L’invasione di edifici alla prova della tenuità del fatto: pesano i dubbi su un accordo verbale di rilascio

La sentenza del Tribunale di Parma del 1° marzo 2021 consente di riflettere sulle potenzialità della tenuità del fatto questa volta in una fattispecie di invasione di edifici avvenuta nel contesto di un rapporto di locazione di immobile.

Il caso. Nel caso di specie oggetto del processo è stata la condotta di due conduttori che, in concorso tra loro, dopo aver danneggiato la serratura della porta d’ingresso, invadevano l’abitazione di proprietà del l’ex locatore. Di qui l’imputazione per i reati previsti e puniti dagli articolo 110, 81, 633 invasione di terreni o edifici e 635 danneggiamento c.p Ed infatti, era accaduto che il proprietario dell’immobile e sua moglie avessero chiamato le forze dell’ordine perché avevano trovato nel loro appartamento gli imputati che vi avevano fatto ingresso danneggiando la serratura della porta di ingresso. Gli imputati erano stati i conduttori dell’immobile rispetto al quale però era stato ottenuto uno sfratto esecutivo e loro, dopo essersi accordati verbalmente per la liberazione per una data successiva ai fatti, si erano allontanati lasciando, però, effetti personali. Era a quel punto che i proprietari avevano cambiato la serratura e che poi gli imputati avevano forzato per rientrare nell’abitazione. Di qui la querela da parte della moglie del proprietario e la richiesta di liberazione dell’immobile. Danneggiamento Orbene, per il Tribunale di Parma non può che procedersi all’assoluzione per il reato di danneggiamento. Ed infatti, il danneggiamento loro contestato 635 c.p. non è più previsto dalla legge come reato e pertanto da esso gli imputati non possono non essere assolti . e invasione di terrenti. Viceversa, per il reato di invasione di terreni o edifici la condotta si è certamente integrata e quindi di essa gli imputati dovrebbero essere chiamati a rispondere . Ed è qui che, però, il Tribunale esamina funditus l’applicabilità nel caso concreto della particolare tenuità del fatto. Secondo il Tribunale occorre verificare se sulla base dei due indici-requisiti” così li definisce la relazione allegata allo schema di decreto legislativo della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, comma 1, c.p., sussista l’ indice-criterio” della particolare tenuità dell’offesa e, con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento e siccome per poter definire una condotta particolarmente tenue, deve farsi riferimento a due ulteriori indici, ovvero la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo cagionati, valutando innanzitutto i criteri previsti dall’art. 133, comma 1, c.p., e, quindi, di tutti gli elementi con cui l’autore ha realizzato la condotta criminosa natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e modalità dell’azione, rilevando in positivo o in negativo anche i numerosi elementi elencati nelle circostanze aggravanti e attenuanti comuni e siccome le circostanze e le modalità con nelle quali tale condotta è stata perpetrata la connotano come di quasi nessuna offensività, considerato che gli imputati sono entrambi incensurati, si ritiene applicabile l’articolo 131 bis c.p. e pertanto che si debba pronunziare sentenza di non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto . Alla luce di questi criteri è stato possibile quindi giungere al riconoscimento della particolare tenuità del fatto perché l’occupazione è stata di brevissima durata, interrotta autonomamente, ovvero senza un diretto intervento di alcuno, ha arrecato danni comunque di lieve entità rottura della serratura della porta di ingresso e forse commessa anche con la convinzione di essere stati in parte vittima di ingiustizia per un mancato-revocato accordo sulla data del rilascio . Querela della moglie? Da ultimo, la sentenza prende posizione anche sul tema della rilevanza ed efficacia della denuncia della moglie del proprietario ai fini dell’integrazione della condizione di procedibilità. Secondo il Tribunale la querela sporta dalla moglie era sufficiente ed infatti, nel caso in esame il bene giuridico protetto dal delitto di invasione è individuabile, non solo nella proprietà e nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso, inteso, appunto, come relazione di fatto che non richiede la fisica disponibilità con la conseguenza che, anche al titolare di tale posizione di fatto, spetta la qualifica di persona offesa, e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela . E ciò vieppiù quando chi ha sporto la querela era il coniuge in un momento in cui il titolare era in precarie condizioni di salute .

Tribunale di Parma, sentenza 14 dicembre 2020 – 1 marzo 2021, n. 1209 Giudice Giusteschi Conti Motivazione BO. Lu. Si. e BO. Co., come in atti generalizzati, irreperibili, furono tratti a giudizio con decreto di citazione a giudizio del 12 aprile 2017 per l’udienza del 29 giugno 2019, quando, aperto il dibattimento e ammesse le prove come richieste dalle parti, per la loro assunzione il processo fu rinviato all’udienza del 20 febbraio 2018. A detta udienza fu ascoltato il teste del pubblico ministero Assistente Capo della Polizia di Stato Ga. Ca., quindi, per l’assenza degli altri testi, il processo fu rinviato all’udienza del 12 novembre 2018, quando però la teste-parte offesa Fr. Ga. fu nuovamente assente e quindi il processo fu rinviato all’udienza del 27 maggio 2019 nemmeno a detta udienza i testi presenziarono e quindi, anche per nel frattempo acquisire la Visura catastale dell’appartamento oggetto delle condotte degli imputati, il processo fu rinviato all’udienza del 23 settembre 2019. A detta udienza la difesa produsse la Visura catastale ma, essendo nuovamente assente la teste Ga., alla quale tuttavia fu revocata la sanzione per le precedenti assenze, avendole ella giustificate, il processo fu rinviato all’udienza del 6 aprile 2020, ma la pandemia da SARS-COV2 ne impedì la celebrazione e quindi fu ulteriormente rinviato a quella del 14 dicembre 2020. Quel giorno fu alfine sentita la teste Ga. e quindi, esaurita l’istruttoria, fu chiusa e, dichiarati utilizzabili gli atti, il processo fu discusso e deciso. I fatti Il giorno 5 febbraio 2016 la pattuglia della quale faceva parte l’assistente Ca., escusso all’udienza del 20 febbraio 2018, si recò nell’appartamento di proprietà del signor Pi. in compagnia della di lui moglie Fr. Ga., e vi trovò l’intera famiglia BO., madre, padre e due figli. Il precedente 30 gennaio infatti i coniugi Pi. si erano recati nel loro appartamento, avevano trovato la serratura rotta e l’appartamento ancora occupato dai BO. in quel momento assenti , nonostante fossero stati raggiunti da uno sfratto già esecutivo in quei giorni. Avvisati quindi il giorno 5 febbraio della loro presenza vi fecero ritorno con la pattuglia e con l’assistente sociale del Comune di Parma. Il teste ha riferito che nonostante che sia i BO. che la signora Ga. in quella circostanza gli confermassero l’esistenza di un accordo verbale per lasciare l’appartamento solo dopo il giorno 8 febbraio 2016, la signora aveva sporto comunque la querela e chiedeva che l’appartamento fosse in ossequio allo sfratto liberato immediatamente. L’agente Ca. ha inoltre raccontato che l’appartamento era in buon stato e pressoché vuoto, dal momento che la roba dei BO. si trovava tutta in una stanza e pronta per essere trasportata. Nulla ha potuto invece dire sul danneggiamento della porta di ingresso. Dopo quel giorno i BO. si sono resi irreperibili, abbandonando, tra le altre cose, i loro beni all’interno dell’appartamento. L’istruttoria dibattimentale ha permesso di ricostruire i fatti così come descritti dal capo di imputazione e altresì la loro commissione da parte degli imputati. Il danneggiamento loro contestato 635 c.p. tuttavia non è più previsto dalla legge come reato e pertanto da esso gli imputati non possono non essere assolti. Per quel che attiene invece alla condotta di invasione dell’appartamento di proprietà del signor Fa. Pi., parte offesa, essa si è certamente integrata e quindi di essa gli imputati dovrebbero essere chiamati a rispondere. Siccome però al giudice è richiesto di rilevare se, sulla base dei due indici-requisiti” così li definisce la relazione allegata allo schema di decreto legislativo della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’art. 133, comma 1, c.p., sussista l’ indice-criterio” della particolare tenuità dell’offesa e, con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento1 e siccome per poter definire una condotta particolarmente tenue, deve farsi riferimento a due ulteriori indici, ovvero la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo cagionati, valutando innanzitutto i criteri previsti dall’art. 133, comma 1, c.p., e, quindi, di tutti gli elementi con cui l’autore ha realizzato la condotta criminosa natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e modalità dell’azione, rilevando in positivo o in negativo anche i numerosi elementi elencati nelle circostanze aggravanti e attenuanti comuni e siccome le circostanze e le modalità con nelle quali tale condotta è stata perpetrata la connotano come di quasi nessuna offensività, considerato che gli imputati sono entrambi incensurati, si ritiene applicabile l’articolo 131 bis c.p. e pertanto che si debba pronunziare sentenza di non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto. L’occupazione infatti è stata di brevissima durata, interrotta autonomamente, ovvero senza un diretto intervento di alcuno, ha arrecato danni comunque di lieve entità rottura della serratura della porta di ingresso e forse commessa anche con la convinzione di essere stati in parte vittima di ingiustizia per un mancato-revocato accordo sulla data del rilascio. Ritiene in conclusione questo giudice che, dacché la prognosi sulle future condotte da parte degli imputati è certamente favorevole, essendosi trattato di un episodio singolo e particolare e non sono emersi altri elementi per desumere che sia stato abituale, debba trovare applicazione l’articolo 131 bis c.p. Ritiene invece la richiesta avanzata dalla difesa di Co. BO. di pronunzia di non doversi procedere per carenza della condizione di procedibilità, essendo stata sporta querela non dal proprietario del bene, bensì dalla di lui moglie, non accoglibile per i seguenti motivi. La Suprema Corte ha più volte sottolineato che quel che rileva ai fini della legittimazione a presentare la querela2 è la relazione di fatto tra l’uomo e il bene quale valore che il reato aggredisce e la legge penale sanziona e che quindi il soggetto passivo del reato vada individuato nella persona che tale relazione intrattiene, specificando che la qualificata relazione di fatto di cui si parla può assumere diverse sfumature, che comprendono senz’altro il potere di custodire, gestire, alienare il bene. Si tratta delle caratteristiche del rapporto tra querelante e bene che la giurisprudenza della Corte ha ritenuto necessarie e sufficienti per fondare la legittimazione alla proposizione della querela in capo a soggetto diverso dal proprietario del bene o dal titolare di altro diritto reale. Nel caso in esame il bene giuridico protetto dal delitto di invasione è individuabile, non solo nella proprietà e nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso, inteso, appunto, come relazione di fatto che non richiede la fisica disponibilità con la conseguenza che, anche al titolare di tale posizione di fatto, spetta la qualifica di persona offesa, e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela e siccome nel caso in esame non si può negare che alla moglie del proprietario competa il diritto/dovere di custodire, gestire e proteggere i beni del coniuge, soprattutto alla luce del fatto che il coniuge era in precarie condizioni di salute, questo giudice ritiene che essa sia anche legittimata a sporgere querela, che essa sia stata a sua volta parte offesa della condotta criminosa che ha colpito un bene sì di proprietà del marito, ma con il quale ha rapporti giuridici rilevanti e tutelati dall’ordinamento. Tutto ciò premesso e ritenuto, P.Q.M. Visto l’articolo 530 comma I del codice di procedura penale ASSOLVE BO. Co. e BO. Lu. Si. dal reato di cui all’articolo 635 c.p. loro ascritto per non essere più dalla legge il fatto previsto come reato. Visti gli articoli 529 c.p.p., e 131-bis c.p. DICHIARA non doversi procedere nei confronti di BO. Co. e BO. Lu. Si. per il reato di cui all’articolo 633 c.p. loro ascritto per particolare tenuità del fatto. Indica il termine per il deposito della motivazione in giorni 90.