Il giudice dell’esecuzione non ha poteri cognitivi o autoritativi dopo il passaggio in giudicato del provvedimento di confisca

Esistono limiti all’esercizio di poteri cognitivi o autoritativi del giudice penale o di prevenzione che ha disposto la confisca di beni, in epoca posteriore al giudicato, salva l’esistenza di specifiche disposizioni di legge attributive di un tipizzato potere di intervento e salva la – limitata – potestà ricognitiva dei contenuti del giudicato, ove necessario .

Non può, dunque, ritenersi consentita l’adozione, così come avvenuto, da parte del giudice penale, di un provvedimento che in forza di una autonoma ricostruzione delle linee fattuali di un inadempimento – o di un adempimento parziale – pervenisse, dopo il rogito, alla revoca della aggiudicazione ed alla ‘qualificazione’ in termini risarcitori del prezzo versato in pregiudizio della società acquirente . Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 30422/2020, depositata il 2 novembre. Nell’ambito di un procedimento penale avente ad oggetto fatti di bancarotta – poi conclusosi con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, passata in giudicato – il GIP del Tribunale di Catania emetteva decreto di sequestro preventivo , tra l’altro, di un ramo di azienda. L’attività del predetto ramo di azienda proseguiva in corso di sequestro, mediante la nomina di alcuni amministratori giudiziari, nonché in epoca successiva al passaggio in giudicato della sentenza che ne disponeva la confisca. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza, il GIP delegato alla procedura disponeva, previa pubblicazione di un bando per offerta d’acquisto, l’aggiudicazione del ramo d’azienda. Nel verbale di aggiudicazione e nell’atto notarile ricognitivo della cessione era specificato che l’aggiudicazione sarebbe stata passibile di rivalutazione nel caso in cui non fosse stato rispettato lo stato occupazionale attuale. Inoltre, nel verbale di aggiudicazione era contenuta una clausola secondo cui qualunque questione attinente il passaggio d’azienda sarebbe stata risolta dallo stesso GIP. Sennonché, successivamente, il GIP emetteva provvedimento di revoca dell’aggiudicazione del ramo d’azienda , affermando che l’acquirente non avesse né conservato i posti di lavoro dei dipendenti del ramo d’azienda, né corrisposto i salari maturati durante la fase del passaggio d’azienda. Il provvedimento veniva poi confermato in sede di opposizione, nel quale si affermava – tra l’altro – che l’atto notarile di ricognizione dell’aggiudicazione non comportasse il trasferimento della potestà giurisdizionale al giudice civile per le controversie ad esso posteriori, sia in ragione della natura ricognitiva dell’atto stesso, sia in ragione della specifica clausola precedentemente menzionata, che configurava una riserva di giurisdizione ” in favore del GIP delegato alla procedura. L’acquirente impugnava per Cassazione tanto il provvedimento di revoca quanto la decisione pronunciata all’esito dell’opposizione, lamentando con unico motivo – accolto dalla Suprema Corte – l’erronea applicazione di legge e il vizio di motivazione, sostenendo che una volta formalizzata la cessione del bene confiscato le questioni incidenti su diritti soggettivi dovrebbero essere affrontate dal Giudice civile e non da quello dell’esecuzione penale. Nell’approfondire la questione, la Corte di Cassazione esaminava, in via generale, i poteri gestionali del giudice penale in relazione ai beni sequestrati. La Suprema Corte rilevava, dunque, l’esistenza di un principio generale secondo cui la definitività del provvedimento di confisca comporta, di diritto, l’acquisizione dei beni confiscati al patrimonio indisponibile dello Stato. Pertanto, prima della definitività di tale provvedimento l’autorità giudiziaria procedente ha poteri gestori sui beni oggetto dell’ablazione patrimoniale, poiché essa effettua una sorta di gestione dei beni per conto di chi spetta” e di conseguenza ne deve garantire la conservazione e, in alcuni casi, anche la gestione dinamica in vista di un loro incremento di redditività. Al contrario, una volta che il provvedimento sia divenuto definitivo, i poteri di gestione dei beni confiscati si trasferiscono a soggetti diversi dal giudice dell’esecuzione, al quale rimangono comunque attribuiti poteri – meramente ricognitivi – di interpretazione del giudicato. La Corte evidenziava come tale principio trovasse conferma in una serie di precedenti giurisprudenziali in materia di prevenzione patrimoniale, il cui tratto comune riguardava il riconoscimento dell’assenza di poteri giurisdizionali del giudice penale in seguito al trasferimento del bene confiscato nel patrimonio statale e conseguente attribuzione al giudice civile della cognizione delle controversie sorte in seguito alla produzione di tale effetto, salva l’esistenza di specifiche disposizioni legislative che attribuiscono al giudice penale poteri di intervento tipizzati. La Suprema Corte accoglieva dunque il ricorso, annullando senza rinvio sia il provvedimento di rigetto dell’opposizione, sia il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione del ramo d’azienda. Il Collegio rilevava, infatti, la carenza di potere del giudice penale ad emettere il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione del ramo d’azienda oggetto di confisca definitiva, non trattandosi di un provvedimento relativo all’interpretazione del giudicato né dell’esercizio di un potere tipico, compatibile con i principi generali in tema di esecuzione del provvedimento. La Corte sottolineava invece come il provvedimento del GIP delegato fosse stato emesso all’esito di un’autonoma ricostruzione fattuale, non consentita in quanto il giudice dell’esecuzione non può dirimere controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi e sorte dopo il giudicato o comunque correlate all’esistenza del provvedimento ablatorio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 ottobre – 2 novembre 2020, n. 30422 Presidente Di Tomassi – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Le vicende procedimentali sottoposte al Collegio tramite l’atto di ricorso impongono, per una migliore comprensione della sequenza delle decisioni e delle doglianze, l’esposizione di una breve cronologia dei fatti rilevanti, nei modi che seguono. 1.1 Nell’ambito di un procedimento penale per fatti di bancarotta proc. N. 7618/15 mod. 21 PM Catania risulta emesso, in data 15 giugno 2016, decreto di sequestro preventivo dal Gip del Tribunale di Catania avente ad oggetto - tra l’altro - un capannone industriale sito in alla contrada omissis e un ramo di azienda gestito da Consorzio Set Impianti Group società consortile a r.l. concernente la lavorazione del ferro e dei metalli ed altre attività correlate, con sede in , alla contrada omissis . 1.2 Risulta dagli atti che l’attività industriale di detto ramo di azienda - con 123 addetti - è proseguita in corso di sequestro, tramite la nomina di tre amministratori giudiziari, con disposizioni emesse dal Gip del Tribunale di Catania nella qualità di giudice delegato alla procedura di amministrazione giudiziaria. 1.2 Il procedimento penale, pendente nei confronti di R.A. ed altri, è stato definito in data 19 settembre 2016 con sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti, divenuta irrevocabile in data 14 ottobre 2016. In detta sentenza è stata disposta la confisca dei beni in sequestro preventivo. 2. Ciò posto, l’attività di amministrazione giudiziaria del particolare bene rappresentato dal suddetto ramo di azienda, per quanto interessa nella presente sede, si è protratta anche in epoca posteriore al passaggio in giudicato della sentenza contenente la statuizione di confisca. 2.1 In particolare, emerge dagli atti che l’Agenzia territoriale del demanio comunicava con nota 08/05/2017 diretta agli amministratori giudiziari che in forza delle vigenti disposizioni normative era possibile realizzare, da parte dell’ente, la presa in consegna del solo bene immobile rappresentato dal capannone sito in alla contrada omissis e non anche dei beni aziendali. Sta di fatto che in riferimento al ramo di azienda l’autorità giudiziaria - individuata nel Gip delegato alla procedura - decideva di porre in essere, in epoca posteriore al passaggio in giudicato della sentenza, attività prodromiche alla vendita del suddetto ramo di azienda, mediante la pubblicazione di più bandi per offerta di acquisto. Per quanto di interesse, il bando del 12 giugno 2018 emesso dopo altre gare andate deserte prevedeva, in particolare a il valore non inferiore a 201.000,00 Euro dell’offerta di acquisto b l’accettazione espressa in sede di offerta della clausola di garanzia occupazionale per almeno tre anni per i 123 dipendenti. 2.2 Con verbale del 25 giugno 2018 veniva disposta l’aggiudicazione del ramo di azienda confiscato al Consorzio Nazionale Synergo, al prezzo di Euro 250.100,00. Nel medesimo verbale si precisa, tra l’altro, che la ditta offerente si impegna ad una eventuale esposizione di circa 360.000,00 Euro nel caso in cui non rispetti la clausola di salvaguardia dello stato occupazionale attuale. Tale previsione trova posteriore conferma, nell’atto notarile ricognitivo della cessione redatto in data 13 agosto 2018 ove si legge all’art. 4 che la parte acquirente dovrà versare, a titolo di multa penitenziale, la somma di Euro 3.000,00 per ciascun lavoratore qualora non dovesse essere rispettata la garanzia occupazionale di cui al verbale di aggiudicazione. Nell’atto notarile si riconosce l’avvenuto pagamento integrale del prezzo e si evidenzia che con comunicazione del giorno 2 marzo 2018 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha assegnato - per il versamento del ricavato della vendita - un apposito capitolo dell’Entrata del bilancio dello Stato. 2.3 Va ancora evidenziato come nel corpo del verbale di aggiudicazione si precisa che la cessione comprende il passaggio dei contratti-quadro in essere, con previsione della rivalutazione della aggiudicazione lì dove, per causa non imputabile agli acquirenti, vi sia un mancato subentro con riduzione della necessità di impiego di forza lavoro. I rapporti attivi e passivi - si legge nel verbale-, allo stato pendenti, rimarranno a carico dell’amministrazione giudiziaria sino alla data dell’atto notarile. Inoltre, al punto G del ridetto verbale si afferma che ogni eventuale questione attinente il passaggio di azienda sarà risolta da questo giudice, previa convocazione delle parti. 3. Tanto premesso, va illustrato - in sintesi - il contenuto del provvedimento di revoca della aggiudicazione del ramo di azienda, emesso dal Gip del Tribunale di Catania in data 19 aprile 2019. 3.1 Premesse le vicende procedimentali, evidenziata la particolare situazione ambientale e sociale determinatasi in rapporto alla temuta riduzione dei livelli occupazionali e richiamato il contenuto del verbale di aggiudicazione, si afferma in particolare che a la causa essenziale dell’aggiudicazione - anche in rapporto alla ridotta entità del prezzo - era rappresentata dalla necessità di conservazione dei posti di lavoro, cui si correlava anche l’obbligo di pagamento dei salari medio tempore maturati nella fase del passaggio di azienda b nei mesi posteriori alla aggiudicazione si registravano, sul tema, forti criticità e l’occupazione non veniva realmente salvaguardata lo era solo parzialmente, anche rispetto alla entità dei salari e non veniva rispettato l’obbligo di pagamento delle retribuzioni nel periodo intermedio” c alcuni lavoratori - in numero di 53 - hanno già fatto ricorso all’autorità giudiziaria civile per la mancata corresponsione dei salari. Tutto ciò rendeva palese il mancato rispetto degli obblighi” da parte del Consorzio acquirente e conduceva - per il tradimento della causa essenziale del contratto - alla revoca della aggiudicazione, con trattenimento di quanto versato a titolo di risarcimento del danno acconto risarcitorio , salvi gli ulteriori pregiudizi. 3.2 Decidendo, in sede di opposizione introdotta dal legale rappresentante del Consorzio acquirente, con il provvedimento oggetto del presente ricorso, emesso in data 4 novembre 2019, il medesimo Gip precisava ulteriormente, in rapporto alle censure contenute nell’atto della parte privata a che il procedimento in essere non poteva qualificarsi in termini di incidente di esecuzione”, trattandosi di rivalutare i presupposti di un atto la revoca della aggiudicazione adottato dal Giudice delegato nell’ambito della procedura di amministrazione giudiziaria, con necessità di valutare il corretto adempimento degli obblighi assunti dalla società acquirente b che il grave ritardo nell’assunzione dei lavoratori, su cui sono intervenute le giustificazioni della parte, non ha rappresentato l’elemento essenziale e unico per la revoca della aggiudicazione, in quanto ad essere decisivo è stato il mancato reimpiego di diverse decine di lavoratori ed il sostanziale mancato rispetto - imputabile al Consorzio acquirente - dei patti fondamentali sottoscritti in sede di aggiudicazione, con mancata esecuzione, si afferma, anche della clausola penitenziale c quanto alla esistenza del potere - in capo al Gip - di procedere alla revoca della aggiudicazione, si afferma che la esistenza dell’atto notarile ricognitivo dell’avvenuta aggiudicazione non comporta, di per sé, il trasferimento della potestà giurisdizionale al giudice civile su controversie ad esso posteriori. Ciò in riferimento alla natura ricognitiva dell’atto e, soprattutto, in forza della particolare previsione contenuta nel verbale di aggiudicazione, in precedenza richiamata punto G , tale da configurare una vera e propria riserva di giurisdizione” in ordine a tali aspetti, in capo al Giudice Delegato alla procedura d a conferma di tale assunto si fa menzione di una decisione del Tribunale civile di Siracusa nell’ambito di una controversia relativa al possesso dei beni aziendali. Veniva pertanto confermata la decisione di revoca emessa in data 19 aprile 2019. 4. Avverso la decisione emessa in data 4 novembre 2019, ed avverso il provvedimento di revoca del 19 aprile 2019, è stato proposto ricorso per cassazione dal legale rappresentante di Synergo Consorzio Nazionale, dal legale rappresentante della Simont s.r.l. e della Tecnomec s.r.l, società conorziate rappresentati e difesi dall’avv. Antonio Impellizzeri. 4.1 Il ricorso, qui sintetizzato nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, introduce un unico, ampio, motivo in tema di erronea applicazione di legge art. 321 c.p.p., art. 104 bis disp.att., D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 45 e 48 e vizio di motivazione. Premessa una sintesi degli accadimenti procedimentali, nonché esposte le ragioni in fatto - nella prospettiva delle ricorrenti - circa i ritardi nella assunzione dei lavoratori comunque avvenuta in data 19 ottobre 2018 e su altri aspetti di merito, le doglianze si dirigono, essenzialmente, in due direzioni. 4.2 La prima riguarda, essenzialmente, l’esistenza o meno del potere del Gip di provvedere alla revoca dell’aggiudicazione in epoca posteriore al perfezionamento della cessione con atto notarile. Si sostiene, sul punto, che una volta formalizzata la cessione - di un bene oggetto di confisca definitiva - ogni questione incidente su diritti soggettivi è da ritenersi attribuita alla giurisdizione ordinaria civile. Sarebbero applicabili, nella prospettiva delle ricorrenti, le disposizioni di legge contenute nel D.Lgs. n. 159 del 2011, in forza di quanto previsto dall’art. 104 bis disp.att.c.p.p In tal senso, una volta divenuta irrevocabile la confisca, i beni entrano di diritto nel patrimonio disponibile dello Stato e sono oggetto di gestione e destinazione da parte di soggetti pubblici diversi dall’autorità giudiziaria. Lo stesso atto di cessione, si afferma, è stato posto in essere dalla autorità giudiziaria su delega” del MEF, che ne ha incamerato il prezzo. Le controversie posteriori alla formalizzazione della aggiudicazione non potevano, pertanto, essere decise in via autoritativa dal Gip, da qualificarsi quale giudice della esecuzione penale sprovvisto di cognizione in materia, sia sotto il profilo della individuazione di un preteso inadempimento che sotto quello della condanna al risarcimento del danno. La deduzione può dunque sintetizzarsi in una denunzia di carenza di potere” in capo al giudice che ha emesso il provvedimento di revoca valutando aspetti in primis il preteso inadempimento di obblighi derivanti dalla aggiudicazione non rientranti nella propria sfera di attribuzioni giurisdizionali. 4.3 Nella seconda parte del ricorso, in tutta evidenza con carattere subordinato, si deduce vizio di motivazione della decisione impugnata in riferimento alla ricostruzione dei fatti avvenuti in epoca posteriore alla aggiudicazione. Tale doglianza, in riferimento alla già ricordata disposizione di legge di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, non va sintetizzata nel testo della decisione, potendosi compiere rinvio al testo dell’atto di ricorso. 5. Il ricorso è fondato, sotto il profilo della avvenuta deduzione di carenza di potere alla emissione del provvedimento di revoca della aggiudicazione, per le ragioni che seguono. 5.1 Va precisato, in premessa, che la cognizione di questo Collegio è limitata - ai sensi dell’art. 609 c.p.p. - alla verifica della esistenza o meno del potere, in capo al Gip del Tribunale di Catania, di emettere l’atto di revoca della aggiudicazione in data 19 aprile 2019, tale essendo il provvedimento impugnato, unitamente alla decisione di rigetto della opposizione. Lo sviluppo antecedente della procedura viene in rilievo, pertanto, unicamente se ed in quanto funzionale alla verifica della doglianza introdotta dalle società ricorrenti. 5.2 Ciò posto, va in primis evidenziato che in ogni ipotesi in cui la legge penale o di prevenzione patrimoniale prevede la confisca di beni, lì dove il provvedimento giurisdizionale che la dispone sia divenuto definitivo, i beni in questione sono acquisiti di diritto al patrimonio indisponibile dello Stato. In tal senso, la disposizione legislativa di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 45 dettata per la confisca di prevenzione nella parte in cui prevede l’acquisizione di diritto dei beni confiscati al patrimonio dello Stato è meramente ricognitiva di un più generale principio giuridico, posto che la definitività della decisione giurisdizionale contenente la statuizione di confisca è condizione necessaria e sufficiente per la produzione di tale effetto. Sempre in via generale, va ricordato che i poteri gestionali dei beni sequestrati attribuiti con diverse disposizioni di legge alla autorità giudiziaria procedente cessano con la definitività del provvedimento che dispone la confisca, essendo essenzialmente correlati alla fase del sequestro o alla fase della confisca non definitiva. Le competenze gestionali dell’autorità giudiziaria - penale o di prevenzione - si giustificano, infatti, se ed in quanto la controversia correlata alla potenziale ablazione patrimoniale sia ancora in atto, dovendosi in tal caso realizzare una forma sui generis di gestione dei beni per conto di chi spetta e sono espressamente regolamentate - in più disposizioni - dalla legge processuale in rapporto alla finalità di garantire la conservazione dei beni e, in casi particolari, la gestione dinamica in vista di un incremento della redditività dei medesimi. 5.3 La definitività del provvedimento di confisca, per quanto detto sopra, determina l’attribuzione di poteri gestori su detti beni in capo a soggetti pubblici diversi dall’autorità giurisdizionale che ha emesso la decisione - si tratta, nella maggior parte dei casi, della Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata o della Agenzia del Demanio soggetti le cui competenze sono previste espressamente dalla legge con carattere tassativo, v. Sez. 3 n. 40394 del 4.6.2019 -, ferma restando l’esistenza di disposizioni che prevedono l’attribuzione di poteri tipici al giudice della esecuzione penale o di prevenzione che sia , giudice cui spetta - nei limiti di legge - la interpretazione del giudicato, o la tutela di posizioni giuridiche soggettive in qualche modo incise” dalla intervenuta confisca si veda ad es. la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 159 del 2011 in tema di tutela dei terzi creditori . 5.4 Tuttavia la possibile attività di interpretazione del giudicato, nei suddetti limiti, è attività semplicemente ricognitiva dei suoi contenuti v. sul tema Sez.1 n. 36 del 9.1.1996, rv 202816 Sez. 1 n. 6701 del 22.10.2013, rv 259411 Sez, 1 n. 16039 del 2.2.2016, rv 266624 Sez. 1 n. 14984 del 13.3.2019, rv 275063 e non comporta in alcun modo la attribuzione - al giudice che ha disposto la confisca - del potere di dirimere controversie in tema di diritti soggettivi venute in essere in epoca posteriore al giudicato o comunque, in qualche modo correlate alla esistenza del provvedimento ablatorio. 5.5 Nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità tale principio di diritto - avente natura di principio generale, in quanto relativo ai limiti operativi della giurisdizione penale - è stato espresso in maniera costante e si rinviene in numerose pronunzie. Tra queste, vanno menzionate Sez. 1 n. 20793 del 28.4.2009, ove si è affermato che sussiste il difetto della giurisdizione penale - in favore di quella civile - a conoscere della controversia tra l’Agenzia del Demanio - alla quale è stato trasferito un immobile a seguito di confisca definitiva - ed il proprietario della pertinente area di sedime, in ordine all’esercizio dei diritti reali relativi ai suddetti beni Sez. 1 n. 15444 del 25.3.2010, ove si è parimenti rilevato il difetto di giurisdizione penale, in favore di quella civile, a conoscere della controversia in ordine allo sfratto ordinato al locatario di un immobile dall’Agenzia del Demanio, alla quale il medesimo bene è stato trasferito in virtù di confisca definitiva Sez. 1 n. 21063 del 12.5.2010 ove si è affermato che sussiste il difetto assoluto di giurisdizione del giudice penale in ordine alla domanda di rilascio promossa dal proprietario di un complesso immobiliare occupato dai beni di un complesso aziendale di una impresa confiscata in via definitiva. 5.6 Il tratto comune di tali decisioni non a caso elaborate in procedimenti di prevenzione patrimoniale, ove con maggiore frequenza si è posta, in passato, la necessità di operare simili precisazioni in diritto è rappresentato dalla constatazione dell’effetto giuridico della confisca in termini di trasferimento del bene confiscato al patrimonio dello Stato, con esaurimento della potestà giurisdizionale del giudice della confisca” ed attribuzione al giudice civile delle controversie sorte in epoca posteriore senza che alcun rilievo possa rivestire l’origine genetica dell’acquisto del titolo in capo all’Erario . Da ciò deriva, nell’assetto dogmatico del periodo di emissione delle decisioni, risalente alla pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 25 del 24.11.1999, Di Dona, la rilevazione nei suddetti arresti - di un difetto assoluto di giurisdizione del giudice penale, per macroscopica violazione dei limiti delle proprie attribuzioni. Come è noto, la violazione dei criteri di attribuzione delle controversie tra giurisdizione ordinaria penale e giurisdizione ordinaria civile è stata rimeditata quanto alla classificazione dogmatica - dalle medesime Sezioni Unite di questa Corte nel successivo arresto del 29.9.2011, Pistor, nel cui ambito si è affermato che la ripartizione degli affari e la violazione dei criteri di attribuzione nell’ambito della giurisdizione ordinaria”, e dunque anche tra giurisdizione civile e giurisdizione penale non determina un difetto di giurisdizione in senso proprio ma un difetto di attribuzione, e dunque una carenza di potere cognitivo sulla specifica vicenda presa in esame. 5.7 Ciò che rileva, in ogni caso, è la pacifica considerazione, nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, della esistenza di limiti all’esercizio di poteri cognitivi o autoritativi del giudice penale o di prevenzione che ha disposto la confisca di beni, in epoca posteriore al giudicato, salva l’esistenza di specifiche disposizioni di legge attributive di un tipizzato potere di intervento e salva la – limitata - potestà ricognitiva dei contenuti del giudicato, ove necessario. 6. Quanto sinora evidenziato impone di affermare, venendo all’esame del caso specifico, la assoluta carenza di potere del Giudice penale ad emettere - dopo il rogito notarile - il provvedimento di revoca della aggiudicazione dei beni aziendali oggetto di confisca definitiva, in accoglimento del ricorso. 6.1 Nel procedimento penale che ha generato il titolo era contestato il delitto di bancarotta fraudolenta ed il sequestro preventivo dei beni aziendali - anche in riferimento alla data della sua emissione - non rientrava tra le ipotesi tipiche di possibile adozione di provvedimenti gestionali v. sul tema, ampiamente, Sez. 1 n. 28212 del 2019, rv 276146 , aspetto che tuttavia non rileva al fine di apprezzare la legittimità della decisione qui impugnata, rappresentandone un mero antecedente procedimentale. 6.2 L’attività posteriore al giudicato, in riferimento alla scelta di procedere alla vendita del ramo di azienda, può farsi rientrare - dato il tenore delle avvenute interlocuzioni con l’Agenzia territoriale del demanio ricordate in premessa - nella previsione di legge di cui all’art. 86 disp. att. c.p.p., come evidenziato dal Procuratore Generale in sede di requisitoria, disposizione che - in modo significativo - attribuisce alla cancelleria l’attività in parola. L’attribuzione legale di tale adempimento in favore dell’organo amministrativo che coadiuva l’attività giudiziaria è coorente sul piano sistematico, proprio perché implica e, in qualche modo conferma, la natura non giurisdizionale in senso proprio dell’adempimento, trattandosi di una attività tesa alla realizzazione di un pubblico interesse tramite la destinazione del ricavato della vendita all’Erario, in virtù della natura pubblica del bene oggetto della vendita. Ciò posto, è del tutto evidente che pur avendo, il giudice della esecuzione non potendo essere diversamente qualificata la fase posteriore al giudicato e non potendo sopravvivere al giudicato una attività gestionale giudiziaria ritenuto di intervenire alla fase di aggiudicazione - unitamente alla cancelleria ed in ragione delle preventive interlocuzioni con l’Agenzia del Demanio ed il MEF -, nessuna potestà di revoca - per un ipotizzato inadempimento - della aggiudicazione, poteva dirsi sussistente. La revoca della aggiudicazione è, infatti, attività - pacificamente svolta in epoca posteriore al giudicato sulla confisca - incidente, previa cognizione dei fatti, su diritti soggettivi degli aggiudicatari, che rientra nella sfera di attribuzioni della autorità giudiziaria ordinaria civile. Nessuna disposizione di legge attribuisce simile potere al giudice della esecuzione penale, nè tale potestà autoritativa, per completezza, potrebbe ricollegarsi alla parte del verbale di aggiudicazione ricordata in premessa e definita nel provvedimento impugnato quale riserva di giurisdizione” si veda retro, al par. 2.3 . 6.3 Da un lato, ove in tale parte del verbale di aggiudicazione si ritenesse realmente prevista una simile riserva di giurisdizione” sugli accadimenti posteri alla formalizzazione notarile dell’aggiudicazione, si tratterebbe di una previsione da ritenersi come non apposta perché in palese violazione di legge, dall’altro è da ritenersi che con tale appostazione ove si evocano questioni attinenti il passaggio di azienda il giudice della esecuzione abbia in realtà limitato il proprio potere di intervento a questioni attinenti le modalità esecutive dell’atto di aggiudicazione, in forme - in tal caso - compatibili con i principi generali in tema di esecuzione del singolo provvedimento. In nessun caso, pertanto, poteva ritenersi consentita l’adozione, così come avvenuto, da parte del giudice penale, di un provvedimento che in forza di una autonoma ricostruzione delle linee fattuali di un inadempimento – o di un adempimento parziale - pervenisse, dopo rogito, alla revoca dell’aggiudicazione ed alla qualificazione” in termini risarcitori del prezzo versato in pregiudizio della società acquirente. L’accoglimento della parte del ricorso in cui si è dedotto il vizio di attribuzione del giudice penale ad emettere la statuizione di revoca della aggiudicazione determina l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata e di quella emessa dal medesimo Gip in data 19 aprile 2019, come da dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella, oggetto di opposizione, del medesimo Gip in data 19.04.2019. Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 c.p.p