La restituzione delle opere abusive sottoposte a sequestro può pregiudicare l’esercizio dell’azione penale del PM

L’ipotesi di nullità generale oggetto dell’art. 178, lett. b , c.p.p., si ritiene integrata nell’ipotesi di violazione di norme che incidono sulla partecipazione del P.M. al procedimento quando la violazione precluda allo stesso l’esercizio delle prerogative volte a definire meglio nonché ad avvalorare l’accusa, come nel caso in cui venga restituita un’opera ritenuta abusiva e sottoposta a sequestro probatorio prima che egli abbia compiuto gli accertamenti necessari per sostenere l’accusa in giudizio.

Questo l’oggetto della sentenza della Suprema Corte n. 31961/20, depositata il 13 novembre. Il GIP presso il Tribunale di Brindisi accoglieva l’opposizione proposta dall’indagato ai sensi dell’art. 263, comma 5, c.p.p., contro il decreto con cui il P.M. aveva negato la restituzione dell’immobile sottoposto a sequestro probatorio , disponendo il dissequestro a suo favore. Contro tale decisione, il Procuratore della Repubblica propone ricorso per cassazione, denunciando, tra i diversi motivi, l’errore in cui è incorso il Giudice nell’avere disposto la restituzione dell’immobile, sottoposto a sequestro per via delle contravvenzioni di esecuzione di opere senza il permesso di costruire in zona vincolata e senza l’autorizzazione paesaggistica, motivando la decisione con l’avvenuto decorso del termine di durata massima delle indagini preliminari. Inoltre, il ricorrente lamenta il fatto che la sottrazione al sequestro del corpo di reato impedisce e rende più difficoltoso l’accertamento della verifica della doppia conformità delle opere dettata dalla disciplina vigente in materia e, di conseguenza, anche l’esercizio dell’azione penale e l’accertamento della verità processuale. La Corte di Cassazione dichiara i motivi di ricorso fondati, mettendo in evidenza innanzitutto che i beni sottoposti a sequestro probatorio possono essere restituiti all’avente diritto quando non sia più necessario mantenere la misura ai fini della prova, e ciò può accadere anche prima della sentenza. Ciò posto, la Corte rileva che nel rito ordinario la prova si forma durante la fase processuale propriamente detta , essendo dunque fisiologico che durante tale fase perduri la necessità di mantenere il sequestro ai fini probatori. Ciò premesso, gli Ermellini evidenziano che la violazione di legge lamentata dal ricorrente riguarda la mancata osservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, non rilevando la diversa qualificazione giuridica oggetto di ricorso che evoca il vizio ex art. 606, comma 1, lett. b , c.p.p. . Infatti, nonostante la violazione oggetto dell’art. 262, comma 1, c.p.p. non sia sanzionata da nullità, il Collegio ritiene che nel caso di specie essa possa tradursi in una nullità di ordine generale per l’inosservanza della norma relativa all’iniziativa del Pubblico Ministero ai fini dell’esercizio dell’azione penale e alla sua partecipazione al procedimento art. 178, lett. b , c.p.p. , non potendo interpretare tale disposizione in senso restrittivo. A sostegno di tale tesi, la Corte riprende un orientamento giurisprudenziale secondo cui la stessa norma viene interpretata come riguardante la violazione di disposizioni che incidono sul diritto di difesa e, dunque, specularmente, l’ipotesi di nullità generale deve essere ritenuta nel caso di violazione di norme che incidono sulla partecipazione al procedimento del pubblico ministero allorquando la violazione precluda al medesimo l’esercizio delle facoltà tese ad eventualmente meglio definire e suffragare l’accusa, sì da concretamente conculcarne l’iniziativa nell’esercizio dell’azione penale . Ora, nel caso di specie, la restituzione delle opere sequestrate perché ritenute abusive pregiudica le prerogative del P.M. nell’esercizio dell’azione penale nel senso sopra delineato, essendo stato il sequestro disposto al fine di verificare la sussistenza degli estremi del reato urbanistico e paesaggistico in oggetto e per verificare la legittimità dei provvedimenti di sanatoria adottati successivamente. Per queste ragioni, i Giudici annullano senza rinvio l’ordinanza impugnata, ferma restando l’esecuzione del provvedimento genetico di sequestro.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 settembre – 13 novembre 2020, n. 31961 Presidente Di Nicola – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 15 ottobre 2019, il g.i.p. del Tribunale di Brindisi, accogliendo l’opposizione proposta da S.R. , ex art. 263 c.p.p., comma 5, avverso il decreto con cui il pubblico ministero aveva negato la restituzione di un immobile sottoposto a sequestro probatorio, ne ha disposto il dissequestro in favore dell’avente diritto. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica, deducendo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , la violazione della legge penale per erronea applicazione dell’art. 262 c.p.p., comma 1, primo periodo, ed il vizio di motivazione. 2.1. Si lamenta, in primo luogo, che erroneamente il giudice aveva ritenuto di dover disporre la restituzione dell’immobile, sottoposto a sequestro probatorio in ordine alle contravvenzioni di esecuzione di opere in assenza di permesso di costruire in zona vincolata ed in assenza di autorizzazione paesaggistica, sul rilievo che fosse decorso il termine di durata massima delle indagini preliminari. Per un verso, si rileva che il suddetto termine era decorso nel procedimento penale originariamente iscritto nei riguardi del solo S.R. e non anche nel procedimento, successivamente riunito al primo, poi iscritto nei confronti di altre otto persone individuate quali concorrenti nei reati. Per altro verso, posto che la prova dei reati si forma in dibattimento, il pubblico ministero ricorrente lamenta che dal decorso del termine di durata delle indagini preliminari non può comunque farsi discendere l’inutilità del mantenimento del sequestro probatorio. 2.2. In secondo luogo, si deduce l’irrilevanza della circostanza - illogicamente valorizzata a sostegno della decisione impugnata - che la consulenza tecnica del pubblico ministero in relazione alle opere eseguite sull’immobile in sequestro fosse stata conferita successivamente alla presentazione dell’istanza di dissequestro. 2.3. In terzo luogo, si lamenta che erroneamente il provvedimento impugnato aveva attribuito rilievo al successivo rilascio di permessi di costruire in sanatoria in relazione alle opere oggetto di contestazione, posto che la consulenza tecnica conferita era altresì volta ad accertare la legittimità degli stessi con particolare riguardo alla conformità delle opere agli strumenti urbanistici, all’intervento di tutti gli organi preposti alla tutela del territorio, dell’ambiente e del paesaggio, all’applicazione delle sanzioni ed alla corretta determinazione del contributo di costruzione. 2.4. Da ultimo, ci si duole che la sottrazione al sequestro del corpo di reato impedisce e, comunque, rende maggiormente difficoltoso l’accertamento della verifica della doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistico-edilizio vigente al momento dell’esecuzione e del rilascio dei permessi di costruire e, conseguentemente, l’esercizio dell’azione penale e l’accertamento della verità in prospettiva processuale. Considerato in diritto 1. Va premesso che le censure mosse dal ricorrente alla motivazione del provvedimento impugnato sono certamente ammissibili, in forza dell’orientamento, da tempo consolidato, secondo cui l’ordinanza del g.i.p., che a norma dell’art. 263 c.p.p., comma 5, provvede sull’opposizione degli interessati avverso il decreto del pubblico ministero di rigetto della richiesta di restituzione delle cose in sequestro è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall’art. 606, comma 1, c.p.p. Sez. U, n. 9857 del 30/10/2008, dep. 2009, Manesi, Rv. 242290 Sez. 5, n. 10987 del 14/11/2019, dep. 2020, Mauro, Rv. 278881 . Nel caso di specie, tuttavia, nei termini di seguito esposti - in particolare concernenti il primo ed il quarto dei profili di doglianza sopra riportati - il ricorso è fondato per violazione di norma processuale stabilita a pena di nullità, sicché s’impone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, restando assorbite le censure con cui più specificamente ci si duole del vizio di motivazione. 2. Con particolare riguardo alla norma di legge che il ricorrente assume violata, va considerato che per l’art. 262 c.p.p., comma 1, - disposizione che regola la durata del sequestro probatorio e la restituzione delle cose sequestrate - i beni sono restituiti all’avente diritto quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova anche prima della sentenza . Come pure si desume dalla precisazione da ultimo richiamata - che, altrimenti, non avrebbe senso - la legge non limita la durata del sequestro probatorio alla fase delle indagini preliminari, ben potendo lo stesso perdurare anche nella fase del giudizio o, addirittura, essere soltanto in tale fase disposto. Del resto - com’è noto cfr., ad. es., art. 190 c.p.p., comma 1, artt. 493 e 495 c.p.p. - nel rito ordinario la prova si forma nella fase processuale propriamente detta, sicché è del tutto fisiologico che nel corso della stessa perduri la necessità del mantenimento del sequestro a fini di prova. Questo vale anche con riguardo allo svolgimento di indagini od all’acquisizione di dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche e necessitano quindi di accertamenti peritali disposti dal giudice art. 220 c.p.p., comma 1 o comunque effettuati da consulenti tecnici di parte anche al di fuori dei casi di perizia, ex art. 233 c.p.p., il cui comma 1 bis, espressamente prevede anche la possibilità di esaminare le cose sequestrate da parte del consulente della parte privata, ma lo stesso ovviamente vale anche per il c.t. del pubblico ministero . Del resto, ai fini delle richieste di prova nel giudizio, ex art. 430 c.p.p., il pubblico ministero e il difensore possono compiere attività integrativa di indagine - con l’unico limite, che non rileva ai fini di cui qui si discute, degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell’imputato o del suo difensore - anche nel caso di già avvenuto esercizio dell’azione penale cui sia conseguito il rinvio a giudizio ciò che vale pure quando si sia proceduto con citazione diretta , trattandosi, peraltro, di prerogativa di carattere generale non soggetta ad alcun limite cronologico finale e che può essere svolta durante il dibattimento, senza che possa essere circoscritta entro i termini stabiliti dall’art. 468 c.p.p., o in quelli coincidenti con gli adempimenti richiamati dall’art. 493 c.p.p., Sez. 2, n. 31512 del 24/04/2012, Barbaro e aa., Rv. 254028 . Si è addirittura affermato che il pubblico ministero può svolgere attività integrativa d’indagine anche successivamente, ai fini di presentare richieste di rinnovazione dell’istruzione nel giudizio d’appello, e ciò in coerenza con il principio della parità delle parti nel processo stabilito dall’art. 111 Cost., comma 2, posto che il difensore è legittimato allo svolgimento di attività di investigazione difensiva in ogni stato e grado del procedimento ai sensi dell’art. 327 bis c.p.p., comma 2, Sez. 1, n. 50893 del 12/11/2014, Cafà, Rv. 261484 per l’affermazione di analogo principio, v. Sez. 5, n. 40467 del 16/04/2018, Torino e aa., Rv. 273884 . La principale ratio decidendi del provvedimento impugnato - laddove si afferma che, in ogni caso le esigenze probatorie che non possono certamente configurarsi dopo più di 18 mesi dal sequestro, allorché è ormai spirato il termine delle ii.pp. - ne rivela pertanto l’illegittimità per violazione dell’art. 262 c.p.p., comma 1, ciò che, incidendo sulla stessa iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale, integra una nullità di ordine generale, ex art. 178 c.p.p., lett. b , che ben può essere fatta valere con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c . 3. Reputa, al proposito, il Collegio che non possa condividersi la diversa impostazione seguita dal pubblico ministero ricorrente, il quale ha formalmente ricondotto l’erronea applicazione dell’art. 262 c.p.p., comma 1, primo periodo, al motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , che riguarda l’erronea interpretazione della legge penale sostanziale ossia, la sua inosservanza , ovvero l’erronea applicazione della stessa al caso concreto e, dunque, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto sotto fattispecie astratta Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Aloè e aa., Rv. 268404 . L’art. 262 c.p.p., comma 1, di fatti, ha soltanto carattere processuale e non può essere considerato nè - ovviamente - quale legge penale sostanziale, nè quale norma giuridica di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale . Tale ultima locuzione va infatti intesa con riguardo alle norme extrapenali che integrano il precetto cfr. Sez. 3, n. 5411 del 25/10/2019, dep. 2020, Nucita, Rv. 278595 Sez. 3, n. 14725 del 09/01/2019, Caroti, Rv. 275387 , che ne impediscono l’applicabilità v., con riguardo alle disposizioni comunitarie incompatibili con quelle penali nazionali, Sez. 7, n. 21579 del 06/03/2008, Boujlaib, Rv. 239960 Sez. 1, n. 39566 del 05/10/2011, Goncalves Pereira, Rv. 251176 , ovvero che altrimenti incidono, sia pur in senso lato ed in differenti modi, sulla sua applicazione v, ad es., quanto a norme la cui violazione integra profili di colpa specifica Sez. 4, n. 8163 del 13/02/2020, Lena, Rv. 278603 Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265052 quanto alle leggi la cui violazione integra il reato di abuso di ufficio Sez. 6, n. 10656 del 15/01/2003, Villani e a., Rv. 224017 Sez. 6, n. 5117 del 19/12/2000, Aliberti, Rv. 217862 quanto alle norme che determinano la natura pubblica della funzione o del servizio ai sensi degli artt. 357 e 358 c.p. Sez. 6, n. 9473 del 13/01/2017, S., Rv. 269131 quanto alle norme extrapenali il cui errore rilevi come errore sul fatto ai sensi dell’art. 47 c.p., comma 3 Sez. 3, n. 23810 del 08/04/2019, Versaci, Rv. 275993-02 Sez. 6, n. 25941 del 31/03/2015, Ceppaglia, Rv. 263808 . Le disposizioni contenute nel codice di procedura penale, invece, non possono essere ricondotte a tale ultima, ampia, dizione sul rilievo - ovvio, ma insufficiente - che il processo è servente rispetto all’applicazione della legge penale sostanziale, poiché soltanto all’esito dello stesso è possibile affermare se il reato sia stato commesso oppure no e se l’imputato ne sia responsabile. Se si optasse per tale interpretazione ripetutamente sconfessata da questa Corte, ad es., nel caso di dedotta violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 3 cfr. Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, Romeo Gestioni S.p.a., Rv. 278196-02 Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191-02 Sez. 1, n. 42207 del 20/10/2016, dep. 2017, Pecorelli e a., Rv. 271294 si porrebbe nel nulla la tradizionale distinzione tra errores in iudicando, sempre sindacabili in sede di legittimità in forza dell’ampia disposizione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , ed errores in procedendo, rispetto ai quali il ricorso per cassazione è ammesso, più limitatamente, soltanto laddove ricorrano le ipotesi di cui alle successive lett. c , d , ed e della disposizione. In quest’ottica, debbono allora ritenersi eccezionali i casi in cui la violazione della legge processuale ridondi in violazione della legge sostanziale, ciò che ricorre, ad es., laddove determinati istituti processuali facciano riferimento all’integrazione di fattispecie di reato ovvero di istituti del diritto penale sostanziale tipico il caso della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza o del fumus di commissione di reati che fungono da presupposto per l’applicazione delle misure cautelari personali o reali cfr., quanto alle misure cautelari personali, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 e Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400 quanto alle misure cautelari reali, Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, Pucci, Rv. 276015 Sez. 3, n. 58008 del 11/10/2018, Morabito, Rv. 274693 v., ancora, sempre in tema di applicazione di misure cautelari, il divieto di applicazione laddove ricorrano cause di giustificazione - Sez. 1, n. 72 del 26/11/2010, dep. 2011, Boccedi, Rv. 249287 - o di non punibilità Sez. 5, n. 11957 del 03/03/2020, Marchese, Rv. 278860 . Per contro, laddove - come nel caso di specie - la disposizione processuale di cui si lamenta la violazione non riguardi la sussistenza degli estremi anche soltanto a livello indiziario o di fumus di una fattispecie o di un istituto di diritto penale sostanziale, non è possibile configurare un error in iudicando e non potrà dunque invocarsi un caso di ricorso per cassazione riconducibile all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b . Se non vengano in rilievo i vizi di motivazione di cui alla successiva lett. e , ovvero la mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi della lett. d , il ricorso per cassazione sarà dunque in tal caso ammissibile soltanto se si tratti di inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c . 4. Ciò premesso, stima il Collegio che la violazione di legge censurata dal pubblico ministero ricorrente riguardi l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e come tale sia dunque scrutinabile in questa sede, non rilevando la diversa - per quanto detto, non condivisibile - qualificazione giuridica fattane in ricorso, evocandosi il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, giusta anche il principio secondo cui l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l’ha proposta art. 568 c.p.p., comma 5 . Benché la violazione dell’art. 262 c.p.p., comma 1, non sia espressamente sanzionata da nullità, reputa il Collegio che essa possa tradursi e ciò si verifica nel caso di specie - in una nullità di ordine generale per inosservanza di disposizione concernente l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale e la sua partecipazione al procedimento art. 178 c.p.p., lett. b . Ad avviso del Collegio, detta causa di nullità di ordine generale - al pari di quella prevista dalla successiva lett. c della stessa disposizione - non è infatti suscettibile d’interpretazione restrittiva. Com’è noto, in forza di un consolidato orientamento, quest’ultima viene interpretata come concernente la violazione delle disposizioni che, anche indipendente da un profilo direttamente connesso ai diritti di intervento, assistenza o rappresentanza dell’imputato, incidono sul suo diritto di difesa cfr., ex multis, Sez, 5, n. 16976 del 12/02/2020, Polise, Rv. 279166 Sez. 4, n. 44154 del 04/10/2019, Belotti, Rv. 277692 Sez. 3, n. 10951 del 17/01/2019, Spada, Rv. 275868 Sez. 2, n. 51935 del 28/09/2018, Pannofino, Rv. 275065 Sez. 4, n. 17404 del 20/03/2018, Bozzi, Rv. 272650 . Ebbene, specularmente, l’ipotesi di nullità generale di cui all’art. 178 c.p.p., lett. b, dev’essere ad avviso del Collegio ritenuta nel caso di violazione di norme che incidono sulla partecipazione al procedimento del pubblico ministero allorquando la violazione precluda al medesimo l’esercizio delle facoltà tese ad eventualmente a meglio definire e suffragare l’accusa così, espressamente, Sez. U, n. 12283 del 25/01/2005, De Rosa, Rv. 230530 , sì da concretamente conculcarne l’iniziativa nell’esercizio dell’azione penale. È ciò che appunto si verifica nel caso di specie, posto che la illegittima restituzione delle opere ritenute abusive e sottoposte a sequestro probatorio certamente pregiudica le prerogative del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale, privandolo della possibilità di compiere quegli accertamenti indispensabili per poter validamente sostenere l’accusa in giudizio. Il sequestro, di fatti, è stato disposto al fine di consentire - attraverso l’esperimento di un accertamento lato sensu peritale - se sussistano gli estremi dei reati urbanistico e paesaggistico oggetto di denuncia e, eventualmente, se siano legittimi i provvedimenti di sanatoria successivamente adottati com’è noto, in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall’art. 36 del decreto stesso, che richiede la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, dovendo escludersi la possibilità che tali effetti possano essere attribuiti alla cd. sanatoria giurisprudenziale o impropria , che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica Sez. 3, n. 45845 del 19/09/2019, Caprio, Rv. 277265 Sez. 3, n. 7405 del 15/01/2015, Bonarota, Rv. 262422 . 5. L’ordinanza impugnata va conseguentemente annullata senza rinvio, ferma restando l’esecuzione del provvedimento genetico di sequestro, sì che la cancelleria provvederà a norma dell’art. 28 reg. esec. c.p.p P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p