Perimetro del gratuito patrocinio: la richiesta di misure alternative alla detenzione non implica un’istanza a parte

L’assistenza tecnica assicurata dal difensore nel corso del processo penale si estende oltre la fase della decisione sulla responsabilità e sino alla scadenza del termine per formulare la richiesta ex art. 656, comma 5, c.p.p. i.e. istanza di applicazione di misure alternative alla detenzione in carcere .

Lo ha stabilito la quarta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33235/20, depositata il 26 novembre. Ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Nel caso di specie un uomo, ammesso al patrocinio a spese dello stato, è stato sottoposto a procedimento penale in esito al quale è stata emessa sentenza di condanna. Il legale ha domandato la liquidazione dei propri compensi in relazione alla istanza di applicazione della misura alternativa alla detenzione in carcere a seguito di sopravvenuta irrevocabilità della sentenza. Nondimeno, detta istanza è stata rigettata dal Tribunale di merito, assumendola afferente alla successiva fase si competenza del Tribunale di sorveglianza. L’estensione del beneficio. L’art. 75, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 prevede, al comma 1°, che, l'ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse. Al comma 2, invece, si precisa che la disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi all'applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico. In proposito, il Palazzaccio ha, inter alia e senza mezzi termini, confermato come l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel corso delle indagini preliminari si estenda non già alla mera attività difensiva di quella fase ma anche a tutti gli stati e gradi del processo che ne consegue. L’estensione del beneficio post irrevocabilità della sentenza. La questione sottoposta all’attenzione della Suprema Corte è, tuttavia, la seguente l’originaria ammissione al gratuito patrocinio si estende oltre la data di irrevocabilità della sentenza di condanna in relazione ad attività difensive che si rendano necessarie successivamente a tutela dei diritti del condannato quale, per l’appunto, l’istanza di sospensione della pena ? Sul punto gli ermellini affermano che l’assistenza tecnica assicurata dal difensore nel corso del processo penale si estende oltre la fase della decisione sulla responsabilità e sino alla scadenza del termine per formulare la richiesta ex art. 656, comma 5, c.p.p. Tanto è vero – precisa la Suprema Corte – che anche dopo la pronuncia della condanna il rito prevede la notificazione dell’ordine di esecuzione e del decreto di sospensione proprio al difensore che ha assistito l’imputato, salvo che questi, una volta condannato non abbia già nominato un difensore per la fase di esecuzione . Vi sarebbe una battuta d’arresto e, dunque, un distinguo solo a decorrere dalla successiva fase inerente al procedimento di sorveglianza. Ricorso rigettato con condanna alle spese. Sul crinale delle considerazioni che precedono, la Corte di Cassazione ha dunque dichiarato infondato il ricorso per l’effetto rigettandolo, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 ottobre – 26 novembre 2020, n. 33235 Presidente Piccialli – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento del 5 maggio il Tribunale di Foggia ha rigettato la richiesta di liquidazione delle competenze professionali al difensore di G.G. , ammesso al patrocinio a spese dello Stato, formulata dall’avv.to Lattanzio Giacomo in relazione all’istanza di applicazione di una misura alternativa al carcere, a seguito dell’irrevocabilità della sentenza di condanna di G.G. alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro duecento di multa. 2. Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione l’avv.to Giacomo Lattanzio che formula un unico motivo, con il quale lamenta la violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 75. Ricorda che G.G. è stato ammesso al patrocinio in favore dei non abbienti, con provvedimento del 7 gennaio 2011, in relazione al procedimento penale iscritto al R.G.N.R. 2129/2011, conclusosi con sentenza irrevocabile della Corte di appello di Foggia del 6 gennaio 2019, cui è seguito l’ordine di esecuzione per la carcerazione, con decreto di sospensione ex art. 656 c.p.p., comma 5 che il difensore in data 28 gennaio 2019 ha richiesto, per conto dell’assistito, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., commi 5 e 6, l’ammissione ad una delle misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario che, indi, il difensore ha richiesto la liquidazione dei compensi per detta attività che il Tribunale di Foggia ha respinto l’istanza affermando che il deposito della richiesta di misura alternativa introduce un nuovo e differente procedimento innanzi al Tribunale di Sorveglianza, svincolato dal procedimento di cognizione, con la conseguenza che l’istanza per la liquidazione dei compensi, anche in relazione alla richiesta, non può che essere formulata al Tribunale di Sorveglianza, chiamato a decidere sulla concessione della misura, previa presentazione di nuova richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Assume che la decisione si pone in contraddizione con il disposto del D.P.R. n. 115 del 2000, art. 75, comma 1, laddove è previsto che l’ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del procedimento e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse . Sostiene che il provvedimento di sospensione della pena, al momento della sua emissione, non può essere confuso con il procedimento innanzi al giudice di sorveglianza, posto che al momento del deposito dell’istanza non esiste alcun fascicolo presso la Magistratura di sorveglianza e che, pertarito, risulterebbe impossibile depositare una richiesta di ammissione al patrocinio. D’altro canto, l’istanza di ammissione alla misura alternativa, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, va presentata al pubblico ministero, che provvede a trasmettere il relativo fascicolo al Tribunale di Sorveglianza, ciò rendendo evidente l’impossibilità di trasmettere qualsiasi ulteriore richiesta a quell’organo giurisdizionale. Osserva che l’attività per la quale si reclama la liquidazione, relativa alla redazione ed al deposito dell’istanza di sospensione della pena, non rientra in alcuna delle fasi autonome previste dal cit. art. 75, comma 2, relative all’esecuzione, al processo di revisione, di revocazione, di opposizione di terzo, di applicazione delle misure di sicurezza di prevenzione, e nei procedimenti di competenza del Tribunale di sorveglianza, essendo l’ordine di esecuzione emesso a seguito dell’irrevocabilità della sentenza di merito, e quindi connesso con il giudizi di responsabilità. Deduce l’irrilevanza del precedente richiamato dal provvedimento impugnato Sez. 4, n. 13152 del 19/03/2019, Amoroso , non essendo in discussione che per il procedimento avanti al Tribunale di sorveglianza debba essere formulata nuova istanza di ammissione. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. La questione proposta inerisce alla lettura del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 75, commi 1 e 2 e dell’art. 656 c.p.p., commi 5 e 6. 3. Per valutare la fondatezza della doglianza proposta occorre muovere dalla disciplina relativa all’estensione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per verificare se la volontà legislativa si sia evoluta prevedendo la limitazione le deliberazioni relative al riconoscimento del beneficio, al fine di assicurare un più semplice esercizio della difesa del non abbiente nell’insieme dei procedimenti scaturiti dall’incolpazione penale, rispetto ai quali è prevista l’attività di difesa tecnica. 4. L’originario L. n. 217 del 1990, art. 1, dopo avere definito ai commi 1 e 2 le ipotesi per le quali è assicurato il patrocinio, rispettivamente nei processi penali ed in quelli civili, stabiliva che Nei procedimenti penali l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato giova per tutti i gradi del procedimento . L’istanza, ai sensi del comma 3 doveva essere presentata esclusivamente dall’interessato o dal difensore alla cancelleria del giudice che procede o nel caso del procedimento civile alla cancelleria del giudice innanzi al quale pende il procedimento” ovvero di quello competente a conoscere il merito”. Mentre l’art. 15, comma 1 della medesima legge disciplinante l’ammissione al patrocinio in altri casi - con ciò intendendo le ipotesi diverse da quelle previste dall’art. 1, commi 1 e 2 - stabiliva che Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano, in quanto compatibili, anche nella fase dell’esecuzione, nel procedimento di revisione, nonché nei procedimenti relativi all’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione o per quelli di competenza del tribunale di sorveglianza, sempreché l’interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente . E con il comma 2 precisava che Competente a ricevere l’istanza prevista dall’art. 2, ad adottare i provvedimenti relativi all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ed a liquidare i compensi è, a seconda dei casi, il giudice dell’esecuzione o l’autorità giudiziaria procedente . 5. L’attuale disciplina di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, definiti all’art. 74 i casi nei quali lo Stato assicura il patrocinio ai non abbienti, nei procedimenti penali comma 1 , civili, amministrativi, contabili, tributari e di volontaria giurisdizione comma 2 , dispone al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 75, comma 1, con norma generale, riferibile a tutti i procedimenti di cui all’art. 74, commi 1 e 2 che L’ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse . Mentre l’art. 75, comma 2, riprendendo il disposto della L. n. 217 del 1990, art. 15 precisa che La disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell’esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi all’applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l’interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico . 6. La competenza a ricevere e decidere sull’istanza è anch’essa regolata, in via generale, dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 93, che dispone che l’istanza è presentata all’ufficio del magistrato innanzi al quale pende il processo, fatta salva - come in precedenza ai sensi della L. n. 217 del 1990, art. 2, u.c. - l’ipotesi procedimento avanti alla Corte di cassazione, ipotesi nella quale deve provvedere il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. 7. Il raffronto fra le disposizioni sin qui richiamate, contenute rispettivamente nella L. n. 217 del 1990 e nel D.P.R. n. 115 del 2002, consente di affermare che il legislatore ha inteso razionalizzare la disciplina, consentendo la proposizione di una sola istanza che, coprendo tutti gli ambiti di applicazione di cui all’art. 74, commi 1 e 2, gli effetti dell’ammissione ad ogni grado e per ogni fase del processo, nonché a tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse”. E ciò andando ben oltre la precedente previsione che consentiva di estendere l’efficacia dell’ammissione ai tutti i gradi del procedimento per il solo processo penale L. n. 217 del 1990, art. 1, comma 3 . L’estensione, infatti, non si limita a riguardare i diversi gradi del processo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2, prima non prevista, ma ricomprende tutte le fasi dei procedimenti per i quali è assicurata la tutela, così comprendendo, per quanto riguarda il processo penale, anche i procedimenti cautelari, in quanto connessi, così come, con riferimento al processo civile i procedimenti cautelari ed anticipatori, in quanto connessi. Non a caso, infatti, il legislatore, sceglie di utilizzare in luogo del termine procedimento” di cui alla L. n. 217 del 1990, art. 1, il termine processo” di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 74 e 75, ad esso riconnettendo tutte le procedure derivate, accidentali o comunque connesse”, avendo quale scopo quello di estendere gli effetti dell’ammissione, conseguenti l’accoglimento dell’originaria istanza a tutti gli accidenti” del processo, dal momento della richiesta innanzi al magistrato in cui pende il processo” in quella fase, e sino alla sua definizione. Ciò purché, ovviamente, permangano le condizioni di ammissibilità al beneficio, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 112, che impone al magistrato che procede in quel momento di revocare l’ammissione in caso di superamento dei limiti di reddito, a seguito delle comunicazioni dell’interessato ai sensi dell’art. 79, comma 1, lett. d o della ricorrenza delle ipotesi di accertamento del reddito da parte degli uffici finanziari. 8. Non può quindi dubitarsi che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel corso delle indagini preliminari si estenda, non solo all’attività difensiva relativa a quella fase, ma a tutto a tutti gli stati e gradi del processo che ne segue, in caso di rinvio a giudizio, e sino alla definizione del medesimo con sentenza irrevocabile, senza che sia necessario formulare una seconda istanza di ammissione. 9. Ciò chiarito, occorre, nondimeno, chiedersi se l’originaria ammissione, in qualunque fase o grado intervenuta, si estenda oltre la data di irrevocabilità della sentenza di condanna, in relazione ad attività difensive che si rendano necessarie successivamente, a tutela dei diritti del condannato. 10. Per dare soluzione al quesito deve tenersi in considerazione non solo il D.P.R. cit., art. 75, comma 2 che assicura l’applicabilità delle norme sulla difesa del non abbiente ai processi di esecuzione e di competenza del Tribunale di sorveglianza, ma anche la disciplina di cui all’art. 656 c.p.p Siffatta ultima disposizione, infatti, stabilisce, al comma 5, che l’ordine di esecuzione ed il decreto di sospensione del pubblico ministero siano notificati al condannato ed al difensore nominato per la fase di esecuzione o, in difetto, al difensore che l’ha assistito nelle fase del giudizio, al fine della presentazione dell’istanza di concessione di una delle misure alternative alla detenzione previste dall’ordinamento penitenziario o dal D.P.R. n. 309 del 1990. La richiesta, ai sensi del comma 6, potrà essere presentata dal condannato medesimo, ovvero dal difensore già nominato per la fase esecutiva, oppure da quello che ha assistito l’interessato nella fase del giudizio, o, ancora dal difensore all’uopo nominato. L’ordinamento processuale, dunque, prevede che il difensore che ha assistito l’imputato nel corso del giudizio, in assenza della nomina di altro difensore per la fase esecutiva, continui ad assistere l’interessato anche quando sia già intervenuta la condanna, al fine di consentirgli una difesa tecnica nel momento in cui egli deve decidere se e quale richiesta intende presentare al Tribunale di Sorveglianza per sostituire l’esecuzione della pena detentiva con una misura ad essa alternativa, nei ristretti termini previsti dalla disposizione trenta giorni . La volontà legislativa di non lasciare il condannato privo di difesa tecnica nel momento in cui si procede all’emissione dell’ordine di esecuzione, benché la fase del giudizio si sia conclusa, si evince anche dal cit. art. 656 c.p.p., comma 8 bis dispone che quando sia provato o appaia probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all’esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica. 11. Può, dunque, affermarsi che l’assistenza tecnica assicurata dal difensore nel corso del processo penale si estende oltre la fase della decisione sulla responsabilità e sino alla scadenza del termine per formulare la richiesta di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5, tanto è vero che anche dopo la pronuncia della condanna il rito prevede la notificazione dell’ordine di esecuzione e del decreto di sospensione proprio al difensore che ha assistito l’imputato, salvo che questi, una volta condannato non abbia già nominato un difensore per la fase dell’esecuzione. È vero, che il condannato può procedere da solo alla richiesta delle misure alternative, o può nominare all’uopo,un nuovo difensore, e, nondimeno, egli ha diritto, in questa delicatissima fase, di essere assistito, qualora non si determini diversamente in modo autonomo, dal medesimo difensore che l’ha difeso nella fase del giudizio. Questa prorogatio, che non abbisogna di nuova nomina, non si estende al successivo giudizio avanti al Tribunale di sorveglianza, posto che, ai sensi dell’art. 71 O.P., a seguito della richiesta di misura alternativa, il Presidente invita l’interessato ad esercitare la facoltà di nominare un difensore” disponendo d’ufficio se l’interessato non vi provvede entro cinque giorni dalla comunicazione dell’invito. La distinzione fra la fase antecedente la richiesta della misura e quella relativa al procedimento di sorveglianza è riprodotta dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 75 che distingue fra il processo, in tutte le sue fasi, gradi e procedure derivate e connesse, di cui al comma 1 e l’esecuzione ed il processo di sorveglianza di cui al comma 2. 12. Nondimeno, non può dubitarsi che la fase di cui all’art. 656 c.p.p., commi 5 e 6, rientri in quella esecutiva in senso proprio, essendo inequivocabile che la disciplina ricade nella disposizione rubricata ‘Esecuzione delle pene detentivè. Se, tuttavia, l’attività difensiva propedeutica all’esecuzione della pena in misura alternativa rientra nella fase esecutiva, ecco allora che alla liquidazione dei compensi non potrà che provvedere, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 6, il giudice che decide sulla domanda formulata, posto che nessun altro giudice può essere investito della istanza di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5, dal momento in cui, con la medesima istanza, si apre il procedimento di sorveglianza. Che questa sia la soluzione del quesito posto con il ricorso è confermato dalla lettera del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 83, comma 3 bis, secondo cui Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta . 13. Il ricorso deve, quindi, essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.