Meno grave la condotta del rapinatore che mima di avere una pistola con la mano in tasca

Possibile in appello una riduzione della pena. Decisiva la messa in discussione dell’aggravante prevista dal Codice Penale quando la rapina è messa a segno anche grazie alla disponibilità di un’arma.

Mano occultata nella tasca del giubbino così il rapinatore fa credere alla vittima di avere a disposizione una pistola. Questo bluff non è sufficiente per riconoscere l’aggravante prevista per l’uso putativo di un’arma Cassazione, sentenza n. 14366/21, sez. II Penale, depositata il 16 aprile . A finire sotto processo sono due uomini, accusati di avere messo a segno una rapina sfruttando nei confronti della vittima anche la finta disponibilità di un’arma. Difatti, durante l’azione criminosa uno dei due rapinatori ha volutamente occultato una mano nel giubbino, così facendo intendere alla vittima di avere a disposizione una pistola. Gli elementi probatori a disposizione sono ritenuti sufficienti dai Giudici di merito per arrivare alla condanna dei due uomini, fissando la pena in quattro anni di reclusione e 900 euro di multa . A rendere grave la condotta è, in sostanza, anche la finta arma utilizzata ai danni della persona rapinata. Col ricorso in Cassazione uno dei due rapinatori contesta la decisione presa dai Giudici d’Appello. A essere messa in discussione non è la responsabilità penale, bensì la pena, ritenuta eccessiva anche perché ‘appesantita’ dalla aggravante prevista per l’uso putativo di un’arma . Questa obiezione è ritenuta plausibile dai magistrati di terzo grado. Essi richiamano innanzitutto il principio secondo cui la semplice simulazione della disponibilità di una pistola non è sufficiente per riconoscere l’aggravante prevista in caso di rapina commessa con minaccia e violenza attraverso l’impiego di un’arma . Ciò che deve apparire in modo palese è che il malvivente sia armato , così da sortire un effetto intimidatorio concreto nelle vittime , a nulla rilevando, invece, la mera equivoca supposizione del possesso di un’arma fondata sull’atteggiamento puerile del rapinatore, che ha finto di avere una pistola ponendo una mano in tasca . Questa precisazione è assai importante in questa vicenda, poiché può portare a un ridimensionamento della pena stabilita in secondo grado. Necessario perciò un nuovo giudizio in Appello proprio per rivalutare la gravità dell’azione criminosa e rideterminare la misura sanzionatoria .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 marzo – 16 aprile 2021, n. 14366 Presidente Cammino – Relatore Perrotti Ritenuto in fatto Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Bologna, valutate le circostanze attenuanti generiche in giudizio di equivalenza rispetto alle contestate e riconosciute aggravanti più persone riunite, uso dell’arma per minacciare le persone offese, recidiva reiterata e specifica , indicata la pena base in anni quattro di reclusione ed Euro novecento di multa, operata la riduzione per la scelta del rito, confermava nel resto la impugnata sentenza. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo, con unico motivo, la violazione della norma penale aggravante art. 628 c.p., comma 3, n. 1 per avere la Corte riconosciuto l’aggravante dell’uso putativo di un’arma da parte del correo nel corso della rapina consumata in concorso e riunione. Sul tema posto all’attenzione della Corte con il motivo unico di ricorso si registra la concorde opinione del Procuratore generale presso questa Corte, che con le conclusioni scritte trasmesse in data 9 febbraio 2021 ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, non dovendo tenersi conto della aggravante dell’uso putativo delle armi nel corso della rapina. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Sul punto dedotto con l’unico motivo di ricorso la giurisprudenza di questa Corte si è già più volte espressa, proprio nel senso indicato con il motivo proposto Sez. 2, n. 4160, del 16/11/2018, Rv. 274898 La semplice simulazione della disponibilità di un’arma non integra l’aggravante di cui all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1 , Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva ritenuto l’aggravante per il solo fatto che le vittime avevano riferito di essersi sentite pungere alla schiena da qualcosa che sembrava un oggetto acuminato , che non avevano visto e che non era stato successivamente rinvenuto Sez. 5, n. 55302, del 22/9/2016, Rv. 268535 Sez. 2, n. 32427, del 23/6/2010, Rv. 248358, in fattispecie assolutamente identica a quella oggetto del giudizio . Per potersi configurare l’aggravante dell’uso dell’arma è dunque necessario che il soggetto agente appaia palesemente armato, così da sortire un effetto intimidatorio concreto nelle vittime, a nulla rilevando in tal senso la mera equivoca supposizione del possesso di un’arma fondata sull’atteggiamento puerile dell’agente. 2. Orbene -pur tenendo conto del fatto che sono state riconosciute nel giudizio le circostanze attenuanti generiche, stimate equivalenti alle tre distinte circostanze aggravanti ed effetto speciale pure riconosciute, sicché dalla eventuale elisione di una sola circostanza aggravante oggetto di censura non potrebbe derivare comunque un diverso giudizio di valenza, non essendo contestata la ricorrenza delle altre due circostanze più persone riunite e recidiva qualificata e non potendo accedersi al giudizio di prevalenza in ragione del preciso divieto normativo di cui all’art. 69 c.p., comma 4, - deve comunque darsi atto che nel calibrare la pena anni quattro di reclusione Euro novecento di multa rispetto alla gravità ontologica del fatto la Corte si è distaccata, nella misura di un terzo, dal minimo edittale in allora previsto dalla comminatoria di legge, proprio valorizzando la complessiva gravità della condotta, così inducendo a ritenere che sia stata proprio la complessiva gravità del fatto circostanziato ad aver orientato la decisione sulla pena. Permane dunque interesse alla corretta valutazione circa la sussistenza della aggravante dell’uso dell’arma contestata apparenza creata ponendo la mano in tasca , potendo la diversa morfologia della condotta, meno aggravata, influire nella valutazione della complessiva gravità del fatto, ai fini di calibrare la misura sanzionatoria in termini più prossimi al minimo edittale detentivo in allora previsto anni tre di reclusione . Nè può negarsi l’interesse alla impugnazione al solo fine di ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, ancorché neutralizzata nell’effetto ingravescente dal giudizio di equivalenza, poiché costituisce diritto dell’imputato vedersi riconoscere colpevole, anche ai fini della misura sanzionatoria calcolata per il fatto non aggravato, di una condotta meno grave di quella contestagli Sez. 1, n. 35429 del 11 agosto 2014 nel medesimo senso anche Sez. 6, n. 19188 del 3 maggio 2013 contra Sezione 4, n. 20328, del 28 aprile 2017 Sez. 4, n. 27101 del 1 luglio 2016 da ultimo Sez. 3, n. 19901, del 12/12/2018, Rv. 275962 che tuttavia non tengono conto della specificità della dimensione sanzionatoria applicata nel caso di specie . 3. Ferma restando la irrevocabilità della decisione sulla responsabilità, la sentenza impugnata va pertanto annullata quanto alla valutazione della sussistenza della circostanza aggravante di aver fatto uso di un’arma al fine di commettere la rapina contestata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio sul trattamento sanzionatorio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’aggravante dell’arma e rinvia per nuovo giudizio sul trattamento sanzionatorio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità.