Il divieto di reformatio in peius si estende alla confisca per equivalente?

La confisca per equivalente ha natura sanzionatoria, con la conseguenza che l’applicazione della stessa, ove non disposta dal Giudice di primo grado, da parte della Corte d’Appello pur in assenza dell’impugnazione del Pubblico Ministero si sostanzia nell’applicazione di un trattamento sanzionatorio non disposto in primo grado, in violazione del divieto di reformatio in peius che il terzo comma dell’art. 597 c.p.p. estende anche all’applicazione di una misura di sicurezza nuova o più grave.

Il caso. Il Tribunale di Napoli, dopo averne affermato la penale responsabilità per la fattispecie delittuosa di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000 ed averlo invece assolto per l’imputazione ex art. 4 dello stesso decreto, condannava D.R.P. alla pena ritenuta di giustizia, ma dissequestrava le somme oggetto di misura cautelare reale durante la fase delle indagini preliminari, sul presupposto dell’avvenuta integrale estinzione del debito in sede di contenzioso tributario da parte dell’imputato. La Corte d’Appello partenopea, in parziale riforma della sentenza di prime cure, dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, ma disponeva – ex art. 12- bis del d.lgs. n. 74/2000 – la confisca delle somme di cui era stato originariamente disposto il sequestro nella fase delle indagini preliminari, sino alla concorrenza della somma equivalente all’imposta Irpef evasa. Avverso la pronuncia de qua ricorreva per Cassazione l’imputato, deducendo l’erronea applicazione dell’art. 12- bis predetto ed il vizio motivazionale, e chiedendo l’annullamento della sentenza limitatamente alla statuizione sulla confisca. Il divieto di reformatio in peius e la confisca per equivalente. La confisca per equivalente ha natura sanzionatoria, conseguentemente laddove non disposta dal Giudice di primo grado non può, in assenza della impugnazione da parte del pubblico ministero, essere disposta dalla Corte d’Appello, sostanziandosi un simile operare nella violazione dell’art. 597 c.p.p., ovvero nella applicazione di un trattamento sanzionatorio non disposto nel grado precedente, potendo nel caso de quo ovviarsi all’omissione del provvedimento di confisca solo in sede di esecuzione, ex art. 676 c.p.p. e nel contraddittorio tra le parti. Ciò in quanto, per giurisprudenza pacifica, il Giudice d’Appello, anche quando la misura di sicurezza sia obbligatoria e sia stata illegittimamente esclusa o non ritenuta dal primo Giudice, non può disporla, modificando in danno dell’imputato la sentenza solo da quest’ultimo impugnata, in quanto l’art. 597, comma 3 c.p.p. estende il divieto di reformatio in peius anche all’applicazione di una misura di sicurezza nuova o più grave. Donde, non è ammissibile una statuizione di confisca in appello in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero. L’estinzione del debito tributario e gli effetti sulla confisca. La confisca penale ha una sua precisa ed autonoma configurazione, ed è indissolubilmente connessa al profitto del reato tributario e solo indirettamente alla pretesa fiscale, per il cui soddisfacimento è predisposta la leva penale, essendo indifferente che l’obbligazione tributaria sia estinta, ovviamente per cause diverse dall’esatto adempimento – ossia per cause diverse dal versamento dell’imposta evasa – perché solo quest’ultima circostanza impedisce la duplicazione coattiva del prelievo, sul presupposto che quest’ultimo, in presenza di un esatto pagamento del tributo, sarebbe privo di causa realmente giustificativa. Diversamente, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa. Non rileva, pertanto, il carattere prevalentemente afflittivo e sanzionatorio della confisca per equivalente, che ne consente l’applicazione anche in caso di prescrizione del reato, bensì la sua ulteriore finalità ripristinatoria e la funzione di garanzia nei confronti dell’amministrazione finanziaria, con la conseguenza che se non vi è pretesa tributaria, nemmeno vi può essere confisca ai sensi dell’art. 12- bis del d.lgs. n. 74/2000.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 dicembre 2020 – 2 aprile 2021, n. 12728 Presidente Andreazza – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16 ottobre 2019, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli del 16 marzo 2018 - con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 capo A dell’imputazione ed era stato invece assolto, per insussistenza del fatto, dal reato di cui all’art. 4 stesso D.Lgs. capo B , con dissequestro delle somme sequestrate nella fase delle indagini preliminari - ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato residuo, disponendo la confisca, ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis delle somme di cui era stato disposto il sequestro nella fase delle indagini preliminari, sino alla concorrenza della somma di Euro 244.208,00 misura della imposta Irpef evasa e confermando la sentenza impugnata nel resto. 2. Avverso la sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento limitatamente alla statuizione sulla confisca. Con un unico motivo di doglianza, si deducono l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis e il vizio di motivazione. A parere della difesa, la Corte d’appello avrebbe errato nel disporre la confisca per equivalente, dal momento che il Tribunale aveva assolto il ricorrente dal reato, di cui al capo B dell’imputazione, per il quale era stato ordinato il sequestro delle somme oggetto della misura cautelare contestata, disponendo coerentemente la restituzione di suddette somme di denaro all’avente diritto. In ogni caso, il provvedimento non sarebbe legittimo in relazione all’ulteriore reato per il quale era intervenuta condanna capo A dell’imputazione , ma non in virtù del fatto che esso era stato dichiarato prescritto con la sentenza qui impugnata, dal momento che lo stesso ricorrente non contesta il principio secondo il quale la confisca può essere applicata pur in presenza di una causa di estinzione del reato. Invero, secondo la difesa, è dirimente, sul punto, la constatazione che l’imputato aveva completamente estinto il debito in sede di contezioso tributario, non essendosi limitato al semplice impegno al versamento, che, in base al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2, sarebbe già motivo ostativo alla operatività della misura cautelare, ma avendo proceduto all’integrale pagamento, comprensivo di sanzioni e interessi. Tanto è vero che il pubblico ministero, già nella fase delle indagini preliminari, aveva modificato la sua precedente richiesta di sequestro, preordinato alla confisca, limitandola alle somme che costituivano profitto del solo reato di cui al capo B . Il carattere sanzionatorio della misura ablatoria, affermato in motivazione dalla Corte territoriale, non costituirebbe pertanto argomento adeguato a sostegno del provvedimento, nè con riferimento al reato sub capo A , per l’avvenuta estinzione del debito tributario nella sua totalità, nè con riferimento al reato sub capo B , in forza della richiamata pronuncia irrevocabile di assoluzione per insussistenza del fatto. 3. Con memoria del 7 dicembre 2020, la difesa ha replicato alle conclusioni scritte del Procuratore generale, insistendo in quanto già dedotto con il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. Deve infatti rilevarsi che la confisca risulta essere stata disposta d’ufficio, senza impugnazione del pubblico ministero, senza che il P.G. in udienza avesse richiesto l’applicazione della stessa e senza che sulla confisca si fosse svolto il contraddittorio tra le parti. E la cognizione del giudice di appello è delimitata dall’art. 597 c.p.p. il cui comma 1 dispone che l’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti . Nel caso di appello del solo imputato, il comma 3 dispone che il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata nè revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado . Tra i poteri di ufficio della Corte di appello previsti dall’art. 597 c.p.p., comma 5, non rientra, del resto, l’applicazione della confisca Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio od sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e una o più circostanze attenuanti può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell’art. 69 c.p. . 1.2. Va inoltre ricordato che la confisca per equivalente ha, per giurisprudenza costante, natura sanzionatoria con la conseguenza che l’applicazione della confisca, non disposta dal giudice di primo grado, in assenza dell’impugnazione del pubblico ministero, da parte della Corte di appello si sostanzia nell’applicazione di un trattamento sanzionatorio non disposto in primo grado, in violazione dell’art. 597 c.p.p. Deve allora affermarsi che all’omissione del provvedimento di confisca D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 12-bis in assenza di impugnazione, può ovviarsi in sede di esecuzione, ai sensi dell’art. 676 c.p.p., nel contraddittorio tra le parti ex multis, Sez. 3, n. 7587 del 13/11/2019, dep. 2020, Rv. 278598 . Più in generale, la giurisprudenza ha affermato che il giudice d’appello, anche quando la misura di sicurezza sia obbligatoria e sia stata illegittimamente esclusa o non ritenuta dal primo giudice, non può disporla, modificando in danno dell’imputato la sentenza da quest’ultimo impugnata, in quanto l’art. 597 c.p.p., comma 3, estende il divieto di reformatio in peius anche all’applicazione di una misura di sicurezza nuova o più grave. Non è ritenuta ammissibile, stante il dettato dell’art. 597 c.p.p., comma 3, una statuizione di confisca in appello in assenza di impugnazione del pubblico ministero Sez. 6, n. 39911 del 04/06/2014, Scuto, Rv. 261597, e Sez. 6, n. 7507 del 04/02/2009, Iorgu, Rv. 242919 . Tale principio è stato ribadito da Sez. 6, n. 52007 del 16/10/2018, Rv. 274578, la quale ha affermato l’abnormità del provvedimento con cui il giudice della cognizione dispone la confisca in un momento successivo a quello della pronuncia della sentenza, in quanto all’omessa pronuncia di tale provvedimento è possibile porre rimedio solo con l’impugnazione o, in caso di formazione del giudicato, con lo strumento previsto dall’art. 676 c.p.p., specificamente dettato per l’ipotesi di beni oggetto di ablazione obbligatoria. E nella stessa logica si pone Sez. 3, n. 51820 del 28/09/2018, Rv. 274096, che ha affermato, seppure in un diverso settore, che il giudice di appello, in mancanza di gravame del pubblico ministero, non può disporre la confisca dei terreni abusivamente lottizzati di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30 non ordinata o esclusa dal giudice di primo grado, ostandovi il divieto di reformatio in peius, tenuto conto altresì della natura di tale confisca. In motivazione la Corte ha precisato - anche in questo caso - che all’omissione del provvedimento può ovviarsi in sede di esecuzione, ai sensi dell’art. 676 c.p.p 1.3. A ciò deve aggiungersi che la confisca penale ha una sua precisa ed autonoma configurazione ed è indissolubilmente connessa al profitto del reato tributario e, solo indirettamente alla pretesa fiscale, per il cui soddisfacimento è predisposta la leva penale, essendo indifferente che l’obbligazione tributaria sia estinta, ovviamente per cause diverse dall’esatto adempimento ossia per cause diverse dal versamento dell’imposta evasa , perché solo quest’ultima circostanza impedisce la duplicazione coattiva del prelievo, sul presupposto che quest’ultimo, in presenza di un esatto pagamento del tributo, sarebbe privo di una causa realmente giustificativa ex multis Sez. 3, n. 4236 del 18/10/2018, dep. 2019, Rv. 275692 - 02 Sez. 3, n. 20887 del 20/05/2015, Rv. 263409 Sez. 3, n. 37748 del 16/07/2014, Rv. 260189 Sez. 3, n. 5681 del 27/11/2013, Rv. 258691 . Diversamente, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa ex multis, Sez. 3, n. 6635 del 08/01/2014, Rv. 258903 . 2. Venendo al caso di specie, va osservato che la Corte di appello - rilevando che la definizione del contenzioso tributario con il pagamento delle somme incide solo quale circostanza attenuante D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 13 e non invece sulla confisca, avente carattere sanzionatorio - ha richiamato le Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264434, relativamente al principio in base al quale il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione può applicare la confisca, sempre che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, operando un pieno accertamento, condotto sulla base dell’intero compendio probatorio e nel rispetto delle regole del giusto processo, della responsabilità penale, che supera i limiti della cognizione normalmente propria alla constatazione dell’estinzione del reato per prescrizione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 1 in questi casi, opererebbe una confisca senza formale decisione di condanna, pacificamente ammessa dalla giurisprudenza di legittimità ex plurimis Sez. 6, n. 14041 del 09/01/2020, Rv. 279262 , compatibile con i rilevanti parametri convenzionali e oggi espressamente prevista dal legislatore con l’art. 578-bis c.p.p Orbene, i principi della sentenza Lucci non sono invocabili nel caso de quo, sia per l’insuperabile rilievo che la confisca non può essere disposta d’ufficio in mancanza di impugnazione del pubblico ministero, sia perché nella vicenda in esame non viene primariamente in rilievo la circostanza che il reato sia stato dichiarato prescritto, quanto invece il fatto che il debito tributario sia stato integralmente estinto a seguito del versamento dell’imposta evasa, comprensiva di sanzioni e interessi. In altri termini, la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra enunciati, disponendo la confisca per equivalente nei confronti del legale rappresentante della società su somme che, correttamente, erano state oggetto di dissequestro da parte del Tribunale alla luce della totale estinzione del debito tributario, conseguente al versamento dell’imposta evasa, comprensiva di sanzioni e interessi. Non rileva, pertanto, il carattere prevalente afflittivo e sanzionatorio, pacificamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, della confisca per equivalente, che ne consente l’applicazione anche in caso in prescrizione del reato, bensì la sua ulteriore finalità ripristinatoria e la funzione di garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, con la conseguenza che se non vi è pretesa tributaria, nemmeno vi può essere confisca, ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2, Sez. 3, n. 32213 del 09/05/2018 . La Corte territoriale avrebbe dovuto considerare, al fine di ritenere non applicabile la disposta misura ablatoria in primo luogo l’ostacolo alla confisca d’ufficio rappresentato dal divieto della reformatio in peius in secondo luogo, l’irrevocabile assoluzione dell’imputato per il reato che in origine aveva giustificato il sequestro disposto dal Tribunale in terzo luogo, la completa estinzione per integrale soddisfacimento, antecedente al giudizio di appello, della pretesa fiscale relativa al reato dichiarato prescritto. 2. In forza delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla disposta confisca della somma di denaro in sequestro misura che deve essere eliminata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca confisca che elimina. Si dà atto che, ai sensi dell’art. 546 c.p.p., comma 2, conformemente alle indicazioni contenute nel decreto del Primo Presidente, n. 163/2020 del 23 novembre 2020 - recante Integrazione linee guida sulla organizzazione della Corte di cassazione nella emergenza COVID-19 a seguito del D.L. n. 137 del 2020 - la presente ordinanza viene sottoscritta dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore.