Revoca della confisca di prevenzione definitiva solo con prove nuove e non deducibili nel giudizio di prevenzione

Nonostante la genesi derivata rispetto all’istituto della revisione, gli interessi tutelati dalla revocazione della confisca di prevenzione sono diversi e presuppongono spettri di deduzione probatoria più stringenti. Se, infatti, nell’ambito della revisione possono ammettersi anche prove deducibili nel giudizio e ivi non dedotte, nel perimetro della revocazione ex articolo 28 D.Lgs.159/2011 ciò non può consentirsi il diritto di proprietà, sebbene garantito costituzionalmente, è posto su un grado assiologico inferiore rispetto al bene della libertà personale .

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 2190/21, depositata il 19 gennaio u.s., si pronuncia in tema di confisca di prevenzione, con particolare riguardo all’ipotesi di revocazione di cui all’art. 28 d.lgs. numero 159/2011. Il fatto. La Corte d’Appello di Potenza dichiara inammissibile de plano la revocazione proposta da tre soggetti, destinatari di un decreto applicativo della confisca di prevenzione su un immobile disposta dal Tribunale Di Lecce nel 2017. I due proposti e la terza interessata, pertanto, propongono ricorso per Cassazione avverso il provvedimento emesso dalla Corte territoriale potentina, lamentando la correttezza della decisione pregiudiziale resa in assenza di contraddittorio circa la ritenuta insussistenza del presupposto fondante la revocazione ex art. 28 d.lgs. 6 settembre 2011, numero 159. In particolare, si contesta l’apparato decisionale con riguardo alla paventata assenza di novità delle prove addotte a sostegno della relativa istanza. Il ricorso è infondato. I Giudici di Legittimità della Sesta Sezione non ritengono condivisibili le censure difensive. Con la sentenza in esame, tuttavia, la Corte coglie l’occasione per precisare i limiti perimetrali della prova idonea a fondare il presupposto della revocazione della confisca di prevenzione ormai definitiva. Osservano i Giudicanti, all’uopo, che l’istituto in parola costituisce espressione dello sforzo pretorio, praticato prima del 2011, di cercare soluzioni normative per la rimozione di effetti ablativi irrevocabili in assenza di uno specifico strumento. Si faceva ricorso, pertanto, all’istituto della revisione, sebbene con molte riserve circa i limiti dell’applicazione analogica alle misure di prevenzione. Con il codice antimafia, nel 2011 il legislatore disciplina, sulla falsariga dello strumento della revisione, la revocazione, come misura di tipo straordinario da poter esperire in caso di emergenza di nuova prova non esistente o non reperibile al momento del procedimento di prevenzione. E’ pur vero, però, che nonostante la genesi derivata rispetto all’istituto della revisione, gli interessi tutelati dalla revocazione delle misure di prevenzione patrimoniali sono diversi e presuppongono spettri di deduzione probatoria più stringenti. Se, infatti, nell’ambito della revisione possono ammettersi anche prove deducibili nel giudizio e ivi non dedotte, nel perimetro della revocazione ex art. 28 d.lgs. numero 159/2011 ciò non può consentirsi il diritto di proprietà, sebbene garantito costituzionalmente, è posto su un grado assiologico inferiore rispetto al bene della libertà personale”. Ciò posto, poiché nel caso in disamina le prove erano preesistenti al giudizio di prevenzione , la Corte di Cassazione conferma l’osservanza dei principi normativi dettati in materia da parte del Collegio territoriale e, pertanto, rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 ottobre 2020 – 19 gennaio 2021, n. 2190 Presidente Fidelbo – Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato la Corte di Appello di Potenza ha dichiarato inammissibile de plano la revocazione, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, ex art. 28, chiesta da N.L. e N.G. in qualità di proposti nonché da N.E. terza interessata della confisca disposta dal Tribunale di Lecce con il Decreto n. 3 del 2017, divenuto definitivo all’esito del gravame di merito e del successivo ricorso di legittimità interposti dai proposti e dalla terza interessata. 2. La decisione impugnata lega la valutazione pregiudiziale nel caso operata alla ritenuta insussistenza del presupposto fondante la revocazione ai sensi del citato D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, lettera a , quello della novità delle prove a sostegno della richiesta in particolare, ad avviso della Corte territoriale, le prove addotte documentazione aerofotogrammetrica e fatture relative ad utenze , volte a comprovare che l’immobile descritto nel ricorso era già stato ultimato nel 2004 e non nel 2009, come ritenuto nel decreto di confisca, erano preesistenti alla decisione da revocare e dovevano ritenersi nella disponibilità dei soggetti interessati, tanto da poter essere dedotte nel relativo giudizio. 3. Propongono ricorso N.L. , N.G. e N.E. e lamentano violazione di legge e difetto di motivazione avuto riguardo all’art. 634 c.p.p. e al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28. Si contesta, in punto di rito, l’irrituale sovrapposizione di valutazioni afferenti la fasce rescissoria nella fase rescindente ancora, l’assenza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali si è ritenuto che le prove addotte siano preesistenti alla decisione oggetto di revocazione l’erroneità dell’interpretazione offerta sul concetto di prova nuova utile a giustificare la revocazione, atteso che, non diversamente dalla prova che deve sostenere il giudizio di revisione, deve ritenersi tale anche quella deducibile e non dedotta, risultando preclusa solo quella già valutata, pur implicitamente, nel giudizio chiuso con la decisione da revocare. 4. Nell’interesse del solo N.L. , la difesa ha depositato in data 12 ottobre 2020 una memoria sottoscritta dal nuovo difensore, avvocato Federico Massa , con la quale si è rimarcato che l’aereofotogrammetria richiamata nell’istanza di revocazione, per quanto preesistente al giudicato, è stata pacificamente acquisita in epoca successiva alla intervenuta definitività della misura di prevenzione reale in disamina tanto imponeva la trattazione nel merito del giudizio di revocazione atteso che la Corte avrebbe dovuto argomentare sulle ragioni a mente delle quali la parte interessata, pur avendo la disponibilità di tale prova già nel corso del procedimento di prevenzione, ne avrebbe trascurato l’allegazione. 5. La Procura Generale, con requisitoria acquisita in atti, ha concluso per la inammissibilità del ricorso. 6. Con memoria pervenuta il 23/10/2020, la difesa del N.L. ha replicato alle conclusioni della parte pubblica, rimarcando in particolare il tenore delle difese spiegate con la memoria del 12 ottobre 2020. Considerato in diritto 1. I ricorsi non meritano l’accoglimento per le ragioni precisate di seguito. 2. Giova in primo luogo ribadire che in tema di confisca di prevenzione, il ricorso per cassazione avverso la decisione di rigetto della richiesta di revocazione non soggiace a limitazioni in ordine ai motivi deducibili, essendo detto ricorso regolato, in forza del rinvio del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 28, alle forme degli artt. 630 e ss. c.p.p., dall’art. 640 c.p.p., che non prevede alcuna limitazione al riguardo Sez. 1, Sentenza n. 35763 del 04/06/2019, Grauso, Rv. 277132 Sez. 1, n. 39601 del 19/06/2019, Castaldo, Rv. 276874 . Ne consegue che lo scrutinio nel caso rivendicato dai ricorrenti può coerentente estendersi sino a coprire anche i vizi prospettati nel ricorso facendo leva sulla tenuta della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e . 3. Ciò precisato, sono tre i temi posti dai ricorsi prospettati nell’interesse dei due proposti e della terza interessata. Temi tutti intimamente legati tra loro e che attengono alla correttezza della decisione pregiudiziale resa dalla Corte senza favorire il contraddittorio, motivata dalla ritenuta insussistenza del presupposto fondante la revocazione D.Lgs. 6 settembre 2011, ex art. 28, comma 1, lett. a , in ragione della ritenuta assenza di novità delle prove addotte a sostegno della relativa istanza al perimetro di estensione del concetto di prova nuova utile a fondare l’istanza di revocazione che, secondo quanto prospettato nel ricorso, andrebbe ricostruito alla stessa stregua di quanto ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte per l’istituto della revisione del giudicato penale la tenuta della motivazione del provvedimento impugnato in relazione alle valutazioni svolte nel ritenere la documentazione allegata non utile al fine processuale perseguito ritenendo che la stessa fosse nella disponibilità della parte interessata aspetto con maggior dettaglio dedotto solo con le memorie difensive in atti . 4. Sul primo tema, le doglianze prospettate risultano marcatamente infondate. 4.1. Laddove l’istanza di revocazione palesi profili vizi pregiudiziali, perché estranea ai casi previsti al dato normativo di riferimento, o ne emerga la manifesta infondatezza, immediatamente evincibile dal tenore della stessa richiesta, non sembra revocabile in dubbio che la Corte adita possa decidere d’ufficio, senza attivare il contraddittorio con le parti interessate, con ordinanza di inammissibilità alla stessa stregua di quanto previsto dall’art. 634 c.p.p., in ragione del richiamo, che, per quanto già evidenziato, la disciplina della revocazione delle misure di prevenzione patrimoniali dettata dal codice antimafia art. 28, comma 1 opera alle regole della revisione penale in quanto compatibili. 4.2. Nel caso, il profilo pregiudiziale messo in risalto nel provvedimento impugnato si lega al tema della novità delle prove addotte a sostegno della richiesta. Ed è evidente che laddove l’aspetto in questione risulti escluso già facendo leva sul tenore oggettivo della relativa istanza, tanto da risultare ultronei eventuali altri approfondimenti sul punto, la decisione di inammissibilità assunta senza formalità e d’ufficio dalla Corte non potrà ritenersi in alcun modo censurabile. 4.3. Alla stregua delle superiori considerazioni, la decisione contrastata non merita censure, avendo la Corte territoriale motivato con puntualità sulle ragioni per le quali le prove addotte dagli istanti non potevano ritenersi preesistenti le immagini aereofotogrammatriche, allegate per sostenere l’edificazione del cespite ablato in data antecedente il manifestarsi della pericolosità sociale dei proposti, risalgono, pacificamente, al 2004 e dunque sono certamente preesistenti al giudicato del pari, le fatture prodotte allo stesso fine, risalgono allo stesso anno e riguardano forniture stipulate dal N.L. , il quale, dunque, ben poteva attivarsi in tal senso già nel corso del procedimento. In ogni caso, si rimarca nella decisione impugnata, la difesa non ha in alcun modo neppure addotto le ragioni per le quali non è stata in grado di produrre la relativa documentazione nel corso dei gradi di merito del giudizio di prevenzione e tanto, alla luce di quanto sopra osservato, varrebbe a pregiudicare ogni ulteriore spazio di approfondimento nel merito della relativa istanza di revocazione il merito, rendendo indifferente la potenziale decisività delle prove addotte. 5. È tuttavia chiaro che la correttezza nel merito della decisione assunta dalla Corte territoriale passa indefettibilmente dal superamento degli altri due snodi critici sollevati dalle difese degli odierni ricorrenti, rispetto ai quali assume rilievo essenziale quello legato alla precisa individuazione del raggio di azione che l’interprete deve assegnare alla novità degli elementi fattuali e probatori utili a sostenere la revoca della misura di prevenzione patrimoniale ai sensi dell’art. 28, comma 1, lett. a , del più volte citato art. 28 del codice antimafia. In altre parole, va precisato se può ritenersi prova nuova utile alla revoca della confisca quella che l’interessato non ha dedotto nel procedimento, pur essendo in grado di farlo e in che termini, nel risolvere siffatta questione interpretativa, assuma o meno rilievo la disciplina dettata al codice di rito per la revisione penale, richiamata, ove ritenuta compatibile, per quanto già segnalato, dal codice antimafia nel regolare l’istituto della revocazione delle misure di prevenzione reali. 6. Giova ricordare che l’art. 28 in esame, nel prevedere, oggi, la possibilità di agire per la revocazione della confisca di prevenzione, ha costituito la canonizzazione degli sforzi interpretativi attraverso i quali la giurisprudenza di questa Corte, in assenza di una apposita previsione di legge in tema di prevenzione patrimoniale, ha rinvenuto nel sistema un appiglio normativo utile a ri mettere in discussione l’ablazione divenuta definitiva, una volta che risulti dimostrata la genetica insussistenza dei presupposti che erroneamente ebbero a giustificarla. 6.1. Più in particolare, anteriormente alla entrata in vigore del codice antimafia, a fronte del sopra rappresentato vuoto di disciplina, la giurisprudenza di questa Corte, per un verso ebbe a ritenere inadeguata la strada della applicazione analogica alle misure di prevenzione dello strumento della revisione ex art. 629 c.p.p. Sez. U, Sentenza n. 18 del 10/12/1997, dep. 1998, Pisco, Rv. 210041 per altro verso finì per recuperare sostanzialmente la funzione di questo istituto anche nel campo dell’ablazione di prevenzione, valorizzando, oltre il dato di relativa collocazione sistematica, lo strumento di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 7, comma 2, quale utile veicolo per intervenire ex tunc anche sulle misure reali affette da invalidità genetica. Se ne è consentita, così, la rimozione, rendendo effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell’errore giudiziario, non ostando al relativo riconoscimento l’irreversibilità dell’ablazione determinatasi, che non esclude la possibilità della restituzione del bene confiscato all’avente diritto o forme comunque riparatorie della perdita patrimoniale da lui ingiustificatamente subita Sez. U, Sentenza n. 57 del 19/12/2006, dep. 2007, Auddino, Rv. 234956 . 6.2. La revoca della confisca di prevenzione, per il periodo antecedente la tipizzazione normativa introdotta dalla novella apportata dal D.Lgs. n. 159 del 2011, è stata dunque costruita in via pretoria sulla falsa riga della revisione penale e, non diversamente dal rimedio ora previsto dall’art. 28 del codice antimafia, costituisce misura straordinaria, che postula, in primo luogo, l’emergere di una prova nuova rispetto a quanto emerso nel corso del procedimento di prevenzione, in mancanza della quale finirebbe per assumere le connotazioni di una impugnazione tardiva. La certezza delle situazioni giuridiche comunque sottesa anche alle decisioni divenute definitive in materia di prevenzione patrimoniale impone, altresì, che la prova, oltre ad essere nuova, sia anche decisiva, sia cioè suscettibile di mutare radicalmente i termini della valutazione a suo tempo operata. La nuova emergenza, deve dunque presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio degli elementi a suo tempo acquisiti, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base era intervenuta la decisione Sez. 2, Sentenza n. 41507 del 24/09/2013, Rv. 257334 . 7. Ciò premesso, certa la correlazione dei due istituti, va ora scrutinato il tema della incidenza che la disciplina della revisione penale può assumere rispetto ai profili della prova nuova che, se decisiva, potrebbe legittimare la revocazione della misura di prevenzione patrimoniale. Laddove, infatti, si ritenesse di ricostruire il rimedio che occupa in termini sostanzialmente sovrapposti alla revisione penale, le indicazioni in diritto espresse dalla decisione sottoposta all’odierno scrutinio in ordine al giudizio inerente la novità delle prove addotte a sostegno della revoca dovrebbero ritenersi errate, con conseguente fondatezza del ricorso. 7.1. Va infatti ribadito che la giurisprudenza di questa Corte Sez. U, n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, Pisano, Rv. 220443 è ormai ferma nel ritenere che prove nuove , rilevanti a norma dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c , ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi sia le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna sia quelle formatesi antecedentemente ma scoperte successivamente ad essa sia quelle non acquisite nel precedente giudizio sia quelle acquisite nel precedente giudizio, ma non valutate neppure implicitamente purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudicante . In questa cornice, dunque, non assume rilievo la circostanza che l’omessa conoscenza della prova nuova da parte del giudicante sia imputabile al comportamento processuale negligente, o addirittura doloso, del condannato, poiché tali ultime circostanze potrebbero al più essere prese in considerazione ai fini del riconoscimento del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario Sez. 3, n. 13037 del 18/12/2013, dep. 2014, Segreto, Rv. 2.59739 . Ricostruita in questi termini, la prova nuova utile a fondare la revoca della confisca finirebbe, quindi, per abbracciare anche emergenze deducibili e non dedotte nel corso del giudizio di prevenzione e, altrettanto ovviamente, sarebbe anche inutile scrutinare le ragioni della relativa inerzia nel corso del procedimento di prevenzione, assumendo rilievo finanche la scelta difensiva strategica in tal senso. 8. Un siffatto assunto non sembra condivisibile. 8.1. Giova in primo luogo evidenziare che dopo l’intervento reso dalla sezioni unite Auddino , le interpretazioni offerte sul punto dalla giurisprudenza di legittimità avuto riguardo al perimetro dentro il quale circoscrivere lo spazio di azione della prova nuova utile a fondare la revoca non sono state univoche. Ciò per il vero per in ragione di una certa contraddittorietà di contenuti già riscontrabile nell’argomentare di quest’ultimo arresto, avendo le Sezioni unite per un verso ribadito che la richiesta di revoca non consente di rimettere in discussione atti o elementi già considerati nel procedimento di prevenzione, tra questi compresi anche quelli in esso deducibili per altro verso, per aver di fatto smentito tale ultima delimitazione, rimarcando, quasi contestualmente, che la richiesta di rimozione del provvedimento definitivo deve muoversi nello stesso ambito della rivedibilità del giudicato di cui agli artt. 630 e ss. c.p.p. . 8.2. Tale incertezza argomentativa ha avuto puntuale riscontro nell’esperienza interpretativa successiva delle sezioni semplici. Accanto a sentenze che ricostruiscono lo spettro di operatività della richiesta di revoca legata a nuove emergenze fattuali in termini sostanzialmente identici alla revisione del giudicato penale Sez. 5, Sentenza n. 148 del 04/11/2015, dep. 2016, Rv. 265922 , se ne rinvengono altre per il vero più numerose che di fatto, non sempre con il dovuto approfondimento argomentativo, collocano la revoca di prevenzione al di fuori degli schemi probatori propri del procedimento ex artt. 629 e ss c.p.p. così come ricostruiti dalla giurisprudenza di legittimità sul tema. In particolare, secondo siffatto orientamento, non potrebbero essere dedotti con la revoca fatti e prove già nella disponibilità del soggetto interessato, dunque deducibili e ma non dedotte, per qualsiasi motivo, nel corso del giudizio di prevenzione Sez. 2, Sentenza n. 11818 del 07/12/2012, dep. 2013, Rv. 255530 Sez. 6, Sentenza n. 44609 del 06/10/2015, Rv. 265081 Sez. 5, Sentenza n. 303 1 del 30/11/2017, dep. 2018, Rv. 272104 . 8.3. Conflitto valutativo, questo, che ha trovato continuità anche dopo la novella apportata dal codice antimafia. Pur a fronte della intervenuta tipizzazione del rimedio straordinario previsto per la confisca di prevenzione per il tramite del disposto di cui all’art. 28 più volte citato, si rinvengono arresti che tendono ad interpretare il dato positivo che oggi espressamente disciplina la materia in termini di sostanziale coincidenza con il perimetro di operatività della revisione sempre con riguardo al tema del corredo probatorio che deve sostenere le rispettive istanze da ultimo, Sez. 2, Sentenza n. 19414 del 12/03/2019, Rv. 276063 e si riscontrano decisioni che pur muovendo dalla stretta correlazione tra revocazione della confisca e revisione del giudicato, distinguono poi i due istituti proprio sul piano delle emergenze probatorie che li sostengono avuto riguardo proprio al tema delle prove deducibili ma non dedotte nel corso del giudizio di prevenzione, senza soffermarsi tuttavia sulla linearità di una tale impostazione ex multis, Sez. 6, Sentenza n. 31937 del 06/06/2019, Rv. 276472 vi sono arresti, infine, con i quali si ribadisce una più restrittiva interpretazione del dato probatorio utile a giustificare la rivisitazione del giudicato da prevenzione patrimoniale, muovendo da una diversa visione fondo dei due istituti tra questi, Sez. 6, Sentenza n. 26341 del 09/05/2019, Rv. 276075 . 8.3. Quest’ultima statuizione, in particolare, merita attenzione perché, pur senza toccare direttamente il tema della possibilità di addurre a sostegno della revocazione prove deducibili ma non dedotte nel corso del giudizio di prevenzione, muove da una condivisibile ricostruzione dei rapporti che corrono tra revocazione ex art. 28 e revisione del giudicato penale. Sotto questo versante, nel citato arresto, si evidenzia come il richiamo alle forme previste dall’art. 630 c.p.p., contenuto nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 28, non consenta di assimilare i due istituti sotto il profilo dei presupposti sostanziali che sono disciplinati in modo autonomo e distinto, senza possibilità di interferenza attesa la diversa materia regolata e la differente natura degli interessi tutelati, oltre che del diverso testo normativo . Ciò deve ritenersi ostativo alla pedissequa riproposizione, in tema di revocazione della confisca, dell’interpretazione estensiva del concetto di prova nuova seguita in materia di revisione sia per il dato testuale della norma che disciplina i casi di revisione della confisca prevedendo delle ipotesi specifiche, da intendersi tassative, e che, con specifico riferimento alle prove nuove, richiede che esse, oltre ad essere connotate dal carattere della decisività, siano prove sopravvenute alla conclusione del procedimento , quando per contro l’art. 630 c.p.p., lett. c . contempla una nozione più ampia di prova nuova, facendo riferimento non solo al caso della sopravvenienza della prova dopo la condanna ma anche al caso della scoperta di prove nuove, ammettendo quindi in modo espresso che le prove nuove siano non solo quelle sopravvenute dopo la condanna ma anche quelle già esistenti prima della condanna ma di cui sia stata acquisita la conoscenza in epoca successiva . Si è ancora evidenziato, sempre nella sentenza sopra citata, che sebbene la diversità del testo normativo non possa indurre ad escludere dalla nozione di prova nuova la sopravvenuta acquisizione di prove preesistenti, essendo il carattere di novità della prova comunque ontologicamente presente anche nel caso della scoperta di prove preesistenti, l’assimilazione tra i due istituti non può però oltrepassare il dato testuale normativo sino ad includere nella nozione di prova nuova anche il caso di elementi di prova non solo preesistenti, ma addirittura anche già acquisiti nel procedimento di prevenzione . Ne consegue, che pur potendosi assimilare anche ai fini della revisione della confisca di prevenzione il caso di sopravvenuta conoscenza di prove preesistenti al caso di prove sopravvenute perché non ancora esistenti, non è tuttavia possibile prescindere dalla necessaria condizione che si tratti di elementi di prova che non siano stati già acquisiti nel corso del procedimento di prevenzione non a caso, del resto, ad avviso della Corte, nella revocazione viene previsto un termine di decadenza per la proposizione della richiesta di revisione all’art. 28 cit., comma 3, che oltre a delimitare l’ambito temporale di ammissibilità dell’istituto, segna una evidente differenziazione rispetto al procedimento di revisione della condanna che non è soggetto a limitazioni temporali, essendo ammesso in ogni tempo a favore dei condannati ex art. 629 c.p.p. proprio per la diversa natura ed effetti del provvedimento definitivo oggetto dell’impugnazione, essendovi in gioco nel caso di revisione della condanna la tutela della libertà personale da ingiuste compromissioni mentre nel caso di revisione della confisca la tutela della proprietà, quindi la tutela di un bene che seppure tutelato dalla Costituzione non assume la medesima rilevanza, con la conseguente ragionevole diversificazione anche della disciplina della revisione . 8.4. Sembra al Collegio che proprio prendendo le mosse dalla eterogeneità degli interessi tutelati dalla rivisitazione della confisca definitiva rispetto alla revisione del giudicato penale e dando il dovuto riscontro alla peculiarità di sistema che connota la natura della confisca di prevenzione, estranea allo statuto anche costituzionale proprio delle condanne che irrogano pene come precisato anche dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 24 del 2019 , si possa giungere ad affermare che non tutti i profili sostanziali utili alla revisione del giudicato debbano essere pedissequamente riproposti per dare contenuto alla revoca delle misure di prevenzione reale. In altre parole, guardando al profilo legato alla base probatoria utile a mettere in discussione la definitività di un intervento ablativo di prevenzione patrimoniale, pare corretto definirne i contenuti attraverso riferimenti normativi alternativi rispetto a quelli garantiti per il superamento del giudicato penale, senza necessariamente riprendere le letture interpretative offerte con riferimento a tale ultimo dato normativo. 8.5. Nel caso del giudicato penale, è la natura dell’interesse tutelato, negativamente inciso dall’erronea statuizione che si intende privare di stabilità tramite la revisione, che giustifica l’ampio spettro di deduzione probatoria riconosciuto dalla giurisprudenza. Un’identica capacità di prospettazione, capace di assorbire i fatti dedotti ma non valutati e anche quelli non dedotti pur se per scelta difensiva, non sembra potersi giustificare laddove sia in gioco la definitività di una misura di prevenzione patrimoniale, pur in presenza della medesima esigenza di limitare gli effetti negativi correlati ad una erronea statuizione. Muta, infatti, e in termini di sensibile differenza, la posizione oggetto di tutela quale parametro di riferimento per verificare l’ambito di azione riconosciuta al soggetto assertivamente pregiudicato dalla statuizione definitiva erroneamente emessa la misura ablativa posta in discussione, per quanto destinata ad incidere su un diritto costituzionalmente quale quello di proprietà, risente comunque della natura patrimoniale dell’interesse da tutelare nel bilanciamento con l’ulteriore prerogativa della certezza garantita dalla stabilità del giudicato. 8.6. Sotto questo versante, dunque, la posizione del proposto o del terzo interessato erroneamente attinti da una misura ablativa si accosta più coerentemente al soggetto leso da una decisione erronea all’esito di una controversia civilistica piuttosto che a quello del soggetto che ha subito una condanna penale. Ciò, del resto, assume ulteriore ragionevolezza, una volta che alla confisca si intenda assegnare, secondo la recente lettura che ne ha offerto il Giudice delle leggi con la già citata sentenza n. 24 del 2019 , una funzione meramente ripristinatoria rispetto ad acquisti effettuati dal pericoloso sociale senza un titolo validamente tutelabile, perché non conforme alle regole dell’ordinamento giuridico. Tanto rende sempre meno comprensibile, sotto il versante del favor probatorio che può sostenerne la domanda, il riferimento al medesimo metro di giudizio utilizzato per la revisione del giudicato penale e ciò ancor di più se si tiene a mente la complessiva cornice di sistema sottesa all’intervento in prevenzione, in forza della quale, per l’interesse pubblicistico assunto dal bene confiscato in ragione della destinazione che se ne è data dopo la definitività della confisca, il diritto del soggetto ingiustamente attinto da una confisca ad ottenere la restitutio in integrum delle utilità patrimoniali pretermesse arg. ex art. 46 del codice antimafia può finire per trasformarsi in una mera pretesa patrimoniale equivalente. 8.7. In questa ottica, proprio il regime delle prove preesistenti, sia quelle acquisite ma neppure implicitamente valutate, sia quelle mai dedotte nel corso del procedimento di prevenzione, merita una regola di giudizio che non può essere pedissequamente ricavata dal sistema di tenuta del giudicato penale. Nulla preclude all’interprete, piuttosto, di trarre dal sistema civilistico la relativa regola di giudizio, considerando l’assonanza di fondo che corre tra le due posizioni pretermesse. E così, mutuando le indicazioni dettate sul punto dall’art. 395 c.p.c., se per un verso deve escludersi ogni rilievo alle prove acquisite ma non valutate, per altro verso, quelle non dedotte potranno supportare la richiesta di revoca solo quando si adduca l’impossibilità di provvedere altrimenti per la riscontrata sussistenza della forza maggiore arg. ex n. 3 del citato art. 395 . Da qui l’inconferenza delle prove preesistenti, dedotte solo con l’istanza per fatti comunque imputabili all’interessato. 8.8. Sul piano esegetico, poi, non va trascurato che l’art. 28 del codice antimafia contiene diversi collegamenti alla disciplina della revocazione prevista dal codice di rito civile. Come già chiarito da questa Corte con considerazioni che sono da ritenersi certamente condivisibili Sez. 5, Sentenza n. 28628 del 24/03/2017, Rv. 270238 nello stesso senso in motivazione, Sez. 5, sentenza n. 32471 del 13/06/2019 Sez. 1, sentenza del 7 marzo 2019 n. 12968 e che di seguito vengono riportate in modo pedissequo il riferimento alla disciplina della revisione penalistica, contenuto nell’art. 28, è non all’istituto ma, dichiaratamente, soltanto alle forme dell’art. 630 c.p.p. si pensi, in particolare al giudice competente , non avendo il legislatore del 2011, rinunciato a formulare una autonoma casistica delle ipotesi nelle quali la revocazione è richiedibile . Piuttosto, va rimarcato che l’art. 28 più volte richiamato contiene diversi collegamenti alla disciplina della revocazione prevista dal codice di rito civile. Ciò non solo sul piano nominalistico ma anche su quello della sostanza, se si considera che l’art. 395 c.p.p., ammette alla revocazione, tra gli altri casi, quello in cui dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore omissis una locuzione, questa, che, come si sottolinea nel precedente da ultimo citato Sez. 5, Sentenza n. 28628 del 24/03/2017 rende evidente la volontà di sindacare e scoraggiare i comportamenti negligenti o tattici dell’interessato e si riflette in quella dell’art. 28, comma 1, lett. a ”. A parte le ontologiche differenze tra i due istituti, viene rimarcato che in entrambi i casi la disciplina positiva indica come imprescindibile, oltre al requisito della decisività della prova nuova, quello della scoperta di essa dopo la adozione del provvedimento conclusivo da revocare”. La norma processual-civilistica, ha ribadito la Corte nel citato arresto, è stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la prova nuova che legittima alla revocazione è solo quella che la parte non abbia potuto a suo tempo produrre per causa di forza maggiore e che sia stata recuperata solo successivamente a tale decisione una interpretazione che, tuttavia, potrebbe cooperare alla interpretazione dell’art. 28 la cui lettera rimanda in modo chiaro alle prove che sono scoperte dopo oltre a quelle che sono sopravvenute alla conclusione del procedimento l’una espressione, cioè, deve intendersi che, nell’ottica della prevenzione a differenza che in quella processual-civilistica, si aggiunga e rafforzi l’altra con la necessaria integrazione interpretativa di carattere logicosistematico, in base alla quale, ai fini della revocazione della confisca di prevenzione, la necessità della scoperta successiva - oggi in modo netto rispetto al passato implica la incompatibilità di tale situazione con quella di un precedente atteggiamento meramente omissivo nella allegazione degli elementi, da parte dell’interessato, nel procedimento concluso con provvedimento di cui, in seguito, si richiede la revocazione . 11. Alla luce delle superiori coordinate, deve in coerenza concludersi per l’infondatezza dei ricorsi, anche in relazione alle obiezioni sollevate con le memorie difensive allegate nell’interesse del N.L. . Le prove addotte, per come non è incontroverso nella specie, erano preesistenti al giudicato da superare per il tramite della chiesta revocazione. È altrettanto pacifico che le stesse erano nella diretta disponibilità dei ricorrenti le fatture o avrebbero potuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza attivando nel corso del procedimento le medesime istanze che oggi hanno portato all’acquisizione del rilievi aereofotogrammetrici prodotti solo con la revocazione . Spettava dunque alla difesa indicare le ragioni di forza maggiore che non consentirono agli interessati di procedere alle stesse allegazioni nel corso del procedimento sfociato con la confisca definitiva e ciò al fine di escludere ogni valutazione di imputabilità agli stessi delle conseguenze di siffatta inerzia, essendo indifferente al fine che la disponibilità di tali prove sia stata materialmente acquisita solo dopo il giudicato, laddove nulla si evidenzi in ordine ai motivi di tale tardiva acquisizione. E in parte qua nè l’odierno ricorso, nè soprattutto l’originaria istanza forniscono utili indicazioni in tal senso, così da porre il provvedimento impugnato al riparo dalle censure prospettate dai ricorrenti. 12. Alla reiezione del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.