Misure cautelari personali e effetti della sospensione dei termini causa COVID

In tema di misure cautelari personali, nel caso di presentazione di istanza di riesame nel periodo compreso fra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020, qualora il capo dell’ufficio giudiziario abbia disposto il rinvio delle udienze nei procedimenti civili e penali a norma dell’art. 83, commi 6 e 7, lett g l. 24 aprile 2020, n. 27, di conversione, con modificazioni, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, in assenza della richiesta di trattazione del procedimento da parte del detenuto o del suo difensore ai sensi del comma 3 dello stesso art. 83, la sospensione dei termini prevista dal successivo comma 9 del medesimo art. 83 – per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g , e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020 -, pur essendo espressamente contemplata in relazione al termine perentorio per decisione del ricorso di cui all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., deve ritenersi estesa anche al termine per la trasmissione degli atti di cui all’art. 309, comma 5, stesso codice.

Sul tema, la Suprema Corte con la sentenza n. 7266/21, depositata il 24 febbraio. Il Tribunale dell’Aquila confermava l’ordinanza con cui il GIP del Tribunale di Pescara ha applicato nei confronti dell’ imputato , a seguito del suo arresto, la misura della custodia in carcere per aver detenuto, in concorso con altri, varie sostanze stupefacenti e varie attrezzature utili per il confezionamento delle stesse. L’imputato ricorre in Cassazione chiedendo l’annullamento del provvedimento lamentando che il Tribunale ha erroneamente omesso di dichiarare l’inefficacia sopravvenuta della misura cautelare per trasmissione intempestiva degli atti da parte del PM, non essendo il termine previsto dall’art. 309, comma 5 c.p.p. inderogabile in relazione alle modalità organizzative di celebrazione dei procedimenti previste dal d.l. n. 18/2020 e non essendo più vigente al momento della presentazione del ricorso la sospensione dei termini processuali prevista dal medesimo d.l. La Corte afferma il principio di diritto secondo il quale in tema di misure cautelari personali , nel caso di presentazione di istanza di riesame nel periodo compreso fra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020, qualora il capo dell’ufficio giudiziario abbia disposto il rinvio delle udienze nei procedimenti civili e penali a norma dell’art. 83, commi 6 e 7, lett g l. 24 aprile 2020, n. 27, di conversione, con modificazioni, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, in assenza della richiesta di trattazione del procedimento da parte del detenuto o del suo difensore ai sensi del comma 3 dello stesso art. 83, la sospensione dei termini prevista dal successivo comma 9 del medesimo art. 83 – per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g , e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020 -, pur essendo espressamente contemplata in relazione al termine perentorio per decisione del ricorso di cui all’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., deve ritenersi estesa anche al termine per la trasmissione degli atti di cui all’art. 309, comma 5, stesso codice. Infatti, i termini di cui ai commi 5 e 9 dell’art. 309 del codice di rito, pur autonomi, sono tra loro strettamente concatenati a formare una sequenza procedimentale unitaria, contrassegnata da scansioni temporali inderogabili, assistite, in caso di ottemperanza, dalla comminatoria della sanzione della inefficacia della misura cautelare prevista dal comma 10 del medesimo art. 309, si da garantire che il controllo sui presupposti del provvedimento applicativo della misura cautelare avvenga in tempi brevi e certi . Per questo motivo, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 dicembre 2020 – 24 febbraio 2021, n. 7266 Presidente Costanzo – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di L’Aquila, Sezione specializzata per il riesame, pronunciandosi sul ricorso ai sensi dell’art. 309 c.p.p., ha confermato l’ordinanza del 9 maggio 2020, con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara ha applicato nei confronti di T.A. , a seguito di convalida del suo arresto, la misura della custodia in carcere in relazione al delitto previsto e punito dall’art. 110 c.p., D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1, e art. 80, comma 2, per avere detenuto, in concorso con altri, sostanza stupefacente del tipo eroina del peso complessivo di 32,547 chili, una pressa idraulica, un frullatore, una bilancia ed attrezzature varie per il frazionamento ed il confezionamento dello stupefacente . 2. Nel ricorso proposto dal difensore di fiducia, T.A. chiede l’annullamento del provvedimento per l’unico motivo - di seguito sunteggiato ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p. - con cui eccepisce la violazione di legge in relazione all’art. 309 c.p.p., comma 5, ed il correlativo vizio di motivazione. A sostegno della doglianza, il ricorrente pone il luce che il Tribunale ha erroneamente omesso di dichiarare l’inefficacia sopravvenuta della misura cautelare per trasmissione intempestiva degli atti da parte del P.M. procedente, non essendo il termine previsto dall’indicata norma derogabile in relazione alle modalità organizzative di celebrazione dei procedimenti previste dal D.L. 17 marzo 2020, n. 182020, e non essendo, in ogni caso, più vigente al momento della presentazione del ricorso la sospensione dei termini processuali prevista dal medesimo decreto-legge. Considerato in diritto 1. Il ricorrente impugna l’ordinanza in verifica in relazione all’unico - e ritenuto assorbente - rilievo, con il quale eccepisce la violazione di legge processuale, per avere il Tribunale del riesame omesso di dichiarare l’inefficacia sopravvenuta della misura cautelare ai sensi del combinato disposto dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10, stante la trasmissione tardiva degli atti da parte del pubblico ministero. Giudica la Corte che la deduzione sia destituita di fondamento per le ragioni di seguito esposte. 2. Ai fini di una migliore comprensione dei termini della questione, mette conto di ricostruire preliminarmente le scansioni processuali della vicenda, quale si evincono dalla lettura del fascicolo della procedura cui questa Corte può direttamente accedere trattandosi di verificare la sussistenza o meno di un error in procedendo v. Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro e altri, Rv. 220092 Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304 . 2.1. La difesa di T.A. ha proposto ricorso per riesame avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare in data 18 maggio 2020, in una fase coperta dalla disciplina dettata dal legislatore, per l’emergenza sanitaria da COVID-19, con il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, poi convertito con modificazioni con la L. 24 aprile 2020, n. 27, e successivamente modificato anche quanto all’ambito di applicazione della normativa in relazione al periodo d’interesse - con D.L. 30 aprile 2020, n. 28. 2.2. Incidentalmente, giova rammentare che il citato D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 6, come modificato con L. n. 27 del 2020, e con D.L. n. 28 del 2020 dispone che, per contrastare l’emergenza epidemiologica da CO-VID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 16 aprile 2020 data poi modificata con quella del 12 maggio 2020, con L. n. 28 del 2020 e il 30 giugno 2020, i capi degli uffici giudiziari - sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati - adottino le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone. Per gli uffici diversi dalla Corte Suprema di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, le misure sono adottate d’intesa con il Presidente della Corte d’appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello dei rispettivi distretti. Il successivo comma 7 elenca le misure che i capi degli uffici giudiziari possono adottare per assicurare le finalità di cui al comma 6 e, fra queste, contempla, sub lett. g , la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3 dello stesso art. 83, comma 3, che, alla lett. b n. 2, prevede espressamente che nei procedimenti in cui sono applicate misure cautelari , la procedura non è sospesa ove i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda . Il comma 9, del medesimo art. 83, prevede inoltre che, fra gli altri termini ivi previsti, anche il termine di cui all’art. 309, comma 9, rimanga sospeso per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g , e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020. Ne discende che, nel caso di presentazione dell’istanza di riesame durante la vigenza della sospensione dei termini disposta dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, in assenza di un’istanza di trattazione del procedimento da parte del detenuto o del suo difensore ai sensi del comma 3, di tale disposizione, la fissazione dell’udienza può essere procrastinata ad una data successiva alla scadenza del termine di cui al comma 2 del medesimo articolo, atteso che, in tale caso, anche il termine di cui all’art. 309 c.p.p., comma 9, rimane sospeso Sez. 4, n. 24431 del 17/07/2020, Liuzzi, Rv. 279518-01 . 2.3. Per completezza, va ancora aggiunto che, in ossequio alla previsione del citato art. 83, comma 6, il Presidente del Tribunale di L’Aquila ha dettato le linee guida in materia penale allegate al provvedimento presidenziale n. 24/2020 del 6 maggio 2020, con le quali ha mantenuto il medesimo regime di svolgimento dei procedimenti impugnatori in materia cautelare previsto dalle richiamate disposizioni di cui all’art. 83, commi 3, 6, 7 e 9, prevedendone appunto il rinvio con sospensione dei termini, salvo che non sia formulata un’espressa richiesta di trattazione da parte del pubblico ministero, dell’interessato o del suo difensore. 2.4. Tornando al caso di specie, all’atto della presentazione del ricorso, il difensore del T. non ha formulato alcuna istanza di trattazione del procedimento in deroga all’ordinaria sospensione del procedimento per riesame ai sensi della suddetta disposizione di cui all’art. 83, commi 7 e 9 come - si ribadisce - espressamente richiesto dalle linee guida del settore penale dettate con il con provvedimento presidenziale n. 24/2020 del 6 maggio 2020 , istanza di trattazione del ricorso presentata dalla difesa del T. in un momento successivo segnatamente in data 27 maggio 2020 -, con contestuale dichiarazione del consenso allo svolgimento dell’udienza in forma telematica mediante la piattaforma Teams. Ricevuta tale richiesta, il Presidente della Sezione del riesame ha chiesto gli atti al P.M. e, a seguito della ricezione di essi, ha fissato l’udienza di trattazione del procedimento per il 4 giugno 2020 sulla piattaforma Teams. In tale udienza, la difesa ha preliminarmente eccepito la perdita di efficacia della misura, ai sensi del combinato disposto dell’art. 309 del codice di rito, commi 5 e 10, per essere stati gli atti tardivamente richiesti dal Tribunale e, quindi, inoltrati dal P.M. nonché per omessa trasmissione dell’interrogatorio dell’indagato. 2.5. Nel dare risposta all’eccezione concernente la perdita di efficacia della misura cautelare, il Collegio aquilano ha evidenziato come, nel periodo nel quale veniva presentata la richiesta di riesame, in ossequio al disposto del citato art. 83, in assenza di un’espressa istanza di trattazione, i procedimenti d’impugnazione avverso provvedimenti concernenti le misure cautelari fossero sospesi, sicché, fintanto che la difesa del T. non aveva formulato tale richiesta, il procedimento di riesame non poteva essere avviato come, pertanto, il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti fosse iniziato a decorrere soltanto dal 27 maggio 2020 e non potesse ritenersi inutilmente decorso. 3. Ricostruita la successione dei fatti processuali rilevanti, giudica la Corte che del tutto ineccepibilmente il Tribunale distrettuale abbia escluso la sussistenza dei presupposti per l’invocata ipotesi di inefficacia sopravvenuta della misura cautelare per la supposta tardività della trasmissione degli atti da parte dell’A.G. procedente ai sensi del combinato disposto dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10. 3.1. Occorre notare come, secondo il regime ordinario, il dies a quo del termine di cinque giorni per la trasmissione degli atti a pena di inefficacia della misura cautelare decorra dalla data di presentazione della richiesta di riesame Sez. U n. 25 del 16/12/1998 - dep. 1999, Alagni Rv. 212073-01 Sez. 3, n. 2756 del 26/08/1999, Diana, Rv. 214789 Sez. 1, n. 2925 del 12/04/1999, Caputo, Rv. 213384 , in conformità alle indicazioni della Corte costituzionale Corte Cost., sent. n. 232 del 1998 . La perentorietà del termine per la trasmissione degli atti - assistita dalla comminatoria della sanzione della inefficacia della misura ai sensi dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 9, - è funzionale ad assicurare che l’Autorità procedente metta tempestivamente a disposizione del Collegio dell’impugnazione cautelare tutti gli atti presentati a sostegno della richiesta di applicazione della misura e quelli eventualmente sopravvenuti a favore dell’indagato, così da garantire all’organo giudicante di avere al più presto la disponibilità di tutto il materiale utile e necessario per la decisione. La previsione della sanzione della perdita di efficacia della misura in caso di inosservanza del termine massimo di cinque giorni per la trasmissione degli atti - introdotta con la L. 8 agosto 1995, n. 332 - ha una chiara valenza acceleratoria del controllo sui presupposti della misura cautelare e vale a scongiurare che possibili ritardi ingiustificati o strumentali da parte del pubblico ministero nella trasmissione degli atti possa rinviare per un tempo indefinito la legittima pretesa dell’imputato a veder decisa la propria istanza concernente il fondamentale diritto alla libertà personale. Proprio per tale ragione, come chiarito la Corte costituzionale con la sentenza n. 232 del 1998, il termine di cinque giorni di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5, non può decorrere da un evento che non ha giuridica autonomia come la ricezione dell’avviso da parte dell’autorità procedente -, ma deve decorrere dal giorno stesso della presentazione della richiesta di riesame. 3.2. Non può sfuggire come il termine di cui all’art. 309, comma 5, sia strettamente legato al termine perentorio di dieci giorni per la decisione del ricorso contemplato dal comma 9, dello stesso articolo, dal momento che quest’ultima norma prevede testualmente che detto termine inizi a decorrere dalla data di ricezione degli atti , cioè dal perfezionamento dell’incombente processuale a cura dell’A.G. procedente di cui al citato comma 5. L’art. 309 del codice di rito, due commi 5 e 9, vengono così a disciplinare una sequenza procedimentale scandita da rigorose cadenze temporali - prescritte a pena di inefficacia della misura -, tesa ad assicurare la celebrazione dell’udienza e la decisione sul ricorso entro il tempo massimo di quindici giorni dalla presentazione dell’impugnazione salvo la richiesta di differimento avanzata dallo stesso interessato a norma dell’art. 309, comma 9 bis . Pur trattandosi di termini autonomi e distinti, essi risultano all’evidenza concatenati tra loro - sia da un punto di vista procedimentale, sia da un punto di vista funzionale -, così da garantire la realizzazione del principio dell’habeas corpus in tempi brevi e certi. In questo senso, le Sezioni Unite di questa Corte pronunciandosi in materia di giudizio di riesame a seguito di annullamento con rinvio hanno di recente osservato che il principio affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 232 del 1998, n. d.e. e ribadito dalla successiva giurisprudenza di legittimità, ha decisive implicazioni ai fini che qui interessano. Ne deriva, infatti, un’indicazione di carattere generale per cui il procedimento di impugnazione in materia cautelare, per la sua incidenza sul valore della libertà personale, richiede una celerità di trattazione che esclude la presenza di intervalli temporali non controllabili e non strettamente funzionali alle esigenze giudiziarie. La sequenza procedurale, in altre parole, deve essere caratterizzata da cadenze segnate da tempi certi, che consentano di giungere ad una sollecita definizione e nella successione di tali cadenze non possono inserirsi momenti di stasi dovuti ad esigenze burocratiche Sez. U, n. 27104 del 16/07/2020, Calella, Rv. 27953301 . 3.3. Al regime ordinario teste delineato derogano le norme introdotte con il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, e successive modifiche e - per quanto rileva nella specie - la disciplina dettata dal Presidente del Tribunale di L’Aquila nel citato provvedimento presidenziale n. 24/2020 del 6 maggio 2020, con il quale si è previsto - vale la pena di ripetere - il rinvio a data successiva al 30 giugno 2020 dei procedimenti concernenti le persone sottoposte a misure cautelari e, fra questi, il ricorso per riesame ex art. 309 c.p.p., salvo che non vi sia la richiesta espressa di trattazione dell’interessato o del proprio difensore. Ne discende che, durante la vigenza di tale disciplina derogatoria, nel caso di presentazione della richiesta di riesame senza un’istanza espressa di trattazione del procedimento da parte del detenuto o del suo difensore ai sensi del citato art. 83, comma 3, la procedura è rinviata ad una data successiva al 30 giugno 2020. Di conseguenza, rimangono sospesi tutti i termini perentori che appunto regolano la sequenza procedimentale unitaria, previsti dall’art. 309 c.p.p., commi 5, 9 e 10, e ciò fino allo spirare della causa di sospensione ex lege. 3.4. Resta da esaminare il caso in cui - come appunto nella specie - l’istanza di trattazione del ricorso non sia formulata all’atto di presentazione della richiesta ex art. 309 c.p.p., ma in un momento successivo. In tale caso, la richiesta di trattazione formulata dall’interessato o dalla sua difesa vale a riattivare la sequenza procedimentale posta in stato di quiescenza in ossequio alle regole dettate nell’art. 83, e del provvedimento presidenziale e comporta, a cascata, l’avvio della decorrenza del primo termine della predetta sequenza, id est del termine perentorio per la trasmissione degli atti. In altre parole, la richiesta di trattazione del ricorso - nel far venir meno la sospensione ex lege e l’eventuale provvedimento di rinvio della celebrazione del giudizio di riesame - vale quale dies a quo ai fini del termine perentorio ex art. 309, comma 5. A tale regula iuris si è perfettamente attenuto il Collegio della cautela là dove ha rilevato che, nella specie, la difesa ha formulato la richiesta di trattazione del ricorso successivamente alla presentazione dell’impugnazione, segnatamente il 27 maggio 2020, di tal che il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti è cominciato a decorrere da tale data e non può, pertanto, ritenersi scaduto. 3.5. Nè può pervenirsi ad una diversa conclusione in considerazione del fatto che l’art. 83, citato comma 9, abbia testualmente previsto la sospensione del termine di cui all’art. 309, comma 9, ma non anche di quello previsto dal comma 5, della stessa norma. Come si è sopra osservato, il termine perentorio per la trasmissione degli atti di cui al comma 5, ha una chiara valenza acceleratoria, in quanto funzionale a mettere a disposizione del Collegio dell’impugnazione cautelare tutti gli atti necessari ai fini della decisione del ricorso in tempi rapidi e certi, scongiurando possibili manovre dilatorie dell’inquirente. Proprio tale ratio della previsione impone di ritenere che detto termine non possa assumere rilievo - con l’effetto caducatorio che si connette alla relativa inosservanza - fintanto che la celebrazione del giudizio di riesame sia sospesa per legge o comunque per provvedimento presidenziale previsto dalla legge . Non avrebbe invero alcun senso pretendere il rispetto del termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti a partire dalla data di presentazione della richiesta - come in caso di regime ordinario - in relazione ad un procedimento che sia sospeso ex lege, risultando del tutto inutile assicurare il rispetto della tempistica concepita in chiave acceleratoria rispetto ad un giudizio che non sia ancora possibile celebrare. Tale conclusione trova, d’altronde, conforto nella stessa disciplina dettata dall’art. 309, commi 5 e 9, là dove il termine perentorio per la trasmissione degli atti è chiaramente connesso al termine di dieci giorni per la decisione anch’esso di valenza acceleratoria ed assistito dalla comminatoria della inefficacia della misura , atteso che esso, pur distinto ed autonomo dall’altro, comincia a decorrere dalla data di ricezione degli atti da parte del Tribunale, così venendo a comporre una sequenza procedimentale unitaria. Processualmente assurdo risulterebbe allora prevedere la decorrenza immediata - cioè dalla data di presentazione del ricorso - del termine perentorio teso ad assicurare la tempestiva ricezione degli atti , costituente dies a quo rispetto ad un termine invece sospeso per legge o con il provvedimento presidenziale previsto dalla legge. In definitiva, la logica e considerazioni di natura sistematica impongono di ritenere che l’innesco del termine perentorio per la trasmissione degli atti di cui all’art. 309, comma 5, non possa non essere spostato in avanti al momento in cui esso possa assumere una rilevanza giuridica ed assolvere alla tipica funzione di governo della tempistica della procedura di riesame, cioè alla data in cui venga meno - per legge o per l’istanza della stessa parte - la causa di sospensione del procedimento. 3.6. Conclusivamente, deve essere affermato il principio di diritto, secondo cui in tema di misure cautelari personali, nel caso di presentazione di istanza di riesame nel periodo compreso fra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020, qualora il capo dell’ufficio giudiziario abbia disposto il rinvio delle udienze nei procedimenti civili e penali a norma della L. 24 aprile 2020, n. 27, art. 83, commi 6 e 7, lett. g , di conversione, con modificazioni, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, in assenza della richiesta di trattazione del procedimento da parte del detenuto o del suo difensore ai sensi del comma 3 dello stesso art. 83, la sospensione dei termini prevista dal successivo comma 9, del medesimo art. 83 - per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g , e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020 -, pur essendo espressamente contemplata in relazione al termine perentorio per decisione del ricorso di cui all’art. 309 c.p.p., comma 9, deve ritenersi estesa anche al termine per la trasmissione degli atti di cui di cui all’art. 309, comma 5, stesso codice. Infatti, i termini di cui all’art. 309 del codice di rito, commi 5 e 9, pur autonomi, sono tra loro strettamente concatenati a formare una sequenza procedimentale unitaria, contrassegnata da scansioni temporali inderogabili, assistite, in caso di inottemperanza, dalla comminatoria della sanzione della inefficacia della misura cautelare prevista dal medesimo art. 309, comma 10, sì da garantire che il controllo sui presupposti del provvedimento applicativo della misura cautelare avvenga in tempi brevi e certi. 4. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.