 2.1. Ed invero, nel proporre appello avverso l’ordinanza reiettiva del 24 luglio 2020 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Salerno ha precisato la cornice delle vicende oggetto del presente procedimento e le fonti di prova poste a fondamento di esse, illustrando puntualmente le ragioni per le quali i fatti de quibus risultino diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali è intervenuto il provvedimento di archiviazione n. 44/2011/21 con la conseguente insussistenza di una qualunque preclusione derivante dall’art. 414 c.p.p. per l’assenza di un provvedimento di riapertura delle indagini v. pagine 6 e 7 della richiesta di sequestro del 27 agosto 2020 . 2.2. Orbene, a fronte dell’argomentata prospettazione della pubblica accusa, la difesa non ha opposto - nè ha comprovato di avere opposto - alcuna deduzione specifica nel corso dell’udienza celebrata nel contraddittorio ai sensi dell’art. 310 c.p.p. dinanzi al Tribunale del riesame e detto tema - pur centrale, afferendo all’utilizzabilità del materiale investigativo posto a base del fumus commissi delicti - non è stato affrontato dal Giudice a quo. Ne discende che la questione non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità. Si tratta difatti di eccezione, per un verso, extra devolutum, in quanto estranea al perimetro delle questioni sottoposte al vaglio del Collegio di merito non essendo stata oggetto di controdeduzione da parte del ricorrente, resistente nel giudizio d’appello cautelare , nell’ambito di un giudizio, quale appunto quello ex art. 310 c.p.p., caratterizzato dall’effetto devolutivo per altro verso, implicante accertamenti non espletabili in questa sede, dovendosi acquisire gli atti necessarie, ricostruire il complessivo quadro delle notitiae criminis oggetto dei diversi procedimenti ed operare il raffronto fra le vicende per verificarne l’eventuale identità. 3. Sono inammissibili anche il secondo ed il terzo motivo. 3.1. Preliminarmente, mette conto di porre in rilievo come, contro i provvedimenti emessi in materia di sequestro preventivo o probatorio, il ricorso per cassazione sia ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 . In particolare, nella violazione di legge deducibile ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano tanto la mancanza assoluta di motivazione, quanto la presenza di una motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916 Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129 . Sulla scorta delle considerazioni che precedono, non possono essere coltivati con il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti in tema di misure cautelari reali non solo i vizi della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , - salvo non sostanzino una mancanza assoluta di motivazione -, ma anche tutti quei vizi che, pur formalmente dedotti in termini di violazione di legge penale o processuale, si traducano in eccezioni concernenti l’impianto argomentativo del provvedimento. 3.2. Tanto vale con riguardo ai due motivi con i quali il ricorrente censura la ritenuta integrazione del fumus commissi delicti, là dove, sotto l’etichetta della violazione di legge in relazione all’art. 319-quater c.p., a bene vedere, il ricorrente attacca la motivazione del provvedimento con il quale il Tribunale distrettuale ha ritenuto integrata la gravità indiziaria di siffatto delitto. 3.3. Ad ogni buon conto, nessuna violazione di legge è riscontrabile nel provvedimento con riguardo alla ritenuta integrazione del fumus commissi delicti del delitto di cui all’art. 319-quater c.p Nell’argomentare sul punto, il Tribunale ha ripercorso le dichiarazioni rese dalle parti lese della condotta di concussione sentite a sommarie informazioni in particolare, da R.A. , Va.Ar. , E.A. , Ro.Fe. e P.P. ed ha evidenziato come da esse si evinca che il pubblico ufficiale, senza ricorrere alla minaccia ma esorbitando dall’esercizio delle proprie funzioni, avanzava richieste di danaro nei confronti di soggetti che lui stesso aveva in precedenza sottoposto ad accertamenti fiscali, o che comunque erano perfettamente a conoscenza delle funzioni da lui svolte presso la Guardia di Finanza soggetti, per tali ragioni, sensibili e maggiormente influenzabili avendo già sperimentato le conseguenze di accertamenti fiscali o che, avendo ben presente la sua qualifica, venivano da lui convinti con insistenza ad effettuare detto versamento in danaro. Sulla base di tali elementi, il Collegio distrettuale ha ritenuto integrato il fumus dell’abuso della qualità del pubblico ufficiale, strumentalizzata per il perseguimento di fini illeciti, mediante un’attività formalmente lecita contribuzione in favore di un’associazione no profit , ma tesa ad ottenere un’indebita utilità. Quanto alle modalità attuative della condotta, il Tribunale ha ricostruito come V. avesse posto in essere nei confronti delle persone offese comportamenti qualificabili non quale costrizione come contestato , bensì riportabili alla persuasione, alla suggestione e all’allusione, tese a condizionare psicologicamente i privati carpendone la complicità, inducendoli a disporre una dazione di denaro non dovuta, delineando, sullo sfondo, il vantaggio indebito traibile da queste ultimi, interessati ad assicurarsi un trattamento di favore in caso di nuove ispezioni da parte della Guardia di Finanza. 3.3. A fronte della convincente ricostruzione in fatto compiuta dal Collegio territoriale, insindacabile in questa sede in quanto sorretta da motivazione congrua , ineccepibile risulta la disposta derubricazione dell’ipotesi delittuosa sub iudice dalla concussione all’induzione indebita. Tale conclusione in diritto discende, difatti, dal consolidato insegnamento di questo Supremo Collegio, secondo cui il delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., nel testo modificato dalla L. 6 novembre 2012, n. 190, è caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di un’utilità indebita. Il delitto di induzione indebita previsto dall’art. 319-quater c.p., introdotto dalla medesima L. n. 190, si configura invece in presenza di una condotta di persuasione, suggestione, inganno, pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico Sez. U, n. 12228 del 24/10/2013 - dep. 2014, Maldera, Rv. 258470 Sez. 6, n. 8963 del 12/02/2015, Maiorana, Rv. 262503 . 3.4. All’evidenza destituito di fondamento è il rilievo oggetto del terzo motivo. Il Tribunale ha invero esplicitato le ragioni per le quali, a fronte delle emergenze delle investigazioni, non possa ritenersi sussistente il fumus del reato-presupposto della contestazione di riciclaggio sub capo 2 , non essendovi evidenza della riconducibilità all’induzione indebita sub capo 1 delle somme in ipotesi riciclate per complessivi 1750.000,00 Euro v. pagine 21 e seguenti dell’ordinanza in verifica . Argomentare del Collegio della cautela dal quale non discende la contraddittorietà - eccepita dal ricorrente - rispetto alla ritenuta sussistenza del fumus in relazione alla distinta condotta induttiva posta in essere dal V. nei confronti dei titolari di cinque aziende, a fondamento del disposto sequestro di complessivi Euro 21.700,00. 4. Non coglie nel segno l’ultimo motivo, con il quale il ricorrente deduce l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione. 4.1. Innanzitutto, va precisato che, giusta imputazione, la condotta di cui al capo 1 è contestata dal OMISSIS , cioè sino al 1 gennaio 2012, dovendosi sul punto ribadire il principio di diritto consolidato secondo cui, qualora il reato sia contestato come commesso genericamente fino ad un certo anno o mese, senza ulteriore specificazione, per il principio del favor rei il termine di prescrizione comincia a decorrere dal primo giorno utile dell’anno o del mese indicato Sez. 1, n. 49086 del 24/05/2012, Acanfora, Rv. 253958-01 . 4.2. Tanto premesso, occorre rammentare che, secondo la granitica giurisprudenza di questa Suprema Corte, al giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare ai sensi dell’art. 292 c.p.p., ed al tribunale, in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., è consentito modificare la qualificazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto per cui si procede, in applicazione del principio di legalità, e che nondimeno, in tali ipotesi, la correzione del nomen iuris non può avere effetti oltre il procedimento incidentale Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205617-01 Sez. 2, n. 9948 del 23/01/2020. P., Rv. 279211-02 . Ne discende che, qualora la nuova qualificazione non sia stata recepita nel procedimento principale - cioè fatta propria dal Pubblico Ministero nella richiesta di rinvio a giudizio o dal giudice in sentenza -, al fine di stabilire il tempo necessario a prescrivere, occorre avere riguardo, non alla qualificazione giuridica del fatto operata dai giudice per le indagini preliminari in sede di applicazione della misura ovvero dal tribunale nel provvedimento reso nel procedimento incidentale de libertate, bensì all’originario inquadramento giuridico della notitia criminis. Deve, pertanto, essere affermato il principio di diritto secondo cui, in caso di diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice per le indagini preliminari, in sede di applicazione della misura cautelare, o del tribunale, in sede di riesame o di appello ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., trattandosi di correzione del nomen iuris avente limitato effetto al procedimento incidentale de libertate, fintanto che la diversa veste giuridica non sia stata recepita in un atto del procedimento principale nella richiesta di rinvio a giudizio o nella sentenza anche non irrevocabile , per stabilire il tempo necessario a prescrivere, occorre avere riguardo, non alla qualificazione giuridica del fatto ai fini cautelari, bensì alla fattispecie oggetto della originaria qualificazione oggetto di iscrizione. 4.3. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, tenuto conto del tempus commissi delicti come sopra precisato sino al 1 gennaio 2012 e del principio di diritto testè rammentato quanto limitato ambito della riqualificazione giuridica operata nel procedimento incidentale de libertate, il reato - giusta l’originaria contestazione di concussione ex art. 317 c.p. - non è estinto per prescrizione. 5. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.