Blitz antidroga in una casa: illegittimo l’arresto

Gli elementi riscontrati dai carabinieri sono ritenuti insufficienti dai Giudici della Cassazione. Impossibile sostenere la quasi flagranza del reato. Irrilevante anche il comportamento del cane antidroga all’interno dell’appartamento.

Blitz antidroga dei carabinieri. Illegittimo l’arresto basato sul rinvenimento di un borsone contenente droga e denaro vicino a un immobile abbandonato posizionato di fianco alla casa sottoposta a perquisizione. Non decisivo neanche il fatto che all’interno dell’appartamento il cane antidroga abbia puntato con insistenza un sofà posizionato nel soggiorno Cassazione, sentenza n. 2240/21, depositata il 19 gennaio . Il fatto risale al maggio del 2020, quando, una mattina, i carabinieri compiono un blitz in casa di un uomo e lo arrestano per avere detenuto all’interno dell’abitazione 5 grammi di cocaina e 4 grammi di hashish . L’arresto viene convalidato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale. E pronta arriva l’opposizione del difensore che rappresenta l’uomo fermato dai militari dell’Arma. Il legale presenta ricorso in Cassazione e sostiene non vi sia la prova del collegamento e della contestualità della condotta illecita accertata con la persona dell’arrestato, atteso che lo stupefacente in sequestro è stato rinvenuto in un luogo che non era nella disponibilità dell’indagato, ossia all’interno dell’orto della proprietà confinante alla sua abitazione . In sostanza, secondo il legale l’esito dell’operazione di perquisizione e sequestro non consente di individuare quella situazione sorprendere l’agente con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima che legittima il ricorso all’arresto . Prima di esaminare la questione, però, è necessario esaminare i dettagli dell’operazione compiuta dai carabinieri e ricostruita dal Giudice per le indagini preliminari. Una mattina di maggio del 2020 i militari dell’Arma hanno eseguito una perquisizione domiciliare presso l’abitazione di un uomo. Dopo avere bussato, i militari hanno atteso per circa un quarto d’ora l’apertura della porta dell’abitazione, munita di sbarra antisfondamento. La perquisizione domiciliare si è rivelata negativa, anche se il cane antidroga ha segnalato, con insistenza, un piccolo sofà ubicato nel soggiorno . Subito dopo la perquisizione è stata estesa all’area limitrofa all’abitazione e qui, nello spazio esterno di un immobile confinante disabitato e fatiscente , separato dalla proprietà dell’indagato da un muro di cinta alto due metri, è stata rinvenuta una borsa a tracolla contenente la sostanza stupefacente ed una somma di denaro . Il GIP sottolinea che la borsa era ben pulita e con colori non attenuati da agenti atmosferici. Dunque, ivi relitta da pochissimo tempo . Di conseguenza, secondo il Giudice, sarebbe illogico ipotizzare che terze persone della cui presenza nei pressi non si ha alcuna traccia abbiano abbandonato una borsa contenente anche denaro senza ragioni di impellenza assoluta, impellenza, invece, gravante sul soggetto sottoposto alla perquisizione . Inoltre il Giudice osserva che il cane antidroga aveva segnalato la presenza di stupefacente – che non veniva rinvenuto – nell’abitazione dell’arrestato e aggiunge che il lancio della borsa dall’abitazione dell’uomo era stato ampiamente possibile nei lunghi minuti nei quali egli lasciava i carabinieri in attesa all’esterno dell’abitazione mentre la predisposizione delle telecamere e del sistema antisfondamento della porta appariva preordinata a guadagnare l’impunità in relazione a malaugurati controlli di polizia giudiziario , e, sempre secondo il GIP, anche questa circostanza vale a consolidare la piattaforma indiziaria . In sostanza, l’arresto viene ricondotto alla ipotesi di quasi flagranza nel reato . Proprio sul concetto di quasi flagranza si soffermano i Giudici della Cassazione, ricordando, in premessa, che la condizione di quasi flagranza richiede e presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato e che ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato non richiede la diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, né che la sorpresa avvenga in maniera non casuale, ma solo l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le cose o le tracce del reato . In questa vicenda specifica, però, osservano i magistrati, non sussiste un collegamento pregnante tra l’arrestato ed il reato, non potendosi ritenere inequivocabili gli elementi di collegamento tra il reo e le tracce del reato . A tal proposito, è ritenuta inidonea la circostanza che il cane antidroga avesse segnalato con insistenza un piccolo sofà nel soggiorno dell’uomo, circostanza che si risolve in un mero elemento di sospetto e, allo stesso tempo, è considerata non decisiva la circostanza che l’indagato aveva avuto tempo e modo di potersi disfare, attraverso un lancio, di quanto in sequestro poiché egli aveva temporeggiato per oltre un quarto d’ora prima di aprire la porta dell’abitazione . Inutili, poi, secondo i Giudici, le ulteriori valutazioni, di carattere logico mirate ad escludere una possibile ricostruzione alternativa della presenza in un immobile fatiscente ed abbandonato della borsa contenente droga e denaro . Tirando le somme, non ci si trova in presenza né di una flagrante condotta di detenzione – lo stupefacente non si trovava in casa o in luoghi nella disponibilità dell’indagato ma era rinvenuto nel giardino di una casa disabitata adiacente a quella dell’indagato – né in presenza di tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato che come tali siano state immediatamente percepite da chi ha proceduto all’arresto , bensì, secondo i Giudici, ci si trova di fronte a circostanze che costituiscono frutto della soggetta valutazione dei carabinieri che avevano operato l’arresto . In sostanza, l’arresto è da considerare illegittimo poiché eseguito in assenza delle condizioni di quasi flagranza .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 dicembre 2020 – 19 gennaio 2021, n. 2240 Presidente Petruzzellis – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha convalidato l'arresto di Pi. Ma., eseguito dai Carabinieri di Manduria il 27 maggio 2020 alle ore 06 45, in relazione al reato di cui all'art. 73, commi 1 e 4, D.P.R. 309/1990, per avere detenuto all'interno dell'abitazione, sostanze stupefacenti tipo cocaina, del peso di gr. 5, ed hashish, del peso di gr. 4. 2. Avverso l'ordinanza di convalida ha proposto ricorso il difensore del ricorrente, con motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, denunciando erronea applicazione dell'art. 382 cod. proc. pen., in merito alla sussistenza della flagranza ovvero quasi flagranza del reato. Non sussiste, infatti, la prova del collegamento e della contestualità della condotta illecita accertata con la persona dell'arrestato atteso che lo stupefacente in sequestro è stato rinvenuto in luogo che non era nella disponibilità dell'indagato, ovvero nell'abitazione dell'indagato ma, al contrario, all'interno dell'orto della proprietà confinante. L'esito dell'operazione di perquisizione e sequestro non consente, pertanto, di individuare quella situazione sorprendere l'agente con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima che legittima il ricorso all'arresto. Dalla motivazione dell'ordinanza impugnata traspare come il giudice per le indagini preliminari, anziché arrestare la sua verifica al controllo di ragionevolezza e in relazione allo stato di flagranza, si sia spinto fino a valutare, secondo il percorso tipico dell'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza così finendo con il sovrapporre, ovvero far coincidere, il piano della valutazione della legittimità della misura pre-cautelare con quello della misura cautelare. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento. 2. Il giudice per le indagini preliminari ha ricostruito l'operazione di polizia che ha condotto all'arresto del ricorrente dando atto che alle ore 6 45 del 27 maggio 2020 i Carabinieri di Manduria avevano eseguito una perquisizione domiciliare presso l'abitazione di Pi. Ma Dopo avere bussato i militari avevano atteso per circa un quarto d'ora l'apertura della porta dell'abitazione, munita di sbarra antisfondamento. La perquisizione domiciliare si era rivelata negativa anche se il cane antidroga aveva segnalato, con insistenza, un piccolo sofà ubicato nel soggiorno. La perquisizione era stata estesa all'area limitrofa all'abitazione e qui, nello spazio esterno di un immobile confinante numero civico 61, disabitato e fatiscente , separato dalla proprietà dell'indagato sita al numero civico 63 da un muro di cinta alto due metri, era stata rinvenuta una borsa a tracolla contenente la sostanza stupefacente descritta nel capo di imputazione provvisorio ed una somma di denaro. La borsa era ben pulita e con colori non attenuati da agenti atmosferici , dunque, secondo la ricostruzione dell'ordinanza impugnata, ivi relitta da pochissimo tempo. Sarebbe illogico ipotizzare, prosegue il giudice, che terzi della cui presenza nei pressi non si ha alcuna traccia , abbiano abbandonato una borsa contenente anche denaro senza ragioni di impellenza assoluta, impellenza, invece, gravante sul solo Ma. l'unico ad essere sottoposto alla perquisizione. Inoltre il cane antidroga aveva segnalato la presenza di stupefacente nell'abitazione dell'arrestato, che non veniva rinvenuto e il lancio della borsa dall'abitazione del Ma. era stato ampiamente possibile nei lunghi minuti nei quali lasciava i Carabinieri in attesa all'esterno dell'abitazione mentre la predisposizione delle telecamere e del sistema antisfondamento della porta appariva preordinata a guadagnare l'impunità in relazione a malaugurati controlli di polizia giudiziario, e, dunque, si tratta di circostanza che vale a consolidare la piattaforma indiziaria. La motivazione del provvedimento impugnato riconduce correttamente l'arresto eseguito alla ipotesi quasi flagranza, piuttosto che a quella della flagranza nel reato evocata dal capo di imputazione provvisorio ove si fa riferimento alla detenzione dello stupefacente presso l'abitazione del ricorrente. 3. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che la condizione di quasi flagranza , richiede e presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all'arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015, dep. 2016, P.M. in proc. Ventrice, Rv. 267591 . Ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato non richiede la diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, né che la sorpresa avvenga in maniera non casuale, ma solo l'esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le cose o le tracce del reato. Con particolare riferimento alla nozione di quasi flagranza la sentenza indicata ha precisato che la norma di cui all'art. 382, comma 1, cod. proc. pen. concentra in una unica disposizione le previsioni collocate in commi distinti del corrispondente articolo del codice abrogato, in prospettiva unitaria, condotte e situazioni che assumono rilievo nella evidenza della loro materialità, siccome espresse da dati effettuali, quali l'essere il soggetto colto nell'atto di commettere il reato ovvero l'essere sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima ed ha sottolineato la significatività dell'intervento del legislatore - con la risalente disposizione recata dall'art. 7 della legge 18 giugno 1955, n. 517, secondo la quale bastava che le cose o le tracce della quasi flagranza potessero far presumere che il reo avesse commesso poco prima il delitto - che ha sostituito alla soggettività della valutazione, la valorizzazione dell'oggettività del dato segnaletico, rivelatore della reità. L'arresto in flagranza o quasi flagranza, e quindi in assenza di un provvedimento motivato della autorità giudiziaria, rappresenta - come ben ricordava la sentenza indicata - un istituto di carattere eccezionale, in tal senso espressamente connotato dall'articolo 13, terzo comma, Cost., la cui disciplina è di stretta interpretazione articolo 14, primo comma, preleggi , e la cui legittimità deve essere esclusa ogniqualvolta la traccia del reato sia intrinsecamente equivoca ed implichi apprezzamenti e valutazioni incompatibili con la semplice constatazione. 3.1. Nel caso di specie non sussiste un collegamento pregnante tra l'arrestato ed il reato, non potendosi ritenere inequivocabili gli elementi di collegamento tra il reo e le tracce del reato, come descritti nell'ordinanza impugnata. Inidonea a questo fine è la circostanza che il cane antidroga avesse segnalato con insistenza un piccolo sofà del soggiorno del ricorrente, che si risolve in un mero elemento di sospetto. Né possiedono valenza inequivoca, quale emergente dalla mera constatazione che l'evidenza sottintende, la circostanza che l'indagato aveva avuto tempo e modo di potersi disfare, attraverso un lancio, di quanto in sequestro poiché egli aveva temporeggiato per oltre un quarto d'ora prima di aprire la porta dell'abitazione ovvero le ulteriori valutazioni, di carattere logico, sulle quali è incentrata l'ordinanza che esclude la possibile ricostruzione alternativa della presenza in un immobile fatiscente ed abbandonato della borsa contenente droga e denaro se non per iniziativa dell'indagato. 4. Rileva il Collegio che in sede di convalida, il giudice, oltre a verificare l'osservanza dei termini previsti dall'art. 386 comma 3, cod. proc. pen. e dall' art. 390, comma 1, cod. proc. pen., deve controllare la ricorrenza dei presupposti che consentono l'adozione del provvedimento di arresto e, pertanto, valutare la legittimità dell'operato della polizia sulla base di una verifica, ispirata a criteri di ragionevolezza, che coinvolge lo stato di flagranza o quasi flagranza e la ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381, cod. proc. pen Ciò non preclude, e si dice cosa ovvia, che gli elementi oggetto della valutazione del giudice coincidano con i gravi indizi di colpevolezza, ai fini dell'adozione dell'ordinanza cautelare, ma ciò solo nella misura in cui, ai fini della necessaria verifica della legittimità dell'adozione dell'arresto, vi sia la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi procede all'arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato immediatezza che, viceversa, non ricorre quando la traccia del reato sia intrinsecamente equivoca ovvero quando la ricostruzione dell'operazione di polizia implichi apprezzamenti e valutazioni incompatibili con la semplice constatazione e sia frutto della ricostruzione indiziaria del giudice stesso e, prima ancora, della polizia. L'arresto in flagranza consiste in un atto che presenta assoluta peculiarità, rispetto agli altri provvedimenti coercitivi poiché nella misura precautelare la esecuzione della coercizione è coessenziale rispetto alla deliberazione di chi lo esegue. La misura precautelare consiste e si esaurisce nella sua materiale esecuzione, perché è dalla legge prevista come essenzialmente attuosa e la stessa configurazione normativa della misura risulta speculare rispetto alla denotazione delle ipotesi di flagranza o quasi flagranza che risiedono nella pertinenza sul piano fattuale alla condotta delittuosa colta nel mentre si compie ovvero nella immediata proiezione materiale della perpetrazione per essere l'agente colto, dopo la commissione del reato, con cose o tracce rivelatrici della subitanea commissione del delitto. Nel caso in esame non ci si trova in presenza né di una flagrante condotta di detenzione -lo stupefacente non si trovava in casa o in luoghi nella disponibilità dell'indagato ma era rinvenuto nel giardino di una casa disabitata adiacente a quella dell'indagato - né in presenza di tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l'indiziato che come tali siano state immediatamente percepite da chi ha proceduto all'arresto quanto di circostanze che costituiscono frutto della soggetta valutazione dei carabinieri che avevano operato l'arresto stesso. 5. Anche l'annullamento dell'ordinanza di convalida perché l'arresto è stato eseguito in assenza delle condizioni di quasi flagranza va disposto senza rinvio, poiché il ricorso, avendo ad oggetto la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell'operato degli agenti di polizia giudiziaria e l'eventuale rinvio solleciterebbe una pronuncia meramente formale, priva di ricadute quanto ad effetti giuridici, cfr. Sez. 5, n. 15387 del 19/02/2016, Cosman e altro, Rv. 266566 P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza di convalida per l'assenza delle condizioni di quasi flagranza.