Rito abbreviato e applicazione ratione temporis della riforma Orlando

La Suprema Corte ha affermato che la riduzione per il rito abbreviato operata in misura di un terzo e non della metà in relazione ad un reato contravvenzionale trova applicazione anche in relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della l. 103/2017. Tuttavia, se nel giudizio di Appello, l’applicazione della riduzione non è richiesta né con i motivi di Appello e nemmeno in sede di conclusioni dinanzi a quel Giudice, la stessa non potrà essere fatta valere con il successivo ricorso per Cassazione.

Sul tema, la Suprema Corte con la sentenza 6510/2021, depositata il 19 febbraio. Un imputato ricorre in Cassazione verso la sentenza della Corte d’Appello lamentando, tra i vari motivi di doglianza, la violazione di legge in relazione alla mancata riduzione della pena della metà e non di un terzo. Il Collegio ritiene inammissibile la doglianza, affermando il seguente principio di diritto la riduzione per il rito abbreviato operata in misura di un terzo e non della metà in relazione ad un reato contravvenzionale trova applicazione anche in relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della l. 103/2017 che l’ha introdotta. Tuttavia, se nel giudizio di appello, celebrato nella vigenza della nuova legge, l’ applicazione della più favorevole riduzione non sia stata chiesta né con i motivi di appello e nemmeno in sede di conclusioni dinanzi a quel giudice, la stessa non potrà essere fatta valere con il successivo ricorso per cassazione non trattandosi di pena illegale, bensì di errata applicazione di una legge processuale . La Corte inoltre condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 gennaio – 19 febbraio 2021, n. 6510 Presidente Ciampi – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. D.M.P. ricorre, a mezzo del proprio difensore di fiducia, avverso la sentenza in epigrafe lamentando violazione di legge in relazione alla mancata riduzione della pena della metà e non di un terzo, in virtù del novellato art. 442 c.p.p., comma 2, e in punto di mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. e chiedendo, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata. 2. In data 11/1/2 021 ha rassegnato le proprie conclusioni scritte ex D.L. n. 137 del 2020, art. 23 il PG presso questa Corte che ha chiesto rideterminarsi la pena inflitta in mesi tre di arresto e 750 Euro di ammenda e dichiari, per il resto, inammissibile il ricorso. 3. In data 14.1.2021 sono state depositate conclusioni scritte nell’interesse del ricorrente, con le quali si insiste nei motivi del ricorso e se ne chiede l’accoglimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. La L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 44, in vigore dal 3 agosto 2017 ha modificato l’art. 442, comma 2, nel senso che la diminuzione di pena per il rito abbreviato, quando la condanna abbia ad oggetto reati contravvenzionali, è della metà. E costituisce ius receptum di questa Corte di legittimità il principio che la norma, così novellata si applica anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile, ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 4, in quanto, pur essendo norma di carattere processuale, ha effetti sostanziali, comportando un trattamento sanzionatorio più favorevole seppure collegato alla scelta del rito Sez. 1, n. 39087 del 24/05/2019, Mersini, Rv. 276869 Sez. 4, n. 5034 del 15/01/2019, Lazzara, Rv. 275218 Sez. 4, n. 832 del 15/12/2017, dep. 2018, Del Prete, Rv. 271752 Sez. 1, n. 6300 del 21/12/2018, dep. 2019, Farina, n. m. Sez. 1, n. 50435 del 25/09/2018, Giorgio, n. m. . Si tratta di un approdo che conferma le indicazioni ermeneutiche fornite dalle Alte Corti e, segnatamente, dalla Corte Europea dei diritti umani Grande Camera, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia e dalla Corte Costituzionale sentenza n. 210 del 2013 che hanno affermato la natura sostanziale della disciplina prevista dall’art. 442 c.p.p. nella parte in cui incide sulla determinazione della pena. Tali indicazioni sono state recepite e confermate anche dalle Sezioni Unite nella sentenza che ha definito il caso Ercolano Sez. un., n. 18821 del 24/10/ 2013 - dep. 2014, Ercolano, Rv. 258649 , secondo cui la norma disciplinando la severità della pena da infliggere in caso di condanna secondo il rito abbreviato deve soggiacere al principio di legalità convenzionale di cui all’art. 7, p. 1, CEDU, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo, vale a dire irretroattività della previsione più severa principio già contenuto nell’art. 25 Cost., comma 2 , ma anche, e implicitamente, retroattività o ultrattività della previsione meno severa . 3. Nel caso in esame, i fatti sono stati commessi in data OMISSIS ed il giudizio di primo grado, in data 2/3/2017, è stato definito allorquando non era ancora vigente la novella legislativa ricordata. La sentenza di appello, tuttavia, è stata pronunciata il 15/10/2019 e la questione non risulta proposta nei motivi di appello nè tanto meno in sede di conclusioni dinanzi a quel giudice cfr. atto di appello del 20/3/2018 a firma dell’Avv. Massimo Tuticci in cui, quanto alla pena, si chiede soltanto di ridurla in ragione della concessione delle circostanze attenuanti generiche, ferma la sua sostituzione con i lavori di pubblica utilità già disposta in primo grado . Viene, invece, proposta per la prima volta in questa sede, sub specie di violazione di legge. Ebbene, ritiene il Collegio che la doglianza in questione sia inammissibile. Questa Corte di legittimità, nell’affrontare un caso, diverso da quello che ci occupa, in cui la sentenza di primo grado era stata pronunciata nella vigenza dell’art. 442, comma 2 novellato ed era stata erroneamente applicata per il rito ad un reato contravvenzionale la riduzione di un terzo e non della metà, ha rilevato che la questione non era stata sollevata nel giudizio di cognizione e, quanto meno, davanti alla Corte di appello, investita dell’impugnazione proposta avverso la sentenza di condanna emessa in primo grado ed intervenuta con la decisione nella pacifica vigenza della nuova formulazione dell’art. 442, comma 2 e che non era, invece, consentito proporla mediante incidente di esecuzione o attivando il procedimento di correzione degli errori materiali previsto dall’art. 130 c.p.p. Sez. 1, n. 22313 del 8/7/2020, Manto, Rv. 279455 . Per giungere a tale conclusione ha condivisibilmente rilevato che nel caso specifico non si vertesse in ipotesi di pena illegale, non prevista dalla legge per specie o quantità, nè ricorresse l’errore nel computo aritmetico, quanto una determinazione operata in violazione del criterio di riduzione, stabilito dalla legge processuale. In altri termini si trattava di una pena illegittima, non emendabile mediante lo strumento attivato dal condannato, che avrebbe dovuto chiederne la corretta commisurazione con gli ordinari mezzi d’impugnazione cfr. anche Sez. 1, n. 28252 del 11/06/2014, Imparolato, Rv. 261091 . Ebbene, nel caso che ci occupa il mezzo d’impugnazione l’appello , non è stato attivato sul punto. Si tratta, pertanto, di una violazione di una legge processuale error in procedendo non dedotta in appello e la giurisprudenza di questa Corte Suprema è pacifica nel ritenere che non possano essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione Sez. 4, n. 27110 del 15/9/2020, Rossi, Rv. 279958 Sez. 5, n. 25814 del 23/4/2013, Grazioli Gau-thier, Rv. 255577 conf. Sez. 2, n. 22362 del 19/4/2013, Di Domenica, Rv. 255940 Sez. 1, n. 2176 del 20/12/1993 dep. il 1994, Etzi e altro, Rv. 196414 . In altra pronuncia, condivisibilmente, è stato ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione con cui venga dedotta una violazione di legge che non sia stata eccepita nemmeno con l’atto di appello, non avendo l’intervenuta trattazione della questione da parte del giudice di secondo grado efficacia sanante ex post Sez. 3, n. 21920 del 16/5/2012, Hajmohamed, Rv. 252773 . Diversamente opinando, del resto, diverrebbe estremamente difficile se non impossibile, per la Corte di Cassazione, mancando un motivo di appello sul punto e, dunque, una doglianza ritualmente sollevata, procedere a verificare anzitutto i termini esatti della doglianza stessa e, conseguentemente, la congruenza della relativa risposta della Corte. Sul punto va anche ricordato che è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per contrasto con l’art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 7, nella parte in cui dispone che il ricorso per cassazione proposto per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello è inammissibile, perché la disposizione appena richiamata detta una disciplina ragionevole di regolazione del diritto di ricorrere per cassazione per violazione di legge contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, limitandolo, per ragioni di funzionalità complessiva del sistema, soltanto per il caso in cui la parte abbia inteso adire tutti i tre gradi di giudizio Sez. 2, n. 40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv. 235504 . Può dunque affermarsi il seguente principio di diritto la riduzione per il rito abbreviato operata in misura di un terzo e non della metà in relazione ad un reato contravvenzionale trova applicazione anche in relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017 che l’ha introdotta. Tuttavia, se nel giudizio di appello, celebrato nella vigenza della nuova legge, l’applicazione della più favorevole riduzione non sia stata chiesta nè con i motivi di appello e nemmeno in sede di conclusioni dinanzi a quel giudice, la stessa non potrà essere fatta valere con il successivo ricorso per cassazione non trattandosi di pena illegale, bensì di errata applicazione di una legge processuale . 4. Manifestamente infondato è anche il motivo di impugnazione relativo alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. è manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale, rispondendo alla specifica richiesta sul punto ha argomentatamente e logicamente motivato il diniego dell’invocata causa di non punibilità con la circostanza che, lungi dall’essere un fatto occasionale, quello che ci occupa si colloca all’esito di numerosi precedenti specifici a carico dell’odierno ricorrente per guida in stato di ebbrezza, guida con patente revocata e anche per omicidio colposo. La sentenza, dunque, si colloca nell’alveo del dictum delle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo Sez. Un. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266590 . Inoltre, l’art. 131 bis c.p. non richiede per la sua esclusione la dichiarazione di abitualità o di professionalità a delinquere ma l’abitualità delle condotte, ossia la commissione di altri illeciti della stessa indole Sez. 2, n. 42579/2019, Rv. 277928 . 5. Nè può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. così Sez. Un. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. Un. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400 in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, Ciaffoni, rv. 256463 . 6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.