Omesso versamento delle ritenute: da quando decorre il termine di tre mesi per fruire della causa di non punibilità?

Se non risulta ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione a giudizio non ne contenga tutti gli elementi, il dies a quo di 3 mesi per poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse e fruire della causa di non punibilità prevista dalla legge decorre dal momento in cui si sia verificata aliunde la conoscenza dell’avviso di accertamento da parte dell’imputato.

Questo il principio di diritto oggetto della sentenza della Suprema Corte n. 29825/20, depositata il 27 ottobre. La Corte d’Appello di Catania, riformando parzialmente la decisione del Giudice di prime cure, riduceva la pena inflitta all’imputato per via dell’ omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali nel periodo compreso tra aprile 2012 e dicembre 2013. Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando, tra i diversi motivi, la ritenuta equipollenza del decreto penale di condanna all’avviso di accertamento della violazione e denunciando altresì il fatto che non sia stato consentito all’imputato di fruire della possibilità di estinguere il reato entro 3 mesi in sostituzione dell’esercizio dell’azione penale. La Corte di Cassazione dichiara i motivi di ricorso delineati inammissibili , osservando come nel caso di specie possano applicarsi i principi in tema di equipollenza tra la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione e il decreto che dispone il giudizio , al fine di beneficiare della causa di non punibilità . A tal proposito, la Corte ribadisce che nella materia in oggetto, ai fini della causa di non punibilità del pagamento tempestivo di quanto dovuto, il decreto di citazione a giudizio equivale alla notifica dell’avviso di accertamento solo se contiene gli elementi essenziali di tale avviso, cioè l’indicazione del periodo di omesso versamento e l’importo, della sede dell’ente presso cui effettuare il versamento entro 3 mesi e dell’avviso che il pagamento consente di fruire della suddetta causa di non punibilità. Qualora ciò avvenga, a partire dalla notificazione del decreto di citazione inizia a decorrere il termine di 3 mesi per effettuare il versamento e fruire della causa di non punibilità. Ciò posto, la mancanza dell’avviso di accertamento non impedisce la procedibilità dell’azione penale, avendo la Corte affermato che qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione e il decreto di citazione non contenga l’indicazione di tutti gli elementi propri di detto avviso, deve essere ritenuto tempestivo [] il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio . Inoltre, gli Ermellini precisano che è necessario che l’imputato sia posto nelle condizioni di conoscere della possibilità di esonero dalla punibilità in caso di pagamento entro 3 mesi di quanto dovuto e tale consapevolezza può essere acquisita in qualsiasi forma, potendo essere reclamata in sede di legittimità solo quando risulti che lo stesso non fosse a conoscenza aliunde di tale possibilità. Dopo avere illustrato tali argomentazioni e principi, gli Ermellini rilevano che nel caso di specie si è completata la fattispecie a formazione progressiva di cui sopra per fruire della causa di non punibilità, in quanto l’imputato era a conoscenza della comunicazione dell’INPS, contenente tutti i dati necessari, sin dal processo di primo grado e ne aveva anche formulato eccezione di omessa notifica in primo grado e poi con il deposito dei motivi di appello, superando di gran lunga il termine di 3 mesi per effettuare il pagamento. Dichiarando inammissibile il ricorso, la Corte enuncia il seguente principio di diritto in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l’indicazione di tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il dies a quo del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui all’art. 2 comma 1- bis , d.l. n. 463/1983, conv. dalla l. n. 638/1983, decorre dal momento in cui si sia verificata aliunde la conoscenza da parte dell’imputato del suddetto avviso di accertamento .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 settembre – 27 ottobre 2020, n. 29825 Presidente Ramacci – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 9 ottobre 2019 la Corte di appello di Catania, in parziale riforma di quella di condanna emessa dal Tribunale di Catania il 9 febbraio 2017 nel giudizio abbreviato, ha ridotto la pena inflitta a P.P. in 4 mesi, 20 giorni di reclusione ed Euro 333,33 di multa, per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali nel periodo omissis al omissis per l’importo di Euro 197.785,84. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. 2.1. Con il primo motivo si deduce la contraddittorietà ed illogicità della motivazione sulla ritenuta equipollenza del decreto penale di condanna all’avviso di accertamento della violazione, che avrebbe inciso sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, come indicato nel relativo motivo di appello rigettato dalla corte territoriale. 2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1-bis non essendo stato consentito all’imputato di fruire della facoltà concessagli di estinguere il reato entro 3 mesi, in luogo dell’esercizio dell’azione penale. 2.3. Con il terzo motivo si deduce il vizio della motivazione quanto al rigetto delle circostanze attenuanti generiche e della richiesta di conversione della pena detentiva in pecuniaria. Considerato in diritto 1. Il primo ed il secondo motivo sono manifestamente infondati. È errata la tesi difensiva per cui l’omissione dell’avviso di accertamento impedirebbe l’esercizio dell’azione penale. 1.1. Nel caso in esame, tenuto conto della emissione del decreto penale di condanna, della proposizione della opposizione e della conseguente citazione a giudizio, possono applicarsi i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di equipollenza, al fine di beneficiare della causa di non punibilità, tra la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto che dispone il giudizio. 1.1.1. Sez. 3, n. 44529 del 16/05/2018, Mazzieri, Rv. 274695-01, in motivazione, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ha affermato che la causa di non punibilità del reato, prevista dal D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1-bis, conv. dalla L. n. 638 del 1983 - che è integrata dalla corresponsione dell’importo dovuto nel termine di tre mesi dai momento in cui l’indagato o l’imputato risulti posto compiutamente a conoscenza del periodo di omesso versamento, dell’importo dovuto e del luogo ove effettuare il pagamento nonché della stessa possibilità di fruire della causa di non punibilità - costituisce una fattispecie a formazione progressiva, la quale, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione, ben può completarsi nel corso del giudizio, con la notifica del decreto di citazione, se contiene l’indicazione di tutti gli elementi essenziali del suddetto avviso o, quantomeno, con la proposizione del gravame di merito ove fondato sul presupposto della suddetta conoscenza. 1.1.2. Sono stati quindi ribaditi i principi espressi da Sez. U, n. 1855 del 24/11/2011, dep. 2012, Sodde, Rv, 251258, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, per cui ai fini della causa di non punibilità del pagamento tempestivo di quanto dovuto, il decreto di citazione a giudizio è equivalente alla notifica dell’avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all’imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso, costituiti dall’indicazione del periodo di omesso versamento e dell’importo, la indicazione della sede dell’ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità. Laddove il decreto di citazione a giudizio contenga gli elementi essenziali dell’avviso formalmente omesso, dalla sua notificazione decorre il termine di tre mesi fissato dalla legge per effettuare il versamento delle ritenute previdenziali omesse al fine di fruire della causa di non punibilità. 1.1.3. La mancanza del formale avviso di accertamento o di atto equipollente non impedisce la procedibilità dell’azione penale, potendosi soltanto ritenere non consumata la facoltà dell’interessato di fruire della causa di non punibilità ove effettui il versamento del dovuto. Si è affermato, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, che qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione e il decreto di citazione non contenga l’indicazione di tutti gli elementi propri di detto avviso, deve essere ritenuto tempestivo, al fine del verificarsi della causa di non punibilità di cui al D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1-bis, conv. in L. n. 638 del 1983, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio Sez. 3, n. 23914 del 14/05/2014, Cibin, Rv. 261510 in tal caso, rilevate la mancata notificazione dell’avviso di accertamento e contestazione e la incompleta indicazione degli elementi di detto avviso nel decreto di citazione, ben può il giudice assegnare all’imputato un termine di tre mesi per consentirgli il versamento del dovuto, disponendo il rinvio della trattazione del procedimento penale così, in motivazione, Sez. 3, n. 6045 del 27/09/2016, dep. 2017, Stasi . 1.2. Il ricorrente lamenta l’equiparazione, effettuata dalla corte territoriale, tra il decreto penale di condanna e il decreto che dispone il giudizio, e l’omesso accertamento dell’equipollenza l’unico dato certo sarebbe costituito dall’importo dei contributi non versati, indicati nel capo di imputazione. La Corte di appello avrebbe poi erroneamente ritenuto sussistente il dolo dal mancato versamento dei contributi, che invece sarebbe stato dovuto all’omessa notifica dell’avviso di accertamento, quindi da un fatto non imputabile all’imputato. 1.3. La tesi difensiva è manifestamente infondata. Dalla sentenza di primo grado risulta che il ricorrente ha proposto opposizione al decreto penale di condanna chiedendo procedersi con il giudizio abbreviato ed in quella sede ha eccepito l’improcedibilità perché la comunicazione dell’Inps contenente l’invito a regolarizzare il debito entro 3 mesi era stata notificata presso la precedente residenza mediante la compiuta giacenza e non presso quella esistente all’atto della notifica. 1.4. Oltre a rilevarsi che già dal capo di imputazione risulta il luogo del commesso reato e quindi l’indicazione della sede INPS competente alla quale rivolgersi, dalla sentenza di primo grado risulta dunque chiaramente che nel giudizio abbreviato il ricorrente era certamente a conoscenza dell’esistenza dell’atto dell’Inps contenente l’invito a pagare i contributi entro 3 mesi, ed avrebbe potuto avvalersi della causa estintiva. 1.5. Va ribadito il principio per cui il termine di tre mesi per corrispondere l’importo dovuto ai fini della integrazione della causa di non punibilità del reato decorre dal momento in cui l’indagato o imputato, oltre ad essere informato del periodo di omesso versamento, dell’importo dovuto e del luogo ove effettuare il pagamento, risulti anche posto compiutamente a conoscenza della possibilità di ottenere l’esonero della punibilità in caso di pagamento nel termine di tre mesi la consapevolezza di tale facoltà può essere acquisita in qualunque forma, non presupponendo la comunicazione di un avviso formale in ordine ai benefici conseguibili per effetto del pagamento nel trimestre così Sez. 3, n. 46169 del 18/07/20 -14, Gabrielli, Rv. 260912. 1.6. Come affermato dalla sentenza Gabrielli e ribadito da quella Mazzieri, la conoscenza di potersi avvalere della causa di non punibilità può intervenire nel corso del processo di merito, persino durante il secondo grado del giudizio pertanto il diritto a conoscere il fatto produttivo della causa di non punibilità, in tanto può essere reclamato nel giudizio di legittimità, se ed in quanto risulti che l’imputato non fosse a conoscenza aliunde della possibilità di fruire, ad ulteriori requisiti già integrati, della causa di esonero della punibilità. Ove si abbia la prova certa della conoscenza dell’informazione, il dies a quo del termine inizia a decorrere sicché il pagamento, in qualsiasi momento eseguito nel corso del processo di merito e nel termine di legge, integra di per sé la causa sopravvenuta di non punibilità. 1.7. Ne consegue che, nel caso di specie, l’imputato non può sostenere di non essere punibile - in ragione della prospettata omissione circa il fatto di non essere stato informato di potersi avvalere di una causa di non punibilità nè al momento della contestazione della violazione e nè con il decreto penale di condanna - perché sin dal processo di primo grado era a conoscenza dell’esistenza della comunicazione dell’Inps, non regolarmente notificata, ma contenente tutti i dati utili per avvalersi della causa estintiva, tanto da eccepirne l’omessa notifica alla residenza. L’eccezione risulta ribadita con i motivi di appello pag. 2 . 1.8. L’imputato ha pertanto mostrato di conoscere che, effettuando il pagamento, si sarebbe avvalso della causa di non punibilità che infatti invoca in presenza di una perfetta e consapevole conoscenza del dato normativo, non vi è più alcun onere per il giudice di assegnare un termine per provvedere al pagamento, in maniera che l’imputato si possa giovare della causa di esonero della punibilità, perché il termine, per potersene servire, decorre dal momento in cui si assume la certezza processuale della conoscenza del dato e tale certezza, nel caso di specie, si è avuta con la formulazione dell’eccezione in primo grado ed in ogni caso con il deposito dei motivi di appello. 1.9. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, si è dunque completata la fattispecie a formazione progressiva in presenza della notizia certa del completamento di tutti i requisiti necessari per fruire della causa di non punibilità. L’imputato ha quindi fruito di un periodo nettamente superiore ai tre mesi per provvedere al pagamento ma non ha approfittato di tale opportunità per evitare la pena cfr. in tal senso Sez. 3, n. 46169 del 18/07/2014, Gabrielli, in motivazione . 1.10. Deve pertanto affermarsi il principio secondo cui, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l’indicazione di tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il dies a quo del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui al D.L. n. 463 del 1983, art. 2, comma 1-bis, conv. dalla L. n. 638 del 1983, decorre dal momento in cui si sia verificata aliunde la conoscenza da parte dell’imputato del suddetto avviso di accertamento. 2. Quanto alla motivazione sul dolo, oltre a rilevarsi che non vi era motivo di appello sul punto, la tesi del ricorrente è manifestamente infondata perché la conoscenza dell’obbligo del pagamento dei contributi non deriva dalla comunicazione dell’Inps relativa alla causa estintiva, ma dalla qualità di imprenditore. 3. Il terzo motivo è inammissibile per genericità il motivo è stato solo enunciato nella prima pagina del ricorso, ma non sono stati prospettati i motivi ex art. 581 c.p.p., lett. d . 4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.