Il fumus commissi delicti nel delitto di riciclaggio

In tema di misure cautelari reali, la valutazione da parte del giudice del fumus commissi delicti” va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, i quali vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipizzata dalla norma incriminatrice. Inoltre, la suddetta valutazione è contenutisticamente differenziata in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti e del materiale probatorio prodotto. Pertanto, la sufficienza del fumus si raccorda al fatto che di regola la misura si presenta all’esordio dell’indagine, allorché tutti gli accertamenti ancora devono essere compiuti.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la sentenza n. 2466/21, depositata il 21 gennaio. Oggetto del ricorso legittimità del provvedimento di sequestro preventivo. Con la sentenza in commento la Suprema Corte censura il provvedimento del Tribunale del riesame con cui si era proceduto all’annullamento del sequestro preventivo di denaro disposto nei confronti degli indagati per il delitto di riciclaggio. Secondo il Tribunale, difatti, il provvedimento di sequestro deve essere sorretto da elementi che consentano di individuare la tipologia di reato presupposto del delitto di riciclaggio, e non può riposare su un semplice sospetto. Da qui, l’annullamento della misura fondato sulla insufficienza degli elementi fin a quel momento raccolti. Portata del fumus commissi delicti nel delitto di riciclaggio per l’applicazione di misure cautelari reali. A parere dei giudici di legittimità, il ragionamento del Tribunale è errato in diritto. Difatti, ai fini della legittima adozione del sequestro preventivo, non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è disposta la misura, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti ”, ossia l’astratta configurabilità in una determinata ipotesi di reato. Nell’ambito delle misure cautelari reali, il suddetto accertamento va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, i quali non devono essere rapportati alle reali risultanze processuali ma vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipizzata dalla norma incriminatrice. Nel caso di specie, occorre dunque individuare gli elementi necessari all’astratta configurabilità del delitto di riciclaggio. Sul punto, risulta consolidato l’orientamento della Suprema Corte secondo cui, in tema di misure cautelari reali, l’accertamento del reato di riciclaggio non richiede l’esatta individuazione di tutti gli elementi del delitto presupposto, né la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute e che il delitto presupposto sia genericamente individuato almeno nella sua tipologia. Inoltre, si specifica come la valutazione da parte del giudice del fumus commissi delicti ” sia contenutisticamente differenziata in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti e del materiale probatorio prodotto. Pertanto, la sufficienza del fumus si raccorda al fatto che di regola la misura si presenta all’esordio dell’indagine, allorché tutti gli accertamenti ancora devono essere compiuti. Conclusione. Il Tribunale dovrà dunque riesaminare la vicenda cautelare valutando se gli elementi disponibili consentano di ritenere sufficientemente delineato il fumus del delitto di riciclaggio, così come essi si presentano nella specifica fase processuale in cui viene applicata la misura dunque fase investigativa e conseguente liquidità’ ” dell’imputazione .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 19 novembre 2020 – 21 gennaio 2021, n. 2466 Presidente Rago – Relatore Cianfrocca Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 29.6-29.7.2020 il Tribunale di Bolzano ha annullato il sequestro preventivo disposto dal GIP in data 3.6.2020 fatti salvi gli effetti di eventuali provvedimenti amministrativi per la violazione della normativa valutaria 2. ricorre per cassazione il PM lamentando 2.1 inosservanza ovvero erronea applicazione dell’art. 648 bis c.p.p., e manifesta illogicità della motivazione ribadita la circostanza della disponibilità, da parte degli indagati, di una ingentissima somma di denaro in contanti rinvenuta in occasione del loro rientro in Italia dall’estero, sottolinea come questo dato integrasse di per sé un evidente indizio di illecito imponendo una inversione dell’onere della prova a loro carico in merito alla esistenza di una spiegazione plausibile 2.2 inosservanza ed applicazione dell’art. 321 c.p.p., e manifesta illogicità della motivazione segnala che, con la richiesta di misura cautelare reale, il PM non si era limitato affatto a dedurre una prova logica essendo stato accertato che le ditte italiane erano sostanzialmente inattive e rappresentate da prestanome, circostanze certamente indicative della condotta di emissione di fatture - sia oggettivamente che soggettivamente - inesistenti sottolinea che, allo stato delle indagini, non è dato sapere se le aziende italiane siano le utilizzatrici delle fatture ovvero quelle che le emettono nell’ambito di un tipico carosello fiscale 3. in data 5.11.2020 il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, in cui ha concluso per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Secondo quanto emerge dal provvedimento del Tribunale di Bolzano, in data 3.6.2020 il GIP del capoluogo altoatesino aveva convalidato il sequestro preventivo disposto di urgenza dal PM e contestualmente provveduto con autonomo decreto con cui era stata sottoposta a vincolo cautelare reale la somma in contanti di Euro 487.690 rinvenuta suddivisa in 5 buste in nylon che P.G. e O.L. trasportavano a bordo dell’autocarro con il quale stavano rientrando in Italia dall’estero. La imputazione provvisoriamente elevata nei confronti di costoro era quella di riciclaggio del denaro in quanto proveniente da delitti di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti consistenti, nella prospettazione della pubblica accusa, nella fittizia cessione di beni di vario tipo da parte di due società polacche in favore di società italiane, apparentemente pagate con strumenti tracciabili ma con importi retrocessi in contanti in modo da creare per queste ultime dei costi fittizi. Gli accertamenti eseguiti avevano infatti consentito di verificare che le società italiane apparentemente acquirenti di quei beni erano state appena costituite ed erano rappresentate da prestanome identificati in soggetti con precedenti di polizia. 1.2 La difesa del P. aveva proposto ricorso per riesame contestando, in primo luogo, e sotto vari profili, il fumus del reato ipotizzato nella contestazione provvisoria con un secondo motivo, la violazione del ne bis in idem in quanto il Tribunale di Bolzano aveva già annullato un primo decreto di sequestro preventivo emesso l’1.4.2020 per difetto di motivazione circa il reato presupposto la difesa aveva inoltre contestato la competenza territoriale dell’AG procedente da individuarsi in quella del luogo in cui era intervenuta la prima operazione diretta ad ostacolare la identificazione della provenienza delittuosa del denaro. 1.3 Il Tribunale di Bolzano ha ritenuto infondata la eccezione di incompetenza per territorio come, anche, quella concernente la violazione del divieto di bis in idem rilevando che il secondo decreto era stato adottato dal GIP sulla scorta ed alla luce di una più articolata e completa prospettazione accusatoria e della allegazione di elementi ulteriori rispetto a quelli forniti nella prima occasione. Quanto al fumus , ha ricordato che il provvedimento di sequestro deve essere sorretto da una motivazione che consenta di individuare la tipologia del reato presupposto che non può riposare su un semplice sospetto o su elementi di natura meramente congetturale. Ha osservato che il GIP aveva affidato la diagnosi positiva sul fumus alla considerazione della circostanza secondo cui le società italiane nella prospettazione accusatoria utilizzatrici delle fatture per operazioni inesistenti sarebbero state rappresentate da soggetti gravati da precedenti di polizia segnalando, tuttavia, che proprio la condotta di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti suppone la operatività delle società mentre la circostanza secondo cui taluna di esse non aveva nemmeno presentato la dichiarazione dei redditi configgerebbe con la configurabilità del delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2. Ha aggiunto che negli atti depositati dal PM non figurano le fatture e i documenti di trasporto e non vi è corrispondenza tra la somma appresa e quella dell’importo complessivo delle fatture nè, ha sottolineato ancora, alcun accertamento è stato effettuato circa i pagamenti avvenuti, secondo la ricostruzione del PM, con sistema tracciabile nè in ordine alla loro corrispondenza rispetto agli importi indicati in ciascuna fattura nè, da ultimo, sulla contabilità delle società italiane, il tutto al fine di verificare se le fatture fossero state o meno ivi registrate. Ha perciò annullato il provvedimento impugnato e, richiamando un precedente della S.C., subordinato la restituzione del denaro alla mancata adozione di provvedimenti di natura amministrativa da parte dell’Ufficio delle Dogane. 2.1 Il Tribunale ha errato in diritto. Si è più volte ribadito che in sede di riesame del sequestro il Tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, astraendo non tanto dalla concreta rappresentazione dei fatti come risultano allo stato degli atti, ma solo ed esclusivamente dalla necessità di ulteriori acquisizioni e valutazioni probatorie sicché l’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipizzata dalla norma incriminatrice cfr., Cass. Pen., 3, 7.5.2006 n. 33.873, Moroni Cass. Pen., 6, 27.1.2004 n. 12.118, Piscopo Cass. Pen., 3, 24.3.2011 n. 15.177, PM in proc. Rocchino Cass. Pen., 5, 18.4.2011 n. 24.589, Misseri Cass. Pen., 3, 10.3.2015 n. 15.254, Previtero Cass. Pen., 2, 5.5.2016 n. 25.320, PM in proc. Bulgarella conf., ancora, Cass. Pen., 1, 30.1.2018 n. 18.491, Armeli, secondo cui, ai fini della legittima adozione del sequestro preventivo non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti , vale a dire la astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato Cass. Pen., 2, 28.1.2014 n. 5.656, Zagarrio Cass. Pen., 2, 11.12.2013 n. 2.248, Mirarchi . 2.2 D’altra parte, è pure risalente e consolidato l’orientamento di questa Corte e, in particolare, di questa Sezione, secondo cui, in tema di misure cautelari, l’accertamento del reato di riciclaggio non richiede l’individuazione dell’esatta tipologia del delitto presupposto, nè la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute cfr., Cass. Pen., 2, 4.2.2015 n. 20.188, Charanek, resa in una fattispecie in cui gli indagati trasportavano nei rispettivi trolley l’ingente somma contante di 500.000,00 Euro, della quale non fornivano alcuna plausibile giustificazione conf., Cass. Pen., 2, 7.1.2011 n. 546, PG in proc. Berruti, in cui la Corte ha precisato che l’affermazione di responsabilità per il delitto di riciclaggio non richiede l’accertamento dell’esatta tipologia del delitto non colposo presupposto e, in particolare, la precisa identificazione del soggetto passivo, essendo sufficiente la prova logica della provenienza delittuosa delle utilità oggetto delle operazioni compiute, anche se il delitto presupposto sia delineato per sommi capi quanto alle esatte modalità di commissione cfr., ancora, Cass. Pen., 5, 21.5.2008 n. 36.940, Magnera Cass. Pen., 2, 21.11.2014 n. 10.746, Bassini cfr., più recentemente, Cass. Pen., 2, 19.6.2019 n. 42.052, Moretti Cuseri Anton conf., ancora, Cass. Pen., 2, 19.11.2013 n. 7.795, Gualtieri, secondo cui in tema di riciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto non colposo presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza con la conseguenza che, in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere di conseguenza assolto perché il fatto non sussiste . Di recente, peraltro, si è affermato che, nell’ipotizzare il delitto di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, occorre tuttavia che esso sia individuato nella sua tipologia cfr., Cass. Pen., 2, 28.5.2019 n. 29.689, Maddaloni, resa in una fattispecie in tema di sequestro preventivo, in cui la Corte ha censurato l’ordinanza del tribunale che aveva ravvisato il fumus del delitto di cui all’art. 648 bis c.p., senza fornire elementi sufficienti per individuare la provenienza delittuosa del denaro trovato in possesso degli indagati, occultato sulla persona per sfuggire ai controlli valutari nell’aeroporto di arrivo in Italia questa sentenza, oltre a ritenere illegittimo il provvedimento impugnato per non aver nemmeno genericamente indicato la tipologia del delitto presupposto , ha censurato la decisione del Tribunale anche per non aver indicato a quale delle condotte alternativamente previste dall’art. 648bis c.p., corrispondesse il caso di specie . Con riguardo alla ipotesi di sequestro probatorio, si è affermato che, ai fini di una valida motivazione del sequestro di cose che si assumono pertinenti al reato di riciclaggio di cui all’art. 648 bis c.p., pur non essendo necessario, con riguardo ai delitti presupposti, che questi siano specificamente individuati ed accertati, è però indispensabile che essi risultino, alla stregua degli acquisiti elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili il che non si verifica quando il giudice si limiti semplicemente a supporne l’esistenza sulla sola base del carattere asseritamente sospetto delle operazioni relative ai beni e valori che si intendono sottoporre a sequestro cfr., Cass. Pen., 2, 19.11.2003 n. 813, Carretta conf., più recentemente, Cass. Pen., 2, 29.10.2019 n. 51.200, Shtylla Zenel . 2.3 È allora alla luce dei principi sopra richiamati che, nella fattispecie esaminata, il Tribunale di Bolzano dovrà riesaminare la vicenda cautelare valutando se gli elementi disponibili consentissero di ritenere sufficientemente delineato il fumus del delitto di riciclaggio con riferimento ad operazioni di emissione di fatture per operazioni in tutto o in parte, oggettivamente o soggettivamente inesistenti considerando, per l’appunto, le peculiarità della fase incidentale rispetto alla necessità di identificare la loro esatta e specifica dinamica e consistenza. Il dato della disponibilità di una ingentissima somma di denaro in contanti come quello del rinvenimento di fatture per operazioni di acquisizione dall’estero di beni da parte di società appena create e che, in virtù dei soggetti che ne avevano assunto la rappresentanza, poteva ipotizzarsi essere state costituite con finalità fraudolente, sono elementi che, per delineare il fumus del delitto per cui si procede, andranno valutati tenendo conto della fase in cui si trovano le indagini e della stessa liquidità della imputazione cfr., Cass. Pen., 2, 8.11.2018 n. 10.231, Pollaccia, in cui la Corte ha chiarito che in tema di sequestro preventivo, la valutazione da parte del giudice del fumus commissi delicti è contenutisticamente differenziata in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti e del materiale probatorio prodotto, che va esaminato nella sua interezza cfr., anche, Cass. Pen., 2, 16.12.2011 n. 47.421, BNL ed altri in queste decisioni si è sottolineato che la sufficienza del requisito del mero fumus commissi delicti si raccorda, concettualmente, al fatto che l’adozione della misura può presentarsi - e di regola, anzi, si presenta - allo stesso esordio della indagine, allorché tutti gli accertamenti ancora devono essere compiuti e quindi, la base fattuale su cui la misura stessa deve sostenersi, ben può essere rappresentata dalla configurabilità di un reato di cui ancora possono risultare nebulose tutte le interferenze in ordine alle varie responsabilità soggettive aggiungendosi che la base probatoria su cui si sostanzia il provvedimento di sequestro è flessibile in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti . 3. Il provvedimento del Tribunale di Bolzano va dunque annullato con rinvio degli atti al medesimo ufficio per nuovo esame alla luce dei principi sopra richiamati. P.Q.M. annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bolzano - Sezione per il Riesame delle Misure Cautelari - per nuovo esame.