Custodia carceraria e pericolo di contagio da COVID-19: quali condizioni devono ricorrere perché sussista?

Con le sentenze nn. 35013 e 35012 del 9 dicembre 2020, la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza sulle condizioni che devono ricorrere ai fini della reale sussistenza del pericolo di contagio da COVID-19 dell’indagato sottoposto alla misura cautelare della custodia carceraria.

Il Tribunale del Riesame , in accoglimento dell’appello proposto dal PM, annullava l’ordinanza del GIP di sostituzione della custodia in carcere originariamente applicata con quella degli arresti domiciliar i con braccialetto elettronico, disponendo per l’effetto il ripristino della custodia cautelare in carcere dell’indagato. In particolare, il Tribunale del Riesame riteneva che il GIP avesse errato nel ritenere integrata una situazione di incompatibilità col regime carcerario, dipendente dal rischio che l’indagato potesse contrarre il COVID-19 , non sussistendo le condizioni per ravvisare una situazione di incompatibilità col regime carcerario connessa al pericolo di contagio. Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione. Ritenuto infondato il ricorso, la Cassazione ritiene che il Tribunale del riesame abbia correttamente analizzato le condizioni di salute dell’indagato in relazione al pericolo di contagio . In particolare, risulta corretto il ragionamento messo in atto dal Tribunale secondo cui a tal fine occorre valutare la ricorrenza di due condizioni - che il detenuto sia affetto da una patologia tale che in caso di contagio sia certo o altamente probabile il verificarsi di gravi complicanze o di morte - che sussista un rischio concreto per il detenuto di contrarre il Coronavirus nel carcere in cui è ristretto in ragione dell’esistenza di specifici casi di contagio da COVID-19 accertati tra i detenuti della relativa casa circondariale, ovvero della capillarità della diffusione del virus nell’area territoriale in cui si trova la corrispondente casa circondariale e, nel contempo, che presso il suddetto carcere, non sia possibile adottare le precauzioni finalizzate a ridurre il pericolo di contagio, precauzioni che invece potrebbero essere adottate correttamente nel luogo di custodia domiciliare. Ebbene, è solo nella ricorrenza congiunta di entrambe le condizioni che si è in presenza di un rischio non meramente eventuale per la salute del detenuto e che quest’ultimo si trovi nell’immediato pericolo di vita, in ragione dell’impossibilità di adottare le necessarie cautele anti-contagio in carcere. L’impostazione adottata dal Tribunale è risultata corretta e conforme al principio più volte affermato dalla Cassazione secondo cui la ricorrenza di una delle ipotesi di incompatibilità con il regime carcerario ex art. 275, comma 4- bis c.p.p. e la prevalenza del divieto di custodia in carcere per i soggetti portatori di gravi malattie rispetto alla presunzione d’adeguatezza esclusiva della custodia in carcere nei casi di cui al comma 3 dello stesso articolo, devono essere accertate sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia in concreto .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 ottobre – 9 dicembre 2020, n. 35013 Presidente Sabeone – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 3.6.2020, il Tribunale del riesame di Caltanissetta, in accoglimento dell’appello proposto dalla locale Procura della Repubblica, ha annullato l’ordinanza, emessa in data 21.4.2020 dal Gip del locale Tribunale, di sostituzione della custodia in carcere originariamente applicata a M.G. , nell’ambito dell’operazione ,per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. capo A , con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, disponendo per l’effetto il ripristino della custodia cautelare in carcere, stante il pericolo concreto ed attuale di reiterazione criminosa e la non superabilità della presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in carcere ex art. 275 c.p.p 1.1. Con il provvedimento del 21/4/2020 il G.i.p. di Caltanissetta accoglieva l’istanza ex art. 299 c.p.p., sostituendo la misura originariamente applicata con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e divieto di comunicazione con persone diverse dai familiari conviventi, ritenendo, da un lato, che lo stato di salute del M. fosse incompatibile col regime carcerario, essendo lo stesso affetto da più patologie, che, secondo quanto attestato dal sanitario del carcere, lo facevano ritenere particolarmente esposto a pericolo per la vita in ipotesi di infezione da Covid-19 dall’altro lato, che le esigenze cautelari potessero essere ben salvaguardate con gli arresti domiciliari presso l’abitazione con l’ausilio del braccialetto elettronico. 1.2. Il Tribunale del riesame, invece, all’esito dell’appello del P.M., con il provvedimento impugnato ha, tra l’altro, ritenuto come il G.i.p. abbia errato nel ritenere integrata una situazione di incompatibilità col regime carcerario, dipendente dal rischio che il M. potesse contrarre il Covid-19, non sussistendo le condizioni per ravvisare tale incompatibilità per il pericolo di contagio da Covid-19 e non correndo l’indagato nel carcere in cui è ristretto un rischio concreto di contrarre il virus. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, con atto a firma del difensore di fiducia, Avv. Gaetano Giunta, con il quale lamenta la ricorrenza dei vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione all’art. 275 c.p.p. invero, il provvedimento impugnato, evidenziando che la situazione sanitaria del M. , connessa al contagio Covid-19, non si presentava tale da generare un rischio concreto per la salute e, dunque, una situazione di incompatibilità col regime carcerario, non ha fornito alcuna spiegazione logico-giuridica delle ragioni per cui ha ritenuto che le condizioni di salute dell’indagato non rappresentassero in sé e in concreto alcuna delle condizioni previste dall’art. 275 c.p.p., comma 4 bis, ritenendo sussistenti le esigenze di tutela della collettività di speciale rilevanza ex art. 275 c.p.p., commi 3 e 4 ter, nè ha evidenziato i motivi concreti dell’insussistenza dell’incompatibilità,con il regime carcerario dalla relazione del sanitario dell’istituto penitenziario emerge nei confronti dell’indagato un rischio cardiovascolare elevato ed il Covid costituisce un quid pluris, ma a fronte di precisi elementi dimostrativi delle pessime condizioni di salute dell’indagato, determinanti incompatibilità con il regime carcerario, non vi è stata una risposta adeguata circa le specifiche doglianze che hanno posto la decisiva questione del bilanciamento degli interessi del diritto alla salute e delle tutela della collettività il giudice del riesame si è limitato a snocciolare statistiche riguardanti le differenze sui contagi in Sardegna e Sicilia, senza però affrontare il problema centrale della vicenda, ossia le condizioni attuali di salute dell’indagato, a prescindere dal Covid 19 nessuna motivazione sul fatto che le gravi condizioni di salute del ricorrente, in uno all’età avanzata non costituirebbero un ostacolo al regime carcerario, anche in relazione al connesso pericolo derivantè dal contagio virale, caratterizzandosi così per una falsa applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 4 bis. 3. Con memoria pervenuta il 23.9.2020 dalla difesa dell’indagato, avv.to Giunta, il ricorrente ha insistito sul difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata e sulla violazione dell’art. 275 c.p.p., commi 3 e 4 bis e ter. Considerato in diritto Il ricorso non merita accoglimento. 1. Va premesso che l’istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari era stata avanzata dal M. come è dato evincere dalla premessa incontestata del provvedimento impugnato in considerazione delle condizioni di salute dello stesso, affetto da ipertensione arteriosa severa, diabete di tipo 2 e da lupus eritematoso cronico che unitamente all’età lo facevano ritenere particolarmente esposto a rischio per la vita in ipotesi di contagio da coronavirus . Il G.i.p. riteneva condivisibile quanto dedotto dalla difesa del M. , evidenziando che lo stato di salute del predetto fosse incompatibile col regime carcerario, essendo egli affetto da più patologie, che, secondo quanto attestato dal sanitario del carcere, lo facevano ritenere particolarmente esposto a pericolo per la vita in ipotesi di infezione da Covid-19. 2. Tanto premesso, deve ritenersi che il thema decidendum posto all’attenzione, prima del G.i.p. e, quindi, del Tribunale del riesame attraverso l’appello del P.M., è quello della compatibilità del regime carcerario ab origine inflitto al M. con le condizioni di salute dello stesso, da valutare in rapporto al fatto nuovo del rischio di contagio da Covid-19 in ambito carcerario. In tale contesto, dunque, occorre subito dar conto dell’inammissibilità della doglianza prospettata in più punti del ricorso, circa il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, laddove non avrebbe dato conto del fatto che le condizioni di salute del prevenuto non rappresenterebbero in sé a prescindere dal Covid-19 alcuna delle condizioni previste dall’art. 275 c.p.p., comma 4 bis, non essendo questo appunto il thema decidendum introdotto dallo stesso M. con l’istanza proposta al G.i.p Peraltro, il Tribunale del riesame, nel percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata, ha, sebbene in relazione al rischio di contagio, considerato le condizioni di salute in sé del ricorrente, escludendo implicitamente che esse determinassero una situazione di incompatibilità l’art. 275 c.p.p., ex comma 4 bis, laddove ha dato conto di quanto attestato dal sanitario del carcere di Nuoro, ossia del fatto che le patologie dello stesso diabete, ipertensione arteriosa, apnee notturne ipertensione fossero in buon compenso farmacologicomma 3. Il Tribunale del riesame, invece, correttamente ha analizzato le condizioni di salute del M. , in relazione al pericolo di contagio, evidenziando in sostanza come, sebbene tale pericolo in una situazione di conclamata pandemia non sia stricto sensu riconducibile alle previsioni di cui all’art. 275 c.p.p., commi 4 bis, riguardanti i casi in cui l’imputato sia portatore di malattia particolarmente grave tuttavia, può astrattamente ritenersi configurabile una situazione di incompatibilità con il regime carcerario anche rispetto al pericolo di contagio da Covid 19. In tal caso, secondo il Tribunale, occorrerà valutare la ricorrenza di due condizioni, ossia che, da un lato, il detenuto sia affetto da una patologia tale che in caso di contagio sia certo o altamente probabile il verificarsi di gravi complicanze o di morte e, dall’altro lato, che sussista un rischio concreto per il detenuto di contrarre il coronavirus nel carcere in cui è ristretto in ragione dell’esistenza di specifici casi di contagio da Covid-19 accertati tra i detenuti della relativa casa circondariale, ovvero della capillarità della diffusione del virus nell’area territoriale in cui si trova la corrispondente casa circondariale e, nel contempo, che presso il suddetto carcere, non sia possibile adottare le precauzioni finalizzate a ridurre il pericolo di contagio, precauzioni che invece potrebbero essere adottate correttamente nel luogo di custodia domiciliare. La ricorrenza congiunta di entrambe le condizioni, secondo il Tribunale del riesame, comporta che non si è in presenza di un rischio meramente eventuale per la salute del detenuto e che quest’ultimo si trova, invece, in immediato pericolo di vita, in ragione dell’impossibilità di adottare le necessarie cautele anti-contagio in carcere. 3.1. Tale impostazione appare corretta, contrariamente a quanto evidenziato dal ricorrente. Invero, più volte questa Corte ha affermato il principio, secondo cui la ricorrenza di una delle ipotesi di incompatibilità con il regime carcerario ex art. 275 c.p.p., comma 4 bis e la prevalenza del divieto di custodia in carcere per i soggetti portatori di gravi malattie rispetto alla presunzione d’adeguatezza esclusiva della custodia in carcere nei casi di cui al comma 3 dello stesso articolo, devono essere accertate sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia in concreto Sez. 6, n. 34433 del 15/07/2010, Rv. 248166 . 3.1.1. Nelle situazioni non caratterizzate dal rischio di contagio per la pandemia, la valutazione all’incompatibilità col regime carcerario per la gravità delle condizioni di salute del detenuto, va effettuata tenendo conto della concreta situazione nella quale il detenuto si trova ristretto e della possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita Sez. 6 n. 58421 del 07/11/2018 Rv. 275039 Sez. 1, n. 12716 del 06/03/2008, Rv. 239380 . 3.1.2. Analogamente, in periodo di pandemia, l’incompatibilità ex art. 275 c.p.p., comma 4 bis, delle condizioni di salute con lo stato di detenzione per il pericolo di contagio deve essere ancorata oltre che alla verifica astratta circa la presenza nell’indagato di una o più patologie, tali che in caso di contagio appunto risulti certo o altamente probabile il verificarsi di gravi complicanze o di morte alla ulteriore verifica del rischio che il carcere in cui l’indagato si trovi ristretto sia un luogo nel quale concretamente sia possibile contrarre il virus. Tale verifica non può che essere condotta sulla base di elementi obiettivi che diano conto della ragionevolezza e concretezza della prognosi, ben individuati dal Tribunale del riesame nella presenza in carcere, ad esempio, di uno o più casi di contagio da Covid-19, da considerare insieme al fatto che in quel Carcere, per le sue obiettive condizioni, non sia possibile adottare le precauzioni finalizzate ad impedirne la diffusione. 3.2. Non merita censura, dunque, sulla base degli indicati presupposti, la valutazione conclusiva del Tribunale del riesame, secondo cui non ricorre per il M. una concreta condizione di incompatibilità con il regime carcerario ex art. 275 c.p.p., comma 4 bis. Infatti, se da un lato l’indagato per l’età 61 anni e le patologie pregresse diabete, ipertensione arteriosa, apnee notturne ipertensione può andare incontro ad un grave rischio di complicanze cardiopolmonari in caso di contagio da covid 19 , tuttavia non risulta integrata la seconda condizione, ossia la ricorrenza di un rischio concreto per il detenuto di contrarre il coronavirus nel carcere in cui è ristretto. Il Tribunale, con valutazione in fatto immune da profili di illogicità, ha evidenziato come nel carcere di Nuoro ove è ristretto il M. non si sono verificati casi di detenuti positivi al Covid-19 dal 20.4.2020 data dell’ordinanza del G.i.p. di sostituzione della misura carceraria inoltre, la percentuale di positivi in rapporto alla popolazione in Sardegna è esigua e le misure precauzionali adottate dal Governo per contenere il rischio di diffusione in generale del coronavirus nelle carceri hanno avuto riscontri positivi circolare D.A.P. n. 87186 del 13.3.2020 . Tale valutazione appare del tutto idonea a dar conto dell’assenza di concretezza del pericolo di contagio e conseguentemente dell’insussistenza delle ragioni incompatibilità dell’art. 275 c.p.p., ex comma 4 bis. 4. In tale contesto, pertanto, il ricorso va respinto ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 ottobre – 9 dicembre 2020, n. 35012 Presidente Sabeone – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 26.5.2020, il Tribunale del riesame di Caltanissetta, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M. del locale Tribunale, ha annullato l’ordinanza emessa dal G.i.p. in data 21/4/2020 di sostituzione della custodia in carcere originariamente applicata a T.G. , per i reati di cui all’art. 416 bis c.p. capo a e artt. 56, 110 e 629 c.p. capo e con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, disponendo per l’effetto il ripristino della custodia cautelare in carcere nei confronti del predetto. 1.1. Il provvedimento impugnato ha evidenziato che, nell’ambito dell’operazione , era stata applicata al T. la misura della custodia cautelare in carcere siccome gravemente indiziato di partecipare all’associazione mafiosa cosa nostra , famiglia di P. e per aver concorso ad una tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, ravvisandosi il pericolo concreto ed attuale di reiterazione criminosa e la non superabilità della presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in carcere ex art. 275 c.p.p 1.2. Con provvedimento del 21/4/2020 il G.i.p. di Caltanissetta ha accolto l’istanza ex art. 299 c.p.p., sostituendo la misura originariamente applicata con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e divieto di comunicazione con persone diverse dai familiari conviventi, ritenendo, da un lato, che lo stato di salute del T. fosse incompatibile col regime carcerario, essendo egli affetto da più patologie invalidanti tra cui, broncopolmonite grave e cardiopatia ischemica rivascolarizata , che, secondo quanto attestato dal sanitario del carcere, lo fanno ritenere particolarmente esposto a pericolo per la vita in ipotesi di infezione da Covid-19 dall’altro lato, che le esigenze cautelari potessero essere ben salvaguardate con gli arresti domiciliari presso l’abitazione, con l’ausilio del braccialetto elettronico. 1.3. Il Tribunale del riesame, all’esito dell’appello del P.M., con il provvedimento impugnato ha, tra l’altro, ritenuto che il G.i.p, di Caltanissetta abbia errato nel ritenere integrata una situazione di incompatibilità col regime carcerario, dipendente dal rischio che il T. possa contrarre il Covid-19, non sussistendo le condizioni per ravvisare una situazione di incompatibilità col regime carcerario connessa al pericolo di contagio, non correndo l’indagato nel carcere in cui si trova ristretto un rischio concreto di contrarre il virus. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, con atto a firma del difensore di fiducia Avv. Paolo Giuseppe Piazza, affidato a due motivi, con i quali lamenta con il primo motivo, la ricorrenza dei vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione all’art. 275 c.p.p., comma 4 bis, atteso che il provvedimento impugnato pur riconoscendo la sussistenza di un quadro patologico di particolare gravità in capo all’imputato, certamente rientrante nelle patologie segnalate dal DAP come statisticamente ricollegate a un elevato rischio di complicanze in caso di contagio da Covid-19, ha, poi, ritenuto di escludere una situazione di incompatibilità col regime carcerario, connessa al pericolo concreto di contagio, sol perché non si sono verificati presso la struttura carceraria di Caltanissetta casi di detenuti positivi al Covid-19, o perché l’emergenza sanitaria nazionale è in diminuzione, sicché la manifesta contraddittorietà della motivazione risulta dallo stesso testo impugnato con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione al D.L n. 29 del 2020, art. 3 e l’illegittimità costituzionale di tale norma per violazione dell’art. 3 Cost., art. 27 Cost., comma 2 e comma 3, art. 12 Cost., in relazione agli art. 3 e 7 CEDU invero, il provvedimento impugnato ha ritenuto di rafforzare l’iter argomentativo che lo ha portato a ripristinare la misura cautelare in carcere nei confronti dell’imputato, richiamando appunto il D.L. n. 29 del 2020, art. 3, norma con la quale il Governo ha positivizzato l’obbligo di rivalutare periodicamente la situazione dei soggetti imputati per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., la cui misura massimamente afflittiva sia stata sostituita con gli arresti domiciliari per motivi connessi all’emergenza sanitaria da COVID-19 orbene l’invocato il D.L. n. 29 del 2020, art. 3, presenta plurimi profili di illegittimità costituzionale e segnatamente contrasto con l’art. 32 Cost., poiché la pretesa punitiva non può mai entrare in conflitto con il diritto fondamentale alla salute garantito ad ogni cittadino inoltre il D.L. n. 29 del 2020, art. 3, si pone in palese violazione dell’art. 3 Cost., poiché tratta in modo diverso cittadini che presentano le stesse patologie, ma che sono imputati per titoli di reato differenti tali profili sono stati già rilevati dall’Ufficio di sorveglianza di Sassari e Spoleto e la disposizione di cui all’art. 2 per la quale è stata sollevata questione di legittimità costituzionale è pressoché identica a quella prevista dall’art. 3 mettendo a repentaglio l’equilibrio tra diritto alla salute da un lato ed esigenze di sicurezza della collettività dall’altro ne consegue che va dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale del D.L. n. 29 del 2020, art. 3 e conseguentemente va rimessa con ordinanza la questione di legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale per violazione dei principi di cui all’art. 3 Cost., art. 27 Cost., commi 1 e 3 e art. 32 Cost., nonché art. 117 Cost., in relazione agli artt. 3 e 7 CEDU, sospendendo il presente giudizio sino alla pronuncia della Corte Costituzionale. 3. In data 24.9.2020 con memoria a firma dell’avv.to Giunta l’indagato ha insistito in merito al difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso non merita accoglimento. 1. Infondato si presenta il primo motivo di ricorso, con il quale si censura il provvedimento impugnato che ha ritenuto insussistente un concreto rischio di contagio da Covid-19 nel carcere in cui si trova ristretto l’indagato e conseguentemente l’assenza di una situazione di incompatibilità ex art. 275 c.p.p., comma 4 bis. In proposito si osserva che il Tribunale del riesame, correttamente ha analizzato le condizioni di salute del T. in relazione al pericolo di contagio, evidenziando in sostanza come, sebbene tale pericolo in una situazione di conclamata pandemia non sia stricto sensu riconducibile alle previsioni di cui all’art. 275 bis c.p.p., comma 4, riguardanti i casi in cui l’imputato sia portatore di malattia particolarmente grave tuttavia, può astrattamente ritenersi configurabile una situazione di incompatibilità con il regime carcerario anche rispetto al pericolo di contagio da Covid 19. In tal caso, secondo il Tribunale, occorrerà valutare la ricorrenza di due condizioni, ossia che, da un lato, il detenuto sia affetto da una patologia tale che in caso di contagio sia certo o altamente probabile il verificarsi di gravi complicanze o di morte e, dall’altro lato, che sussista un rischio concreto per il detenuto di contrarre il coronavirus nel carcere in cui è ristretto in ragione dell’esistenza di specifici casi di contagio da Covid-19 accertati tra i detenuti della relativa casa circondariale, ovvero della capillarità della diffusione del virus nell’area territoriale in cui si trova la corrispondente casa circondariale e, nel contempo, che presso il suddetto carcere, non sia possibile adottare le precauzioni finalizzate a ridurre il pericolo di contagio, precauzioni che inveceò potrebbero essere adottate correttamente nel luogo di custodia domiciliare. La ricorrenza congiunta di entrambe le condizioni, secondo il Tribunale del riesame, comporta che non si è in presenza di un rischio meramente eventuale per la salute del detenuto e che quest’ultimo si trova, invece, in immediato pericolo di vita, in ragione dell’impossibilità di adottare le necessarie cautele anti-contagio in carcere. 1.1. Tale impostazione appare corretta, contrariamente a quanto evidenziato dal ricorrente. Invero, più volte questa Corte ha affermato il principio, secondo cui la ricorrenza di una delle ipotesi di incompatibilità con il regime carcerario ex art. 275 c.p.p., comma 4 bis e la prevalenza del divieto di custodia in carcere per i soggetti portatori di gravi malattie rispetto alla presunzione d’adeguatezza esclusiva della custodia in carcere nei casi di cui al comma 3 dello stesso articolo, devono essere accertate sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia in concreto Sez. 6, n. 34433 del 15/07/2010, Rv. 248166 . 1.2. Nelle situazioni non caratterizzate dal rischio di contagio per la pandemia, la valutazione all’incompatibilità col regime carcerario per la gravità delle condizioni di salute del detenuto, va effettuata tenendo conto della concreta situazione nella quale il detenuto si trova ristretto e della possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita Sez. 6 n. 58421 del 07/11/2018 Rv. 275039 Sez. 1, n. 12716 del 06/03/2008, Rv. 239380 . 1.3. Analogamente, in periodo di pandemia, l’incompatibilità ex art. 275 c.p.p., comma 4 bis, delle condizioni di salute con lo stato di detenzione per il pericolo di contagio deve essere ancorata oltre che alla verifica astratta circa la presenza nell’indagato di una o più patologie, tali che in caso di contagio appunto risulti certo o altamente probabile il verificarsi di gravi complicanze o di morte alla ulteriore verifica del rischio che il carcere in cui l’indagato si trovi ristretto sia un luogo nel quale concretamente sia possibile contrarre il virus. Tale verifica non può che essere condotta sulla base di elementi obiettivi che diano conto della ragionevolezza e concretezza della prognosi, ben individuati dal Tribunale del riesame nella presenza in carcere, ad esempio, di uno o più casi di contagio da Covid-19, da considerare insieme al fatto che in quel carcere, per le sue obiettive condizioni, non sia possibile adottare le precauzioni finalizzate ad impedirne la diffusione. 1.4. Non merita censura, dunque, sulla base degli indicati presupposti, la valutazione conclusiva del Tribunale del riesame, secondo cui non ricorre per il T. una concreta condizione di incompatibilità con il regime carcerario ex art. 275 c.p.p., comma 4 bis. Infatti, se da un lato l’indagato è affetto da broncopolmonite di gravità alta e cardiopatia ischemica rivascolarizzata ossia è affetto da patologie che colpendo l’apparato respiratorio e cardio circolatorio rientrano tra quelle segnalate dal DAP come statisticamente collegate a un elevato rischio di complicanze in caso di contagio da Covid-19 , tuttavia non risulta integrata la seconda condizione, ossia la ricorrenza di un rischio concreto per il detenuto di contrarre il coronavirus nel carcere in cui è ristretto. Il Tribunale, invero, con valutazione in fatto immune da profili di illogicità, ha evidenziato come nel carcere di Caltanissetta ove è ristretto il T. non si sono verificati casi di detenuti positivi al Covid-19 dal 20.4.2020 data dell’ordinanza del G.i.p. di sostituzione della misura carceraria inoltre, le misure precauzionali adottate dal Governo per contenere il rischio di diffusione in generale del coronavirus nelle carceri hanno avuto riscontri positivi circolare D.A.P. n. 87186 del 13.3.2020 . Tale valutazione appare del tutto idonea a dar conto dell’assenza di concretezza del pericolo di contagio e conseguentemente dell’insussistenza delle ragioni incompatibilità dell’art. 275 c.p.p., ex comma 4 bis. 2. Manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso, con il quale si censura il richiamo effettuato nel provvedimento impugnato al D.L. n. 29 del 2020, art. 3, norma questa che presenterebbe plurimi profili di illegittimità costituzionale da considerare da parte di questa Corte. Sul punto, va subito evidenziato che nessun rilievo assume nell’ambito del provvedimento impugnato tale richiamo, effettuato solo ad abundantiam. Infatti, tale provvedimento, non trova occasione nelle verifiche obbligatoriamente imposte al P.M. dalla norma richiamata e nel mutamento sopravvenuto delle condizioni che hanno determinato la sostituzione della misura cautelare per l’emergenza sanitaria da Covid-19, bensì è scaturito dall’appello del P.M. avverso il provvedimento di sostituzione assunto prima del D.L. 10 maggio 2020, n. 29, censurato per l’insussistenza del presupposto giustificativo, nonostante l’epidemia in atto. 4. Il ricorso per le ragioni dette va, pertanto, respinto ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p