Negligente il difensore che non rispetta il termine per impugnare dando la colpa al lockdown

Il difensore lamentava di non avere potuto osservare il termine per impugnare per via dell’impossibilità di accedere presso la cancelleria durante il periodo del lockdown. La Corte di Cassazione, invece, riconduce l’accaduto alla sua negligenza, connessa alla mancata conoscenza della normativa emergenziale.

Così si è espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 1211/21, depositata il 13 gennaio. Il GIP di Lecco, nelle vesti di Giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di remissione nel termine per proporre opposizione contro il decreto penale di condanna emesso nei confronti dell’imputato. Il difensore di quest’ultimo sosteneva, infatti, di non avere potuto osservare il termine di impugnazione previsto per caso fortuito o forza maggiore dovuti alla impossibilità di accedere alla cancelleria durante il periodo di lockdown . Il difensore propone, dunque, ricorso per cassazione, lamentando il fatto che, durante il suddetto periodo, l’accesso agli uffici del Tribunale fossero consentiti solo previo appuntamento, quando le linee guida adottate dall’Ufficio consentivano l’accesso per gli atti urgenti senza appuntamento. Inoltre, lo stesso afferma che, proprio per questo motivo, egli aveva inoltrato l’impugnazione a mezzo PEC ad un indirizzo che, poi, si era rivelato inesistente. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso non fondato , osservando che in base alla normativa emergenziale, ovvero il d.l. n. 18/2020 e il successivo d.l. n. 23/2020, essendo sospesi tutti i termini processuali non decorreva neppure quello volto a proporre opposizione al decreto penale di condanna. La Corte rileva, dunque, che ciò che riporta il difensore non può ricondursi ad una situazione di urgenza ma è frutto di una innegabile negligenza dovuta alla mancata conoscenza della normativa citata, considerando che egli non aveva considerato che il termine di 15 giorni per proporre opposizione al decreto penale di condanna ex art. 461 c.p.p. terminata la sospensione legale avrebbe cominciato a decorrere solo successivamente. Nella stessa direzione si muove anche l’altra doglianza del difensore, connessa all’inoltro dell’opposizione a mezzo PEC, da ricondurre anch’essa alla negligenza del medesimo. L’utilizzo della PEC, infatti, è possibile solo per comunicare atti al giudice, poiché le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione sono tassative e inderogabili , non ammettendo alcuna deroga per via dell’art. 83, comma 11, d.l. n. 18/2020, il quale ha limitato la facoltà di trasmettere le impugnazioni per i soli ricorsi civili . Ciò ribadito, gli Ermellini rigettano il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 novembre 2020 – 13 gennaio 2021, n. 1211 Presidente Palla – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1.Con l’ordinanza impugnata, il Giudice per le indagini preliminari di Lecco, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di remissione nel termine per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna n. 92/20, emesso nei confronti di S.S. , per non avere potuto osservare il termine per l’impugnazione per caso fortuito o forza maggiore connessi all’impossibilità di accedere in cancelleria durante il periodo del lockdown . Assume il difensore di essersi recato presso gli uffici giudiziari del Tribunale di Lecco in data 8 maggio 2020, ultimo giorno utile per l’opposizione, rispetto alla data di notifica dell’atto avvenuta, per l’imputato, il 13 aprile 2020, e al difensore di ufficio il 19 maggio 2020 qui, tuttavia, non gli veniva consentito l’accesso. Pertanto, su indicazione del personale di cancelleria, contattato telefonicamente, egli aveva inoltrato l’impugnazione a mezzo p.e.c. a un indirizzo rivelatosi, successivamente, inesistente. 2. Propone ricorso S. , per il tramite del difensore, il quale denuncia violazione dell’art. dell’art. 175, e degli artt. 24 e 111 Cost. e correlato vizio della motivazione, sotto più profili. Lamenta la Difesa ricorrente che, erroneamente, nell’ordinanza gravata, si afferma che, durante il lockdown, l’accesso agli uffici del Tribunale di Lecco fosse consentito solo previo appuntamento, poiché, al contrario, le linee guida adottate da quell’Ufficio consentivano l’accesso per gli atti urgenti, senza preventivo appuntamento. Inoltre, anche il rilievo di condotta negligente attribuita al difensore nell’omettere di verificare l’avvenuta consegna telematica della comunicazione inoltrata a mezzo PEC, non tiene conto del consolidato orientamento di questa Corte che consente le comunicazioni a mezzo posta certificata solo alla cancelleria verso parti diverse dall’imputato, giammai all’imputato. Infine, si invocano i principi di salvezza degli effetti degli atti ricordando il clima di incertezza normativa che ha caratterizzato i mesi del lockdown, laddove, il dato certo è costituito dal tentativo del difensore di accedere agli uffici di cancelleria per depositare l’atto di opposizione, non essendo in dubbio la volontà di impugnare dell’imputato. 3.Con requisitoria scritta pervenuta il 17/09/2020 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso non è fondato. 1. A prescindere dalla questione, posta con il ricorso, delle modalità con cui era stato organizzato l’accesso agli uffici giudiziari durante la gestione della pandemia, nel periodo c.d. del lockdown , in ordine al quale il GIP, nel provvedimento impugnato, richiama le linee guida di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, che prevedevano l’accesso previo appuntamento, la circostanza che assume rilievo, nella verifica che si richiede con il ricorso, è un’altra. 2. È noto, infatti, che il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, conv. nella L. 24 aprile 2020, n. 27, ha disposto la sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto. 2.1.Con successivo D.L. 8 aprile 2020, n. 23, contenente Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali , convertito nella L. 5 giugno 2020, n. 40, l’art. 36 ha stabilito, testualmente, che il termine del 15 aprile 2020 previsto dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83 commi 1 e 2 è prorogato all’11 maggio 2020 . 3. Questo vuoi dire che nel periodo dal 9 marzo all’11 maggio 2020 essendo sospesi tutti i termini processuali, non decorreva neppure quello per proporre opposizione al decreto penale di condanna notificato allo S. . Come testualmente previsto dal citato art. 36, infatti, il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6 del predetto articolo D.L. n. 18 del 2020, art. 83 n.d.e. è fissato al 12 maggio 2020 . Pertanto, erroneamente si afferma, nel ricorso, che l’8 maggio 2020 fosse l’ultimo giorno per proporre impugnazione, e che, per questo, il difensore patrocinante legittimamente avesse chiesto di accedere agli uffici del Tribunale di Lecco. Anche a volere seguire la prospettazione del ricorrente quanto alla disciplina dell’accesso agli uffici giudiziari non ricorreva una situazione di urgenza. Ma ciò che conta è che la deduzione non tiene conto di quanto previsto dalla legislazione dell’emergenza connessa alla gestione della pandemia da Covid-19. Quanto accaduto al Difensore il giorno 8 maggio 2020, come correttamente valutato dal G.I.P. gravato, è frutto di innegabile negligenza, connessa alla mancata conoscenza della normativa sopra richiamata, non avendo egli tenuto conto che, in realtà, il termine di 15 giorni, per proporre, ex art. 461 c.p.p., l’opposizione al decreto penale di condanna terminata la sospensione legale avrebbe cominciato a decorrere solo il 12 maggio 2020. 4. Allo stesso modo connotata da colpevole negligenza è la scelta di inoltrare l’opposizione a mezzo della posta elettronica, senza peritarsi di verificarne l’esatto e completo perfezionamento rituale, decidendosi a effettuare una verifica presso la cancelleria solo a distanza di un mese, il 12 giugno 2020. 5. E tanto a tacere il fatto che, ai sensi della L. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 16 bis, l’uso del mezzo informativo, della P.E.C., è riservato alle sole comunicazioni degli atti del giudice, in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., sono tassative ed inderogabili Sez. 6, n. 55444 del 05/12/2017, Rv. 271677 nè alcuna deroga a tale disposizione è stata introdotta dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 11, contenente disposizioni per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, che ha limitato la possibilità di trasmettere le impugnazioni ai soli ricorsi civili. Sez. 1 n. 28540 del 15/09/2020, Rv. 279644 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.