Le Sezioni Unite sono state chiamate in causa per stabilire il limite di intervento della cd. confisca estesa

La Corte di Cassazione torna ad occuparsi di un tema oggetto di frequente contenzioso da un lato, per le rilevanti implicazioni dei provvedimenti ablatori, che spesso attingono ingenti ricchezze dall’altro, a causa di un quadro normativo che si è evoluto con numerosi interventi, talvolta emergenziali, che hanno determinato una progressiva frammentazione delle disposizioni di riferimento.

Così con ordinanza n. 31209/20, depositata il 9 novembre. Il caso. Il procedimento a quo riguarda da una misura esecutiva resa ai sensi dell’art. 240- bis c.p. prima art. 12- sexies , l. n. 256/1992 , adottata nei confronti di un soggetto che aveva riportato due condanne irrevocabili per cessione di sostanze stupefacenti la prima, ad anni due e mesi nove di reclusione ed euro 20.736 di multa la seconda, ad anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 38.000 di multa. Ritenendo che fossero acquistati con i proventi dell’attività di spaccio, s’era provveduto alla confisca di due appartamenti nella Marche, di un motociclo e di un’automobile acquistati direttamente dal condannato di alcune unità immobiliari site in Bulgaria, di svariati depositi bancari e rapporti finanziari intestati alla moglie, dalla quale s’era separato – ma con cui, in base agli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria, continuava a coabitare stabilmente, con ciò rendendo puramente formale lo scioglimento del vincolo – e ad un’altra donna. La competente Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva parzialmente accolto l’opposizione presentata dai prevenuti, disponendo la restituzione all’avente diritto di uno dei due appartamenti presenti sul territorio italiano e confermando, nel resto, le statuizioni del Primo Giudice. Aveva fondato la decisione, essenzialmente, sul rispetto del criterio della c.d. ragionevolezza temporale, che vincola a ritenere aggredibili beni disponibili sino al momento della irrevocabilità della pronuncia di cognizione relativa al reato-presupposto. Interpongono ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza di merito, per il tramite dei difensori di fiducia, tutti i destinatari della confisca, deducendo con le rispettive impugnazioni error in procedendo , con conseguente nullità, della decisione per difetto della domanda del Procuratore generale, nonché per l’asserita trattazione camerale del procedimento, a fronte della richiesta di udienza pubblica violazione di legge e plurime carenze motivazionali, circa la valutazione dell’asserito squilibrio patrimoniale mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione, per non aver ammesso la deposizione di teste, del quale era stato prodotto il verbale delle dichiarazioni rese in investigazioni difensive, che avrebbe potuto spiegare la regolarità dell’assetto patrimoniale dei tre e l’assenza di intestazione fittizia di beni e, dall’altro lato, aver erroneamente considerato le dichiarazioni rese dai gestori dei locali nei quali una dei tre avrebbe lavorato nel corso del tempo, accumulando parte del denaro utilizzato per l’acquisto degli immobili. L’ordinanza. La I Sezione – su parere formalmente difforme del Procuratore generale, che aveva chiesto l’accoglimento parziale – ritengono sussistente un contrasto in seno alla Corte di legittimità, meritevole d’essere risolto dall’intervento del Massimo Consesso interpretativo, che dovrà decidere, in ordine alla c.d. confisca estesa in fase esecutiva se il potere di emettere la statuizione ablatoria possa essere esercitato in riferimento ai beni esistenti, e riferibili al condannato, sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o se, invece, debba limitarsi a quelli esistenti al momento della emissione della indicata sentenza, salva l’esistenza in tale seconda ipotesi, di evidente reimpiego di disponibilità finanziarie esistenti al momento della emissione della sentenza . L’Estensore impiega buona parte dell’iter motivo per riepilogare i profili di merito della vicenda, la cui esposizione risulta indispensabile per poter trattare le doglianze difensive e, non di meno, giustificare la concreta rilevanza della questione sollevata. Dopo aver dato conto succintamente dell’infondatezza di alcuni motivi di ricorso, quindi, premette alla rassegna dei diversi orientamenti di legittimità rinvenibili sul punto controverso, alcune note di carattere sostanziale, quali coordinate ermeneutiche utili per il prosieguo. La confisca estesa dopo il passaggio in giudicato. In primis , il Collegio chiarisce come l’istituto debba operare in una prospettiva tanto dissuasiva, in attuazione di una presunzione relativa di provenienza illecita, quanto preventiva, come contrasto a nuove condotte devianti in proposito, si cita Cass., SS.UU. Pen., 26/6/2014, n. 4880 e tali finalità si sono reputate conseguibili sia in via di prevenzione, quale misura di sicurezza atipica, sia nella sede elettiva [] in un momento successivo al realizzarsi del requisito soggettivo di condannato” vd. Cass., SS. UU. Pen., 30/5/2001, Derouach . In quest’ottica, la consistente distanza temporale spesso intercorrente tra l’accertamento del reato e l’innestarsi della fase di esecuzione – vulnus rispetto al quale l’equità del procedimento è già stata a più riprese censurata in sede europea – rende certamente rilevante dirimere la discrepanza prodottasi tra le diverse letture esistenti. Le contrapposte esegesi. Secondo una prima corrente, infatti, la natura qui sostanzialmente sanzionatoria della confisca imporrebbe di limitare l’arco temporale da prendere in esame per la sua irrogazione alla data della sentenza di condanna o ad acquisizioni posteriori che si dimostrino compiute con provvista già in possesso del condannato nel corso del primo grado tra queste, Cass., Sez. I Pen., 23/1/2018, n. 9984 e, conforme, Cass., Sez. I Pen., 12/4/2019, n. 22820 . Di diverso avviso altri Collegi della stessa Sezione, per i quali il momento finale oltre il quale nessuna apprensione del patrimonio dell’interessato potrebbe legittimamente svolgersi dovrebbe coincidere con l’irrevocabilità della condanna, che consolida la presunzione di illecita accumulazione, con l’accertamento della responsabilità per le condotte con le quali si sarebbero prodotti i ricavi criminali militano in questa direzione, ex multis, Cass., Sez. I Pen., 6/6/2018, n. 36499 e Cass., Sez. I Pen., 17/5/2019, n. 35856 . Conclusioni. L’ordinanza di rimessione, seppur articolata, riassume efficacemente le posizioni in campo, rispetto ad un interrogativo di evidente rilevanza pratica, aspetto che rende ancor più significativa l’attesa della risposta risolutiva.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 18 settembre – 9 novembre 2020, n. 31209 Presidente Santalucia – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 3 luglio 2019 la Corte di Appello di Perugia - quale giudice della esecuzione ed a seguito di trattazione in pubblica udienza - ha parzialmente accolto le opposizioni proposte ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4 da C.F. , B.D.P. , M.K.M. e V.A.V. avverso la decisione emessa, sempre in sede esecutiva, in data 10 gennaio 2018. 1.1 Con la prima decisione era stata disposta, nei confronti degli opponenti, la confisca estesa” di alcuni beni, meglio indicati nel testo della ordinanza impugnata, ai sensi della previsione di legge attualmente allocata sub art. 240bis c.p. già L. n. 356 del 1992 e succ.mod., art. 12 sexies . Ciò in riferimento alla esistenza - quanto al presupposto della intervenuta condanna per uno dei reati ricompresi nelle previsioni di legge che facoltizzano la confisca estesa - di due decisioni irrevocabili emesse nei confronti di C.F. , entrambe per delitti in tema di stupefacenti. Una prima decisione riguarda condotte di reato punibili ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 verificatesi sino al maggio del 1998 giudicate con sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Camerino il 5 giugno del 2000, divenuta irrevocabile il 27 marzo del 2012 , mentre la seconda decisione, di più elevata consistenza sanzionatoria, riguarda analoghe condotte di cessione di sostanze stupefacenti avvenute dal mese di marzo e sino a quello di novembre dell’anno 2006 la sentenza risulta emessa in primo grado dal Tribunale di Milano il 17 maggio del 2011 ed è divenuta irrevocabile il 29 aprile del 2014 . Con la prima delle citate decisioni C.F. è stato condannato alla pena di anni due e mesi nove di reclusione ed Euro 20.736,00 di multa con la seconda alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione ed Euro 38.000,00 di multa. 2. Nel valutare il contenuto delle opposizioni, la Corte di Appello - quanto alla posizione di C.F. ritiene - in accoglimento della opposizione - non sussistenti i presupposti di legge con particolare riferimento al parametro della sproporzione tra reddito e investimenti per il mantenimento della statuizione di confisca in riferimento all’immobile sito in omissis attualmente intestato alla B. , disponendone la restituzione all’avente diritto ritiene infondate le ulteriori obiezioni introdotte dal C. - quanto alle posizioni di B. , M. e V. la Corte di merito ritiene infondate tutte le doglianze introdotte, con mantenimento delle statuizioni di confisca. 2.1 Va dunque precisato che all’esito della trattazione e decisione delle opposizioni restano assoggettati a confisca estesa i seguenti beni a un appartamento sito in omissis , acquistato dalla B. per circa centomila Euro nell’anno 2003, ritenuto riferibile al C. b alcune unità immobiliari site in . In particolare si tratta di una villa su due piani con annesso garage nel comune di Stolichna, che risulta cointestata alla B. ed al C. immobile che secondo gli opponenti, in riferimento all’epoca dei permessi a costruire, sarebbe stata edificata tra il 1994 e il 1996 ma che secondo la Corte di merito sarebbe stata ultimata nell’anno 2006 , di un immobile che risulta acquistato dal C. a nell’anno 2003 e di altri due immobili intestati alla B. che risultano acquistati nell’anno 2005 c i depositi bancari e rapporti finanziari intestati alla B. coniuge del C. a far data dal 1997 con separazione avvenuta nel novembre 2010 , alla M. figlia della B. e alla V. madre della B. avviati dal 2010 in avanti. Nella decisione originaria di confisca sono indicati i saldi attivi alla data del 24 giugno 2016 data del sequestro ed alcune polizze con varie cadenze temporali. Sul punto la Corte di merito, nel valutare la opposizione, precisa, in motivazione, che la statuizione di confisca va limitata alle somme giacenti su detti rapporti alla data del 29 aprile 2014 e ciò in riferimento alla data di irrevocabilità della seconda sentenza emessa nei confronti del C. d un motociclo acquistato nel 2002 dal C. e una vettura acquistata nel 2009 dal C. . 3. Quanto ai contenuti argomentativi della decisione va - in sintesi - evidenziato quanto segue. 3.1 La Corte territoriale, affrontando un tema in diritto, afferma che i beni suscettibili di confisca estesa in sede esecutiva, ferma restando la necessità di rispetto del generale parametro della ragionevolezza temporale” tra epoca della acquisizione e data di commissione del singolo reato-spia sono quelli esistenti nella disponibilità del soggetto condannato sino al momento della irrevocabilità della decisione emessa in cognizione sul reato-presupposto v. pag. 15 della decisione impugnata, nel cui ambito si compie riferimento a recenti arresti di questa Corte di legittimità , salva l’ipotesi di individuazione probatoria concreta di una forma di reimpiego di risorse esistenti in epoca antecedente alla irrevocabilità, aspetto che consentirebbe - in tale specifica ipotesi - di superare la particolare barriera temporale del giudicato formale. 3.2 Da ciò deriva, nel caso concreto, la delimitazione dell’entità patrimoniale della confisca relativa alla consistenza attiva dei rapporti finanziari, che viene, come si è anticipato, limitata alle giacenze esistenti alla data del 29 aprile 2014 passaggio in giudicato dell’ultima sentenza , con contestuale rigetto della più favorevole tesi, introdotta dagli opponenti, tesa a individuare il momento temporale finale” di acquisizione dei beni confiscabili alla data di emissione della decisione di condanna, poi divenuta irrevocabile nel caso in esame sarebbe risultato limite finale, in tesi, il 17 maggio del 2011, di circa tre anni antecedente a quello considerato dal giudice della esecuzione . 3.3 Quanto agli aspetti più strettamente di merito, o comunque correlati a questioni in fatto, la Corte di merito, nella parte della decisione a contenuto reiettivo delle doglianze a ribadisce la non computabilità nella redditività lecita del C. di pretesi proventi aggiuntivi - rispetto alla stipendio di dipendente comunale - derivanti da una allegata attività di buttafuori” in alcuni locali notturni, essenzialmente in ragione della assenza di prova - per genericità e scarsa attendibilità della documentazione introdotta - circa lo svolgimento e la remunerazione di tale attività v. pag. 19 del provvedimento impugnato b ritiene parimenti sfornita di prova la circostanza, allegata dalla difesa del C. , della percezione di un indennizzo per ingiusta detenzione da parte della Corte di Appello di Roma nell’anno 2003 o in epoca posteriore c ribadisce, in riferimento alla complessiva ricostruzione degli assetti patrimoniali, le statuizioni di confisca riguardanti la vettura ed il motociclo intestati al C. d ritiene non sufficientemente dimostrata la ulteriore circostanza, sempre introdotta dall’opponente C. , relativa alla liquidazione di più sinistri stradali occorsi al medesimo, per incompletezza della documentazione posta a sostegno e per l’assenza di chiara tracciabilità degli ipotizzati risarcimenti e ribadisce che i beni rinvenuti in possesso o in formale titolarità della B. , M. e V. vanno ritenuti nella disponibilità del condannato, anche in riferimento alla limitata o in alcuni casi assente capacità di produzione di reddito da parte delle tre donne. 3.4 Su questo ultimo aspetto, la Corte di merito si sofferma ad esaminare, in particolare, le allegazioni della B. , relative sia ai profili patrimoniali che alla tempistica di realizzazione delle acquisizioni immobiliari in in rapporto alla pretesa autonomia degli investimenti realizzati dalla opponente . Si afferma, anzitutto, che la separazione consensuale del novembre 2010 è soltanto formale, essendo proseguita la convivenza tra i coniugi, come da accertamenti in atti. Inoltre si ribadisce che la redditività ufficiale della B. - come lavoratrice dello spettacolo - è particolarmente modesta e non giustifica gli acquisti realizzati nel corso del tempo. Le altre opponenti sono del tutto sconosciute al fisco. Non vi era pertanto, capienza alcuna per sostenere, da parte della B. , l’acquisto immobiliare in OMISSIS , avvenuto nell’anno 2003 con un impiego di oltre centomila Euro, nè la realizzazione degli investimenti in . Non vengono ritenute utili al riequilibrio patrimoniale” le allegazioni della opponente, correlate alla ricezione - nel corso del tempo - di una cospicua somma di denaro circa quattrocentomila Euro da parte di tal Ca.Ma. , nonché allo svolgimento, presso i locali notturni, di attività non dichiarate al fisco. Quanto al Ca. si ribadisce che, a fronte della dichiarazione scritta proveniente dall’interessato, non vi è stato alcun riscontro utile nell’esame - realizzato dalla Guardia di Finanza - della documentazione bancaria di costui, anche in rapporto alla assenza di una effettiva capacità di risparmio in capo al preteso donante. Viene ritenuta, pertanto, del tutto inattendibile la dichiarazione proveniente dal Ca. . Analogamente, sono ritenute inaffidabili le dichiarazioni rese dai pretesi datori di lavoro della donna, in virtù della genericità intrinseca e del contrasto con i dati contributivi. Anche le ulteriori allegazioni della opponente - relative allo svolgimento di attività di impresa - vengono ritenute prove di adeguato supporto dimostrativo. In riferimento alle proprietà immobiliari site in profilo esaminato alle pagine 33-35 del provvedimento impugnato la Corte territoriale valorizza, quanto all’epoca di realizzazione della villa a due piani, l’atto notarile di legalizzazione”, intervenuto nel 2006, a sostegno della confiscabilità del cespite per agionevolezza temporale” con le condotte illecite del C. giudicate dal Tribunale di Milano, pure a fronte della produzione di permessi a costruire emessi nella prima metà degli anni ‘90. Infine, quanto ai rapporti finanziari vengono parimenti ritenute sfornite di prova le allegazioni difensive, con riconducibilità - nei limiti temporali di cui si è detto - al C. dei relativi investimenti. 4. Avverso detta ordinanza sono stati proposti i seguenti atti di ricorso, a mezzo di difensori muniti di procura speciale ove necessaria. 4.1 Il ricorso proposto da C.F. introduce quattro motivi di doglianza. 4.1.1 Al primo motivo si deduce vizio del procedimento con conseguente nullità della decisione. Si ritiene assente, nella complessa sequenza procedimentale, la domanda” di confisca del PG, posto che la procedura iniziale era di solo sequestro con domanda del P.M. accolta in data 26 ottobre 2016 e la decisione del 2018, impugnata con atto di opposizione così ritenuto anche da questa Corte di Cassazione dopo la qualificazione in ricorso operata dal giudice della esecuzione era stata emessa in sede di opposizione al solo sequestro. Nei procedimento conclusosi con la decisione del gennaio 2018 era stata disposta la confisca, si afferma, di iniziativa da parte della Corte di Appello, in violazione dei contenuti dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b. 4.1.2 Al secondo motivo si deduce ulteriore vizio del procedimento, relativo alle modalità di trattazione della procedura di opposizione. Si sostiene che a fronte di richiesta di trattazione in udienza pubblica si sarebbe, di fatto, svolta udienza camerale. In particolare, pur essendo stati intestati i verbali di udienza quali udienza pubblica” la trattazione concreta” sarebbe stata camerale, come è dimostrato - in tesi - dai contenuti della verbalizzazione e dallo stesso decreto di convocazione. 4.1.3 Al terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ricostruzione dello squilibrio patrimoniale. In sintesi, si evidenzia che i valori dei beni confiscati al C. sono modesti e che non vi è alcuna reale dimostrazione dello squilibrio incongruo” con i redditi conseguiti, pur dopo l’avvenuta restituzione di una delle unità immobiliari. La Corte di Appello non avrebbe tenuto conto dei finanziamenti ottenuti per l’acquisto dei beni e della sostenibilità degli ammortamenti. 4.1.4 Analoghe doglianze vengono esposte al quarto motivo. Si contesta la esclusione dal computo del reddito dei risarcimenti assicurativi, documentati in modo sufficiente. Si contesta, altresì, la esclusione dal computo dei redditi dei guadagni in nero realizzati nel corso del tempo come buttafuori”, asseverati da dichiarazioni testimoniali. Il giudizio di inattendibilità di tali dichiarazioni è fallace e non tiene conto della esistenza di riferimenti in fatto a tale tipologia di attività, contenuti in una decisione giurisdizionale esibita. Si tratta di attività lecita, sufficientemente documentata, e che non potrebbe essere esclusa, nella sua valenza di riequilibrio, in riferimento alla recente novella limitativa del 2017 perché concerne annualità antecedenti all’intervento legislativo restrittivo. Tale argomento è stato ripreso nella memoria difensiva depositata in data 7 marzo 2020, nel cui ambito si prospettano dubbi di legittimità costituzionale in riferimento alla introdotta impossibilità di allegare redditività lecita sottratta alla imposizione fiscale, a fini di riequilibrio della sproporzione tra redditi dichiarati e valore degli investimenti. 4.2 Il ricorso proposto da B.D.P. e M.K.M. introduce otto motivi. 4.2.1 I primi due ripropongono le doglianze in rito già trattate nella illustrazione dell’atto di ricorso proposto da C.F. . 4.2.2 Al terzo motivo si deduce mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione. La ricorrente si duole della mancata escussione del teste Ca. , di cui erano state prodotte le dichiarazioni verbalizzate in sede di indagini difensive. Ciò avrebbe consentito di apprezzare la veridicità delle sue affermazioni con pieno riequilibrio della ritenuta sproporzione e della conseguente affermata fittizietà delle intestazioni patrimoniali. Al tempo stesso, sono state svalutate in modo illogico le dichiarazioni rese dai gestori dei locali notturni in cui la B. ha lavorato nel corso del tempo, in violazione dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità sulla esistenza - in capo al terzo - di un mero onere di allegazione. Anche in tal caso era stata chiesta l’audizione dei soggetti che avevano rilasciato le dichiarazioni di cui sopra, non realizzata dalla Corte di merito. Nè la prova era preclusa dalla novella del 2017 in punto di redditi non dichiarati, posto che tale limite probatorio, ove lo si ritenga applicabile, si riferisce al solo condannato e non ai terzi. 4.2.3 Al quarto motivo si deduce ulteriore vizio motivazionale relativo alla ritenuta sproporzione. Quanto alla villa in , si evidenzia che l’acquisto del terreno e la acquisizione dei permessi a costruire sono episodi tutti antecedenti al matrimonio con il C. 1994-1996 realizzati esclusivamente dalla B. . Ciò che avviene nel 2006 come emerge dalla documentazione prodotta, è, come allegato in sede di trattazione, soltanto la sanatoria di un abuso edilizio e non la edificazione del fabbricato. Viene pertanto dedotto un vero e proprio travisamento della documentazione prodotta. Si contesta la valutazione di sproporzione anche per gli altri beni oggetto di confisca, in virtù della sommarietà della cognizione e dell’assenza di motivazione circa la ritenuta inattendibilità della documentazione prodotta. 4.2.4 Al quinto motivo si introduce dubbio di legittimità costituzionale in rapporto alla compressione dei diritti del terzo nella procedura esecutiva di confisca. Il diritto alla prova del terzo è ormai ammesso in sede di cognizione in virtù delle recenti modifiche normative, mentre la disciplina esecutiva lascia la parte in balia del giudice” che può esercitare o meno i poteri di integrazione istruttoria di cui all’art. 666 c.p.p., comma 5. Ciò rende incostituzionale l’attuale disciplina, distante dai canoni imposti anche dalla giurisprudenza di Strasburgo. 4.2.5 Al sesto motivo si deduce violazione di legge in riferimento alla avvenuta confisca di acquisizioni patrimoniali posteriori al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna e vizio di motivazione. Pur ipotizzando che il termine finale della presunzione di illegittima acquisizione coincida con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna per il reato ‘spia si rappresenta che, senza alcuna motivazione, sono stati confiscati valori depositati sui rapporti finanziari in epoca posteriore alla data del 29 aprile 2014. 4.2.6 Al settimo motivo si deduce violazione di legge in riferimento all’ambito temporale della confisca esecutiva. La ricorrente evidenzia che in alcuni arresti di questa Corte si è affermato il principio, diverso da quello applicato dal giudice della esecuzione, secondo cui non è la data di irrevocabilità a segnare il limite temporale dei poteri del giudice dell’esecuzione di disporre la confisca, quanto la data di emissione della sentenza di condanna. Nel caso in esame non potevano, in aderenza a tale orientamento interpretativo, essere oggetto di confisca le utilità patrimoniali acquisite in epoca posteriore all’anno 2011 in rapporto alla decisione di primo grado emessa dal Tribunale di Milano, emessa il 17 maggio 2011 . Ciò in ragione del tenore letterale della disposizione regolatrice che lega la confisca alla emissione della sentenza di condanna. Vengono indicati - in modo specifico - i rapporti finanziari che, secondo tale orientamento, non sarebbero passibili di confisca in sede esecutiva, in quanto posteriori al 2011. 4.2.7 All’ottavo motivo si deduce assenza di motivazione sulle doglianze introdotte dalla M. . È mancata la verifica sui redditi prodotti nel paese di origine, aspetto rilevante e non oggetto di esame nella decisione impugnata. 4.2.8 Con memoria difensiva del 7 marzo 2020 vengono ribadite le doglianze esposte al settimo e al quinto motivo di ricorso. Considerato in diritto 1. Ritiene il Collegio che la trattazione dei ricorsi vada rimessa - ai sensi dell’art. 618 c.p.p., comma 1 - alle Sezioni Unite di questa Corte, per le ragioni che seguono, in riferimento alla esistenza di un contrasto di giurisprudenza sulla individuazione del limite temporale delle acquisizioni patrimoniali rilevanti nell’ambito del particolare procedimento esecutivo di confisca, contrasto evidenziato dalla ricorrente B. al settimo motivo di ricorso. 2. Prima di esporre i contenuti delle decisioni che - a parere del Collegio - rendono visibile il contrasto interpretativo, è necessario affermare che, ad un primo esame, le deduzioni delle parti relative a vizi del procedimento i primi due motivi di entrambi gli atti di ricorso appaiono infondate, il che esclude la possibilità di accoglimento del ricorso per vizio procedimentale. 2.1 Quanto al primo motivo, non appare calzante il riferimento alla assenza di iniziativa del Pubblico ministero, posto che la richiesta iniziale di emissione del provvedimento di sequestro, pacificamente avvenuta, è comunque idonea ad attivare la sequenza procedimentale che conduce alla decisione sulla confisca, come evidenziato in precedenti arresti di questa Corte di legittimità v. Sez. I n. 19998 del 12.2.2013, rv 257008 . Nel caso in esame, peraltro, vi è stato ampio contraddittorio, con partecipazione ed intervento della parte pubblica, in virtù della trattazione della opposizione, il cui oggetto era rappresentato esclusivamente dalla decisione sulla confiscabilità o meno dei beni. 2.2 Analogamente, la deduzione di mancato rispetto delle forme di trattazione della opposizione - in pubblica udienza - non appare supportata da allegazioni tali da determinane l’accoglimento, a fronte della espressa statuizione in tal senso del giudice procedente, non potendosi ritenere decisiva - a tal fine - la erroneità di una parte della verbalizzazione. 3. Ciò posto, può essere esaminata la tematica in diritto introdotta dal settimo motivo di ricorso delle parti B. e M. , nei modi che seguono. 3.1 Va premesso, quanto alle variazioni intervenute medio tempore nel corpo delle disposizioni di legge incidenti sul tema, che a l’attuale previsione di legge in tema di confisca estesa - art. 240bis c.p. non ricomprende, tra i reati-presupposto, la violazione dell’art. 73 della legge in tema di stupefacenti la novellazione è stata realizzata con il D.Lgs. n. 21 del 1.3.2018, art. 6 b ciò tuttavia non determina alcuna reale variazione dell’assetto legislativo esistente al momento della emissione del provvedimento di confisca oggetto della odierna trattazione, atteso che con il medesimo intervento di novellazione D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21 è stato introdotto, nel testo del D.P.R. n. 309 del 1990, l’art. 85 bis che testualmente recita nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta, per taluno dei reati previsti dall’art. 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, si applica l’art. 240-bis c.p. c in altre parole, con l’intervento di attuazione del principio di delega in tema di riserva di codice” L. n. 103 del 2017 il particolare reato-spia della detenzione illecita di sostanze stupefacenti è stato scorporato dal testo della disposizione codicistica che incorpora la regolamentazione della confisca estesa già L. n. 356 del 1992 e succ.mod., art. 12 sexies ma ciò non ha comportato alcuna abrogazione parziale, stante la autonoma previsione di rinvio contestualmente introdotta e rappresentata dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 85 bis. 3.2 Va anche evidenziato che sempre con l’intervento legislativo del 2018 D.Lgs. 1 marzo 2018, n. 21 è stato introdotta la disposizione art. 183 quater disp. att. c.p.p. che, recependo l’orientamento giurisprudenziale espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con il noto arresto Derouach del 2001, prevede espressamente che la confisca in casi particolari può essere emessa dal giudice della esecuzione competente ad emettere i provvedimenti di confisca in casi particolari previsti dall’art. 240-bis c.p. o da altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano dopo l’irrevocabilità della sentenza, è il giudice di cui all’art. 666, commi 1, 2 e 3 . 3.3 L’intervento legislativo testè citato, se da un lato formalizza l’esistenza del potere di emettere i provvedimenti di sequestro e confisca, delineando l’assetto procedimentale, dall’altro non prende in esame il possibile oggetto della particolare procedura post-giudicato, lasciando aperti alcuni interrogativi, come quello sollevato dalle ricorrenti nel caso in esame. 4. Sempre in premessa, vanno rievocate alcune caratteristiche della confisca estesa penale, anche in rapporto all’istituto affine della confisca/misura di prevenzione patrimoniale, sì da rendere più agevole la individuazione dei tema controverso. 4.1 Va dunque brevemente sintetizzata l’evoluzione storica della confisca estesa nonché la progressiva assimilazione funzionale di tale istituto penalistico alla confisca/misura di prevenzione patrimoniale. Una prima versione dell’istituto della confisca estesa o allargata compare non già nel D.L. n. 306 del 1992 ma nella legge di conversione – L. 7 agosto 1992, n. 356 – all’originario D.L. n. 306 del 1992, art. 12 quinquies, comma 2. In detta disposizione, correlata alle particolari necessità di contrasto al fenomeno della criminalità organizzata, il legislatore si era spinto ad introdurre una autonoma previsione incriminatrice correlata alla mera condizione di soggetto indagato della commissione di un particolare delitto-sorgente area della appartenenza o contiguità mafiosa, ma non solo o semplicemente proposto per l’applicazione di una misura di prevenzione personale e non in grado di giustificare la constatata sproporzione tra i beni posseduti anche per interposta persona e il proprio reddito dichiarato o la attività economica svolta. Vi era previsione specifica di confiscabilità e dunque sequestrabilità dei beni, nel corso del procedimento penale. Come è noto, tale previsione incriminatrice non superò il vaglio di legittimità costituzionale sent. n. 48 del 17 febbraio 1994 in punto di contrasto con la presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27 Cost., comma 2, essendo stata elevata a presupposto di responsabilità penale in una con il possesso di beni di valore sproporzionato al proprio reddito la mera condizione contraddistinta da provvisorietà e casualità, dunque non indicativa di effettiva pericolosità soggettiva di soggetto sottoposto al procedimento penale per un reato-spia o al procedimento di prevenzione. In ciò la Corte Costituzionale evidenziava - già allora - una assimilazione tra la logica caratteristica del settore delle misure di prevenzione ed una previsione di legge penale che era tesa ad introdurre non già e non solo una nuova ipotesi di confisca ma addirittura una autonoma figura di reato. Tale secondo aspetto veniva censurato nella decisione in parola, anche in rapporto alla inversione dell’onere dimostrativo in tema di giustificazione di una condizione personale soltanto sospetta”. A fronte della declaratoria di illegittimità costituzionale venne pertanto introdotto, con il D.L. 20 giugno 1994, n. 399, l’art. 12 sexies nella sua conformazione di base” fermi restando i successivi, numerosi adattamenti di confisca penale atipica/misura di sicurezza, basata non più sulla mera condizione di indagato per uno dei delitti-sorgente nella formulazione originaria si trattava di dodici fattispecie di reato, oggi di molto accresciute ma di soggetto condannato ed incapace di giustificare, nel corso del procedimento teso alla verifica della sua colpevolezza, la provenienza dei beni rinvenuti nella sua disponibilità e caratterizzati dalla sproporzione con il reddito dichiarato o l’attività economica svolta. In sostanza il legislatore emendava la precedente norma dal vizio riscontrato dal giudice delle leggi, in punto di contrasto con la presunzione di non colpevolezza, ma ne manteneva la logica e la finalità operativa sul terreno del contrasto alle forme di accumulazione patrimoniale illecite, spostando l’asse della confiscabilità dei beni sproporzionati dalla condizione di indagato a quella di condannato per un dei particolari reati-spia”. Si tratta, dunque, di un istituto geneticamente importato” dalla articolata elaborazione sino ad allora avvenuta nel settore delle misure di prevenzione patrimoniale antimafia, a partire dall’anno 1982 la L. n. 646, contenente modifiche alla legge antimafia L. 31 maggio 1965, n. 575 . Al di là delle qualificazioni dogmatiche, spesso poco utili sul terreno della confisca tale assimilazione della logica e delle finalità tra le due misure confisca penale allargata e confisca di prevenzione appare evidente ove si considerino i presupposti normativi della ablazione patrimoniale espressi dal legislatore del 1992/1994 e consolidatisi nel tempo. In prevenzione, la parte cognitiva e constatativa del giudizio è tesa all’inquadramento di un soggetto il proposto in un modello di pericolosità tipizzato dalla legge - vuoi in quanto indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, vuoi in quanto inquadrabile in una ipotesi tipica di pericolosità semplice - e l’ablazione patrimoniale, estesa ai beni in disponibilità indiretta, dipende dall’accertata sproporzione del loro valore rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta criterio di semplificazione dimostrativa della stessa derivazione di tali beni dall’attività pericolosa o dalla verifica positiva espressa con il sintagma sufficienti indizi della esistenza di un nesso di derivazione tra detti beni e l’attività illecita il frutto o il reimpiego . Ne è prova il limite alla confiscabilità correlato alla dimostrazione della legittima provenienza dunque al ribaltamento della presunzione di derivazione dalla attività pericolosa . I beni sono sottoposti a confisca sempre in sede di misura di prevenzione in una logica che è in parte dissuasiva, a fronte delle modalità illecite di loro produzione ed è - al contempo squisitamente preventiva rispetto alla possibile reiterazione di comportamenti tesi al loro godimento e alla loro riproduzione sul tema v. Sez. Un. Spine//i, del 2015, specie in tema di confisca di prevenzione cd. disgiunta ma con affermazioni di portata generale . Nel procedimento penale - art. 12 sexies attualmente art. 240 bis c.p. - la base cognitiva relativa al giudizio sulla persona è più ristretta e formalizzata, riguardando la avvenuta commissione di uno dei reati-spia, fattispecie che per le particolari caratteristiche ontologiche vengono ritenute dal legislatore idonee ad attivare una verifica patrimoniale allargata” con abbandono del tradizionale nesso di pertinenzialità. Non si tratta dunque specie nella formulazione iniziale della norma, poi pesantemente interpolata nel corso degli anni di un qualsiasi” reato, ma di un reato-spia circa comportamenti illeciti espressi in forma organizzata e spesso reiterata teso a rendere legittima anche sul piano costituzionale la dilatazione come affermato, incisivamente, da C.Cost. n. 18 del 1996, primo intervento del giudice delle leggi sul particolare istituto dell’ordinario nesso di pertinenzialità tra il reato e le res dallo stesso direttamente prodotte o allo stesso direttamente ricollegabili secondo il paradigma classico dell’art. 240 c.p Nel compiere tale dilatazione dell’area della confiscabilità e sequestrabilità penale il legislatore del 1992/1994 utilizza, pertanto, la condotta illecita formalizzata il reato-spia come indice rivelatore di una particolare pericolosità soggettiva ed adotta un modello descrittivo dell’analisi patrimoniale disponibilità anche indiretta dei beni, mancata giustificazione della provenienza, sproporzione di valore con il reddito dichiarato o con i risultati dell’attività economica svolta del tutto coincidente con quello elaborato nel settore della prevenzione patrimoniale. Si vanno, infatti, a confiscare in sede penale beni che non derivano necessariamente da quel reato oggetto dell’accertamento ma che, in presenza degli indicatori di cui sopra, possono ritenersi ragionevolmente ricollegati e da qui la definizione di confisca allargata alla presumibile continuità di azione e al livello di pericolosità espresso dal soggetto condannato. 4.2 Gli aspetti funzionali di affinità” tra le due ipotesi di confisca estesa penale e di prevenzione risultano in particolare evidenziati proprio nel già citato arresto delle Sezioni Unite del 2001 Derouach, secondo cui l’affinità tra la confisca speciale in esame e la confisca quale misura di prevenzione antimafia risulta sol che si confrontino i contenuti precettivi delle norme per inferirne che quest’ultimo modello è stato largamente mutuato dall’art. 12 sexies la norma in esame innesta, dunque, nel sistema una misura di sicurezza atipica che, sulla base di predeterminati presupposti, aggredisce entità patrimoniali evocando una presunzione relativa d’ingiustificata locupletazione, rispetto alla quale la tutela del bene-patrimonio si affievolisce nel bilanciamento di valori che privilegiano esigenze di soddisfacimento di istanze diffuse, tese all’espropriazione di beni sottratti in maniera illecita alla collettività, cui vanno restituiti, salvo giustificazione, una volta eliminata con la condanna l’apparenza della disponibilità legittima. Inquadrata in tali ambiti, la misura di sicurezza in questione ha superato lo scrutinio di legittimità costituzionale, avendo ritenuto il giudice delle leggi la presunzione del nesso pertinenziale nei sensi suindicati ord. N. 18/1996 Corte Cost. superabile dall’interessato con elementi idonei, pur senza che abbiano valenza probatoria civilistica, secondo la prudente valutazione del giudice, onde evitare il rischio di applicazioni anomale e della dispersione dei presidi di garanzia, attesa anche l’elasticità del concetto di sproporzione fra patrimonio e reddito questione, peraltro, prettamente di merito . In tale arresto, dunque, si dirimeva il contrasto insorto tra le Sezioni sermplici circa la possibile adozione della confisca estesa penale nella fase posteriore al giudicato, ritenendosi, in particolare, che in relazione alla disciplina contenuta nell’art. 12 sexies, commi 1 e 2, parte della dottrina ha sostenuto che proprio la fase dell’esecuzione sarebbe la sede elettiva per affrontare la questione della confisca e deciderla nel contraddittorio delle parti in un momento successivo al realizzarsi del requisito soggettivo di condannato in senso lato per uno dei delitti indicati dalla norma, apparendo la più aderente ai principi costituzionali, col superamento del momento di valenza della presunzione di non colpevolezza e per la garanzia più completa del concreto esercizio del diritto di difesa. Ciò in quanto nella fase di cognizione l’imputato ha tutto l’interesse a dimostrare la propria estraneità ai reati dei quali è chiamato a rispondere, anche per le implicazioni derivanti dalla condanna o dall’applicazione della pena in termini di confisca antimafia. La strategia difensiva potrebbe non collimare con l’esigenza di esporre situazioni che potrebbero ripercuotersi negativamente sull’accertamento della responsabilità in ordine ai reati oggetto del processo a suo carico. L’obiezione più consistente che l’opposto orientamento muove al riguardo fa leva sul penetrante accertamento che di norma richiede la giustificazione della provenienza del possesso di patrimoni, anche per interposta persona, che il condannato deve dare, ove il valore sia sproporzionato al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla sua attività econornica.Intanto, sul punto deve osservarsi che la procedura de plano in materia di confisca in sede esecutiva art. 676 correlato all’art. 667 c.p.p., comma 4 postula una semplicità nell’accertamento - arg. anche dallo stesso art. 676, comma 2 - compatibile col provvedimento ablativo in oggetto ove i risultati da ricercare, emersi in sede di merito, siano contenuti nella sentenza di condanna o di patteggiamento. D’altra parte, non si rinviene una regola generale che riservi la procedura in discorso alla confisca codicistica ed è apodittico affermare che le questioni inerenti a tale misura siano sempre di facile soluzione mentre tale semplicità non inerisce alla confisca speciale, richiedendosi di norma approfonditi accertamenti. Tale assunto non ha un referente normativo che assurga a canone definitorio di competenza in conclusione, va affermato il principio che la confisca prevista dalla L. n. 356 del 1992 e succ. modif., art. 12 sexies può essere disposta dal giudice dell’esecuzione sul patrimonio del soggetto al momento della condanna o del patteggiamento per uno dei reati indicati da detta norma . 5. In altre parole, la giustificazione dogmatica individuata nel 2001 dalle Sezioni Unite alla possibile emissione della statuizione di confisca in sede esecutiva penale sta, essenzialmente, nel fatto che l’avvenuta definizione, anche in epoca risalente, del giudizio relativo al cd. reato-spia data la natura di misura di sicurezza la stessa è applicabile retroattivamente ed anche per condanne antecedenti alla introduzione dell’istituto come affermato tra le altre da Sez. VI n. 775 del 1996, rv 204119 Sez. I n. 9269 del 2006, rv 233586 Sez. I n. 13039 del 2005, rv 231598 rende possibile l’accertamento degli ulteriori presupposti di legge in una fase che, seppur posteriore al giudicato, può porsi come contenitore di momenti istruttori - a carattere esclusivamente patrimoniale - e può realizzare un adeguato contraddittorio sui medesimi, sì da pervenire ad una ablazione sul patrimonio del soggetto al momento della condanna”, in ciò evocandosi, in tutta evidenza, il tendenziale carattere sostituitivo del potere esercitato dal giudice della esecuzione rispetto a quello spettante ma non esercitato al giudice della cognizione. 5.1 Lo sviluppo posteriore della giurisprudenza ha mostrato, come si è detto in apertura, differenti interpretazioni e applicazioni del suddetto principio di diritto secondo cui l’intervento esecutivo qui in esame può realizzarsi esclusivamente sulle entità patrimoniali riferibili al condannato ed esistenti sino al momento della condanna” relativa al reato-spia. Si tratta dunque di una questione dall’indubbio rilievo giuridico e pratico, posto che in un contesto reso già problematico dalla consistente distanza temporale che può intercorrere tra momento dell’accertamento del reato-spia ed apertura della particolare procedura esecutiva aspetto rilevante sotto il profilo della complessiva equità del procedimento, secondo quanto deciso in più arreti dalla Corte Edu, tra cui v. Bullen and Soneji v. United Kingdom del 2009 , finisce con il riguardare la stessa fisionomia” dell’intervento esecutivo penale ed il rapporto esistente tra potere giurisdizionale esercitabile in cognizione e potere esercitabile in esecuzione. È opportuno precisare che non viene qui direttamente in rilevo la nozione di ragionevolezza temporale tra commissione del reato-spia e singola acquisizione patrimoniale di recente ribadita come necessaria, in caso di confisca estesa, da Corte Cost. n. 33 del 2018 , quanto l’oggetto del particolare procedimernto esecutivo ed, in particolare, se possano essere apprese in tal sede consistenze patrimoniali esistenti al momento della emissione della decisione di condanna” o al momento del passaggio in giudicato” della decisione di condanna con ovvio scarto temporale correlato alla durata dei giudizi di impugnazione . 5.2 Alcune recenti decisioni di questa Corte di legittimità hanno affermato, sul tema, il principio per cui - data la tendenziale natura sostitutiva/surrogatoria del momento esecutivo rispetto al potere spettante al giudice della cognizione - il segmento temporale da prendere in considerazione è esclusivamente quello che si conclude con la emissione” della sentenza di condanna, ferma restando la necessaria definitività in tal senso Sez. I n. 9984 del 23.1.2018, ric. Ousmane Sez. I n. 22820 del 12.4.2019, ric. Panfili Sez. I n. 36592 del 28.3.2017, ric. Barresi Sez. I n. 17539 del 21.10.2016, dep.2017, ric. Consiglio Sez. I n. 12047 del 11.2.2015, ric. Nikolla e salva l’ipotesi di un bene acquistato in epoca posteriore alla sentenza ma con risorse finanziarie che risultino essere state in possesso del condannato prima di essa, con adeguato supporto probatorio su tale diretta derivazione. Altre pronunzie hanno invece ritenuto che il momento finale delle acquisizioni patrimoniali confiscabili in sede esecutiva debba coincidere con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna in tal senso Sez. I n. 35856 del 17.5.2019, ric. Iannò Sez. I n. 36499 del 6.6.2018, ric. Quattrone Sez. I n. 51 del 19.12.2016, dep.2017, ric. Cecere in ragione del fatto che solo la irrevocabilità della sentenza di condanna determina la venuta in essere della presunzione di accumulazione illecita e ne segna anche il limite temporale. Si tratta, pertanto, di un contrasto interpretativo che appare, ad avviso del Collegio, sufficientemente radicato e tale da comportare la doverosa rimessione del tema alle Sezioni Unite di questa Corte. 6. Per le dette ragioni, il Collegio ritiene necessario rimettere la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite, formulando il seguente quesito in diritto in tema di confisca estesa art. 240-bis c.p. disposta in fase esecutiva, se il potere di emettere la statuizione ablatoria possa essere esercitato in riferimento ai beni esistenti, e riferibili al condannato, sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o se, invece, debba limitarsi a quelli esistenti al momento della emissione della indicata sentenza, salva l’esistenza in tale seconda ipotesi, di evidente reimpiego di disponibilità finanziarie esistenti al momento della emissione della sentenza. P.Q.M. Rimette i ricorsi alle Sezioni Unite.