Il curatore fallimentare può intervenire nel procedimento di prevenzione?

La legittimazione ad intervenire nel procedimento per l’applicazione della confisca di prevenzione, cui si associa il potere di articolare una vera e propria difesa, spetta ai titolari di diritti reali, di diritti di garanzia e di diritti di godimento sui beni sottoposti a sequestro di prevenzione, e non al curatore del fallimento nella cui massa attiva siano compresi i beni sequestrati.

Il caso. Il Tribunale di Trapani, Sezione per le misure di prevenzione, dichiarava inammissibile l’intervento della curatela fallimentare della S.M. S.p.a. avverso il provvedimento de quo, il legale del curatore ricorreva per Cassazione deducendone abnormità e violazione di legge per inosservanza e falsa applicazione della normativa di cui al d.lgs. n. 159/2011. In particolare, secondo la prospettazione del ricorrente, nel procedimento di prevenzione il curatore del fallimento, quale organo titolare di una funzione pubblica, è necessariamente legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro eseguito dopo la dichiarazione di fallimento su beni appartenenti alla massa attiva, e ciò in quanto tale misura, avendo natura provvisoria, potrebbe essere annullata o revocata, in tutto od anche solo parzialmente, così da consentire al curatore di recuperare la potestà gestoria sugli stessi beni. Donde, concludeva il ricorrente, la declaratoria di inammissibilità dell’intervento del curatore sarebbe affetta da abnormità funzionale, paralizzando la facoltà di interlocuzione della curatela fallimentare nel procedimento di prevenzione. L’intervento nel procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. In via preliminare, afferma la Suprema Corte, va chiarito che gli interessati al procedimento di prevenzione patrimoniale sono i terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati o che, comunque, vantino diritti reali o personali di godimento, nonché diritti reali di garanzia sui beni in sequestro fermo restando che, in ogni caso, la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultino da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro. Per tale ragione, la legittimazione all’intervento non spetta invece al curatore, che è certamente terzo rispetto al procedimento di sequestro/confisca dei beni appartenuti alla società fallita, ma che comunque non è titolare di alcun diritto su tali beni, essendo piuttosto un soggetto gravato da un munus pubblico, di carattere prevalentemente gestionale, che affianca il giudice delegato al fallimento ed il tribunale per consentire il perseguimento degli obiettivi propri della procedura fallimentare, che si identificano con il soddisfacimento dei creditori. In altri termini, il curatore non può agire in rappresentanza dei creditori i quali, a loro volta, prima della conclusione della procedura non sono titolari di alcun diritto sui beni, ma piuttosto di una mera pretesa e, per l’effetto, sono privi di qualsivoglia diritto restitutorio in capi ai beni sottoposti a sequestro, stante la prevalenza alla procedura di prevenzione su quella civilistica fallimentare. La dedotta abnormità del provvedimento. Per le superiori ragioni, l’assenza di una legittimazione del curatore ad intervenire nel procedimento di prevenzione esclude ogni profilo di abnormità del provvedimento reiettivo impugnato sia sotto il profilo strutturale, trattandosi di espressione del potere del Tribunale di escludere i soggetti che non abbiano titolo od interesse a partecipare al procedimento finalizzato all’applicazione della confisca patrimoniale sia sotto il profilo funzionale, non determinando lo stesso la stasi del procedimento e la conseguente impossibilità di proseguirlo, trovando in realtà i diritti dei creditori insinuatisi al fallimento tutela anche nel procedimento di prevenzione una volta divenuta definitiva la confisca, ai sensi degli artt. 52 e ss. del citato d.lgs. n. 159/2011.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 settembre – 29 ottobre 2020, n. 29983 Presidente Catena – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 28 febbraio 2020, il Tribunale di Trapani, Sezione per le misure di prevenzione, ha dichiarato inammissibile l’intervento spiegato dalla Curatela del fallimento della Società omissis S.p.a. con atto del 7 novembre 2019. 2. Ricorre la Curatela del fallimento della Società omissis S.p.a. e deduce, con un solo articolato motivo, l’abnormità del provvedimento e il vizio di violazione di legge, per inosservanza e falsa applicazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 10 e 27 e art. 627 c.p.p., comma 3 del D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 23, 27, 63 e 64 artt. 4, 24 e 113 Cost. e art. 125 c.p.p., comma 3. 2.1. Ascrive al Tribunale di non essersi attenuto al principio di diritto, enunciato da questa Corte con la sentenza Sez. 2, n. 38573 del 17/05/2019, nel parallelo giudizio cautelare promosso dalla ricorrente Curatela, secondo cui, nel procedimento di prevenzione, il curatore fallimentare, quale organo titolare di una funzione pubblica, è legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro eseguito dopo la dichiarazione di fallimento su beni appartenenti alla massa attiva, in quanto tale misura, avendo natura provvisoria, può essere in tutto o in parte annullata o revocata, così consentendo al curatore di recuperare la potestà gestoria sui beni stessi. 2.2. Assume che, riconosciuto al curatore fallimentare il potere di interloquire nella fase cautelare, con la legittimazione ad impugnare il sequestro, a maggior ragione dovrebbe essergli garantito l’esercizio del medesimo potere nella fase di merito, consentendogli di intervenire nel procedimento di prevenzione allo scopo di articolare richieste istruttorie. 2.3. Conclude, pertanto, opinando che il provvedimento impugnato, ancorché espressione di un potere senz’altro riconosciuto al Tribunale, sarebbe affetto da abnormità funzionale, in quanto dotato della capacità di paralizzare il dispiegarsi della facoltà di interlocuzione della Curatela fallimentare nel procedimento di prevenzione facoltà riconosciuta dalla citata pronuncia di questa Corte. 3. Con requisitoria in data 7 luglio 2020, il Procuratore Generale presso questa Suprema Corte, in persona del Sostituto Dr. Baldi Fulvio, ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, evocando il dictum delle Sezioni Unite n. 45936 del 26 settembre 2019, che ha riconosciuto al curatore fallimentare la legittimazione a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca, e l’esigenza di assicurare al curatore stesso la facoltà di interloquire nella procedura di prevenzione vieppiù nella fase di merito. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. L’esame delle doglianze sviluppate nell’interesse della Curatela della Società omissis S.p.a. esige una preliminare ricognizione delle norme del D.Lgs. n. 159 del 2011 Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e successive modificazioni, che disciplinano l’intervento nel procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. 1.1. Dalla lettura congiunta del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 10, art. 23, commi 2, 3 e 4, e art. 27, emerge che, salvo che sia diversamente disposto, gli interessati al procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale sono I terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati o che vantano diritti reali o personali di godimento nonché diritti reali di garanzia sui beni in sequestro costoro sono chiamati dal tribunale ad intervenire nel procedimento”, potendo svolgere le loro deduzioni con l’assistenza di un difensore, nonché chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca . 1.2. Le norme del Titolo IV del Libro I del D.Lgs. n. 159 del 2011, intitolato La tutela dei terzi e i rapporti con le procedure concorsuali”, stabiliscono 1 agli artt. da 52 a 56, che La confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro , ove ricorrano talune condizioni, e che i predetti diritti di credito devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli artt. 57, 58 e 59 e concorrono al riparto sul valore dei beni o dei compendi aziendali ai quali si riferiscono 2 all’art. 64 Sequestro successivo alla dichiarazione di fallimento” che Ove sui beni compresi nel fallimento ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 42 sia disposto sequestro, il giudice delegato al fallimento, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dispone con decreto non reclamabile la separazione di tali beni dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all’amministratore giudiziario” comma 1 e che Se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l’intera massa attiva fallimentare ovvero, nel caso di società di persone, l’intero patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili, il tribunale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, dichiara la chiusura del fallimento con decreto ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 119, e successive modificazioni al comma 7 . 2. Premesso che non è pertinente il richiamo, effettuato dal Procuratore Generale alla sentenza delle Sezioni Unite n. 45936 del 26/09/2019, Fallimento di omissis S.r.l. in liquidazione, vertendo la detta pronuncia sulla questione, affatto diversa, della legittimazione del curatore fallimentare ad impugnare il sequestro preventivo, disposto prima del fallimento, ai fini della confisca prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12-bis”, devesi riconoscere che la ricognizione normativa effettuata orienta l’interprete nel senso di ritenere, conformemente a quanto opinato dal Tribunale qui censurato, che la legittimazione ad intervenire nel procedimento per l’applicazione della confisca di prevenzione, cui si associa il potere di articolare una vera e propria difesa, spetta ai titolari di diritti reali, di diritti di garanzia e di diritti di godimento sui beni sottoposti a sequestro di prevenzione e non al curatore del fallimento nella cui massa attiva siano compresi i beni sequestrati. 2.1. Ciò perché, come chiarito dal diritto vivente Sez. U, n. 11170 del 25/09/2014 - dep. 17/03/2015, Uniland Spa e altro, Rv. 263685 Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, C. fall. in proc. Focarelli, Rv. 228163 , il curatore fallimentare, che è certamente terzo rispetto al procedimento di sequestro/confisca dei beni appartenuti alla fallita società, non è, tuttavia, titolare di alcun diritto sui beni , ma è, piuttosto, un soggetto gravato da un munus pubblico, di carattere prevalentemente gestionale, che affianca il giudice delegato al fallimento ed il tribunale per consentire il perseguimento degli obiettivi propri della procedura fallimentare , che si identificano con il soddisfacimento dei creditori. Il curatore fallimentare, quindi, non può agire in rappresentanza dei creditori, i quali, a loro volta, prima della conclusione della procedura, non sono titolari di alcun diritto sui beni, ma di una semplice pretesa e sono, quindi, privi di qualsiasi diritto restitutorio sui beni sottoposti a sequestro . Ciò spiega, quindi perché i terzi titolari di diritti di credito che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro , nei confronti del proposto o del fallimento dichiarato in riferimento a compagine imprenditoriale che gli sia riferibile, non figurino tra i soggetti terzi cui è consentito di intervenire - ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 23 - nel procedimento per l’applicazione della confisca di prevenzione, essendo, coerentemente, previsto che costoro ricevano tutela soltanto una volta che la confisca sia stata disposta secondo quanto stabilito dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52 ss 2.2. La disciplina dettata dal D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 63 e 64 Rapporti con le procedure concorsuali” , conferma tale impostazione, nel senso del riconoscimento della prevalenza della procedura di prevenzione su quella civilistica del fallimento, con riguardo al profilo della sottrazione del patrimonio in sequestro alla massa attiva fallimentare, ma assegna al curatore del fallimento un potere - dovere di interlocuzione da esercitare esclusivamente in seno alla procedura fallimentare, come risulta manifesto dall’incedere testuale del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 64 .il giudice delegato al fallimento, sentito il curatore e il comitato dei creditori, dispone con decreto non reclamabile la separazione di tali beni quelli compresi nel fallimento sui quali sia disposto il sequestro di prevenzione dalla massa attiva del fallimento e la loro consegna all’amministratore giudiziario comma 1 il tribunale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, dichiara la chiusura del fallimento con decreto ai sensi del R.D. 16 marzo 1942, art. 119 . Alla stregua delle disposizioni riportate, quindi, il curatore fallimentare coopera con il giudice delegato al fallimento alla puntuale ricognizione e perimetrazione dei beni sottoposti a sequestro di prevenzione in vista della loro separazione dalla massa attiva e della loro consegna all’amministratore giudiziario nominato nell’ambito del procedimento di prevenzione, ovvero con il tribunale, in ipotesi di completa sovrapposizione tra i beni sottoposti a sequestro di prevenzione e i beni della massa fallimentare, in funzione chiusura del fallimento stesso. Donde, una volta esauritasi la fase di distacco dei beni sopposti a sequestro di prevenzione dal fallimento, con consegna degli stessi all’amministratore giudiziario ovvero, a maggior ragione, una volta chiusosi il fallimento in ragione dello svuotamento della massa fallimentare a favore del procedimento di applicazione della confisca di prevenzione , non vi è ragione di un intervento del curatore fallimentare nel procedimento di prevenzione, essendo egli surrogato nel proprio ruolo gestorio dei beni sequestrati dall’amministratore giudiziario conclusione, questa, che pare avvalorata dal tenore della disposizione di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 64, comma 9, secondo cui ”Si applica l’art. 63, comma 8 L’amministratore giudiziario propone le azioni disciplinate dalla sezione III del capo III del titolo II del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 , ed ove le azioni siano state proposte dal curatore, l’amministratore lo sostituisce nei processi in corso . 2.3. Nella delineata prospettiva, quindi, non vi è ragione di ritenere che vi sia contrasto con quanto affermato dalla sentenza Sez. 2, n. 38573 del 17/05/2019, Mediterranea S.p.a., Rv. 277396, che, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, ha riconosciuto al curatore fallimentare, quale organo titolare di una funzione pubblica, la legittimazione a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro eseguito dopo la dichiarazione di fallimento su beni appartenenti alla massa attiva, avendo la Corte chiarito, in motivazione, che la predetta legittimazione corrisponde alla esigenza di delimitare e circoscrivere l’area dei beni colpita dal sequestro - un’area attingibile dal provvedimento definitivo della confisca -, al fine di tutelare, nei limiti del compatibile l’esercizio di una funzione pubblica nell’ambito dell’amministrazione della giustizia . 3. Per mera completezza espositiva, va rilevato che le disposizioni del ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenzà introdotto dal D.Lgs. n. 14 del 2019 e la cui entrata in vigore è stata differita dal D.L. 8 aprile 2020 n. 23 al 1 settembre 2021 non sono evocabili nel presente giudizio, proprio in quanto non ancora vigenti. 4. Al lume delle considerazioni che precedono, emerge l’ineccepibilità del provvedimento impugnato, che delle norme richiamate ha fatto corretta applicazione. L’assenza di una legittimazione del curatore fallimentare ad intervenire nel procedimento di prevenzione esclude, all’evidenza, ogni profilo di sua abnormità, sia strutturale, essendo espressione del potere del Tribunale di escludere i soggetti che non abbiano titolo ed interesse a partecipare al procedimento per l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, sia funzionale, in quanto esso non determina la stasi del procedimento e l’impossibilità di proseguirlo Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni e altro, Rv. 243590 Sez. U, n. 26 del 24/11/1999 - dep. 26/01/2000, Magnani, Rv. 215094 cfr. anche Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007 - dep. 01/02/2008, P.M. in proc. Battistella, Rv. 238240 , trovando i diritti dei creditori, insinuatisi al fallimento, tutela anche nel procedimento di prevenzione, una volta divenuta definitiva la confisca, ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 52 e ss 5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non è disposta la condanna del ricorrente al pagamento della somma prevista dall’art. 616 c.p.p. a favore della Cassa delle Ammende, non essendo ravvisabili profili di colpa nella proposizione del ricorso Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000 , attesa la novità e la complessità della questione di diritto devoluta all’esame della Corte. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.