“No” (forse) ai verbali di accertamento dello stato alcolemico a formazione progressiva

Casistica frequentissima gli avvertimenti ex artt. 356 c.p.p. - sulla possibilità di farsi assistere da un difensore quando il sottoposto ad accertamento è colto in stato alcolemico ex art. 186 c.d.s. –, dovranno essere contenuti nel primigenio verbale e non successivamente riprodotti dalla P.G. nelle annotazioni al Pubblico Ministero o addirittura provati per testimonianza dai medesimi nel corso processuale. L’accertamento sarebbe nullo, ma sussiste un contrasto ora tocca alle Sezioni Unite.

Così la Cassazione, con ordinanza n. 34337/20, depositata il 3 dicembre. La disciplina codicistica anche in caso di accertamento dello stato alcolemico di chi è alla guida di un veicolo ex art. 186 c.d.s. . L’art. 354 c.p.p. impone alla P.G. di adoperarsi ad evitare che le cose pertinenti al reato o lo stato dei luoghi non vengano mutati prima dell’arrivo del Pubblico ministero e, nel caso di rischio di deperimento, di disporre dei relativi accertamenti – salvo si tratta di ispezioni corporali, comunque vietate -. L’art. 357 c.p.p. impone la documentazione a verbale di tutti gli accertamenti svolti dalla P.G. salvo alcuni di questi, ai sensi dell’art. 373 c.p.p., non possano essere contestualmente riprodotti. L’art. 356 c.p.p. conferisce la possibilità del difensore nominato di assistere agli accertamenti, ma non di essere previamente avvertito. L’art. 114 disp. Att. c.p.p. prescrive l’avvertimento al sottoposto della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nei casi di compimento degli atti di cui all’art. 356 c.p.p., ma nulla precisa sulle forme dell’avvertimento. L’art. 115 disp. Att. c.p.p., inoltre, non prescrive di verbalizzare la dichiarazione sugli avvertimenti imposta ai sensi dell’art. 114 c.p.p. In breve l’avvertimento ex art. 356 c.p.p. deve risultare a verbale? La disciplina speciale ex codice della strada sugli accertamenti dello stato alcolemico. L’art. 186, comma 3, c.d.s. autorizza l’utilizzo di dispositivi portatili non invasivi per l’accertamento dello stato alcolemico e, in caso di positività, mediante ulteriori mezzi, ai sensi del comma 4 dell’art. cit. ovvero mediante le strutture sanitarie in caso di incidente o ricovero in ospedale. Gli avvertimenti ex art. 114 disp. Att. c.p.p. e 356 c.p.p. devono essere sempre contestualmente riprodotti in verbale? Il dubbio verte sulla sistematica fra l’art. 115 disp. Att. c.p.p. – che non impone la trascrizione dell’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un avvocato – e l’art. 195 c.p.p. che vieta le dichiarazioni testimoniali di agenti della P.G. su contenuti non trascritti quando ne avevano obbligo in senso ampio, v. Corte Costituzionale n. 305/2008 . La prima parrebbe sconfessata soluzione la prova dell’avvertimento ex art. 356 c.p.p. può essere successivamente acquisita. L’ipotesi sarebbe conforme all’art. 115 disp. Att. c.p.p. v. supra inoltre l’imposizione della verbalizzazione di tutto quanto accertato anche in caso di urgenza ex art. 357 c.p.p. non è prescritta a pena di nullità ai sensi dell’art. 373 c.p.p. la quale consente, in caso di circostanze che impediscano la documentazione contestuale, di poter riprodurre successivamente le operazioni compiute. Non sussisterebbe dunque un obbligo illo tempore di verbalizzazione dell’avvertimento cit. Di seguito, il giudice dibattimentale potrebbe acquisire anche in sede processuale dagli agenti di P.G. la prova dell’avvenuto avvertimento – addirittura laddove non risultante da alcun atto e nemmeno contenuto nelle relazioni che la P.G. compie degli accertamenti svolti al Pubblico Ministero -. La seconda parrebbe preferita soluzione l’avvertimento ex art. 356 c.p.p. deve essere contenuto all’interno del verbale di accertamento. La sezione in parola parrebbe critica. Verrebbe smentito il senso dell’avvertimento di consentire al sottoposto di prendere cognizione dei diritti che gli spettano v. voluntas legislatoris ex art. 12 disp. Prel. c.c. , da consacrare almeno a mezzo di una minima formalizzazione comunque non in via orale con atto scritto preso in visione ed eventualmente sottoscritto dal colto in stato alcolemico. La sezione cit. trova inammissibile l’affievolimento dei diritti del sottoposto/indagato in caso di accertamenti urgenti da compiere a suo carico ed, al contempo, consentire agli inquirenti di recuperare nel prosieguo processuale quanto prima colpevolmente omesso. Segue il rinvio alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, ordinanza 13 ottobre – 3 dicembre 2020, n. 34337 Presidente Fumu – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28 maggio 2019 la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la pronuncia di condanna resa dal Tribunale di Cosenza nei confronti di G.A. , quale responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza art. 186 C.d.S., comma 1 e comma 2, lett. c . 2. Ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, per due motivi. 2.1. Con il primo lamenta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella valutazione delle risultanze processuali. Osserva che la Corte territoriale ha ritenuto sufficiente la deposizione dell’operante di polizia giudiziaria per ritenere dimostrato che l’accertatore avesse reso edotto l’imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ed altresì che sarebbe stato sottoposto ad esami ematici per verificare il tasso etilico. Nel verbale di accertamento di atti irripetibili in realtà non vi era traccia nè dell’avvertimento nè del rifiuto di farsi assistere da un difensore di fiducia, donde il mancato raggiungimento della prova di una condotta colpevole. 2.2. Con il secondo motivo deduce erronea applicazione della legge penale sostanziale relativamente al mancato riconoscimento dell’esimente dell’art. 131-bis c.p Chiede quindi l’annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione di legge. Considerato in diritto 1. Il ricorso impone le considerazioni che seguono. 2. Appare utile premettere una breve disamina del dato normativo, che è opportuno richiamare. I principi generali sono contenuti negli artt. 354 e 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p Il primo articolo Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro dispone che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero comma 1 e, se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi si alterino, si disperdano o comunque si modifichino prima dell’intervento del pubblico ministero ovvero prima che questi assuma la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose comma 2 e sulle persone diversi dalla ispezione corporale comma 3 . L’art. 356 c.p.p. attribuisce poi al difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli artt. 352 e 354. La disposizione attuativa di cui all’art. 114 prevede che nel procedere al compimento degli atti indicati nell’art. 356 cit. cod., la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia. Ancora di rilievo per la questione che si affronta in questa sede sono l’art. 357 c.p.p., comma 2, lett. e e comma 3, e l’art. 373 c.p.p., comma 4, che di seguito si riportano. Art. 357 Documentazione dell’attività di polizia giudiziaria . 1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova. 2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti omissis e operazioni e accertamenti previsti dagli artt. 349, 353 e 354 omissis . 3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’art. 373. omissis Art. 373 Documentazione degli atti . La norma elenca di quali atti è redatto verbale secondo le modalità di forma previste nel titolo III del libro II ed al comma 4 dispone che Gli atti sono documentati nel corso del loro compimento ovvero immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze, da indicarsi specificamente, che impediscono la documentazione contestuale . Il quadro normativo di riferimento contenuto nel Codice della Strada è il seguente. L’art. 186, comma 3, dispone che al fine di acquisire elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione agli accertamenti di cui al comma 4, gli organi di Polizia stradale possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili c.d. pre-test con uso di precursore etilometrico . Il successivo comma 4 dà poi facoltà ai medesimi organi di Polizia stradale, in caso di esito positivo degli accertamenti di cui al comma 3, in ogni caso di incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall’influenza dell’alcool, di effettuare l’accertamento dello stato di ebbrezza con strumenti o procedure determinati dal Regolamento. Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti a cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia Stradale, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tali fini equiparate comma 5 . Dunque al conducente spettano le garanzie difensive della procedura accertativa sin dal suo avvio, costituendo l’alcoltest un accertamento sulla persona. 3. La Corte prende atto che sussiste un orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, la prova dell’avvenuto adempimento dell’obbligo di avvisare la persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia, ove non risultante dal verbale, possa essere data mediante la deposizione dell’agente operante Sez. 4, n. 3725 del 10/09/2019, Rv.278027 . Tale pronuncia richiama Sez. 4, n. 7677 del 06/02/2019, Rv. 275148, ove si afferma che la prova dell’avvenuto adempimento in parola può essere data, oltre che mediante deposizione testimoniale, anche tramite la comunicazione di notizia di reato o l’annotazione redatta dai verbalizzanti. Nella sentenza si legge tenuto conto che la comunicazione della notizia di reato è atto redatto dalla polizia giudiziaria, come il verbale di accertamenti a questa allegato e che la specifica menzione dell’avviso con indicazione del contesto spazio-temporale di questo e dell’U.P.G. che lo dette, dimostra l’effettività dell’adempimento la cui omessa menzione nel verbale di accertamenti urgenti, stante la sua struttura di modulo precompilato, può ragionevolmente ascriversi a mera dimenticanza degli operanti , in assenza di elementi contrari, l’eccezione di nullità dell’accertamento per omesso avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. si dimostra infondata nel merito . Si è osservato sempre nel corpo motivazionale della sentenza in esame - che l’avviso in parola non deve necessariamente confluire nel contenuto del verbale di cui all’art. 357 c.p.p., in cui, secondo quanto stabilito dall’art. 115 disp. att. c.p.p., l’annotazione di tale adempimento non è prescritta. Si è aggiunto che l’obbligo di redazione degli atti indicati dall’art. 357 c.p.p., comma 2, tra i quali rientrano le operazioni e gli accertamenti urgenti, nelle forme previste dall’art. 373 c.p.p., non è previsto a pena di nullità od inutilizzabilità, con la conseguenza che è ammissibile la testimonianza degli operatori della polizia giudiziaria in merito a quanto dagli stessi direttamente percepito nell’immediatezza dei fatti ma non verbalizzato, anche in relazione alle ragioni della omessa verbalizzazione Sez. 5, n. 25799 del 12/12/2015 Ud. - dep. 21/06/2016, Rv. 267260, in procedimento Stasi , riguardando il divieto di testimonianza di cui all’art. 195 c.p.p., comma 4, il contenuto delle dichiarazioni acquisite con le modalità di cui all’art. 351 c.p.p. e art. 357 c.p.p., comma 2, lett. a e b . Si è quindi concluso che anche la formulazione dell’avviso può essere provata tramite indizi gravi, precisi e concordanti derivanti dalla deposizione testimoniale degli operatori intervenuti o tramite la comunicazione della notizia di reato e l’annotazione dagli stessi redatta. 6. Secondo altra pronuncia - fattispecie in cui si contestava che il verbale era stato redatto dopo l’accertamento del tasso alcolemico del conducente - si è ritenuto sufficiente un avvertimento espresso oralmente prima della sottoposizione dell’indagato all’esame de qua, purché poi trasposto per iscritto nel verbale successivamente redatto Sez.4, n. 27110 del 15/09/2020, Rossi, con richiamo a Sez. 7, ord. n. 13254 del 27/2/2019, Impastato . Anche in altro caso Sez. 4, n. 9217 del 20/02/2020, De Podestà ci si doleva del difetto di prova che l’imputata avesse ricevuto l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, trovandosi peraltro in stato di semi-incoscienza e dovendosi dubitare della sufficienza della testimonianza di un agente circa il previo avviso della facoltà di legge, a fronte del fatto che la relativa documentazione in atti era successiva alla richiesta di prelievo effettuata dalla polizia giudiziaria. La questione non è stata direttamente affrontata perché il ricorso è stato definito sulla base di diversa questione ritenuta assorbente, ma anche in quel caso l’avviso di cui al combinato disposto dell’art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p. non risultava consacrato in atti, ma unicamente riferito in aula dal teste operante. 7. La problematica della effettività della garanzia e della possibilità che la prova che l’avviso in questione venga fornita a posteriori dalla deposizione dell’agente operante, che ne ha omesso la documentazione nel verbale di accertamenti urgenti, suscita non poche perplessità. Sul divieto di testimonianza dell’agente di polizia giudiziaria su dichiarazioni non verbalizzate si sono pronunciate da tempo le Sezioni Unite di questa Corte Suprema sent. n. 36747 del 28/05/2003, Torcasio e altro, Rv.225468-01 . Poste le regole di preclusione della testimonianza sulle dichiarazioni di terzi, la nota sentenza richiama il divieto di deposizione de relato per gli organi di polizia che abbiano acquisito, nell’espletamento della propria funzione investigativa, atti dichiarativi e sottolinea la diversità di regolamentazione prevista per la deposizione indiretta di fonte comune , che non è deputata ad attività investigative, rispetto a quella qualificata proveniente dalla polizia giudiziaria, e ciò proprio al fine di evitare che abbiano ingresso nel processo atti investigativi non ammissibili e non utilizzabili. Prosegue affermando che l’art. 195 c.p.p., comma 4, nella vigente formulazione, vieta la testimonianza del funzionario di polizia sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui all’art. 351 e art. 357, comma 2, lett. a e b e che tale riferimento non può essere interpretato nel senso di rendere legittima la testimonianza di secondo grado del funzionario di polizia in caso di mancata verbalizzazione pur sussistendone l’obbligo dell’atto di acquisizione delle informazioni ricevute. Così interpretata, la norma finirebbe per tradire il suo scopo fondamentale, che è quello di evitare l’introduzione nel dibattimento, a fini probatori, di dichiarazioni acquisite in un contesto procedimentale non correttamente formalizzato, di salvaguardare il principio di formazione della prova nel contraddittorio del dibattimento e di sanzionare, quindi, l’obbligo di documentazione dell’attività investigativa tipica della polizia giudiziaria, osservando le particolari modalità prescritte dal codice di rito, che non consente di surrogare la redazione del verbale che costituisce una formalizzazione in funzione documentativa comunque irrinunciabile con la registrazione così le S.U. Torcasio a pag.14 . 8. La Corte fa proprio questo principio di diritto, che ben può applicarsi al caso in esame, nel senso che la redazione del verbale non può essere surrogata dalla deposizione dell’operante sul contenuto della dichiarazione acquisita dal conducente della facoltà di avvalersi di un difensore, di ciò previamente informato. Nel caso di specie si tratta infatti della mancata verbalizzazione di un’attività di polizia giudiziaria il cui compimento deve essere consacrato per iscritto, così come per iscritto deve risultare la ricezione dell’avviso da parte dell’interessato, messo al corrente della garanzia difensiva che la legge gli attribuisce, avviso contenuto in un atto destinato a documentare l’attività svolta. Si tratta cioè di un atto di garanzia, il cui perfezionamento non richiede formule sacramentali, ma che deve comunque avere una veste formale, ovvero documentale, e per questo non può supplire all’omessa verbalizzazione l’eventuale dichiarazione testimoniale dell’agente accertatore che, a fronte del dato obiettivo della mancanza di prova scritta dell’avvenuto avviso, riferisca di elementi peculiari del caso concreto che possano avere impedito la verbalizzazione di un adempimento, che la norma pone come determinante ai fini della regolarità della procedura. In sintesi e in adesione all’insegnamento delle S.U. Torcasio, si ritiene che non può essere sostituito con una deposizione ciò che non risulta dal verbale, così come non può essere utilizzata una dichiarazione orale per recuperare atti che non sono stati formalizzati ma dovevano esserlo. In tal senso - pur se in fattispecie del tutto diversa - si è già espressa Sez. 3, n. 13205 del 23/11/2016, Rv. 269327, che richiama S.U. Torcasio e Sez. 6, n. 13465 del 17/03/2010, Rv. 246738 , secondo cui è inutilizzabile, perché resa in violazione del divieto posto dall’art. 195 c.p.p., comma 4, la testimonianza indiretta degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sulle dichiarazioni ricevute da persone informate sui fatti anche nel caso di mancata verbalizzazione delle stesse, qualora tale verbalizzazione sia prescritta dalla legge . 9. Aderendo all’insegnamento delle Sezioni Unite Torcasio , questo Collegio intende discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale di cui si è detto a punto 3. , che si è uniformato a quanto espresso nella sentenza Stasi , per le considerazioni che seguono. Il richiamo all’art. 115 disp. att. c.p.p. appare scarsamente rilevante poiché attiene esclusivamente alle modalità di annotazione secondo le indicazioni ivi previste e dunque al contenuto meramente formale e non sostanziale dell’atto, mentre dall’esame complessivo della normativa in materia di cui al precedente punto 2. traspare la necessaria contestualità tra l’avviso e la verbalizzazione dello stesso, ragione per la quale anche la trasposizione nella comunicazione della notizia di reato delle attività compiute dalla polizia giudiziaria, non essendo contestuale o immediatamente successiva al compimento delle operazioni di accertamento secondo quanto previsto dall’art. 373 c.p.p., comma 4 , non supera l’omissione. Dunque, benché l’avvertimento del diritto all’assistenza difensiva non sia soggetto a formule sacramentali, nel senso che ben può essere dato oralmente, deve essere necessariamente documentato nel verbale, trattandosi di accertamento urgente, destinato ad assumere evidenza probatoria nel corso del dibattimento - non solo nei processi aventi ad oggetto il reato di guida in stato di ebbrezza ma altresì delitti di ben maggiore gravità - come atto irripetibile ovvero acquisito in caso di ammissione al rito abbreviato. In altri termini, l’avviso in parola, quale momento indefettibile del procedimento, pur se ad esecuzione a forma libera, necessita di essere documentato nel verbale, come prova del rispetto della modalità di legge. Può perfino pervenirsi alla conclusione che il compimento dell’atto sia attestato in semplice annotazione, ove la polizia giudiziaria utilizzi in luogo della verbalizzazione, sia pure irritualmente, tale modalità di documentazione dell’attività svolta, ma deve escludersi, semplicemente alla luce del disposto normativo, che il compimento dell’atto di garanzia, dal quale dipende la validità del procedimento di acquisizione della prova, possa essere documentato successivamente - anche a distanza di molto tempo mediante la dichiarazione testimoniale dell’operante che ha trascurato la formalizzazione dell’atto nel documento destinato ad attestare con valore fidefacente l’intera attività svolta, omissione non certo giustificabile invocando una mera dimenticanza così l’espressione utilizzata nella sentenza di questa Sezione n. 7677/2019 . Nè, per gli stessi motivi, può ritenersi che detta dimenticanza possa essere recuperata dall’attestazione postuma dell’avvenuto adempimento contenuta nella comunicazione della notizia di reato. Essendo un atto di garanzia strettamente finalizzato alla tutela del diritto alla difesa, dalla sua omissione, a parere di questo Collegio, deriva la nullità dell’atto ex art. 178 c.p.p., lett. c , non superabile colmando la lacuna con la deposizione testimoniale dell’operante in dibattimento. 10. Conclusivamente, questa Corte esprime non condivisione dei principi affermati dalle sentenze n. 7677/2019 e 3725/2019 di questa Sezione che hanno fatto proprie le considerazioni espresse da Sez. 5, n. 25799/2016 Stasi per una duplice ragione I nella sentenza Stasi il contenuto della deposizione dell’operante di polizia giudiziaria aveva ad oggetto la tematica dei segni sulla persona dell’imputato, cioè un mero elemento fattuale non riportato a verbale, non già il compimento di un atto formale del procedimento in attuazione di una garanzia difensiva e condizionante la validità del procedimento probatorio nel caso oggi a processo riguardante l’accertamento dello stato di ebbrezza , atto la cui esecuzione deve per espressa normativa essere documentata nel verbale - o quanto meno nell’annotazione - redatto contestualmente ovvero, in casi particolari, immediatamente dopo il suo compimento II trattandosi di atto a forma libera ma da documerìtarsi per iscritto quanto al suo compimento, non può essere oggetto di testimonianza, che cadrebbe su un atto inesistente, nè, in base ai principi espressi dalle S.U. Torcasio , l’operatore di polizia giudiziaria può riferire su quanto dichiarato dalla persona sottoposta ad indagini a proposito della richiesta di avvalersi della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, incorrendo tale deposizione nel vizio di inutilizzabilità. Il diverso orientamento giurisprudenziale si pone quindi in conflitto con il divieto di testimonianza indiretta stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 36747/2003 più volte citata. 11. Nè il contrasto può risolversi sulla base dell’analisi di attendibilità del teste, poiché tale soluzione partirebbe comunque dal presupposto di una risposta positiva al quesito originario - dell’ammissibilità cioè di una testimonianza integrativa del verbale e suppletiva di una lacuna dell’atto - a cui questo Collegio fornisce invece risposta negativa, e si esporrebbe a ridursi ad un giudizio sulla maggiore o minore credibilità del dichiarante, in contrasto con la normativa sulla verbalizzazione degli atti di polizia giudiziaria, già richiamata. Si ritiene pertanto insuperabile la necessità di una decisione difforme da quanto in precedenza statuito sul tema e doverosa la rimessione del procedimento alle Sezioni Unite, ex art. 618 c.p.p., comma 1, per la soluzione del potenziale contrasto in materia di particolare rilevanza per le garanzie del cittadino, sulla seguente questione di diritto In rilievo nel presente processo se la prova dell’intervenuto avviso previsto dall’art. 114 disp. att. c.p.p. possa essere acquisita in dibattimento attraverso la deposizione del verbalizzante, in assenza di riscontro scritto . P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.