Si spaccia per il corriere della SDA: condannato

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un imputato condannato per il furto di alcune lettere di vettura provenienti dalla SDA ed utilizzate per commettere alcune truffe, spacciandosi per il corriere della suddetta società.

Il GUP di Cuneo dichiarava l’imputato responsabile di furto aggravato e continuato, truffa aggravata , sostituzione di persona e ricettazione di alcune lettere di vettura provenienti dalla SDA ed utilizzate per commettere alcune truffe. Il reo, con uno schema abituale, rispondeva a degli annunci in vendita pubblicati su una piattaforma online, utilizzando utenze telefoniche intestate a terzi fornendo false generalità e negoziava l’acquisto di vari beni concordandone la consegna al corriere SDA ed il pagamento tramite contrassegno per poi presentarsi presso le vittime fingendosi l’incaricato del corriere. In questa circostanza presentava la lettera di vettura e provvedeva al ritiro del bene della vittima cui dava indicazione di poter ritirare il denaro presso la sede della SDA dove però risultava del tutto sconosciuto. La Corte d’Appello di Torino riformava parzialmente la sentenza di primo grado, escludendo le aggravanti e rideterminando la pena della reclusione a 2 anni e la multa di 1000 euro. L’imputato ricorre in Cassazione lamentando la manifesta illogicità della motivazione riguardo la contestazione da parte della Corte d’Appello del delitto di ricettazione e della falsa identità assunta per commettere il reato. Il ricorso è infondato in quanto il fatto è stato ricostruito attraverso una valutazione conforme nei due gradi di merito. La Corte chiarisce che per ciò che attiene alle lettere di vettura, esse sono beni di cui l’imputato non poteva essere venuto in possesso in modo lecito e ribadisce inoltre il principio secondo cui nel caso di ricettazione di documenti il valore da considerare per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, non determinabile, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità Cass. Pen. n. 24075/2015, e n. 14895/2019 . Per ciò che attiene alla prova della provenienza illecita la Corte ribadisce il principio secondo cui ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente con la precisazione per cui ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un vulnus” alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della res”, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa Cass. Pen. N. 53017/2016 . Per ciò che attiene al reato di sostituzione di persona , quest’ultimo può concorrere con quello di truffa, infatti secondo l’art. 494 c.p. chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno . Nel caso di specie, il reo si è spacciato per corriere della SDA, comportando anche il reato di sostituzione di persona. Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 gennaio – 3 marzo 2021, n. 8614 Presidente Rago – Relatore Cianfrocca Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16.12.2019 resa in esito a giudizio abbreviato, il GUP di Cuneo aveva dichiarato Z.A. responsabile dei reati a lui ascritti e, previa ri qualificazione del fatto contestato al capo 1 ai sensi dell’art. 648 c.p., ritenuta altresì la continuazione tra le diverse violazioni di legge e la attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, stimata equivalente alla contestata recidiva, lo aveva condannato alla pena complessiva e finale di anni 2, mesi 9 e giorni 10 di reclusione ed Euro 1.400 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali 2. la Corte di Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha escluso le aggravanti di cui all’art. 61 c.p., nn. 7 e 8, ed ha rideterminato la pena in anni 2 di reclusione ed Euro 1.000 di multa confermando nel resto la sentenza impugnata 3. ricorre per cassazione il difensore dello Z. lamentando 3.1 manifesta illogicità della motivazione della sentenza gravata con riferimento alla contestazione del delitto di ricettazione sul fatto capo 1 rileva come la Corte di Appello abbia confermato la riqualificazione del capo 1 , contestato inizialmente come furto, in ricettazione segnala che, secondo la Corte, la ricettazione avrebbe avuto ad oggetto le lettere di vettura provenienti dalla SDA ed utilizzate per commettere le truffe contestate dal capo 2 al capo 6 della rubrica richiama le considerazioni svolte sul punto dalla Corte di Appello osservando, in primo luogo, che, sebbene la utilizzazione delle lettere di vettura sia legata alla attività di spedizione, esse non vengono consegnate in maniera contingentata con riguardo alle singole e specifiche spedizioni richiama, infatti, le dichiarazioni dei testi Curtu e Marroccu da cui si può desumere una disponibilità del tutto lecita di tali documenti aggiunge che le sicuramente improvvide dichiarazioni rese sul punto dal ricorrente non sono stata oggetto di alcuna verifica 3.2 manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza del delitto di cui all’art. 494 c.p. rileva che, secondo la giurisprudenza, per integrare il delitto di cui all’art. 494 c.p., è necessario che dal falso nome o dalla falsa identità assunta dal reo derivino effetti giuridici che nel caso di specie non si sono prodotti in quanto la condotta descritta al capo 7 della imputazione ha semplicemente rappresentato uno degli elementi costitutivi della truffa nè è suscettibile di integrare la ipotesi delittuosa in parola la attribuzione della falsa qualifica di corriere 4. in data 5.12.2020 il PG ha trasmesso le proprie conclusioni scritte ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23 comma 8 il Procuratore Generale rileva la manifesta infondatezza del primo motivo del ricorso segnalando la correttezza ed esaustività della motivazione della sentenza impugnata con riguardo alla natura ed alla funzione delle lettere di vettura altrettanto il PG osserva per quanto concerne il secondo motivo richiamando a tal proposito la giurisprudenza di questa Corte. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1.1 I fatto è stato ricostruito sulla scorta di una conforme valutazione, nei due gradi di merito, delle medesime emergenze istruttorie e, di fatto, non oggetto di contestazioni difensive. Amine Zouhaghir era stato tratto a giudizio per rispondere dei reati di furto aggravato e continuato relativamente a lettere di vettura specificamente indicate nel capo 1 della rubrica e degli episodi di truffa aggravata descritti nei capi 2 , 3 , 4 , 5 e 6 , consumati anche mediante il loro strumentale uso unitamente alla attribuzione, da parte dell’imputato, della qualità di corriere incaricato SDA essendo chiamato a rispondere, perciò, anche del delitto di cui all’art. 494 c.p. cfr., capo 7 . In definitiva, era emerso che lo Z. , replicando in varie occasioni lo stesso schema, aveva risposto a degli annunci di vendita pubblicati sul sito internet www.subito.it e, quindi, utilizzando utenze telefoniche intestate a terzi attivate fornendo false generalità, aveva negoziato l’acquisto di beni vari concordandone la consegna al corriere SDA ed il pagamento tramite contrassegno per poi presentarsi presso le vittime fingendosi l’incaricato del corriere e presentando la relativa lettera di vettura, così provvedendo al ritiro del bene consegnatogli dal venditore cui dava indicazione di poter ritirare il denaro, corrispondente prezzo di vendita, presso la sede della SDA dove, evidentemente, era risultato del tutto sconosciuto. Il GUP, procedendo con rito abbreviato e ricostruiti i fatti in termini sovrapponibili alla descrizione fattane nei capi di imputazione, aveva in primo luogo ricondotto quello contestato al capo 1 nella fattispecie della ricettazione e, ritenuta la penale responsabilità dell’imputato per tutti i fatti di reato a lui ascritti, lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 2, mesi 9 e giorni 10 di reclusione ed Euro 1.400 di multa. 1.2 Contro la sentenza di primo grado erano stati proposti due atti di appello a firma dei due difensori dell’imputato che la Corte di Appello ha giudicato complessivamente infondati confermando la sentenza di primo grado salvo escludere le aggravanti di cui all’art. 61 c.p., nn. 7 e 8, e rideterminare di conseguenza la pena nella misura finale. 2.1 Il primo motivo di ricorso replica la doglianza accennata nel primo motivo dell’atto di appello a firma dell’Avv. Luisa Chiapello e del pari sia pure non chiaramente proposta nel secondo motivo dell’atto di appello a firma dell’Avv. Basilio Foti ed in cui si era contestata la configurabilità del delitto di ricettazione. Ad ogni modo la Corte cfr., pag. 7 della sentenza impugnata ha risposto correttamente segnalando che le lettere di vettura - come riferito dai testi Marroccu e Curti - erano in carico alla filiale della SDA di Trinità aggiungendo che si tratta di beni la cui circolazione non è libera, ma vincolata a un utilizzo preciso, vale a dire la spedizione di merci tramite corriere e venivano assegnate alla filiale periodicamente, in bianco e per quantitativi importanti custodite in una parte dell’ufficio non accessibile al pubblico, anche se non chiuse a chiave consegnate a decine, senza alcuna formalità, o ai corriere incaricati dei ritiri oppure a singoli clienti che dovevano effettuare spedizioni di modo che doveva essere esclusa la possibilità di commercializzazione di tale tipologia di bene . La Corte ha dunque chiarito, in fatto, come si trattasse di beni di cui l’imputato non poteva essere venuto in possesso in maniera lecita ovvero acquistandoli sul mercato nè, per altro verso, che si trattasse di beni il cui valore intrinseco fosse nullo tanto da dover escludere anche astrattamente la configurabilità del delitto di ricettazione. Le argomentazioni sviluppate dalla Corte di Appello sono del tutto corrette in punto di diritto. Quanto alla assenza di valore intrinseco delle lettere di vettura in bianco, è sufficiente richiamare il principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui nel caso di ricettazione di documenti il valore da considerare per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, non determinabile, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità cfr., Cass. Pen., 2, 4.2.2015 n. 24.075, Dicecca ed altro Cass. Pen., 2, 18.12.2019 n. 14.895, Mahmoud Halima Cass. Pen., 2, 1.6.2006 n. 31.169, Pomettini, in cui la Corte, su questo presupposto, ha ritenuto non configurabile la attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 . Quanto alla prova della provenienza illecita e della sua consapevolezza è proprio la confessa falsità della giustificazione fornita dal ricorrente che sorregge la correttezza della diagnosi formulata dai giudici di merito tenuto conto che, pur dopo aver ammesso di non averli acquistati su internet, il ricorrente non è stato comunque in grado di indicare come avesse potuto procurarsi le lettere di vettura SDA indicate nella imputazione. È appena il caso di ribadire il consolidato principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente con la precisazione per cui ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un vulnus alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della res , il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa cfr., così, Cass. Pen., 2, 22.11.2016 n. 53.017, Alotta Cass. Pen., 2, 27.10.2010 n. 41.423, Ienne Cass. Pen., 2, 19.4.2017 n. 20.193, P.G. in proc. Kebe Cass. Pen., 2, 22.11.2016 n. 53.017, Alotta Cass. Pen., 2, 10.11.2016 n. 52.271, Agyemang Cass. Pen., 2, 26.11.2013 n. 50.952, Telli Cass. Pen., 1, 13.3.2012 n. 13.599, Pomella . Si è chiarito, a tal proposito, che non si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire un’attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo così non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento cfr., oltre quelle già richiamate, Cass. SS.UU., 12.7.2007 n. 35.535, Ruggiero . 2.2 Il secondo motivo replica, a sua volta, il settimo motivo dell’atto di appello a firma dell’Avv. Basilio Foti cui la Corte territoriale ha replicato cfr., pag. 8 richiamando la giurisprudenza di questa Corte e sottolineando come la falsa attribuzione della qualità di addetto della SDA fosse funzionale a farlo apparire legittimato a ritirare la merce. Nel capo 7 , lo Z. era imputato del delitto di cui all’art. 81 c.p., comma 2, art. 494 c.p., perché, al fine di procurare a sé un vantaggio, induceva in errore attribuendo a sé falsi nomi quali nonché la falsa qualità di corriere incaricato della ditta SDA . Certamente tale iniziativa era stata funzionale a consentire al ricorrente di ottenere dalle vittime la consegna dei beni da lui acquistati via internet senza corrispondere il prezzo che aveva indicato essere depositato presso la sede della SDA con la cui divisa si era da loro presentato. È pacifico, in primo luogo, che il reato di sostituzione di persona può concorrere formalmente con quello di truffa, stante la diversità dei beni giuridici protetti, consistenti rispettivamente nella fede pubblica e nella tutela del patrimonio cfr., in tal senso, anche recentemente, Cass. Pen., 2, 11.9.2020 n. 26.589, Ventimiglia Cass. Pen., 2, 6.7.2007 n. 35.443, Ferraloro . L’art. 494 c.p. descrive la fattispecie del delitto di sostituzione di persona contemplando la condotta di colui il quale, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità, a cui la legge riconosce effetti giuridici, è punito contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno . La condotta tipica si può estrinsecare in una varietà di condotte ovvero nell’illegittima sostituzione della propria all’altrui persona nell’attribuzione a sé o ad altri di un falso nome nell’attribuzione a sé o ad altri di un falso stato nell’attribuzione a sé o ad altri di una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici. Nel caso in esame rileva la condotta consistente nella attribuzione a sé di una qualità e, più in particolare, quella di corriere della SDA. La questione posta dalla difesa si lega alla ricorrente affermazione rinvenibile in giurisprudenza secondo cui non integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di chi si attribuisce una falsa qualità personale cui la legge non ricollega alcuno specifico effetto giuridico cfr., ad esempio, e recentemente, Cass. Pen., 2, 20.7.2020 n. 29.646, Arizzi Cass. Pen., 5, 21.10.2015 n. 16.673, Caradonna . Per contro si è sempre sostenuto che la falsa attribuzione della qualità di esercente una professione integra il reato di sostituzione di persona atteso che la legge ricollega a detta qualità gli effetti giuridici tipici della corrispondente professione intellettuale, ancorché non sia necessario che il fatto tenda all’illegale esercizio della professione o che miri alla mera soddisfazione di una vanità personale, essendo sufficiente che venga coscientemente voluto e sia idoneo a trarre in inganno la fede pubblica cfr., Cass. Pen., 2, 5.6.2014 n. 30.229, Martini . Si tratta di una affermazione solitamente per l’appunto utilizzata con riferimento alle professioni intellettuali come, ad esempio, in Cass. Pen., 2, 17.4.2019 n. 21.705, Polidori, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la condanna dell’imputato che, qualificatosi falsamente come avvocato, incamerava somme di denaro, che diversamente non gli sarebbero state versate, per acquistare un immobile, asseritamente oggetto di una procedura esecutiva in realtà inesistente sostenendo che integra il reato di sostituzione di persona la condotta del soggetto che, attribuendosi falsamente una qualifica professionale, ponga in essere atti che, anche se non riservati in via esclusiva ai soggetti dotati di speciale abilitazione, siano comunque ad essa connessi, poiché a tale qualifica la legge ricollega gli effetti giuridici tipici della professione. Se non ché, gli effetti giuridici, che devono discendere dall’attribuzione di una qualità, possono essere di qualsiasi specie quel che rileva è che l’attribuzione di quella qualità abbia inciso sulla possibilità di porre in essere la condotta delittuosa che ne è seguita assumendo una rilevanza e un’incidenza specifica nel rapporto con la persona offesa. Come ricordato in una recente pronuncia cfr., Cass. Pen., 5, 17.5.2016, Bonora, in cui la Corte ha ritenuto integrare il reato di sostituzione di persona la falsa attribuzione della qualità di incaricata di una associazione di quartiere per la redazione di un questionario, trattandosi di qualifica che produce l’effetto giuridico di attribuire la facoltà di contattare i cittadini, anche mediante accesso alle private abitazioni, per acquisire informazioni la formulazione della norma consente di attribuire alla nozione di effetto giuridico, a tal fine rilevante, un ampio contenuto, comprensivo di conseguenze attinenti ai più vari aspetti dei rapporti sociali, purché determinate cfr., Cass. Pen., 2, 5.6.2014 n. 30.229, Martini Cass. Pen., 2, 1.12.2010 n. 44.955, Losi Cass. Pen., 5, 19.6.2008 n. 41.142, Prencipe Cass. Pen., 5, 20.12.2006 n. 19.472, De Gregorio conf., Cass. Pen., 5, 22.5.1985 n. 9.768, Ferri . Nel caso di specie l’effetto giuridico immediato che, nello specifico contesto, si è prodotto dalla attribuzione della qualità di corriere SDA è stato quello di indurre le persone offese a ritenerlo legittimato - in quanto tale - a ricevere il bene venduto via internet accettando, nel contempo, di farlo senza previa consegna del prezzo pattuito e di prelevare la somma presso la sede della SDA dove, come detto, costoro avrebbero scoperto di essere stati vittime di una truffa. Di qui, perciò, la correttezza, in diritto, della soluzione cui è pervenuta la Corte territoriale nel confermare la qualificazione della condotta di attribuzione della falsa qualità di corriere SDA nella fattispecie in esame. 3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.