Disoccupato e senza dimora, vive dell’attività illecita: logico presumere la pericolosità sociale

Condanna definitiva per un uomo, finito sotto accusa per detenzione e spaccio di droga. Riconosciuta anche la recidiva, nonostante l’opposizione del difensore. Decisivo, in questa ottica, il riferimento ai precedenti penali e alla pericolosità sociale.

Condizioni di vita disagiate – niente lavoro e niente tetto sulla testa – rendono logico presumere che l’attività illecita – detenzione di droga a fini di spaccio – sia non occasionale, essendo l’unica fonte di reddito . Consequenziale, quindi, non solo la condanna ma anche il riconoscimento della recidiva, visti i precedenti penali a carico dell’uomo sotto accusa e preso atto della sua pericolosità sociale. Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 4427, depositata il 4 febbraio Per i Giudici di merito è evidente la colpevolezza dell’uomo sotto processo, beccato a detenere droga destinata ad essere spacciata. In secondo grado, comunque, ritenuta esistente un’unica ipotesi di reato – ex art. 73, comma 5 del d.P.R. numero 309 del 1990 – la pena viene rideterminata in sei mesi di reclusione e 1.200 euro di multa . Confermato, invece, il riconoscimento della recidiva . E proprio sulla recidiva si sofferma il difensore dell’uomo col ricorso in Cassazione. Il legale ritiene illogica la valutazione compiuta dai Giudici d’Appello, i quali, osserva, hanno ritenuto sussistente la pericolosità sociale del suo cliente solo in base alle precedenti condanne , senza fornire alcuna concreta ragione per l’applicazione della recidiva. A queste obiezioni i magistrati della Cassazione ribattono in modo netto, osservando che i Giudici territoriali hanno ritenuto sussistente la recidiva non in base alla mera analisi dei precedenti penali dell’uomo ma effettuando la valutazione sulla relazione qualificata tra il reato per cui si procede ed i precedenti penali . Per essere chiari, si è osservato che la reiterazione del reato oggetto della condanna è espressione dell’accresciuta pericolosità dell’uomo perché l’attività illecita non è occasionale, in relazione alle sue condizioni di vita disagiate , essendo egli disoccupato e senza fissa dimora e vivendo, quindi, dei proventi dell’attività di cessione della droga . Peraltro, aggiungono i magistrati, l’accresciuta pericolosità è stata valutata sotto il profilo soggettivo perché la commissione di un altro reato, sempre per reati relativi alle sostanze stupefacenti, nonostante le precedenti condanne, è la dimostrazione di una negativa personalità dell’uomo. Assolutamente corretta, quindi, l’applicazione della recidiva . Definitiva perciò la condanna nei confronti dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 novembre 2020 – 4 febbraio 2021 n. 4427 Presidente Lapalorcia – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 21 febbraio 2019 la Corte di appello di Torino, in parziale riforma di quella del 11 luglio 2018 del Tribunale di Torino emessa all'esito del giudizio abbreviato, ritenuta la sussistenza di un'unica ipotesi di reato ex art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990 in Torino il 9 luglio 2018 , ha rideterminato la pena inflitta a Fa. Ab. in 6 mesi di reclusione ed Euro 1.200 di multa. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato deducendo l'inosservanza dell'art. 99 comma 4 cod. pen. ed il vizio della motivazione sul rigetto del motivo di appello con cui si chiese l'esclusione della recidiva. La Corte di appello avrebbe ritenuto sussistente l'accresciuta pericolosità sociale solo in base alle precedenti condanne e non avrebbe motivato sui presupposti per la sussistenza della recidiva. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. In risposta al motivo di appello, la corte territoriale ha ritenuto sussistente la recidiva non in base alla mera analisi dei precedenti penali ma effettuando la valutazione sulla relazione qualificata tra il reato per cui si procede ed i precedenti penali ha infatti osservato che la reiterazione del reato oggetto della condanna è espressione dell'accresciuta pericolosità perché l'attività illecita non è occasionale, in relazione alle condizioni di vita disagiate l'imputato è disoccupato e senza fissa dimora, sicché vive dei proventi dell'attività di cessione . Inoltre, l'accresciuta pericolosità è stata valutata sotto il profilo soggettivo perché la commissione di altro reato, sempre per reati relativi alle sostanze stupefacenti, nonostante le precedenti condanne', è la dimostrazione di una negativa personalità. Dunque, corretta è stata l'applicazione della recidiva ed insussistente è il vizio della motivazione dedotto. 2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M . Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 04/11/2020.