Colpevole per furto anche la moglie che accompagna il marito in auto

Respinta la tesi difensiva, mirata a vedere catalogata come connivenza non punibile la condotta tenuta dalla consorte del ladro. Evidente, invece, il ruolo fondamentale da lei avuto nella messa a segno del colpo da parte del coniuge.

Problema tecnico per il ladro è sprovvisto di patente . Così, per recarsi sul luogo di lavoro deve chiedere un passaggio in auto alla moglie . Questo dettaglio è però decisivo, poiché anche la donna viene ritenuta colpevole per i furti messi a segno dal marito Corte di Cassazione, sez. V Penale sentenza n. 5212/21 depositata il 10 febbraio . Per i Giudici di merito è evidente la colpevolezza dei coniugi sotto processo. Entrambi – lui in qualità di esecutore materiale, lei in qualità di autista – sono ritenuti responsabili per ben sei furti in appartamento, aggravati dalla violenza sulle cose . Col ricorso in Cassazione, però, l’avvocato della coppia prova a mettere in discussione almeno la posizione dell’imputata. A questo proposito il legale sostiene che ella era ignara dell’attività delittuosa svolta dall’uomo e si era limitata ad accompagnarlo in auto perché lui era sprovvisto di patente . Di conseguenza, è logico, sempre secondo il legale, parlare di connivenza non punibile . La tesi proposta dalla difesa viene però respinta dalla Cassazione. Per i magistrati, difatti, è evidente, alla luce del quadro probatorio, il contributo concorsuale della donna, sotto il profilo materiale dell’agevolazione, oltre che sotto il profilo morale, del rafforzamento del proposito criminoso del marito. In sostanza, si è appurato che l’uomo si aggirava in vari luoghi a bordo di una vettura, allo scopo di commettere dei furti che doveva aver necessariamente programmato in precedenza, mediante osservazione dei luoghi e delle persone e su quei luoghi veniva portato dalla moglie, che conduceva l’auto e restava all’interno del veicolo in attesa del suo ritorno dalle spedizioni predatorie . Ciò significa che la presenza della donna non era per mera compagnia, essendo necessario, o comunque utile, al marito che essa conducesse l’autovettura, non essendo l’uomo titolare della patente di guida anche perché sottoposto a misura di prevenzione . Va scartata, quindi, secondo i Giudici, l’ipotesi della connivenza non punibile . Allo stesso tempo, è risibile, sempre secondo i Giudici, sostenere che la donna potesse essere inconsapevole delle condotte del marito, atteso che l’uomo faceva ritorno nell’autovettura carico di refurtiva monili, orologi, collane, ecc. che veniva occultata proprio a bordo dell’autovettura oppure in camera da letto, luoghi nella disponibilità della donna .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 11 dicembre 2020 – 10 febbraio 2021, n. 5212 Presidente Sabeone – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 16/07/2019 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa dal Gup del Tribunale di Termini Imerese all'esito del giudizio abbreviato, ha confermato l'affermazione di responsabilità nei confronti di Od. Nu. e Tr. Ma. in relazione a sei furti in appartamento aggravati dalla violenza sulle cose, assolvendoli dal furto contestato al punto n. 5 dell'imputazione, ai danni di Di Ma. Pi., ed ha rideterminato le pene rispettivamente inflitte. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricors o per cassazione il difensore di Od. Nu. e Tr. Ma., Avv. Luca Gennaro, deducendo tre motivi. 2.1. Con un primo motivo deduce la violazione di legge in relazione all'art. 63, comma 4, cod. pen. la Corte territoriale avrebbe erroneamente disposto, oltre all'aumento per la recidiva reiterata, un aumento ulteriore per l'aggravante di cui all'art. 625, comma 2, cod. pen., senza riconoscere le attenuanti generiche equivalenti, in considerazione del comportamento processuale e dell'assunzione di responsabilità, e avrebbe illegittimamente disposto un distinto aumento di pena, anziché applicare l'art. 63 comma 4 c.p 2.2. Con un secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione al concorso di Tr. Ma., sostenendo che la compagna di Od. fosse ignara dell'attività delittuosa svolta dall'uomo, limitandosi ad accompagnarlo in auto perché era sprovvisto di patente tale condotta integrerebbe una connivenza non punibile. 2.3. Con un terzo motivo deduce la violazione di legge in relazione al diniego dell'art. 131 bis cod. pen. a Tr. Ma Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto la Corte territoriale ha correttamente applicato l'art. 63, comma 4, cod. pen., determinando la pena base in 3 anni e 6 mesi di reclusione ed Euro 1200,00 di multa, aumentata di 2/3 per la recidiva reiterata specifica e infraquinquennale a 5 anni e 6 mesi ed Euro 2000,00, ulteriormente aumentata ex art. 63, comma 4, cod. pen. a 6 anni e 1 mese di reclusione ed Euro 2100,00 di multa tale pena è stata poi aumentata per la continuazione, e ridotta per il rito alla pena finale di 5 anni, 4 mesi di reclusione ed Euro 1173,00 di multa. Pertanto, l'aumento ex art. 63, comma 4, cod. pen. è stato contenuto nella misura di 7 mesi di reclusione e 100 Euro di multa, nei limiti di un terzo previsto dalla norma, e conformemente al principio secondo cui, nell'ipotesi di concorso tra più circostanze aggravanti ad effetto speciale, poiché l'aggravante cosìddetta privilegiata di cui all'art. 624-bis, comma 3, e 625 cod. pen. è esclusa dal giudizio di bilanciamento, ai fini del calcolo degli aumenti di pena irrogabili, in presenza di ulteriori aggravanti ad effetto speciale, opera in ogni caso la regola del cumulo giuridico di cui all'art. 63, comma 4, cod. pen. Sez. 5, n. 47519 del 17/09/2018, P, Rv. 27418102, che, nella fattispecie, ha individuato come più grave, ai fini dell'applicabilità dell'art. 63, comma 4, cod. pen., l'aggravante della recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen., piuttosto che quella cd. privilegiata di cui all'art. 624-bis, comma 3, e 625 cod. pen. del resto, il criterio di calcolo di cui all'art. 63, comma 4, cod. pen. secondo cui, in caso di concorso tra circostanze ad effetto speciale, non si applica il cumulo materiale, ma la pena per la circostanza più grave aumentata fino ad un terzo, opera anche, come nel caso di specie, in caso di concorso tra circostanze aggravanti indipendenti e circostanze ad effetto speciale, diversamente determinandosi un trattamento sanzionatorio non conforme al principio di legalità ed irragionevolmente più grave di quello previsto per il concorso tra circostanze ad effetto speciale Sez. 3, n. 31293 del 08/05/2019, M, Rv. 276291 . La doglianza concernente il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti all'aggravante di cui all'art. 625 n. 2 cod. pen. è inammissibile, perché, oltre a sollecitare una non consentita rivalutazione del merito, è nuova, non risultando essere stata dedotta con i motivi di appello, il cui riepilogo contenuto nella sentenza impugnata non è stato oggetto di contestazione. Al riguardo, va rammentato che è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge o vizi motivazionali, se l'atto non procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di indicare che l'atto di impugnazione proposto avverso la decisione del primo giudice aveva anch'esso già denunciato le medesime violazioni di legge Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, dep. 2014, Carrieri, Rv. 259066 , in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, Ciccarelli, Rv. 270627 . 2. Il secondo motivo, con cui si sostiene che Tr. Ma., la compagna di Od., fosse ignara dell'attività delittuosa svolta dall'uomo, essendosi limitata ad accompagnarlo in auto perché era sprovvisto di patente, così integrando una connivenza non punibile, è inammissibile. Oltre ad essere generico, limitandosi a reiterare le medesime doglianze già proposte in appello, e motivatamente respinte dalla Corte territoriale, senza confrontarsi concretamente con il tessuto argomentativo della sentenza impugnata, il motivo è altresì inammissibile perché propone non consentite censure di merito e perché è manifestamente infondato. Il contributo concorsuale della Tr., sotto il profilo materiale dell'agevolazione, oltre che sotto il profilo morale, del rafforzamento dell'altrui proposito criminoso, è stato infatti affermato sulla base di una motivazione immune da censure di illogicità, e dunque insindacabile in sede di legittimità, evidenziando che Od., per sua stessa ammissione, si aggirava in vari luoghi a bordo di una vettura, allo scopo di commettere dei furti che doveva aver necessariamente programmato in precedenza, mediante osservazione dei luoghi e delle persone sui luoghi veniva portato dalla moglie, Tr. Ma., che conduceva l'auto e restava all'interno del veicolo in attesa del ritorno dalle spedizioni predatorie la presenza della Tr. non era per mera compagnia, essendo necessario, o comunque utile, al marito che essa conducesse l'autovettura, non essendo l'uomo titolare della patente di guida anche perché sottoposto a misura di prevenzione esclusa la configurabilità di una connivenza non punibile, è stato altresì negato che l'imputata potesse essere inconsapevole delle condotte del marito, atteso che l'uomo faceva ritorno nell'autovettura carico di refurtiva monili, orologi, collane, ecc. , tanto da dovere addirittura trasportarla nella federa di un cuscino in una occasione e la refurtiva, come accertato all'esito della perquisizione, veniva occultata proprio a bordo dell'autovettura, oppure in camera da letto, in luoghi nella disponibilità della stessa Tr 3. Il terzo motivo, concernente il diniego della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto a Tr. Ma., è manifestamente infondato. E’ al riguardo assorbente rilevare che il reato di cui all'art. 624 bis cod. pen. prevede limiti edittali da tre a sei anni di reclusione superiori a quelli previsti dall'art. 131 bis cod. pen. per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. 4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e alla corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma il 11/12/2020