La rilevanza delle informazioni individualizzate sul regime detentivo straniero in tema di estradizione

Per accertare l’effettiva sussistenza di un pericolo di trattamento inumano e degradante, ostativo alla consegna del detenuto all’autorità dello stato richiedente occorre l’acquisizione, da parte dell’autorità giudiziaria rimettente, di informazioni individualizzate” sul regime di detenzione.

Così ha statuito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15297/21, depositata il 22 aprile. Il Procuratore generale della Repubblica di Trieste proponeva ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello dichiarava non sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione - ai fini del mandato di arresto estradizionale - presentata dalla Bosnia nei confronti di un cittadino bosniaco, il quale era stato condannato dal Tribunale straniero per i reati di associazione per delinquere ed abuso di ufficio . La Corte di Appello, a sostegno della propria decisione, sottolineava il fatto che l’autorità richiedente l’estradizione avesse fornito indicazioni non rassicuranti in merito al rischio che il cittadino bosniaco potesse essere sottoposto in carcere a trattamenti disumani e degradanti. Il Procuratore, in merito alla pronuncia della Corte di Appello, deduceva violazione di legge avendo il giudice di secondo grado omesso di considerare i rassicuranti dati informativi trasmessi dall’autorità bosniaca circa il trattamento carcerario e per aver invece dato maggiore rilevanza ad elementi desunti da siti web circa lo stato dei detenuti in Bosnia. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso ricordando il principio ormai consolidato secondo cui in tema di estradizione per l’estero, qualora vi sia motivo di ritenere che l’imputato o il condannato vengano sottoposti a trattamenti disumani in carcere, è onere dell’estradando allegare elementi e circostanze che la Corte di Appello deve valutare, al fine di accertare se, nel caso concreto, l’interessato sarà sottoposto ad un regime degradante. I Giudici di legittimità inoltre, hanno precisato che, per accertare l’effettiva sussistenza di tale eventualità, occorre l’acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria remittente, di informazioni individualizzate” sul regime di detenzione , informazioni specifiche che possono essere richieste allo Stato proponente l’estradizione. A tal proposito, La Corte sottolinea come nel caso di specie, la Corte di Appello di Trieste non si sia attenuta a tale orientamento, valorizzando non meglio precisati dati informativi desunti da siti Internet e qualificando come generiche ed evasive le informazioni invece esaustive fornite dall’autorità governativa bosniaca. Alla luce di tali considerazioni, la corte di Cassazione ha accolto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 aprile – 22 aprile 2021, n. 15297 Presidente Bricchetti – Relatore Aprile Ritenuto in fatto Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Trieste dichiarava non sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione presentata dalla Federazione della Bosnia Erzegovina nei confronti del cittadino bosniaco C.S. in relazione al mandato di arresto estradizionale emesso il 24 settembre 2018 dall’autorità giudiziaria di quello Stato straniero per dare esecuzione alla sentenza definitiva dell’8 aprile 2016 con la quale il Tribunale di Tuzla aveva condannato il prevenuto in relazione ai reati di associazione per delinquere e di abuso di ufficio. Rilevava la Corte di appello come non sussistessero tutte le condizioni previste dalla disciplina codicistica per accogliere quella richiesta di estradizione passiva, avendo l’autorità richiedente fornito informazioni non rassicuranti in ordine al rischio che il C. possa essere sottoposti in un carcere bosniaco a trattamenti disumani o degradanti. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso quella Corte di appello, il quale ha dedotto la violazione di legge, per avere la predetta Corte territoriale omesso di considerare i rassicuranti dati informativi trasmessi dall’autorità governativa bosniaca in ordine al trattamento carcerario al quale sarà sottoposto il C. e per avere, invece, valorizzato non meglio precisa ti elementi conosciti desunti da siti web circa la problematicità dello stato dei detenuti nelle carceri dello Stato richiedente l’estradizione. 3. Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, commi 8 e 9, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto. 2. È espressione di un pacifico orientamento esegetico il principio secondo il quale, in tema di estradizione per l’estero, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa prevista dall’art. 698 c.p.p., comma 1, è onere dell’estradando allegare elementi e circostanze che la Corte di appello deve valutare, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l’interessato sarà alla consegna sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante Sez. 6, Sentenza n. 8529 del 13/01/2017, Fodorean, Rv. 269201 . Inoltre, con riferimento alla parallela” disciplina del mandato di arresto Europeo, si è sostenuto che per accertare l’effettiva sussistenza di un pericolo di trattamento inumano e degradante, ostativo alla consegna del detenuto all’autorità dello Stato richiedente occorre l’acquisizione, da parte dell’autorità giudiziaria remittente, di informazioni individualizzate sul regime di detenzione Sez. 6, n. 26383 del 05/06/2018, P.G. in proc. Chira, Rv. 273803 e ciò perché, si è chiarito, l’accertamento di un rischio concreto di trattamento inumano o degradante del regime carcerario riservato alla persona richiesta in consegna, da svolgere, secondo quanto chiarito dalla Corte di giustizia de la Unione Europea sent. del 05/04/2016, C-404/15, Aaranyosi e C-659/15, Caldararu , attraverso la richiesta allo Stato emittente di tutte le informazioni relative a le specifiche condizioni di detenzione previste per l’interessato Sez. 6, n. 47891 del 11/10/2017, Enache, Rv. 271513 conf. Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Earbui Rv. 267296 e, nella quale si è specificato chiarito come debba ritenersi integrare una situazione di grave ed intollerabile sovraffollamento, suscettibile di integrare i presupposti dell’art. 3 CEDU, la detenzione della persona in uno spazio inferiore a tre metri quadrati in regime chiuso mentre come tale forte presunzione di disumanità della restrizione in caso di superficie inferiore a detta soglia possa nondimeno essere superata in presenza di circostanze che consentano al detenuto di beneficiare di maggiore libertà di movimento durante il giorno, rendendogli possibile il libero accesso alla luce naturale ed all’aria, sì da compensare l’insufficiente assegnazione di spazio . Di tali regulae iuris la Cote di appello di Trieste non ha fatto corretta applicazione nel caso di specie, in quanto ha valorizzato non meglio precisati dati informativi desunti da siti internet ed ha qualificato come generiche ed evasive le risposte fornite dall’autorità governativa bosniaca, che, invece, appaiono sufficientemente definite in ordine all’istituto e alle caratteristiche del regime detentivo al quale sarà sottoposto il prevenuto, ai verosimili sviluppi dell’esecuzione della pena che lo riguarderà e alla situazione carceraria che gli sarà riservata nell’istituto di [] al quale sarà destinato. In particolare, quella autorità aveva puntualizzato che la superficie della cella alla quale verrà assegnato il prevenuto sarà, non inferiore a quattro metri quadrati, al netto dello spazio occupato dalle attrezzature e dai servizi e che i detenuti beneficeranno di una assistenza sanitaria, eventualmente integrata anche da strutture ospedaliere esterne descrizione nelle quali non pare ravvisabile quella violazione dell’art. 3 CEDU che, secondo quanto specificato dalla Corte di Strasburgo, impone allo Stato l’obbligo positivo di assicurarsi che tutte le persone ristrette siano detenute in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l’interessato a uno stress o a una prova la cui intensità superi il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, considerate e esigenze pratiche della carcerazione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in maniera adeguata così, da ultimo nella sentenza del 09/07/2013, Ciobanu c. Romania e Italia, n. 4509/08 . Peraltro, laddove i giudici di merito avessero ritenuto necessario acquisire ulteriori e più specifiche informazioni, anche in relazione alle particolari condizioni di salute dell’estradando e alle cure di cui lo stesso abbisogna, ben avrebbero potuto formulare all’autorità governativa straniera una richiesta integrativa di notizie. 3. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio alla Corte di appello di Trieste che nel nuovo giudizio si uniformerà agli indicati principi di diritto. Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p