Ospedale psichiatrico giudiziario: la ratio del ricovero non è quella di tutelare la salute mentale dell’imputato

Non c’è dubbio che, durante il ricovero in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, debba essere assicurata all’internato ogni più opportuna terapia delle sue patologie psichiche. Cionondimeno, detto ricovero è pur sempre la modalità prevista dall’ordinamento per eseguire la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il cui scopo tipico è il contenimento della pericolosità sociale dell’internato.

Lo ha precisato la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 69/21, depositata il 16 aprile. I dubbi del Giudice a quo . La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell’art. 300, comma 2, c.p.p., nella parte in cui, in caso di proscioglimento dell’imputato in stato di custodia cautelare, subordina – giusto il rinvio all’art. 312 c.p.p. – l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario – da eseguirsi in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, c.d. REMS – alla previa richiesta del pubblico ministero. Secondo il rimettente, posto che la misura di sicurezza del ricovero in una REMS avrebbe un contenuto essenzialmente terapeutico, condizionarne l’applicazione alla richiesta del pubblico ministero violerebbe il diritto alla cura della salute dell’imputato affetto da grave infermità mentale. Tale vulnus all’art. 32 Cost. si produrrebbe sia nel caso in cui si pervenga – sulla scorta della mancanza di richiesta del pubblico ministero in ordine all’applicazione della misura di sicurezza – all’eventuale ultrattività della misura custodiale sino alla definitività della sentenza sia nel caso in cui, in assenza della suddetta richiesta, venga dichiarata la mera perdita di efficacia della misura custodiale. La disciplina censurata. Il Giudice a quo muove dal presupposto interpretativo, in sé non implausibile, secondo cui sarebbe necessaria la richiesta del Pubblico Ministero anche per l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza all’imputato contestualmente prosciolto per vizio di mente, atteso che l’art. 300, comma 2 c.p.p. dispone che se l’imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere è applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma dell’articolo 312 , e quest’ultima disposizione richiede il parere del Pubblico Ministero per l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza. Il ricovero nelle REMS deve salvaguardare il diritto alla salute, ma non ha questa finalità. Con la pronuncia in commento, la Consulta ritiene che il parametro costituzionale evocato dal Giudice a quo sia inconferente. Non c’è dubbio, infatti, che, secondo la giurisprudenza costituzionale, le REMS siano strutture ad esclusiva gestione sanitaria Corte Cost., n. 99/2019 e che durante il ricovero debba essere assicurata all’internato ogni più opportuna terapia delle sue patologie psichiche Corte Cost., n. 253/2003 , con lo scopo ultimo di assicurarne l’obiettivo della risocializzazione Corte Cost., n. 73/2020 attraverso un trattamento individualizzato volto anche al superamento, o al contenimento degli effetti, di tali patologie. Cionondimeno, il ricovero nelle REMS è pur sempre la modalità oggi prevista dall’ordinamento per eseguire la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario art. 3- ter , comma 4, d.l. n. 211/2011, recante Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”, convertito, con modificazioni, nella l. n. 9/2012 , ossia di una misura privativa della libertà personale il cui scopo tipico è il contenimento della pericolosità sociale dell’internato in conseguenza della previa commissione di un fatto di reato art. 202 c.p. . Il diritto alla salute dell’imputato non è violato. Chiarita la ratio del ricovero nelle REMS, la Consulta ritiene che sia sfornito di plausibilità l’assunto – implicito nella trama argomentativa del rimettente – di un interesse riconducibile alla sfera di tutela dell’art. 32 Cost., in capo all’imputato prosciolto per vizio di mente, ad ottenere, non già un trattamento volontario o obbligatorio strutturalmente funzionale alla tutela della sua salute mentale ai sensi degli artt. 33 e seguenti della l. n. 833/1978 Istituzione del servizio sanitario nazionale , bensì l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in una REMS, interesse che sarebbe suscettibile di essere pregiudicato dall’eventuale inerzia del pubblico ministero nel richiedere l’applicazione in via provvisoria della misura Dall’inconferenza del parametro invocato dal rimettente a supporto della questione di legittimità costituzionale, discenda la sua manifesta inammissibilità.

Corte Costituzionale, sentenza 24 marzo – 16 aprile 2021, n. 69 Presidente Coraggio – Redattore Viganò Ritenuto che con ordinanza del 12 febbraio 2020, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Cosenza ha sollevato – in riferimento agli artt. 13 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 5, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo CEDU , nonché al principio di ragionevolezza – questione di legittimità costituzionale dell’art. 299, comma 3-bis, del codice di procedura penale, nella parte in cui, per come interpretato dal diritto vivente, imporrebbe al giudice di sentire il pubblico ministero anche in caso di perdita di efficacia della misura cautelare personale per intervenuto proscioglimento dell’imputato, ai sensi dell’art. 300, comma 1, cod. proc. pen. che il giudice a quo censura altresì, per contrasto con l’art. 32, primo comma, Cost., l’art. 300, comma 1 recte comma 2 , cod. proc. pen., nella parte in cui, in caso di proscioglimento dell’imputato in stato di custodia cautelare, subordina – giusta il rinvio all’art. 312 cod. proc. pen. – l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario da eseguirsi oggi in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza – in seguito REMS alla previa richiesta del pubblico ministero che il rimettente denuncia infine – sempre per contrasto con l’art. 32 Cost. – l’art. 222, primo comma, del codice penale, nella parte in cui dispone che, in caso di proscioglimento per infermità psichica, la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario da eseguirsi in una REMS sia ordinata per un tempo non inferiore a due anni che il giudice a quo deve vagliare una richiesta del pubblico ministero di revoca della misura di sicurezza del ricovero in una REMS, applicata in via provvisoria dallo stesso rimettente – ai sensi degli artt. 300, comma 2, e 312 cod. proc. proc. pen – nei confronti di un imputato già sottoposto a misura cautelare, contestualmente alla sentenza con cui, in esito a giudizio abbreviato, lo aveva prosciolto per infermità di mente che, secondo quanto esposto dal rimettente, la richiesta del pubblico ministero è fondata sulla dedotta nullità del provvedimento di applicazione provvisoria della misura di sicurezza, per essere stato lo stesso adottato in difetto di richiesta della pubblica accusa che, secondo il giudice a quo, la richiesta del pubblico ministero dovrebbe essere accolta, dal momento che, secondo il diritto vivente sono citate le sentenze della Corte di cassazione, sezione sesta penale, 10 ottobre-5 dicembre 1995, n. 3472 sezione quinta penale, 28 novembre 1997-22 gennaio 1998, n. 5452 sezione seconda penale, 18 marzo-28 ottobre 1998, n. 1962 sezione seconda penale, 27 settembre-27 ottobre 2005, n. 39495 sezione seconda penale, 18 maggio-7 giugno 2006, n. 19549 sezione sesta penale, 24 settembre-6 ottobre 2008, n. 38138 sezione prima penale, 11 novembre-5 dicembre 2008, n. 45313 , la declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare per proscioglimento dell’imputato, a norma dell’art. 300, comma 1, cod. proc. pen., non avrebbe potuto essere adottata in difetto del previo parere del pubblico ministero, richiesto dall’art. 299, comma 3-bis, del medesimo codice che, tuttavia, l’obbligo di acquisire tale parere prima di dichiarare la perdita di efficacia della misura cautelare applicata all’imputato prosciolto si porrebbe in contrasto sia con l’art. 13 Cost., in quanto l’eventuale ultrattività del titolo cautelare non poggerebbe su gravi indizi di colpevolezza radicalmente esclusi dall’accertato proscioglimento dell’imputato , sia con l’art. 117, primo comma, Cost. in relazione all’art. 5, paragrafo 1, CEDU, poiché la privazione della libertà personale dell’imputato avverrebbe qui al di fuori delle ipotesi consentite dalla disposizione convenzionale che sarebbe altresì vulnerato il canone di ragionevolezza, atteso che a l’imposizione del previo parere del pubblico ministero produrrebbe un inammissibile effetto di limitazione o differimento degli effetti della decisione giudiziale b non sarebbe possibile acquisire tale parere prima della decisione sulla responsabilità penale dell’imputato, della quale non si potrebbe prevedere l’esito c ove la declaratoria di immediata perdita di efficacia della misura cautelare dovesse essere posticipata rispetto al proscioglimento per consentire l’acquisizione del parere del pubblico ministero, l’imputato rimarrebbe sottoposto, ancorché per un breve lasso di tempo, a una misura restrittiva della libertà personale priva di giustificazione che – prosegue il rimettente – la richiesta di revoca dell’applicazione provvisoria del ricovero in una REMS dovrebbe essere accolta, anche sotto il distinto profilo che la misura di sicurezza non avrebbe potuto essere ordinata in difetto di richiesta della pubblica accusa, secondo il disposto degli artt. 300, comma 2, e 312, cod. proc. pen. che, tuttavia, l’art. 300, comma 2, cod. proc. pen., ove interpretato nel senso che [] contenga un richiamo integrale alle disposizioni di cui all’art. 312 dello stesso codice – e pertanto consenta l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in una REMS all’imputato prosciolto per infermità mentale solo su richiesta del pubblico ministero – si porrebbe in contrasto con l’art. 32, primo comma, Cost. che, secondo la giurisprudenza costituzionale è citata la sentenza n. 253 del 2003 , la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario oggi, in una REMS ha un contenuto essenzialmente terapeutico, sicché subordinarne l’applicazione alla richiesta del pubblico ministero – il quale invece, avendo chiesto la condanna dell’imputato, lo riterrebbe capace di intendere e di volere – violerebbe il diritto alla cura della salute dell’imputato affetto da grave infermità mentale che tale vulnus si produrrebbe sia nel caso che si pervenga – sulla scorta della mancanza di richiesta del pubblico ministero [in ordine] all’applicazione della misura di sicurezza – alla eventuale ultrattività della misura custodiale sino alla definitività della sentenza ciò che garantirebbe le esigenze di tutela della collettività ma a costo di privare il malato psichico del diritto alle cure adeguate alla sua malattia sia nel caso che, in assenza della suddetta richiesta, venga dichiarata la mera perdita di efficacia della misura custodiale e ciò anche in disparte dal fatto che in tale eventualità verrebbe meno qualsivoglia misura a tutela della collettività rispetto ai pericoli collegati alla prognosi di pericolosità sociale” dell’incapace che – osserva infine il rimettente – a dispetto dell’entrata in vigore dell’art. 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri , convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 2012, n. 9, che dispone il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari a favore delle REMS, l’art. 222, primo comma, cod. pen., tuttora in vigore, prescrive che, nel caso di proscioglimento per infermità psichica, è sempre ordinato il ricovero dell’imputato in un ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo non inferiore a due anni, salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni ipotesi in specie non ricorrente che il censurato art. 222, primo comma, cod. pen. imporrebbe al giudice, in luogo di ordinare immediatamente” la misura di sicurezza in una c.d. REMS, ai sensi dell’art. 312 cod. proc. pen., di [applicare], in via definitiva, la misura del ricovero in una REMS per la durata non inferiore a due anni misura la cui effettiva applicazione, rimarrebbe, tuttavia, sospesa sino alla irrevocabilità della sentenza di proscioglimento che la previsione di una durata minima biennale della misura si porrebbe in contrasto con l’art. 32 Cost., in quanto la misura di sicurezza disposta nei confronti di un soggetto infermo di mente non dovrebbe avere un contenuto punitivo e dovrebbe essere applicata solo per il tempo strettamente necessario a contemperare le esigenze di cura del paziente con quelle di tutela della collettività – corrispondente al lasso di tempo nel corso del quale il destinatario può essere considerato socialmente pericoloso” , sicché nessun automatismo dovrebbe guidare il giudice nella determinazione del tempo necessario ad assicurare tali finalità è citata la sentenza n. 139 del 1982 di questa Corte che dovrebbe dunque ritenersi superata la distinzione tra applicazione provvisoria e definitiva delle misure di sicurezza, e possibile per il giudice applicare, ai sensi dell’art. 300, comma 2, cod. proc. pen., anche in difetto di richiesta del pubblico ministero, una misura di sicurezza di durata non determinata, la cui esecuzione possa cessare non appena scemi la pericolosità sociale dell’infermo di mente che le questioni di legittimità costituzionale sarebbero rilevanti, in quanto inciderebbero sulla possibilità, per il giudice, di disporre la revoca della misura di sicurezza applicata con effetto immediato nella sentenza di proscioglimento revoca che comporterebbe la permanenza dell’imputato in stato di custodia cautelare fino al momento dell’irrevocabilità della sentenza di proscioglimento che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o manifestamente infondate che sarebbero anzitutto inammissibili, per irrilevanza, le censure sollevate in riferimento agli artt. 299, comma 3-bis, cod. proc. pen., e 222, primo comma, cod. pen., in quanto tali disposizioni non dovrebbero essere applicate nel giudizio a quo che erroneamente il rimettente assumerebbe che l’applicazione della misura di sicurezza abbia comportato una declaratoria implicita di perdita di efficacia della misura cautelare custodiale in atto e, viceversa, che la revoca della misura di sicurezza comporterebbe una reviviscenza” della custodia cautelare che una simile ricostruzione si porrebbe in aperto contrasto, da un lato, con il tenore degli artt. 300, comma 1, 532, comma 1, e 306, comma 1, cod. proc. pen., che impongono al giudice, in caso di proscioglimento, la declaratoria di immediata perdita di efficacia della misura cautelare e l’immediata rimessione in libertà dell’imputato e, dall’altro lato, con l’autonomia strutturale tra misure cautelari e misure di sicurezza, risultante dalla giurisprudenza che nega l’applicabilità dell’art. 299 cod. pen. nel passaggio dall’una all’altra è citata Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 2 maggio-12 giugno 2019, n. 26080 e che evidenzia la diversità di presupposti dei due istituti sono citate Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 9 aprile-19 giugno 2014, n. 26589 e la sentenza n. 228 del 1999 di questa Corte . che del pari inammissibile sarebbe la questione relativa agli artt. 300, comma 2, e 312 cod. proc. pen., risolvendosi la censura del rimettente – il quale denuncerebbe l’ingiustificato condizionamento” derivante ai poteri del giudice dalla previsione di una necessaria iniziativa del pubblico ministero – nella sollecitazione di un intervento riservato alla discrezionalità del legislatore che, con la sentenza n. 4 del 1992, questa Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’allora vigente art. 291, comma 1-bis, cod. proc. pen., che consentiva al giudice di disporre misure cautelari meno gravi solo se il pubblico ministero non avesse espressamente richiesto di provvedere in ordine alle misure indicate, evidenziando, tra l’altro, la coerenza di tale assetto normativo con un modello processuale che dichiaratamente mira ad esaltare il ruolo delle parti ed a preservare, correlativamente, la terzietà del giudice che tali principi si attaglierebbero anche al caso di specie, dovendosi ritenere che la necessità della richiesta del pubblico ministero per l’applicazione provvisoria di una misura di sicurezza sia conforme al modello accusatorio” che costituisce cardine del vigente codice di rito e miri a preservare l’equidistanza del giudice dalle parti che, in definitiva, la previsione della richiesta del pubblico ministero quale presupposto inderogabile sul piano processuale per abilitare il giudice a disporre l’applicazione provvisoria di una misura di sicurezza ancora sentenza n. 228 del 1999 costituirebbe una scelta non solo afferente all’ambito di discrezionalità del legislatore ma anche pienamente coerente con un principio basilare che informa l’intero sistema della procedura penale . Considerato che, con l’ordinanza di rimessione in epigrafe, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Cosenza solleva tre distinte questioni di legittimità costituzionale che con la prima questione – prospettata in riferimento agli artt. 13 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 5, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo CEDU , nonché al principio di ragionevolezza – il rimettente censura l’art. 299, comma 3-bis, del codice di procedura penale, nella parte in cui, per come interpretato dal diritto vivente, imporrebbe al giudice di sentire il pubblico ministero anche in caso di perdita di efficacia della misura cautelare personale per intervenuto proscioglimento dell’imputato, ai sensi dell’art. 300, comma 1, cod. proc. pen. che, rispetto a tale questione, è fondata l’eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato di inammissibilità per irrilevanza che il rimettente deve infatti decidere sulla richiesta del pubblico ministero di revocare l’applicazione provvisoria del ricovero in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza in seguito REMS , disposta dallo stesso giudice a carico di un imputato ai sensi degli artt. 300, comma 2, e 312 cod. proc. proc. pen. contestualmente alla sentenza con la quale, in esito a giudizio abbreviato, lo aveva prosciolto per infermità mentale che l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza, ex artt. 300, comma 2, e 312 cod. proc. pen., costituisce vicenda distinta – seppur, nel caso di specie, contestuale – rispetto alla declaratoria di perdita di efficacia della custodia cautelare per intervenuto proscioglimento, ai sensi dell’art. 300, comma 1, del medesimo codice che di ciò si trae conferma dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ove alla revoca di una misura cautelare faccia seguito l’applicazione provvisoria di una misura di sicurezza ex art. 312 cod. proc. pen., deve escludersi che i due provvedimenti integrino un’unica vicenda cautelare, nella quale il secondo si configuri come sostitutivo del primo, ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., attesa la diversità dei presupposti indiziari e funzionali delle due misure Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 2 maggio-12 giugno 2019, n. 26080 che la decisione del rimettente in ordine alla richiesta del pubblico ministero di revocare l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza non potrebbe comunque provocare il ripristino della precedente custodia cautelare, venuta meno ex lege ai sensi dell’art. 300, comma 1, cod. proc. pen. al momento della pronuncia di proscioglimento dell’imputato che deve perciò escludersi che il rimettente sia chiamato, nel procedimento a quo, a fare nuovamente applicazione dell’art. 300, comma 1, cod. proc. pen., e che si ponga dunque in tale procedimento un problema di applicazione del censurato art. 299, comma 3-bis, cod. proc. pen., il quale prescrive – in via generale – la necessità del parere del pubblico ministero in caso di revoca o sostituzione delle misure cautelari coercitive o interdittive che, conseguentemente, la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento a tale norma è ictu oculi irrilevante e, per tale ragione, manifestamente inammissibile che, con la seconda questione, il rimettente denuncia, per contrasto con l’art. 32, primo comma, Cost., l’art. 300, comma 1 recte, come si evince dalla motivazione comma 2 , cod. proc. pen., nella parte in cui, in caso di proscioglimento dell’imputato in stato di custodia cautelare, subordina – giusta il rinvio all’art. 312 cod. proc. pen. – l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza alla previa richiesta del pubblico ministero che, ad avviso del giudice a quo, posto che la misura di sicurezza del ricovero in una REMS avrebbe un contenuto essenzialmente terapeutico, condizionarne l’applicazione alla richiesta del pubblico ministero violerebbe il diritto alla cura della salute dell’imputato affetto da grave infermità mentale che la questione è in questo caso rilevante, in quanto suscettibile di determinare l’esito della decisione del giudice a quo, chiamato a vagliare la richiesta del pubblico ministero di revoca dell’applicazione in via provvisoria del ricovero in una REMS all’imputato prosciolto, proprio perché adottata ex art. 300, comma 2, cod. proc. pen., ma in difetto della previa richiesta della pubblica accusa che il rimettente muove dal presupposto interpretativo, in sé non implausibile, secondo cui sarebbe necessaria la richiesta del pubblico ministero anche per l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza all’imputato contestualmente prosciolto per vizio di mente, atteso che l’art. 300, comma 2, cod. proc. pen. dispone che se l’imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere è applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma dell’articolo 312 , e quest’ultima disposizione richiede il parere del pubblico ministero per l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza che, tuttavia, il parametro costituzionale evocato è inconferente che non v’è dubbio, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che le REMS siano strutture a esclusiva gestione sanitaria sentenza n. 99 del 2019 , e che durante il ricovero debba essere assicurata all’internato ogni più opportuna terapia delle sue patologie psichiche come già affermato dalla sentenza n. 253 del 2003 in relazione alla generalità delle misure di sicurezza per le persone inferme di mente , con lo scopo ultimo di assicurarne l’obiettivo della risocializzazione sentenza n. 73 del 2020 attraverso un trattamento individualizzato volto anche al superamento, o al contenimento degli effetti, di tali patologie che, cionondimeno, il ricovero nelle REMS è pur sempre la modalità oggi prevista dall’ordinamento per eseguire la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario art. 3-ter, comma 4, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, recante Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri , convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 2012, n. 9 , ossia di una misura privativa della libertà personale il cui scopo tipico è il contenimento della pericolosità sociale dell’internato in conseguenza della previa commissione di un fatto di reato art. 202 cod. pen. che, conseguentemente, è sfornito di plausibilità l’assunto – implicito nella trama argomentativa del rimettente – di un interesse riconducibile alla sfera di tutela dell’art. 32 Cost., in capo all’imputato prosciolto per vizio di mente, a ottenere non già un trattamento volontario o obbligatorio strutturalmente funzionale alla tutela della sua salute mentale ai sensi degli artt. 33 e seguenti della legge 23 dicembre 1978, n. 833 Istituzione del servizio sanitario nazionale , bensì l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in una REMS, interesse che sarebbe suscettibile di essere pregiudicato dall’eventuale inerzia del pubblico ministero nel richiedere l’applicazione in via provvisoria della misura che l’evidente inconferenza del parametro invocato a supporto della questione ne comporta la manifesta inammissibilità che, con la terza questione, il rimettente censura, ancora in riferimento all’art. 32 Cost., l’art. 222, primo comma, del codice penale, nella parte in cui dispone che, in caso di proscioglimento per infermità psichica, la misura di sicurezza del ricovero in una REMS sia ordinata per un tempo non inferiore a due anni che anche tale questione all’evidenza difetta di rilevanza, come eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato che, infatti, nel procedimento a quo si discute unicamente dell’applicazione provvisoria della misura di sicurezza, regolata dagli artt. 206 cod. pen., 312 e 313 cod. proc. pen., i quali non prevedono alcuna durata minima di tale applicazione provvisoria che, per contro, il censurato art. 222, primo comma, cod. pen. disciplina l’applicazione in via definitiva della misura di sicurezza, della quale non si discute nel procedimento a quo che, ad ogni buon conto, lo stesso art. 222 cod. proc. pen. deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice [della sorveglianza] il potere di revoca della misura di sicurezza – ove sia accertata la cessazione dello stato di pericolosità – anche prima che sia decorso il tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge sentenza n. 110 del 1974 ordinanza n. 287 del 2009 che, pertanto, anche la terza questione è manifestamente inammissibile. Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 299, comma 3-bis, 300, comma 2, del codice di procedura penale, e 222, primo comma, del codice penale, sollevate – in riferimento complessivamente agli artt. 13, 32 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 5, paragrafo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo CEDU , nonché al principio di ragionevolezza – dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Cosenza con l’ordinanza indicata in epigrafe.