Ragazzino in bici colpisce un’auto: punito l’automobilista che si è fermato solo per pochi minuti

Condannato il conducente per il reato di fuga. Insufficiente, secondo i giudici, l’avere fermato la vettura e l’avere parlato col ragazzino, che aveva riportato lesioni non gravi, senza però fornire le proprie generalità e senza accompagnare la vittima a casa o al Pronto Soccorso.

Vettura centrata da un giovanissimo ciclista che riporta lesioni non gravi . Condannato l’automobilista che si ferma solo per pochi minuti e poi va via senza né fornire le proprie generalità né accompagnare la persona offesa a casa o al Pronto Soccorso Cassazione, sentenza n. 29837/20, sez. IV Penale, depositata oggi . A dare il ‘la’ alla vicenda giudiziaria è la disavventura che coinvolge un automobilista e un ragazzino di 9 anni in giro in bici con alcuni amici. Il giovane ciclista centra la vettura e subisce un trauma facciale, riportando lesioni – a un labbro e a un dente – giudicate guaribili in 5 giorni. Il conducente si ferma, scende dall’auto, si intrattiene qualche minuto col ragazzino e poi, rassicurato dalle sue condizioni non gravi, risale in macchina e si allontana dal luogo dell’incidente. La condotta tenuta costa però all’automobilista un processo per omissione di soccorso . E per i giudici di merito è sacrosanta la condanna, con pena fissata in nove mesi di reclusione e con patente sospesa per diciotto mesi . Inequivocabili, secondo i giudici d’Appello, le azioni compiute dall’uomo, poiché egli, alla guida del proprio veicolo, dopo aver colpito un ciclista un minore , che cadeva e riportava lesioni, non ottemperava all’ obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alla persona ferita e si dava alla fuga . Dal difensore dell’automobilista viene proposta col ricorso in Cassazione una lettura diversa della vicenda. In particolare, il legale sostiene che il sinistro è stato causato dal ciclista che è sbattuto contro il veicolo, senza cadere , e l’automobilista si è fermato, ma, rassicurato il minore, spaventato per la possibile reazione dei propri genitori in considerazione del danno provocato all’automobile, si è allontanato , e quindi il reato non è configurabile, stante l’assenza sia dell’elemento oggettivo in considerazione dell’arresto e della discesa dalla vettura, che ha sicuramente reso identificabile l’automobilista, visto da altre persone e noto in paese , sia dell’elemento soggettivo in considerazione delle buone condizioni del minore, confermate dalla circostanza che, tornato a casa, è stato portato al ‘Pronto Soccorso’ solo su impulso della polizia locale, allertata dai familiari, e non dei genitori . In premessa viene richiamata la ricostruzione dell’episodio è pacifico che l’automobilista, pur essendosi fermato nell’immediatezza dei fatti ed avendo parlato con il minore coinvolto nel sinistro, non gli ha fornito le proprie generalità né lo ha accompagnato a casa o al Pronto Soccorso, ma è stato identificato solo successivamente all’esito delle verifiche svolte dalle forze dell’ordine . Per completare il quadro, poi, viene anche evidenziato che a seguito del sinistro, il minore riportava una tumefazione alla bocca e la frattura di un dente e che, quindi, certamente l’automobilista vide che il piccolo ciclista, di 9 anni, aveva riportato una ferita al labbro, che sanguinava . Ebbene, anche per i Giudici della Cassazione è evidente la colpevolezza dell’automobilista . Ciò perché sono stati accertati sia l’elemento oggettivo del reato, consistente, da un lato, nella sosta inidonea a consentire l’identificazione del soggetto coinvolto nel sinistro e, dall’altro, nel mancato soccorso del minore ferito pur non gravemente , sia l’elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza di un possibile danno al minore sanguinante e nella decisione, nonostante ciò, di non fornire le proprie generalità e di non accompagnare il minore né al Pronto Soccorso né a casa . Correttamente applicato, quindi, osservano dalla Cassazione, il principio secondo cui in tema di circolazione stradale, risponde del c.d. reato di fuga il soggetto che, coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, senza fornire le proprie generalità, essendo strumentale l’obbligo di fermata all’identificazione dei soggetti coinvolti ed alla ricostruzione dei fatti, ed essendo irrilevante, ai fini della configurazione del reato, che ciò sia reso, comunque, possibile da circostanze accidentali, come la presenza di testimoni o di telecamere o i luoghi in cui si sono svolti i fatti . Peraltro, l’ elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente può essere integrato anche dal dolo eventuale , ravvisabile in capo al soggetto che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti . Inutili, quindi, le obiezioni difensive centrate sulle presunte ragioni che avrebbero spinto l’automobilista a non accompagnare il minore a casa o al Pronto Soccorso. Per chiudere il cerchio, infine, dalla Cassazione tengono anche a ribadire che in tema di circolazione stradale, il reato di fuga è configurabile nei confronti dell’utente della strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile del sinistro, in quanto l’incidente, che è comunque ricollegabile al suo comportamento, assume il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 – 28 ottobre 2020, n. 29837 Presidente Piccialli – Relatore Picardi Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado che ha condannato Fe. Ci. alla pena di 9 mesi di reclusione, con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione, ed alla sospensione della patente per anni 1 e mesi 6, per il reato di cui all'art. 189 cod.strada, perché, alla guida del suo veicolo, dopo aver colpito un ciclista il minore Ma. Pi. , che cadeva e riportava lesioni trauma facciale , giudicate guaribili in 5 giorni, non ottemperava all'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alla persona ferita e si dava alla fuga 21 ottobre 2014 . 2. Avverso tale sentenza ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l'imputato che ha dedotto 1 l'erronea interpretazione ed applicazione dell'art. 189 cod.strada, in quanto, da un lato, il sinistro è stato causato dal ciclista che è sbattuto contro il veicolo, senza cadere , e, dall'altro lato, Fe. Ci. si è fermato, ma, rassicurato il minore, spaventato per la possibile reazione dei propri genitori in considerazione del danno provocato all'automobile, si è allontanato, sicché il reato non è configurabile, stante l'assenza sia dell'elemento oggettivo in considerazione dell'arresto e della discesa dalla vettura, che ha sicuramente reso identificabile il ricorrente, visto da altre persone e noto in paese , sia dell'elemento soggettivo in considerazione delle buone condizioni del minore, confermate dalla circostanza che, tornato a casa, è stato portato al Pronto Soccorso solo su impulso della Polizia locale, allertata dai familiari, e non dei genitori 2 il vizio di motivazione, non rispondendo affatto la sentenza impugnata alle puntuali censure formulate in appello e richiamate nel presente ricorso addirittura travisate e tralasciando completamente una parte del materiale istruttorio come l'articolo de Il cittadino del 27 ottobre 2014 e la corrispondenza coi quotidiani 3 il travisamento delle prove, posto che Fe. Ci. non è stato identificato grazie alle telecamere e non si è recato presso le forze dell'ordine dopo gli articoli di giornale, ma è stato subito contattato dal capo dei vigili urbani ed ha scritto ai quotidiani chiedendo di rendere noto il suo nome e la sua versione dei fatti, ed ha consegnato il fazzoletto al minore non perché consapevole della ferita, ma per asciugare le lacrime del bambino 4 l'omesso esame di prove decisive ai fini della decisione ad esempio, la dichiarazione del teste Gr., che ha appreso dai ragazzi che stavano bene e che non era successo nulla le contraddizioni delle deposizioni dei minori 5 e 6 l'erronea applicazione degli artt. 133 e 81 cod.pen. e la carente e contraddittoria motivazione in ordine alle censure relative al trattamento sanzionatorio, in quanto si sarebbe dovuta applicare la massima riduzione per le generiche ed il minimo aumento per la continuazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso non può essere accolto. 2. Le prime quattro censure, che concernono tutte l'accertamento dei fatti e la configurabilità del reato, possono essere esaminate congiuntamente. Come confermato dallo stesso ricorrente, è pacifico che egli, pur essendosi fermato nell'immediatezza dei fatti ed avendo parlato con il minore coinvolto nel sinistro, non gli ha fornito le proprie generalità né lo ha accompagnato a casa o al Pronto Soccorso, ma è stato identificato solo successivamente all'esito delle verifiche svolte dalle forze dell'ordine. A ciò si aggiunga che la Corte di Appello ha precisato che, a seguito del sinistro, il minore riportava una tumefazione alla bocca e la frattura di un dente e che certamente Ci. vide che il piccolo Ma., di nove anni, aveva riportato una ferita al labbro, che sanguinava . Alla luce di tale ricostruzione dei fatti, la decisione risulta congruamente motivata e conforme agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, posto che sono stati accertati sia l'elemento oggettivo del reato, consistente, da un lato, nella sosta inidonea a consentire l'identificazione del soggetto coinvolto nel sinistro e, dall'altro, nel mancato soccorso del minore ferito, sia pure non gravemente, sia l'elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza di un possibile danno al minore sanguinante e nella decisione, nonostante ciò, di non fornire le proprie generalità e di non accompagnare il minore né al Pronto soccorso né a casa. In proposito va ricordato, in tema di circolazione stradale, risponde del reato previsto dall'art. 189, comma 6, cod. strada, cd. reato di fuga , il soggetto che, coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, senza fornire le proprie generalità essendo strumentale l'obbligo di fermata all'identificazione dei soggetti coinvolti ed alla ricostruzione dei fatti ed essendo irrilevante, ai fini della configurazione del reato, che ciò sia reso, comunque, possibile da circostanze accidentali, come la presenza di testimoni o di telecamere o i luoghi in cui si sono svolti i fatti v., tra le tante, Sez. 4, n. 42308 del 07/06/2017 ud. - dep. 15/09/2017, Rv. 270885 - 01, che ha ritenuto esente da vizi la sentenza che aveva affermato la responsabilità del conducente che, avendo investito due pedoni minorenni, era sceso dall'auto solo dopo che una persona che aveva assistito all'impatto si era posta davanti al mezzo indicando le vittime, e si era poi allontanato senza fornire le proprie generalità, stanti le rassicurazioni fornite dalle persone offese circa il proprio stato di salute, nonostante la violenza dell'urto idonea ad arrecare danno alle persone v. anche la più recente Sez. 4, n. 9212 del 11/02/2020 ud. - dep. 09/03/2020, Rv. 278606 - 01, secondo cui, in tema di reato di fuga dopo un incidente stradale con danno alle persone, affinché il precetto dell'obbligo di fermarsi sia rispettato, occorre che l'agente effettui una fermata che, per le concrete modalità, gli consenta di rendersi conto dell'accaduto ed eventualmente mettersi in condizione di prestare assistenza ai feriti, e, comunque, di essere identificato ai fini della compiuta ricostruzione dell'accaduto e di eventuali azioni risarcitone . A ciò si aggiunga che l'elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente in caso di incidente art. 189, comma 7, cod. strada può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all'agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall'incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza ai feriti v., da ultimo, Sez. 4 n. 33772 del 15/06/2017 ud. - dep. 11/07/2017, Rv. 271046 - 01, che ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all'elemento volitivo, può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio . Invero, il presente ricorso, pur denunciano l'erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione, si limita a riproporre la diversa ricostruzione dei fatti proposta dalla difesa, che non è stata condivisa dai giudici di merito, insistendo, peraltro, su alcune circostanze, comunque, inidonee ad escludere il reato quali le asserite ragioni per le quali l'imputato non avrebbe accompagnato il minore a casa o al Pronto Soccorso . Difatti, nessuna delle circostanze evidenziate dalla difesa del ricorrente ed asseritamente non adeguatamente valutate dalla Corte di Appello è idonea ad intaccare la correttezza della sentenza impugnata. Per mera completezza va ribadito che, in tema di circolazione stradale, il reato di cui all'art. 189, commi 6 e 7, cod. strada è configurabile nei confronti dell'utente della strada coinvolto nel sinistro, pur se non responsabile dello stesso, in quanto T'incidente , che è comunque ricollegabile al suo comportamento, assume il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso Sez. 4, n. 52539 del 09/11/2017 ud.-dep. 17/11/2017 Rv. 271260 - 01 . 3. Parimenti le ultime due doglianze, concernenti il trattamento sanzionatorio, sono infondate, considerato che non denunciano né un'erronea applicazione di legge né una lacuna, contraddizione o illogicità della motivazione, ma si limitano a richiedere la determinazione della pena, quantificata già nel minimo edittale, in misura ancora più mite. 4. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196/2003, in quanto imposto dalla legge.