Conflitto negativo di competenza per l'applicazione di misure cautelari: il rito è quello camerale “partecipato”

Le forme del rito che la Cassazione deve adottare per risolvere un conflitto di competenza negativo è quello del procedimento camerale partecipato.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, con la sentenza n. 37802/20, depositata il 30 dicembre. Provvedo io? No, grazie, provvedi tu Può succedere che, specialmente all'esito di indagini complesse che riguardano condotte disseminate su diverse parti del territorio, due giudici per le indagini preliminari rifiutino entrambi di decidere sulla richiesta custodiale avanzata dal pubblico ministero, dichiarandosi entrambi incompetenti per territorio. E' prevista la possibilità – discrezionale – di provvedere in via d'urgenza sulla cautela ma, diversamente, la strada è soltanto quella della formalizzazione del contrasto sulla competenza territoriale. In questi casi, il giudice regolatore della competenza è la Suprema Corte, alla quale si rivolge il giudice che rileva il conflitto. E' proprio quello che è successo prima che la Cassazione si pronunciasse con la sentenza che oggi commentiamo, alla quale fa da sfondo una complessa indagine in materia di frode sportiva . Lasciando da parte la questione relativa alla individuazione delle regole di competenza territoriale, su cui la decisione della Cassazione ovviamente si concentra, gli spunti di riflessione più interessanti riguardano la tipologia del rito da adottare. Il rito camerale partecipato o de plano”? Dalla lettura della sentenza in esame comprendiamo che l'udienza di trattazione del conflitto negativo era stata fissata secondo le regole del rito non partecipato, ossia senza darne avviso alle parti. In ragione dell'esistenza di una notevole incertezza sulla tipologia di rito da adottare in questi casi – ricordiamo che l'ipotesi specifica è quella del conflitto su richiesta di applicazione di una misura cautelare custodiale – era stata rimessa la questione alle Sezioni Unite che, però, hanno rispedito al mittente l'incartamento processuale sostenendo che non sussiste un vero e proprio contrasto interpretativo, e anzi dando per pacifico – contrariamente ai precedenti discordanti in materia – che il rito camerale partecipato sia la procedura standard da seguire ove non diversamente disposto dal codice di rito. L'esigenza di garantire la segretezza della pretesa cautelare, e di non vanificarne a priori l'esito con un'imprudente discovery, è l'interesse che si è ritenuto di voler tutelare tutte le volte in cui per risolvere il conflitto negativo si è scelto di procedere con il rito non partecipato. In alcuni casi come testimonia un precedente del 2018, riportato nella sentenza si è pensato di adattare, oseremmo dire artigianalmente, la scelta processuale alle peculiarità delle singole vicende concrete nel 2018 l'adozione del rito non partecipato fu giustificato con il fatto – di rilievo tutt'altro che tecnico/giuridico – secondo cui non si sapeva chi avvisare dato che il giudice che aveva proposto il conflitto aveva oscurato” i dati identificativi dell'indagato in ogni caso si era salvata” la regolarità della scelta processuale con l'esigenza, già citata, di non mortificare l'eventuale efficacia della misura cautelare adottanda. Questo argomento lo ritroviamo anche in una sentenza del giugno scorso a fare da sfondo ad analoga decisione di procedere de plano. Con la sentenza odierna, invece, gli Ermellini, richiamando altri e contrastanti arresti giurisprudenziali, prendono le distanze da simili adattamenti caso per caso” della procedura e, ancor di più, dal principio teorico della necessità di procedere senza partecipazione delle parti per tutelare il segreto della sottofase decisoria cautelare il rito è quello camerale con partecipazione delle parti perchè così vuole – senza che possa sorgere alcun dubbio – il codice di rito vigente che, sul punto, rappresenta anzi l'antitesi del precedente codice Rocco il quale, invece, disponeva che si procedezze solo sulla base della requisitoria del P.G. . La disciplina emergenziale. L'unico discostamento dalle regole procedurali stabilite nel codice è però ufficialmente contenuto nell'arcinoto decreto Ristori”, il quale, nell'ottica del contenimento dei contagi, ha temporaneamente trasformato il rito camerale partecipato di legittimità in quello de plano laddove alcuna delle parti private o il P.G. abbiano avanzato richiesta di trattazione orale nel termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza. Come tutte le normative emergenziali, quella appena cennata contiene un enorme difetto di collegamento con il resto del tessuto codistico che, in tema di termini per la notificazione dell'avviso di udienza, dispone la notifica di quest'ultimo nella misura di dieci giorni antecedenti rispetto a quello dell'udienza stessa. La questione riserverà delle sorprese? Nel caso che ci occupa non si entra nel merito dei profili patologici perchè nessuna delle parti ha avanzato, neppure tardivamente, richiesta di trattazione orale ma attendiamoci ciò accada alla prima occasione utile sarà una causa di nullità di ordine generale? Staremo a vedere.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 27 novembre – 30 dicembre 2020, n. 37802 Presidente Di Tomassi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nola, richiesto dell’applicazione di misura cautelare personale e di misura cautelare reale nel procedimento a carico di una pluralità di indagati, ha rilevato un conflitto negativo di competenza con il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto, che in precedenza si era dichiarato incompetente all’emissione dei provvedimenti cautelari ritenendo l’assenza delle condizioni per provvedere in via d’urgenza. 1.1. Una pari valutazione, di assenza delle condizioni di urgenza, è stata operata dal giudice che ha sollevato conflitto, in ragione della duplice considerazione che le condotte oggetto di addebito sommario risalgono a periodo antecedente il omissis e che gli indagati sono sostanzialmente incensurati o con modesti precedenti penali. Ha dunque ritenuto che non possa ravvisarsi l’imminente pericolo di reiterazione di condotte della stessa specie, anche in ragione della sospensione della totalità delle competizioni sportive su tutto il territorio nazionale per l’emergenza sanitaria da Covid-19. 2. Secondo quanto si trae dall’ordinanza propositiva del conflitto, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto ha escluso la sua competenza in ordine a vari reati-fine, costituti da episodi di frode in competizioni sportive, con riguardo a sei indagati, dal momento che costoro non sono chiamati a rispondere del reato associativo ha quindi affermato che in riferimento a questi indagati, venendo meno l’identità soggettiva in ipotesi di connessione, occorre porre attenzione al luogo di commissione dei singoli reati, individuato in omissis o, al più, in Frattaminore, ove, al fine di alterare le corse ippiche, si è realizzata la promessa di denaro ai drivers. Per un altro gruppo di indagati, per i quali invece sussiste il requisito dell’identità soggettiva tra reati in connessione, quel Giudice per le indagini preliminari ha escluso la sua competenza sulla base del momento e del luogo di consumazione del reato associativo, che è stato individuato in omissis , ove risiedono i capi e i promotori, o, al più, in omissis , ove risiedono gli organizzatori. Sotto tale profilo ha valorizzato che era proprio da tali luoghi che partivano le promesse di denaro, le sollecitazioni, le pressioni finalizzate ad alterare il leale e corretto risultato delle gare ippiche. Infine, quel Giudice ha osservato che, ove si volesse aver riguardo ai criteri suppletivi dell’art. 9 c.p.p., non potrebbe affermarsi la competenza dell’Autorità giudiziaria di Taranto, in quanto in quel circondario non è compreso il luogo ove si è svolta una parte dell’azione, da individuarsi invece in omissis , ove risiedevano alcuni degli organizzatori delle condotte criminose. 3. Rispetto a tale impostazione, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nola ha rilevato che, pur a voler ritenere avvinti dal nesso di continuazione i reati addebitati agli indagati, si è errato nell’individuare il reato più grave, capace di generare forza attrattiva, in quello associativo e non invece in quello di frode sportiva aggravata, variamente contestato agli indagati. Tale delitto, ove aggravato dall’incidenza della condotta su concorsi pronostici e scommesse sportive, è punito più gravemente di quello di associazione per delinquere. La competenza deve pertanto essere determinata in forza dell’art. 16 c.p.p., comma 1, in base al luogo ove risulta esser stato consumato il primo, in ordine di tempo, dei reati di frode sportiva aggravata, capace di attrarre per connessione il meno grave reato associativo. 3.1. Questa regola trova applicazione limitatamente agli indagati che siano concorrenti in quel reato e non può operare per i restanti e diversi indagati, che non possono infatti essere sottratti al giudice naturale. Invero, la connessione per concorso di cui all’art. 12 c.p.p., lett. a , rileva soltanto se sia riferibile a fattispecie in cui concorrono gli stessi compartecipi ove ciò non sia, il vincolo del concorso non è in grado di determinare spostamento della competenza relativamente ad altri soggetti concorrenti in reati diversi, mancando l’elemento volitivo comune a tutti i compartecipi. 3.2. Quando poi si conosca non il luogo di consumazione del reato più grave ma quello in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione, la competenza si radica in base a quest’ultimo luogo. Se, come nel caso di specie, nessuno di tali luoghi è conosciuto e tutti i reati sono di pari gravità, si devono prendere in considerazione gli altri reati, rispetto al primo, muovendo dal meno recente tra essi. In ipotesi ancora subordinata, ove questo criterio non soccorra, bisogna tornare ad esaminare il primo reato e in riferimento ad esso fare applicazione delle regole suppletive di cui al comma 2, e poi all’art. 9 c.p.p., comma 3. 3.3. Inoltre, non è corretto, guardando al luogo di commissione del delitto di frode sportiva, fare riferimento al luogo della promessa o dell’offerta di un vantaggio indebito o a quello di commissione di ogni altra condotta fraudolenta, senza considerazione del luogo ove promessa od offerta furono esternate e conosciute dai destinatari. Non può pertanto assumere rilievo il luogo della mera iniziativa o intenzione di promettere o di offrire, che finisce col rivelare l’utilizzo surrettizio del criterio residuale, rispetto a quello di commissione del fatto, del luogo di residenza o di domicilio degli indagati, peraltro inapplicabile dal momento che le conversazioni aventi ad oggetto promesse ed offerte sono intercorse tra soggetti dei quali non si conosce l’esatta ubicazione e che hanno residenza in luoghi rientranti in circondari di Tribunali diversi. 3.4. Si è invece sottovalutato, da parte del Giudice di Taranto, che in plurime occasioni gli organizzatori fratelli T. accompagnarono S.V. sul posto ove dovevano svolgersi le competizioni sportive, allo scopo di poter personalmente promettere, se non addirittura consegnare ai singoli drivers, il prezzo della disponibilità concessa, così esternando la promessa, l’offerta o esercitando le pressioni in località diverse da quella di residenza, nessuna delle quali rientrante nel circondario del Tribunale di Nola, e tutte ricadenti, invece, in Tribunali aventi competenza sui plurimi luoghi di svolgimento dei singoli eventi. 4. Per altri gruppi di indagati, applicando gli stessi criteri appena illustrati, Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola ha individuato la competenza di altri uffici, in particolare del Tribunale di Padova, del Tribunale di Napoli Nord, del Tribunale di Cassino, del Tribunale di Trieste, del Tribunale di Savona. Queste determinazioni sono all’evidenza estranee alla materia del conflitto e non sono perciò oggetto di sindacato in questa sede. 5. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha formulato osservazioni e ha rilevato di essersi dichiarato incompetente per la ragione che tutti i reati-fine, evidentemente più gravi rispetto a quello associativo, devono considerarsi consumati nel luogo in cui è avvenuta la promessa di denaro ai drivers. Da qui l’individuazione del Giudice competente in quello nel cui circondario ricade il Comune di omissis o, in via subordinata, quello di omissis . 6. L’udienza di trattazione del conflitto è stata fissata con procedura de plano, per disposizione presidenziale del 22 luglio 2020, che ha disposto di non dare avviso alle parti benché, poi, l’avviso di udienza sia stato comunque comunicato al Procuratore generale in sede in ragione del contrasto formatosi circa le modalità procedimentali da osservare per la decisione di un conflitto negativo tra giudici per le indagini preliminari che neghino la competenza a provvedere su una richiesta di misura cautelare personale di tipo coercitivo. 5.1. All’udienza del 27 settembre 2020, il Collegio ha pronunciato ordinanza di rimessione della risoluzione del conflitto alle Sezioni unite rilevando l’esistenza di un contrasto sulla preliminare questione relativa alle forme procedimentali da osservarsi per la risoluzione di un conflitto di competenza come quello in esame si registra l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale nell’ambito della Prima sezione. 7. Il Primo presidente aggiunto, con nota dell’8 ottobre 2020, ha restituito gli atti del procedimento ai sensi dell’art. 172 disp. att. c.p.p., per carenza delle condizioni di un vero contrasto di giurisprudenza, in particolare per difetto di orientamenti diversi che siano sufficientemente consolidati. Ha al contempo richiamato il principio di diritto espresso da Sez. U, n. 26156 del 28/05/2003, Di Filippo, Rv. 224612, secondo cui la procedura camerale partecipata, preceduta dall’avviso delle parti, alle altre persone interessate e ai difensori, costituisce un modello generale, la cui disciplina di base sembra, in linea di principio, applicabile in ogni ipotesi di specie, ove non sia diversamente previsto . 8. È stata quindi fissata l’odierna udienza nel rispetto del modulo procedimentale di cui all’art. 127 c.p.p. espressamente richiamato dall’art. 32 c.p.p., comma 1, per la risoluzione di qualsivoglia conflitto in difetto, però, di richiesta della discussione orale da una delle parti private o del procuratore generale, si è proceduto in camera di consiglio senza l’intervento delle parti, a norma di quanto previsto dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, recante disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. 9. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo che sia determinata la competenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto. 10. Il difensore di M.V. , indagato per il solo reato di cui al capo 21 , ha chiesto che sia determinata la competenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli. Considerato in diritto 1. Il conflitto affidato alla risoluzione di questa Corte sussiste, in quanto due giudici contemporaneamente ricusano la cognizione delle richieste cautelari proposte per gli stessi fatti nei confronti degli stessi sottoposti ad indagine, dando così luogo alla situazione prevista dall’art. 28 c.p.p Esso, ammissibile in rito, va risolto con la dichiarazione di competenza del G.I.P. del Tribunale di Taranto. 2. Come prima accennato par. 8 del Ritenuto in fatto , il rito da osservare per la trattazione del conflitto è quello delineato dall’art. 127 c.p.p., e ciò per la decisiva osservazione che il codice, all’art. 32, comma 1, stabilisce che i conflitti sono decisi dalla Corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio secondo le forme previste dall’art. 127 . Per la corretta individuazione del rito quel che rileva principalmente è la norma del codice, prima che le elaborazioni giurisprudenziali sui procedimenti camerali - v. Sez. U, n. 26156 del 28/05/2003, Di Filippo, Rv. 224612 citata nella nota del Primo presidente aggiunto v. par. 7 del Ritenuto in fatto -. Essa non lascia margini a dubbi nè consente di individuare una particolare tipologia di conflitti - quelli che consistono nel rifiuto di due o più giudici di prendere cognizione di una richiesta di misura cautelare - da affidare alla trattazione de plano in nome dell’esigenza di evitare che le parti private, e quindi gli indagati, possano venire a conoscenza della proposizione della richiesta di applicazione di una misura cautelare, in particolare custodiale, con il conseguente pericolo che l’anticipata conoscenza comprometta l’eventuale futura esecuzione dell’ordinanza. 3. Non possono dunque essere condivisi gli approdi interpretativi di due recenti sentenze di questa Corte, che hanno ritenuto di poter ora adattare la disciplina codicistica alla peculiarità della materia del conflitto, ora derogarvi totalmente, sostituendo al modello di cui all’art. 127 la procedura de plano. 3.1. Con una prima decisione - Sez. 1, n. 39605 del 14/06/2018, confl. comp. in proc. M, Rv. 273867-, preso atto che il giudice proponente il conflitto aveva provveduto ad oscurare i dati identificativi della persona sottoposta alle indagini, si è provveduto dopo aver dato avviso dell’udienza soltanto al Procuratore generale, appunto per l’oggettiva impossibilità di spedizione dell’avviso alla parte privata, perché rimasta ignota. Il riferimento procedimentale è rimasto quello della cd. camera di consiglio partecipata, ma la procedura è stata adatta alla peculiarità della vicenda. Pur senza approfondire il tema della sussistenza o meno del potere del giudice in conflitto di non dare indicazioni delle parti e dei difensori , sì come invece è espressamente previsto dall’art. 30 c.p.p., comma 2, u.p. e art. 31 c.p.p., comma 2, la Corte, con la sentenza in esame, ha riscontrato la legittimità dell’omessa comunicazione dei dati del sottoposto ad indagine, in ragione della finalità di assicurare la fruttuosità delle indagini preliminari , esposte altrimenti ad un rischio di alterazione in conseguenza della anticipazione della discovery alla fase preliminare relativa alta individuazione della competenza a esaminare l’istanza cautelare . Ha ritenuto così di poter leggere il chiaro riferimento che l’art. 32, comma 1, fa all’art. 127 c.p.p. come se fosse arricchito dalla clausola di compatibilità, che sola legittima l’adattamento, per via interpretativa, dello schema normativo alle esigenze e alle peculiarità della singola vicenda. 3.2. Altra successiva decisione - Sez. 1, n. 19308 del 09/06/2020, GIP Bergamo, Rv. 279191 -, ponendosi lungo lo stesso tracciato, ha stabilito che il conflitto negativo di competenza tra Giudici per le indagini preliminari che rifiutino di prendere cognizione della richiesta di applicazione di una misura cautelare in quel caso, della custodia in carcere debba essere definito senza formalità di procedura. Premessa la natura di atto strutturalmente a sorpresa del provvedimento applicativo della misura cautelare personale, ha affermato che ragioni sistematiche impediscono di adottare lo schema processuale ordinario, con udienza camerale partecipata. La ragione, come per la precedente decisione, è di evitare il pericolo che si vanifichi nei fatti l’esigenza di un rimedio cautelare. 4. Entrambe le sentenze hanno negato, con argomentazioni non condivisibili, che la compressione del contraddittorio camerale sia causa di un pregiudizio per la parte a cui è impedita la partecipazione all’udienza. A tal fine hanno evidenziato, nell’un caso, che il contraddittorio pieno sulla questione di competenza ben può essere esercitato nel prosieguo della fase delle indagini o anche nel giudizio eventuale, trattandosi, al momento, di una valutazione effettuata dalla Corte di legittimità rebus sic stantibus sulla base della prospettazione del pubblico ministero nell’altro, che si tratta di una limitazione oltre che temporanea anche non irreversibile, ricordando che le valutazioni operate in sede di conflitto dalla Corte di cassazione sono conformate alla prospettazione del pubblico ministero, quindi all’imputazione o, come nel caso in esame, all’addebito cautelare, che è, per natura, soggetto a modifiche collegate alla prosecuzione delle indagini. Modifiche che, una volta intervenute, privano di efficacia vincolante la sentenza della Corte di cassazione determinativa della competenza, secondo quanto previsto dall’art. 25 c.p.p., secondo cui la decisione della corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore . 5. Gli argomenti con cui le due sentenze hanno ritenuto di poter superare l’obiezione della vincolatività nel corso del processo della decisione sulla competenza non persuadono, nella misura in cui tentano di giustificare la legittimità della compressione del contraddittorio camerale richiamando vicende che, per quanto possibili, sono meramente eventuali. È pur vero che la vincolatività viene meno ove risultino nuovi fatti che abbiano la capacità di modificare le premesse della decisione sulla competenza, ma appunto occorre, perché il vincolo venga meno, che si abbia una sopravvenienza, dovendosi altrimenti ribadire la regola, per questa via implicitamente riaffermata, per la quale in materia di competenza per territorio, la decisione della Corte di cassazione, se pure adottata nella fase delle indagini preliminari, ha efficacia vincolante per tutte le fasi del giudizio, salvo il caso di sopravvenienza di fatti nuovi che ne impongano un riesame - Sez. 1, n. 9413 del 14/02/2013, Elzaky e altro, Rv. 255065 -. 6. Anche sulla base di quest’ultima considerazione, in altra occasione si è deciso in modo opposto. La Prima sezione della Corte, con l’ordinanza dell’11 aprile 2019, ha disposto il rinvio a nuovo ruolo del procedimento di conflitto negativo di competenza - poi risolto con sentenza n. 43953 del 09/07/2019, GIP Tribunale Messina, Rv. 277499 - disponendo la fissazione dell’udienza camerale di cui all’art. 127 c.p.p Il procedimento di conflitto era stato inizialmente fissato senza formalità di procedura, e quindi senza avviso alle parti, su richiesta del giudice per le indagini preliminari che il conflitto aveva proposto. La Corte, operando una preliminare valutazione sulle forme procedimentali, ha rilevato che non fosse possibile non dare avviso alle parti, sia perché i nominativi emergevano dagli atti processuali inviati, sia perché non è nei poteri della Corte di procedere in forme diverse dall’art. 127 c.p.p. e in violazione del contraddittorio in vista della decisione di un conflitto da cui inevitabilmente discende la fissazione di un foro commissorio, destinato a restare fermo per tutta la durata processuale . La soluzione data con l’ordinanza è stata poi implicitamente ma inequivocamente ribadita con la sentenza, prima richiamata n. 43953 del 2019 , che ha risolto il conflitto proprio all’esito del procedimento camerale svoltosi nelle forme dell’art. 127 c.p.p 7. La necessità che siano osservate le forme di cui all’art. 127 c.p.p. trova ulteriore conferma nei lavori preparatori al codice di rito del 1988, ove si rinviene, con un riferimento critico a quanto era in precedenza previsto, la giustificazione della scelta di assicurare un pieno e non derogabile contraddittorio. Il codice di rito del 1930 prevedeva per la risoluzione dei conflitti la procedura in camera di consiglio, imponendo alla Corte di decidere sulla base della requisitoria del Procuratore generale ma senza l’intervento dei difensori - art. 54 e art. 531, commi 2 e 3 -. Questo sistema è apparso insufficiente proprio in punta di garanzia del contraddittorio, come si ricava dalla Relazione al progetto preliminare e al testo definitivo del codice del 1988. Si è così intervenuti - scartata, per eccessiva macchinosità, la procedura della pubblica udienza, che peraltro non avrebbe assicurato un apprezzabile vantaggio sul piano dell’effettività della garanzia -, individuando il rito più idoneo in quello camerale, sì come regolato dall’art. 127 art. 126 nel Progetto preliminare . In tal modo si è data attuazione ai criteri dettati dalla Legge Delega 16 febbraio 1987, n. 81, che all’art. 2, comma 1, n. 15 prescriveva, con altrettanta chiarezza, che fosse assicurata nella disciplina del procedimento per conflitto la garanzia del contraddittorio. 8. Va pertanto stabilito che la decisione sui conflitti negativi di competenza tra giudici che rifiutino di provvedere su richieste di misure cautelari, specie custodiali, deve essere assunta dalla Corte di cassazione all’esito di un procedimento in camera di consiglio nelle forme di cui all’art. 127 c.p.p., senza che, in nome di esigenze di segretezza funzionali ad assicurare la corretta esecuzione dell’eventuale ordinanza applicativa della misura cautelare, si possano introdurre eccezioni alla previsione del contraddittorio camerale tra le parti e i soggetti interessati. 9. Il procedimento camerale partecipato è però, ratione temporis, derogato dalla normativa emergenziale - D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8, conv. con modif. con L. n. 176 del 2020 -, che dispone l’assimilazione al modello camerale cd. non partecipato di cui all’art. 611 c.p.p. dei procedimenti regolati dagli artt. 127 e 614 c.p.p., ove nessuna delle parti private e neppure il procuratore generale abbiano fatto richiesta di discussione orale nel termine dato, specificamente entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza . Per quel che ora interessa, l’avviso d’udienza per uno dei soggetti sottoposti ad indagine è stato notificato il 17 novembre 2020, e quindi entro il termine imposto dall’art. 127 c.p.p. ma certo ben oltre il diverso termine per la richiesta di discussione orale. Si è in tal modo concretizzato il difetto di raccordo normativo tra il termine imposto per la comunicazione o notificazione dell’avviso di udienza fissato ai sensi dell’art. 127 c.p.p., pari a dieci giorni prima della data di essa, e quello per esercitare il diritto alla discussione orale. Ben può verificarsi, pertanto, che la parte riceva ritualmente l’avviso dell’udienza quando ormai è già abbondantemente spirato il termine per richiedere la discussione orale. Il fatto è che il legislatore dell’emergenza ha assunto quale unico modello di trasformazione del contraddittorio orale in contraddittorio cartolare quello del procedimento camerale non partecipato di cui all’art. 611 c.p.p., per il quale il termine ultimo di comunicazione o notificazione degli avvisi di udienza è il trentesimo giorno antecedente l’udienza. Rispetto a quel termine ha costruito la disciplina del diritto alla discussione orale, il cui mancato esercizio consolida la previsione della cd. trattazione scritta. Come espressamente disposto dall’art. 611 c.p.p., questo modello opera in deroga a quello generale del rito camerale di cui all’art. 127 c.p.p., sicché è in premessa inadeguato ad atteggiarsi, senza adattamenti, a surrogato di contraddittorio cd. cartolare. 10. Nel procedimento in esame, nessuno tra i soggetti coinvolti nel contraddittorio camerale, e che pure ha ricevuto l’avviso oltre il venticinquesimo giorno antecedente l’udienza, ha manifestato la volontà di discutere oralmente innanzi al Collegio. Il dato potrebbe essere di poco rilievo se si ipotizzasse che, anche in ragione della disarmonia dei termini per la richiesta di trattazione orale e per l’avviso di udienza, il sacrificio del diritto delle parti alla discussione orale possa sostanziarsi in una nullità d’ordine generale propria del giudizio di legittimità. Ciò però non è, perché la compressione del diritto alla proposizione della richiesta di discussione orale non si risolve in una nullità d’ordine generale quel che rileva a tal fine è che sia assicurata la possibilità di partecipazione del pubblico ministero e di intervento dell’imputato, che si realizzano pur quando le forme di partecipazione e di intervento siano quelle del cd. contraddittorio cartolare. Ne consegue che, quali che possano essere le soluzioni interpretative dirette a rimediare al difetto interno alla disciplina emergenziale, la questione merita di essere affrontata soltanto in presenza di una richiesta di parte. 11. I criteri di determinazione della competenza individuati dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola sono corretti e sono stati correttamente applicati rispetto ai fatti sì come descritti negli addebiti cautelari. Ambedue i giudici in conflitto hanno ritenuto l’esistenza del vincolo di connessione determinato dalla continuazione tra i reati in contestazione cautelare. Secondo quanto previsto dall’art. 16 c.p.p., nei casi di connessione tra reati la competenza per territorio va determinata sulla base del reato più grave e non è dubbio che, come rilevato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola, nel caso di specie il delitto di frode sportiva aggravata sia più grave del delitto associativo di cui al capo 1 , anche rispetto alle partecipazioni qualificate da ruoli di direzione, di promozione o di organizzazione, atteso che in ragione dell’aggravante ad effetto speciale per l’incidenza del risultato della competizione sullo svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati la pena massima è pari ad anni nove di reclusione ed Euro 150.000,00 di multa. La forza attrattiva è dunque esercitata da tale reato e non da quello associativo, a condizione però, come concordemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che l’identità del disegno criminoso sia comune a tutti i compartecipi, giacché l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria di fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice naturale - Sez. 1, n. 8526 del 09/01/2013, confl. comp. in proc. Baruffo e altri, Rv. 254924 v., anche, Sez. 2, n. 17090 del 28/02/2017, Bilalaj, Rv. 269960 Sez. 2, n. 57927 del 20/11/2018, PMT c/ Bianco, Rv. 275519 -. In caso diverso, il vincolo della continuazione non è in grado di determinare alcuna attribuzione e conseguente spostamento di competenza, ai sensi dell’art. 15 o 16 c.p.p., ma produce i suoi effetti solo sul piano sostanziale ai fini della determinazione della pena ai sensi dell’art. 671 - Sez. 1, n. 6226 del 12/11/1999, confl. comp.in proc. Zagaria e altri, Rv. 214834 -. Come poi è stato ricordato dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nola, la competenza per territorio, nel caso in cui non sia possibile individuare, a norma dell’art. 8 c.p.p. e art. 9 c.p.p., comma 1, comma 1, il luogo di commissione del reato connesso più grave, spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati quando risulti impossibile individuare il luogo di commissione per tutti i reati connessi, la competenza spetta al giudice competente per il reato più grave, individuato secondo i criteri suppletivi indicati dall’art. 9 c.p.p., commi 2 e 3, - Sez. U, n. 40537 del 16/07/2009, confl. comp. in proc. Orlandelli, Rv. 244330 -. 12. Il reato di frode sportiva è definito, dal consolidato orientamento interpretativo di legittimità, come delitto di attentato a forma libera e di pura condotta, con consumazione al momento in cui sono compiute le attività finalizzate ad alterare lo svolgimento della competizione, e quindi a quello in cui si verifica la promessa o l’offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra condotta fraudolenta - Sez. 3, n. 36350 del 23/03/2015, Bertini e altri, Rv. 265631 -. Si è pure chiarito, sempre in conformità alla indicata costruzione dommatica della fattispecie, che il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la promessa o l’offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra condotta fraudolenta, e non in quello dell’accettazione di tale promessa od offerta - Sez. 3, n. 12562 del 25/02/2010, Preziosi e altri, Rv. 246595 -. Ferma la validità di tali principi, promessa e offerta assumono il rilievo a loro assegnato nel perfezionamento della fattispecie sempre che siano esternate al soggetto che ne è destinatario non occorre, come detto, che promessa e offerta siano accettate, ma devono essere riconoscibili come tali e ciò implica che siano portate a conoscenza dei soggetti a cui sono diretti. 13. In forza di queste considerazioni, le determinazioni del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola, che qui si riassumono, meritano condivisione. Si ha così che - il luogo di commissione dell’episodio di frode sportiva aggravata di cui al capo 2 , addebitato a C.S. , Co.An. , D.N. , S.V. , T.V. , T.P. , F.L. e D.C.C. , determina la competenza anche in riguardo agli altri reati dei quali alcuni degli indagati sono chiamati a rispondere, ivi compreso il delitto associativo contestato a T.V. , T.P. , C.S. e S.V. , in quanto meno grave del delitto di frode sportiva aggravata. La competenza va dunque a radicarsi nel territorio tarantino. Il fatto di cui al capo 2 risulta commesso nel circondario di omissis , come si desume dalla condotta tenuta il giorno prima della competizione da S.V. , che contattò telefonicamente i drivers impegnati nella competizione, portandosi in omissis , ove le celle telefoniche ne localizzarono la presenza. Il giorno della competizione T.V. fu sottoposto ad un controllo stradale lungo il percorso per raggiungere omissis , e questi comportamenti inducono a ritenere che proprio in omissis siano avvenuti i contatti finalizzati alla promessa o dazione di denaro o altre utilità, che segnano il momento consumativo del reato. - Il delitto di frode sportiva di cui al capo 3 , ascritto a B.M. e D.N.G. , il primo chiamato a rispondere anche dell’episodio di frode di cui al capo 7 , esercita forza attrattiva sulla competenza per tale ultimo episodio e sulla competenza per quelli, addebitati a D.N.G. , di cui ai capi 5 , 9 , 12 . L’episodio di cui al capo 3 risulta esser stato commesso in omissis , perché presso l’abitazione di B.M. , verosimilmente per prendere accordi, si erano recati T.P. e S.V. e lì certamente avvenne una parte della condotta finalizzata alla combine relativa al premio omissis , disputatosi in omissis . - L’episodio di cui al capo 8 è relativo a condotte di frode incidenti sull’esito della corsa in programma il omissis presso l’ippodromo di omissis , corsa infine non disputata. Nell’impossibilità di stabilire ove si sia perfezionata l’offerta o la proposta ad uno dei drivers o di riferirsi alla località sede dell’ippodromo, perché la gara non fu disputata, e siccome il fatto è stato commesso da più indagati - Ca.Ge. , D.F. , G.R. , I.G. , P.L. residenti in località diverse, sì da non poter ricorrente al criterio di cui all’art. 9 c.p.p., comma 2, non resta che fare uso del criterio residuale di cui all’art. 9 c.p.p., comma 3. La competenza si radica pertanto presso l’Autorità giudiziaria di Taranto, perché è l’ufficio inquirente di quel circondario ad avere provveduto per primo ad iscrivere la notizia di reato. - Per gli episodi di cui ai capi 13 , 16 , 17 e 19 , ascritti a F.F. , la competenza si determina in forza del luogo di commissione di quello di cui al capo 19 , atteso che per gli episodi di cui ai capi 13 , 16 e 17 il luogo di consumazione non è individuabile. Il fatto di cui al capo 19 ha riferimento alla combine del premio omissis , disputatosi in omissis , ed è lì che vi fu la consegna a F. del denaro pattuito, da corrispondere anche agli altri drivers coinvolti nella combine. La competenza per tutti questi episodi si radica pertanto dinnanzi all’Autorità giudiziaria di Taranto. - Dell’episodio di cui al capo 19 sono chiamati a rispondere anche A.E. , B.S. , Cu.Gi. , F.C. , Ga.Ge. , S.T. , E.M. , tutti, ad eccezione di A.E. , nella veste di drivers dei cavalli impegnati nella competizione e di soggetti corrotti con la mediazione di F.F. . - L’episodio di cui al capo 19 è idoneo ad attrarre la competenza anche per l’indagato D.A. , quale reato più grave di quello allo stesso contestato al capo 9 , concernente una frode sportiva non aggravata - L’episodio di cui al capo 21, addebitato a M.V. e V.F. , attiene ad una frode sportiva aggravata commessa in omissis . Dalla lettura delle risultanze investigative emerge che il luogo di consumazione non è individuabile in modo univoco, in quanto gli incontri con T.V. , diretti alla proposta o all’offerta di denaro o di altra utilità, si sono svolti in località diverse. Non potendo farsi applicazione dei criteri di cui all’art. 8 e art. 9, comma 1, nè di quello di cui all’art. 9 c.p.p., comma 2, trattandosi di reato commesso in concorso da indagati aventi residenza o domicilio diversi, deve trovare applicazione il criterio residuale di cui all’art. 9 c.p.p., comma 3, radicandosi la competenza in Taranto, ove ha sede l’ufficio inquirente che per primo ha iscritto la notizia di reato. 14. Per quanto esposto, il conflitto negativo di competenza tra il Tribunale di Nola -Ufficio GIP - e il Tribunale di Taranto - Ufficio GIP - deve essere risolto a favore di quest’ultimo. Seguono le comunicazioni di cui all’art. 32 c.p.p., comma 2. P.Q.M. Dichiara la competenza del Tribunale di Taranto, al cui Ufficio GIP dispone trasmettersi gli atti.