Imputato detenuto, notifica al difensore d’ufficio domiciliatario e conoscenza del processo

L’imputato che lamenti l’incolpevole mancanza di conoscenza del procedimento a suo carico deve fornire elementi idonei a vincere la presunzione relativa di conoscenza del processo, a fronte di una elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, a cui sia seguita la partecipazione al processo da parte di quest’ultimo.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30745/20, depositata il 4 novembre. La Corte d’Appello di Milano riformava parzialmente la pronuncia di prime cure e riconosceva l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 455 c.p La decisione è stata impugnata dalla difesa dinanzi alla Corte di Cassazione dolendosi per la violazione dell’art. 402- bis c.p.p Il ricorrente afferma di non aver potuto partecipare al giudizio non avendo ricevuto la notifica del decreto di citazione eseguita presso il difensore d’ufficio, dove aveva eletto domicilio all’atto dell’identificazione da parte della polizia giudiziaria e non presso il carcere in cui era detenuto. Il Collegio coglie l’occasione per richiamare alcuni arresti giurisprudenziali sul punto. In particolare, le Sezioni Unite con la pronuncia n. 12778/20 hanno precisato che le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione o elezione di domicilio . È stato poi precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e anche nei confronti del detenuto per altra causa , qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti. In dettaglio nel caso di imputato detenuto per altra causa, la modalità della notifica è quella propria del regime ordinario previsto per l’imputato non detenuto, poiché, come è stato rilevato nella citata pronuncia, l’Autorità Giudiziaria non ha alcun l’obbligo di effettuare ogni volta ricerche a tutto campo come, invece, è previsto per il decreto di irreperibilità . Ove, però, lo stato di detenzione risulti dagli atti ad esempio, perché comunicato dallo stesso imputato o dal suo difensore , riprende vigore la norma primaria della notifica personale . Viene poi richiamata la sentenza Ismail” n. 28912/19 con cui le Sezioni Unite hanno affermato che ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio , da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa . Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcune prospettazione circa la mancata conoscenza del procedimento a suo carico. Mancano infatti elementi idonei a vincere la presunzione relativa di conoscenza del processo , a fronte di una elezione di domicilio a cui, peraltro, è seguita la partecipazione al processo da parte del difensore domiciliatario, fino alla presentazione dell’appello, senza che sia stata mai formulata sul punto alcuna eccezione. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 ottobre – 4 novembre 2020, n. 30745 Presidente Zaza – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Milano nel riformare parzialmente la decisione del Tribunale di quella stessa città, che, all’esito del giudizio ordinario, aveva riconosciuto D.Z. colpevole del reato di cui all’art. 455 c.p., ha ridotto ad anni due di reclusione la pena inflitta dal primo giudice. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, con il ministero del difensore, il quale svolge due motivi 2.1. Violazione dell’art. 420 bis c.p.p. Espone che il ricorrente non ha potuto partecipare al giudizio non avendo ricevuto la notifica del decreto di citazione a giudizio dinanzi al Tribunale, in quanto eseguita, in data 10/12/2018, presso il difensore di ufficio, dove il ricorrente aveva eletto domicilio all’atto dell’identificazione da parte della polizia giudiziaria e dove era stata effettuata anche la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini e non presso il luogo di detenzione, ex art. 156 c.p.p., atteso che egli era stato detenuto in carcere dal 23/09/2018 fino al 22/01/2020. Si duole che la Corte di appello abbia erroneamente rigettato, ritenendola infondata, la medesima eccezione formulata con motivi aggiunti, disattendendo i principi di diritto declinati dalla giurisprudenza convenzionale e di legittimità in tema di prova effettiva della conoscenza del processo. 2.2. Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 62 bis c.p., dolendosi che la Corte territoriale abbia utilizzato un medesimo elemento la gravità del fatto sia in chiave positiva, per apportare una riduzione di pena, che in chiave negativa, con riguardo alle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso propone motivi infondati. 2. Secondo il principio di diritto declinato dalle Sezioni Unite, le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione o elezione di domicilio Sez. U. n. 12778 del 27/02/2020, P.G. c/Di Nardo, Rv. 278869 . In motivazione, la Corte ha precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e anche nei confronti del detenuto per altra causa , qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, secondo la previsione di cui all’art. 156 c.p.p., comma 4. Le Sezioni Unite hanno chiarito che, nel caso di imputato detenuto per altra causa, la modalità della notifica è quella propria del regime ordinario previsto per l’imputato non detenuto, poiché, come è stato rilevato nella citata pronuncia, l’Autorità Giudiziaria non ha alcun l’obbligo di effettuare ogni volta ricerche a tutto campo come, invece, è previsto per il decreto di irreperibilità . Ove, però, lo stato di detenzione risulti dagli atti ad esempio, perché comunicato dallo stesso imputato o dal suo difensore , riprende vigore la norma primaria della notifica personale. A tali coordinate, già delineate prima della decisione delle Sezioni Unite da una parte della giurisprudenza di legittimità, in plurime pronunce ex plurimis, Sez. 6, n. 18628 del 15/03/2015, Rv. 263483 Sez. 1, n. 37248 del 20/02/2014 Rv. 260777 , la sentenza impugnata si è attenuta, dal momento che, secondo quanto vi si legge, l’imputato aveva eletto domicilio presso il difensore di ufficio, avv. Eleonora Albina Maninverni, al momento dell’accertamento, da parte della polizia giudiziaria, del reato di cui all’art. 455 c.p., per cui è stato giudicato presso tale domicilio erano stati notificati sia l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, che, in data 10/12/2018, il decreto di citazione a giudizio alla prima udienza, il 21 marzo 2019, il Tribunale, nulla opponendo il difensore di ufficio dell’imputato, comparso, verificata la regolarità della notifica presso il difensore domiciliatario, dichiarava l’assenza dell’imputato, non comparso. Solo con i motivi aggiunti all’appello si apprendeva dalla Difesa ricorrente, intanto affidata a un professionista di fiducia, dello stato detentivo del D. , che era stato ristretto in carcere fin dal 23/09/2018, ovvero da epoca anteriore a quella in cui era avvenuta la notifica del decreto di citazione a giudizio. In assenza di una qualsiasi comunicazione - non provenuta nè dal ricorrente nè dal difensore di ufficio, dal quale egli era ritualmente assistito in quella fase, e alla cui presenza il giudizio di primo grado si è celebrato, nè risultando la informazione circa lo status detentionis in altro modo dagli atti sul punto non registrandosi alcuna doglianza della difesa ricorrente - il Tribunale, sul quale, per quanto già osservato, non gravava, in quella situazione, alcun onere accertativo, correttamente ha dichiarato l’assenza dell’imputato. 3. Sotto altro profilo, la difesa invoca il principio di diritto affermato, recentemente, da altra pronunCia delle Sezioni Unite, Ismail , per dedurre la violazione dell’art. 420 bis c.p.p La questione, con la quale si eccepisce la nullità assoluta della citazione a giudizio dinanzi al Giudice di primo grado - dal momento che la nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio dell’imputato, qualora incida direttamente sulla vocatio in iudicium, e quindi sulla regolare instaurazione del contraddittorio, deve essere equiparata all’omessa citazione dell’imputato medesimo, in quanto impedisce a quest’ultimo di conoscerne il contenuto e di apprestare la propria difesa, ed è, pertanto, assoluta e insanabile Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221402 - risulta, tuttavia, infondata. 3.1.Le Sezioni Unite Ismail hanno affrontato la quaestio juris della legittimità della celebrazione del processo in absentia nei confronti dell’imputato, la dichiarazione della cui assenza, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 420-bis c.p.p., si sia fondata sul presupposto che l’indagato abbia eletto il domicilio presso il difensore di ufficio, nell’ipotesi in cui tale elezione sia avvenuta all’atto della sua identificazione da parte della polizia giudiziaria, con corrispondente nomina del difensore di ufficio Sez. U. n. 28912 del 28 novembre 2019, P.G. in proc. ISMAIL . Il principio di diritto affermato è nel senso che Ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa . Principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162 c.p.p., comma 4-bis, a opera della L. 23 giugno 2017, n. 103 . Anche da questa prospettiva il ricorso, tuttavia, risulta infondato, atteso che, nell’articolare il motivo, il ricorrente nulla deduce in fatto, con riferimento alla circostanza che quella elezione di domicilio non sarebbe stata seguita da alcun contatto tra difensore domiciliatario e l’assistito, donde la mancata conoscenza effettiva del processo. Invero, l’art. 420 bis c.p.p., nel regolare l’istituto della assenza, individua alcune situazioni da cui discende una presunzione di conoscenza del procedimento, e, tra queste, anche l’elezione di domicilio. In particolare, con l’art. 420 bis c.p.p. si prevede che il giudice proceda in assenza dell’imputato non solo quando quest’ultimo, pur se impedito, abbia espressamente rinunciato ad assistere all’udienza, ma, altresì, quando l’imputato nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo . In tutte queste ipotesi l’imputato è rappresentato dal difensore, secondo il disposto del comma 3 del medesimo articolo. D’altro canto, la disciplina codicistica individua in capo all’imputato, consapevole della pendenza del giudizio a suo carico, un preciso onere di diligenza, che si declina nel dovere di informarsi sullo stato della progressione del medesimo procedimento, anche nelle fasi successive a quella investigativa. Trattasi, tuttavia, di presunzione non assoluta, non essendo prevista in tal senso esplicitamente, la quale, pertanto, può essere vinta da prova di segno contrario, secondo la regula juris declinata dalla sentenza delle Sezioni Unite Innaro, per cui il processo in absentia non prevede alcuna forma di presunzione legale di conoscenza ma solo la volontaria sottrazione alla conoscenza , e che, quest’ultima, è oggetto di una presunzione relativa in caso di inottemperanza all’onere di informazione che deriva dalle situazioni tipizzate dall’art. 420 bis c.p.p.,., con possibilità per l’assente di fornire prova contraria . Sez. U. n. 28912/19 del 28/2/2019, Innaro, Rv. 275716 . La disciplina, dunque, introduce una sorta di presunzione di conoscenza del processo in capo al soggetto che elegge domicilio non solo quando ciò avvenga presso il difensore di fiducia, ma anche quando l’elezione sia fatta preso il difensore nominato d’ufficio, come risulta dal fatto che la norma non pone distinzioni. Si tratta, nondimeno, come si ripete, di presunzioni vincibili dall’imputato, su cui grava il relativo onere deduttivo e probatorio, come dimostra il successivo art. 420 bis c.p.p., comma 4, che appronta delle soluzioni restitutorie per il caso di effettiva ed incolpevole mancanza di conoscenza del procedimento. 3.3. Facendo corretta applicazione dei menzionati criteri, deve, allora, rilevarsi che l’imputato non abbia fornito, rectius, neppure prospettato - in tal senso risultando il motivo affetto da genericità - elementi idonei a vincere la predetta presunzione relativa di conoscenza del processo, a fronte di una elezione di domicilio a cui, peraltro, è seguita la partecipazione al processo da parte del difensore domiciliatario, fino alla presentazione dell’appello, senza che sia stata mai formulata sul punto alcuna eccezione. 4. Del pari manifestamente infondato il secondo motivo. Come emerge dalla piana lettura della sentenza impugnata, la riduzione della pena inflitta dal primo giudice è stata ancorata alla valutazione di gravità del fatto non particolarmente elevata, in considerazione della specifica condotta, limitata alla detenzione di una sola banconota falsificata , mentre il diniego delle circostanze attenuanti generiche si è fondato sulla personalità, essendo già pregiudicato per plurimi precedenti per reati contro il patrimonio. 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.