Sul perfezionamento del reato di indebita compensazione

Il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000 si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi. Solo così si può ritenere perfezionata la condotta del contribuente, che si realizza mediante il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale.

Con sentenza n. 32686/20, la Corte di Cassazione, decidendo sul ricorso proposto dall’imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello che ne aveva confermato la condanna per il reato di cui all’art. 10- quater d.lgs. n. 74/2020 , ha affermato un nuovo principio di diritto in tema di reati tributari. In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del d.lgs. n. 74/2000 non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo decreto, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’ IVA il reato , infatti, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi , in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 settembre – 23 novembre 2020, n. 32686 Presidente Lapalorcia – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Milano con sentenza del 17 febbraio 2020 ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano del 13 febbraio 2018, giudizio abbreviato che aveva condannato C.B. alla pena di mesi 10 di reclusione relativamente al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater. 2. L’imputato propone ricorso per Cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La sentenza di appello si richiama alla decisione di primo grado senza rispondere alle argomentazioni dell’appello. Manca l’analisi sull’assenza nell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate della presentazione della dichiarazione nella quale risulterebbero i crediti inesistenti per l’anno di imposta 2013. L’omessa presentazione della dichiarazione IVA è presupposto necessario dell’avviso di accertamento in cui si accertano i crediti posti in compensazione. L’assenza della dichiarazione IVA determina automaticamente la caducazione dell’avviso di accertamento . Inoltre, nella sentenza impugnata non viene valutata l’assenza del Processo verbale di constatazione, la cui redazione era obbligatoria, per la difesa del contribuente dalla pretesa fiscale dell’Agenzia. Il ricorrente si è trovato davanti ad un avviso di accertamento senza possibilità di conoscere e contestare quanto accertato dall’Agenzia delle entrate assenza di Processo verbale di constatazione . Conseguentemente la mancata redazione del PVC e la mancata presentazione della dichiarazione IVA travolge l’avviso di accertamento determinando la caducazione della responsabilità oggettiva del reato . Infine, il soggetto che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione è la società New Global Service società cooperativa in liquidazione e non l’imputato. La società non aveva presentato la dichiarazione IVA nel 2012, ma per quanto riguarda gli adempimenti trimestrali vi aveva provveduto, come del resto affermato negli avvisi di accertamento. Nessuna comunicazione all’imputato è stata effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e 36 ter, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis. Il rappresentante legale è responsabile in solido con la società solo per una somma pari Alla sanzione irrogata - D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11 -. Ha chiesto quindi l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, genericità e perché, valutato nel suo complesso, chiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. La sentenza impugnata richiama la completa motivazione del giudice di primo grado e rileva come dalla comunicazione della notizia di reato, presentata dall’Agenzia delle Entrate, si evince che i crediti dedotti in compensazione erano inesistenti, in quanto non risultava presentata dalla società legalmente rappresentata dall’imputato la dichiarazione IVA relativa all’esercizio nel quale i crediti inesistenti sarebbero maturati. Nel ricorso in cassazione non si contesta l’inesistenza dei crediti, ma si prospettano motivi relativi al procedimento tributario assenza di processo verbale di constatazione, e di avviso al contribuente, nonché limiti della sua responsabilità tributaria che nulla hanno a che vedere nel processo penale. Il ricorso si limita a reiterare acriticamente i motivi dell’appello senza confronto con le specifiche motivazioni della sentenza gravata. 4. Deve, comunque, rilevarsi che l’assenza della dichiarazione IVA pur nell’effettuazione degli adempimenti trimestrali come ritenuto nello stesso ricorso in cassazione non incide sulla configurabilità del reato in giudizio In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta decettiva del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. - In motivazione, la Corte ha precisato che il delitto di indebita compensazione non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo D.Lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva -. Sez. 3, n. 4958 del 11/10/2018 - dep. 01/02/2019, CAPPELLO PASQUALE, Rv. 27485401 . È l’indicazione del credito inesistente portato in compensazione nel modello F24 che ha rilevanza, non l’omessa presentazione della dichiarazione IVA In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater, richiede, sotto il profilo oggettivo, che il mancato versamento di imposta risulti formalmente giustificato da una illegittima compensazione, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ex art. 17, operata tra le somme spettanti all’erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti. - Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato in quanto l’imputato non aveva compilato alcun mod. F24 in cui avrebbe dovuto indicare il credito, inesistente o non spettante, da portare in compensazione -. Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015 - dep. 14/04/2015, Chiarolla, Rv. 26305101 . La presentazione di mod F24 non risulta minimamente contestata dall’imputato. Può conseguentemente evidenziarsi il seguente principio di diritto In tema di reati tributari, il delitto di indebita compensazione di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater, non presuppone la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione annuale a differenza di quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del medesimo D.Lgs. n. 74 del 2000, in cui il mendacio del contribuente si esprime proprio nella dichiarazione annuale relativa alle imposte sui redditi o all’Iva il reato, infatti, si consuma al momento della presentazione dell’ultimo modello F24 relativo all’anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l’utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell’indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 3.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.