Utilizzo indebito del bancomat: il denaro sottratto viene prelevato tramite una Postepay. Condannato per riciclaggio

Confermata la responsabilità penale dell’imputato che ha utilizzato la Postepay per prelevare allo sportello automatico i soldi sottratti attraverso l’indebito utilizzo di una carta bancomat. Inutili le obiezioni difensive per i Giudici è logico parlare di riciclaggio.

Prelievo allo sportello automatico tramite una carta Postepay. Questo è l’ultimo passaggio per il denaro frutto dell’indebito utilizzo della carta bancomat sottratta al legittimo proprietario. Consequenziale la condanna per il soggetto che ha effettuato il prelievo e si è così reso colpevole di riciclaggio Cassazione, sentenza n. 2715/21, depositata il 22 gennaio . Concordi i Giudici di primo e di secondo grado l’imputato sotto processo va sanzionato per il delitto di riciclaggio commesso prelevando presso uno sportello automatico, mediante una carta Postepay intestata ad un terzo soggetto, l’importo ivi versato da un soggetto identificato dalla polizia giudiziaria, somma costituente provento dell’utilizzo indebito del bancomat sottratto al legittimo proprietario . Col ricorso in Cassazione il difensore contesta la pronuncia emessa dai Giudici d’Appello, ritenendo, innanzitutto non provata la conoscenza del suo cliente sia con colui che aveva eseguito il versamento, mediante l’uso abusivo della carta bancomat, sia con il titolare della carta Postepay, utilizzata per operare il versamento della somma di denaro di provenienza delittuosa . Per il legale, però, è illogico anche parlare di riciclaggio. A questo proposito, egli da un lato osserva che la ricostruzione operata doveva necessariamente condurre a ritenere che l’autore del furto del bancomat, che l’aveva utilizzato in modo abusivo per ricaricare la carta Postepay, doveva aver per necessità previamente concordato col suo cliente la successiva fase del prelievo del denaro , e dall’altro ritiene che l’agevole ricostruzione dei movimenti effettuati e delle operazioni eseguite escludeva il dato obiettivo della dissimulazione della provenienza delittuosa, rendendo impossibile configurare il delitto di riciclaggio . Per i Giudici della Cassazione, però, ha poco senso provare a svalutare l’operazione di prelievo eseguita dall’imputato e a sostenere perciò che essa sia inidonea a raggiungere l’effetto tipico considerato dalla norma incriminatrice . Fondamentale il richiamo al principio secondo cui integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione la propria carta prepagata per ostacolare la provenienza delittuosa delle somme da altri ricavate dall’illecito utilizzo di una carta clonata , consentendo il versamento del denaro in precedenza prelevato al bancomat dal possessore di quest’ultima resosi perciò responsabile del delitto di frode informatica , ovvero consentendo il diretto trasferimento, sulla predetta carta prepagata, delle somme ottenute dal possessore della carta clonata con un’operazione di ricarica” presso lo sportello automatico .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 dicembre 2020 – 22 gennaio 2021, n. 2715 Presidente Cammino – Relatore Di Paola Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Ancona, con sentenza del 16 settembre 2019, ha confermato la condanna alle pene ritenute di giustizia pronunciata dal Tribunale di Ancona in data 29 gennaio 2019 nei confronti di Di Gi. An., per il delitto di riciclaggio commesso prelevando presso uno sportello automatico, mediante una carta Poste pay intestata ad un terzo soggetto, l'importo ivi versato da un soggetto identificato dalla polizia giudiziaria, somma costituente provento dell'utilizzo indebito del bancomat sottratto al legittimo proprietario. 2. Propone ricorso per cassazione la difesa dell'imputato deducendo, con il primo motivo, la mancata assunzione di una prova decisiva, ai sensi dell'art. 606, lett. D cod. proc. pen. la Corte d'appello non aveva motivato in alcun modo il rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, formulata con l'atto di appello, avente ad oggetto l'esperimento di una perizia sulle immagini registrate che riproducevano la presenza di due soggetti davanti allo sportello automatico ove era stato eseguito il prelievo con la carta Poste pay, prova decisiva poiché dalle indicazioni dell'orario riportate nelle immagini il soggetto che aveva prelevato alle 11,53 del denaro dallo sportello orario che coincideva con quello riportato nella documentazione bancaria dello sportello, relativo al prelevamento della somma indebitamente versata da chi aveva utilizzato il bancomat sottratto alla persona offesa non corrispondeva alla fisionomia dell'imputato. 2.1. Con il secondo motivo si deduce vizio della motivazione, carente e comunque contraddittoria, quanto alla circostanza della presenza, dinanzi allo sportello automatico ove fu eseguito il prelievo, di un soggetto diverso dal ricorrente nel momento in cui veniva eseguita l'operazione oggetto di contestazione il ricorrente censura, altresì, la motivazione nella parte relativa al riconoscimento - del tutto generico - del ricorrente, operato attraverso la visione delle registrazioni da parte degli agenti di polizia giudiziaria le registrazioni non documentavano, comunque, alcun prelievo effettuato dal Di Gi. non possedevano alcun valore di riscontro i dati, peraltro indimostrati, della conoscenza del ricorrente sia con colui che aveva eseguito il versamento, mediante l'uso abusivo della carta bancomat, sia con il titolare della carta Poste pay, utilizzata per operare il versamento della somma di denaro di provenienza delittuosa. 2.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge, in relazione all'art. 624 cod. pen., in relazione alla qualificazione giuridica del fatto contestato la ricostruzione operata doveva necessariamente condurre a ritenere che l'autore del furto del bancomat, che l'aveva utilizzato in modo abusivo per ricaricare la carta Poste pay, doveva aver per necessità previamente concordato con il ricorrente la successiva fase del prelievo del denaro inoltre, l'agevole ricostruzione dei movimenti effettuati e delle operazioni eseguite escludeva il dato obiettivo della dissimulazione della provenienza delittuosa, rendendo impossibile configurare il delitto di riciclaggio. 2.3. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge, in riferimento all'art. 133 cod. pen, mancando la necessaria motivazione atta a giustificare lo scostamento dal minimo edittale nell'individuazione della pena da irrogare. 2.4. Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione, attesa la carenza di motivazione a sostegno del giudizio di riconoscimento della recidiva contestata. 3. Con memoria inviata a mezzo pec il 16 novembre 2020 il nuovo difensore dell'imputato ha dichiarato di proporre ricorso articolando motivi di impugnazione. 4. La Corte ha proceduto all'esame del ricorso con le forme previste dall'art. 23, comma 8, D.L. 28 ottobre 2020, n. 37. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Preliminarmente deve essere rilevato che la memoria, con cui il nuovo difensore dell'imputato ha dichiarato di proporre ricorso esponendo i relativi motivi, non può evidentemente valere come autonoma impugnazione, essendo già stato consumato il potere di impugnare la sentenza e risultando, comunque, tardiva la presentazione della memoria a tal fine. Il primo motivo di ricorso è formulato per ragioni non consentite in sede di legittimità è, infatti, principio ormai consolidato quello secondo il quale in tema di giudizio abbreviato di appello, il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri officiosi di integrazione probatoria, sollecitati a norma dell'art. 603, comma 3, cod. proc. pen. dall'imputato che abbia optato per il giudizio abbreviato non condizionato, non può mai integrare il vizio di cui all'art. 606, comma 1, lett. d , cod. proc. pen., non essendo configurabile un vero e proprio diritto alla prova di una delle parti cui corrisponda uno speculare diritto della controparte alla prova contraria Sez. 6, n. 4694 del 24/10/2017, dep. 2018, Picone, Rv. 272197 Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260840 Sez. 3, n. 20262 del 18/03/2014, L, Rv. 259663 . 1.1. Il secondo motivo non è consentito, poiché nella sostanza intende sollecitare una rivalutazione dei risultati probatori considerati dalle sentenze di merito che hanno pacificamente indicato le fonti riprese video riconoscimento dell'uomo che esegue il prelievo ad opera di investigatori da cui è stata tratta la valutazione della presenza del ricorrente presso lo sportello automatico nel momento del prelievo incriminato pag. 4 della sentenza della Corte d'appello pag. 3 della sentenza del Tribunale , escludendo rilevanza alla presenza a breve distanza di altro soggetto alla luce dell'orario del prelievo pag. 4 della sentenza del Tribunale . 1.2. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato la differente qualificazione giuridica dal fatto prospettata non emerge da alcun atto processuale, né il ricorrente ha indicato tempi, modalità e circostanze in cui avrebbe preso parte al delitto presupposto o alla sua programmazione, sicché la censura formulata si atteggia come ricostruzione alternativa della vicenda che non può essere sollecitata alla corte di legittimità. Allo stesso modo, è manifestamente infondata la censura che mira a svalutare l'operazione di prelievo eseguita dal ricorrente ritenendola inidonea a raggiungere l'effetto tipico considerato dalla norma incriminatrice dell'art. 648 bis cod. pen. è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi, senza aver concorso nel delitto presupposto, metta a disposizione la propria carta prepagata per ostacolare la provenienza delittuosa delle somme da altri ricavate dall'illecito utilizzo di una carta clonata, consentendo il versamento del denaro in precedenza prelevato al bancomat dal possessore di quest'ultima resosi perciò responsabile del delitto di frode informatica , ovvero consentendo il diretto trasferimento, sulla predetta carta prepagata, delle somme ottenute dal possessore della carta clonata con un'operazione di ricarica presso lo sportello automatico assumendo comunque rilievo, in tale seconda ipotesi, il delitto presupposto di falsificazione o alterazione della carta originaria, di cui all'art. 55, comma nono, D.Lgs. n. 231 del 2007 Sez. 2, n. 18965 del 21/04/2016, Barrai, Rv. 266947 . 1.3. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso sono entrambi del tutto generici, poiché non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata che ha messo in rilievo i criteri adottati per individuare la pena congrua rispetto alla gravità della condotta pag. 7 , peraltro fissata in misura assolutamente vicina ai minimi edittali, considerando i precedenti penali del ricorrente circostanza che esimeva da una specifica e approfondita motivazione sul punto Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 , tra i quali risaltava una condanna per fatti analoghi commessi a brevissima distanza temporale dai fatti contestati, indice valutato in modo corretto come dimostrativo della maggiore pericolosità emergente dal nuovo delitto commesso, rendendo così logica e coerente la motivazione con cui è stata riconosciuta la contestata recidiva. 2. All' inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 , al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.