Illegittimo il sequestro di materiale informatico se il decreto non è sufficientemente motivato

Il provvedimento di sequestro probatorio deve essere sorretto da una motivazione adeguata. Nel caso di specie, la Corte ha annullato il sequestro di un telefono cellulare e di altri supporti informatici disposto a carico di un soggetto indagato per pedopornografia.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 13486/21, ha accolto il ricorso di un imputato avverso il decreto che disponeva il sequestro probatorio del suo telefono cellulare, computer ed altri eventuali supporti informatici. Secondo il Tribunale di Venezia, che aveva rigettato il reclamo avverso il provvedimento di sequestro, il ricorrente diffondeva all’interno di un gruppo Whatsapp video a contenuto pedopornografico. Nel ricorso per cassazione, la difesa denuncia una violazione degli artt. 253 e 125 c.p.p sottolineando che il provvedimento del sequestro sarebbe sostenuto solo da una finalità esplorativa di indagine, in quanto il filmato sequestrato non consentiva di desumere la minore età del soggetto. I Giudici del terzo grado hanno evidenziato come il Tribunale di Venezia, incaricato della verifica del fumus commissi delicti , abbia espresso una motivazione meramente apparente a sostegno del decreto, in considerazione del fatto che era dubbio se il soggetto femminile ritratto nel filmato fosse maggiorenne o minorenne. Di conseguenza il provvedimento non sarebbe sostenuto da una notitia criminis sufficientemente delineata e quindi risulta viziato. Richiamati questi principi, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 febbraio – 12 aprile 2021, n. 13486 Presidente Andreazza – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 04/09/2020, il Tribunale di Venezia rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di M.T. avverso il decreto di sequestro probatorio del 02/07/2020 avente ad oggetto telefono cellulare computer e altri eventuali supporti informatici, emesso in relazione al reato di cui all’art. 600-ter c.p. perché tramite Whatsapp diffondeva, all’interno di un gruppo Whatsapp, un video a contenuto pedopornografico ovvero riproducente minori nudi, con genitali ostentati ovvero coinvolti in attività sessuali, tra loro e con adulti . 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M.T. , a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione degli artt. 253 e 125 c.p.p. lamentando che il provvedimento di sequestro era sostenuto solo da una prospettazione esplorativa di indagine rispetto ad una notizia di reato. Argomenta che, a sostegno della richiesta di riesame, aveva esposto che il filmato sequestrato non consentiva di desumere la minore età del soggetto rappresentato e che il Tribunale pur ritenendo fondata la deduzione difensiva, aveva confermato il decreto di sequestro affermando che sussisteva l’astratta configurabilità del reato contestato e che la permanenza della misura reale avrebbe consentito di accertare l’età del soggetto in questione il Tribunale, quindi, aveva confermato il sequestro come funzionale alla ricerca degli indizi di reato. Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale è chiamato a verificare l’astratta sussistenza del reato ipotizzato, considerando il fumus commissi delicti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati e, quindi, della sussistenza dei presupposti che giustificano il sequestro deve essere effettuata nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, quanto, piuttosto, con riferimento all’idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini, per acquisire prove certe o prove ulteriori del fatto, non esperibili senza la sottrazione all’indagato della disponibilità della res o l’acquisizione della stessa nella disponibilità dell’autorità giudiziaria Sez 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 28/01/2020, Rv. 78542 - 01 Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, Rv. 267007 - 01 Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015, Rv. 263053 - 01 Rv. 267007 - 01 Sez. 3, n. 15177 del 24/03/2011, Rv. 250300 - 01 . Ed è stato precisato che, in tema di sequestro probatorio, la verifica, da parte del giudice del riesame, del fumus commissi delicti, ancorché limitata all’astratta configurabilità del reato ipotizzato dal pubblico ministero, importa che lo stesso giudice, lungi dall’essere tenuto ad accettare comunque la prospettazione dell’accusa, abbia il potere-dovere di escluderla, quando essa appaia giuridicamente infondata Sez. 3, n. 2635 del 13/10/2005, dep. 20/01/2006, Rv. 232918 - 01 Sez. 1, n. 15914 del 16/02/2007, Rv. 236367 - 01 . 3. Nella specie, il Tribunale, investito della verifica del fumus commissi delicti del reato di cui all’art. 600-ter c.p., non faceva buon governo dei suesposti principi di diritto, esprimendo sul punto una motivazione meramente apparente, limitandosi a constatare, in relazione ad un elemento essenziale per la configurabilità del reato contestato, che era dubbio se il soggetto femminile ritratto nel file multimediale visionato fosse di maggiore o di minore età. Tale omissione motivazionale vizia il provvedimento impugnato e sembra rivelare, come eccepito dal ricorrente, che il sequestro sia stato confermato, in difetto di una notitia criminis sufficientemente delineata, per finalità meramente esplorative, come reso evidente anche dalla circostanza che risulta sequestrato non solo il telefono cellulare dell’indagato ma finanche il suo computer portatile non collegato al fatto contestato. Va ricordato che questa Corte ha affermato che deve escludersi che la misura sia illegittima, perché sorretta da finalità meramente esplorative, solo ove si sia in presenza di una notizia di reato sufficientemente delineata e suscettibile di approfondimenti istruttori Sez. 6, n. 3187 del 07/01/2015, Rv 262084 - 01 . 4. L’ordinanza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio per nuovo giudizio che tenga conto dei rilievi formulati, al Tribunale di Venezia. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Venezia competente ai sensi dell’art. 324 c.p.p., comma 5. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. Si dà atto che, ai sensi dell’art. 546 c.p.p., comma 2, conformemente alle indicazioni contenute nel decreto del Primo Presidente n. 163/2020 del 23 novembre 2020, in tema di emergenza Covid-19 a seguito del D.L. n. 137 del 2020, la presente sentenza è sottoscritta dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore.