Il reato di oltraggio a pubblico ufficiale è possibile anche in carcere

Riprende vigore l’accusa nei confronti di un esponente di spicco della camorra. Respinta la tesi del Tribunale, secondo cui è impossibile ipotizzare il reato di oltraggio in una struttura penitenziaria.

I detenuti possono ritrovarsi condannati per oltraggio a pubblico ufficiale” per i comportamenti offensivi tenuti in carcere. Irrilevante il fatto che la struttura penitenziaria non sia un luogo liberamente accessibile per tutti Cassazione, sentenza n. 9370/21, sez. VI Penale, depositata il 9 marzo . All’origine della vicenda ci sono i comportamenti tenuti in carcere da un esponente di spicco della camorra, comportamenti che lo fanno finire sotto processo per oltraggio a pubblico ufficiale . In Tribunale, però, l’accusa viene fatta cadere. Per i Giudici, difatti, è impossibile ipotizzare il reato di oltraggio all’interno di una struttura penitenziaria riservata ai detenuti in regime di ‘41 bis’, e quindi in un luogo che non può essere ritenuto pubblico o aperto al pubblico . Questa valutazione viene fortemente contestata dalla Procura, che propone un’altra visione, quella secondo cui anche l’istituto penitenziario, pur non essendo un luogo di libero accesso per tutti, è comunque un luogo aperto ad una moltitudine di soggetti, oltre ai detenuti anche al personale penitenziario, e quindi aperto ad un numero di persone indeterminato che convivono nella struttura . In Tribunale è stata esclusa a priori la configurabilità del reato sulla base del convincimento che l’ambiente penitenziario non possa essere ritenuto luogo aperto al pubblico Ma questo convincimento è errato , ribattono i giudici della Cassazione, ricordando che nella nozione di luogo aperto al pubblico rientrano anche la cella e gli ambienti penitenziari . Ciò che conta ai fini della qualificazione dell’ambiente penitenziario come luogo aperto al pubblico è, spiegano i giudici, la destinazione alla fruizione di un numero indeterminato di soggetti che, in presenza di determinate condizioni, hanno la possibilità pratica e giuridica di accedervi, essendo, invece, irrilevante che l’accesso dei detenuti sia coattivo e volto a soddisfare un interesse pubblico . Di queste osservazioni dovranno tenere conto ora i giudici d’Appello, chiamati a prendere in esame la posizione del camorrista in carcere alla luce dell’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 febbraio – 9 marzo 2021, n. 9370 Presidente Mogini – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di L’Aquila ricorre per saltum avverso la sentenza in epigrafe, con la quale il Tribunale di L’Aquila in composizione monocratica ha assolto V.C. dal reato di cui all’art. 341-bis c.p. perché il fatto non sussiste. 2. Il Procuratore Generale ricorrente deduce i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 341-bis c.p. perché è stato escluso il reato di oltraggio in quanto commesso all’interno di una struttura penitenziaria riservata ai detenuti in regime di 41 bis 0.P., e quindi in un luogo che non può essere ritenuto pubblico o aperto al pubblico. Si tratta, secondo il procuratore ricorrente, di una interpretazione erronea contraddetta dalla giurisprudenza di legittimità che ammette che anche l’istituto penitenziario, pur non essendo un luogo di libero all’accesso a tutti, è comunque un luogo aperto ad una moltitudine di soggetti, oltre ai detenuti anche al personale penitenziario, e quindi aperto ad un numero di persone indeterminato che convivono nella struttura. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Nella sentenza impugnata, senza ulteriori valutazioni in merito alla integrazione degli altri elementi richiesti per l’integrazione della fattispecie di reato prevista dall’art. 341-bis c.p., è stata esclusa a priori la configurabilità del predetto reato sulla base dell’errato convincimento che l’ambiente penitenziario non possa essere ritenuto luogo aperto al pubblico. Secondo il costante orientamento, formatosi nella giurisprudenza di legittimità con riguardo a diverse figure di reato atti osceni, porto e detenzione illegali d’arma , e più specificamente anche con riguardo al delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, nella nozione di luogo aperto al pubblico rientrano, invece, anche la cella e gli ambienti penitenziari. È stato, infatti, osservato che assume rilievo centrale ai fini della qualificazione dell’ambiente penitenziario come luogo aperto al pubblico la destinazione alla fruizione di un numero indeterminato di soggetti che, in presenza di determinate condizioni, hanno la possibilità pratica e giuridica di accedervi, essendo, invece, irrilevante che l’accesso dei detenuti sia coattivo e volto a soddisfare un interesse pubblico Sez.6, n. 26028 del 15/05/2018, Rv. 273417 . La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio che va disposto alla Corte di appello di L’Aquila ai sensi dell’art. 569 c.p.p., comma 4, trattandosi di ricorso immediato per cassazione cd. ricorso per saltum . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di L’Aquila.