La Suprema Corte chiarisce, in punto di pena, il rapporto tra le diverse circostanze aggravanti del reato di rapina

La Cassazione analizza un episodio di criminalità predatoria, traendo le conseguenze di una recente riforma della norma incriminatrice, tesa – come buona parte della legislazione emergenziale degli ultimi anni – a tentare di vincolare la discrezionalità giudiziale nel quantificare la pena. Più in specie, stabilisce l’effetto prodotto, sotto questo profilo, dall’intervento di più aggravanti del reato di rapina.

Lo fa dando conto, sul fronte opposto, dei parametri ai quali ancorare la scelta di trascurare altre circostanze, il cui peso era stato ritenuto insufficiente, dai giudici di merito, ad influire sulla dosimetria sanzionatoria sentenza n. 29792/20, depositata il 27 ottobre . Il caso. Il giudizio a quo riguarda crimini verificatisi in Campania, ad opera di due ragazzi uno dei quali, all’epoca, neppure ventenne , i quali avevano consumato, tra gli altri, una rapina pluriaggravata, anche poiché compiuta da più persone riunite, una delle quali minorenne. Il Giudice dell’Udienza Preliminare , ad esito del giudizio abbreviato, ritenute alcune condotte avvinte dal vincolo della continuazione, aveva condannato il più giovane alla pena di anni cinque, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed euro 2.800 di multa e l’altro a scontare anni sette e mesi quattro di reclusione, versando euro 7.000 di multa. La Corte territoriale , previa rinuncia ai motivi dedotti in punto di responsabilità, aveva ridotto le pene per il primo, limitando gli aumenti disposti per la continuazione, ad anni cinque di reclusione ed euro 266 di multa per il secondo, diminuendo la pena base e contenendo gli aumenti inflitti per i reati satellite, ad anni sei e mesi sei di reclusione ed euro 3.666 di multa, con connessa rimodulazione delle sanzioni accessorie. Ricorrono per Cassazione entrambi gli imputati, denunciando, negli atti dimessi dai rispettivi difensori di fiducia error in iudicando e carenze della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, per le quali, con riguardo al primo imputato, militavano la giovane età, l’incensuratezza, l’ammissione degli addebiti ed il contesto familiare di provenienza, capace di inquadrare in un’ottica differente l’imputazione e, per il secondo, la confessione immediata ed il risarcimento offerto alla persona offesa violazione di legge ed illogicità della motivazione, circa, in primis , l’avvio del computo della pena dal più severo minimo edittale dell’art. 628, comma 4, c.p., che non poteva essere integrato, essendo inserite le aggravanti compresenti nella terna del comma 3, n. 1 , che già autonomamente comporta un compasso edittale meno favorevole e, per di più, incompatibili tra loro secondariamente, per non aver giudicato parte del medesimo disegno criminoso tutte le azioni ascritte agli imputati. La sentenza. Il Collegio – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva chiesto che le impugnazioni fossero dichiarate inammissibili – rigetta il ricorso, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. La Sezione II impiega alcune righe nel ricostruire il pregresso contrasto tra due diversi indirizzi giurisprudenziali , che si sono scontrati per stabilire il concreto effetto aggravante del simultaneo concorso tra fattispecie specializzanti enucleate dalla stessa disposizione. A margine della riflessione che produce il principio di diritto della pronuncia, poi, l’Estensore risolve più rapidamente le altre censure, concentrandosi su quella che non reitera critiche già formulate in appello, senza argomentarle logicamente per attaccare l’iter motivo esposto dai giudici di gravame impostazione inammissibile, per granitico orientamento di legittimità in proposito, si cita Cass., Sez. VI Pen., 11/3/2009, n. 20377, RV. 243838 . La mancata valorizzazione della confessione giudiziale e del tentativo di condotta riparatoria. Ed invero, ribadita la libertà del Giudice di attribuire valore preponderante a solo alcune delle condizioni materialmente sussistenti, gli Ermellini sottolineano come la confessione e l’offerta risarcitoria possano legittimamente fondare la concessione della diminuzione ex art. 62- bis c.p., allorquando costituiscano precise indicazioni di riconsiderazione critica del proprio operato e contrita discontinuità con il precedente modus agendi si rinvia sul punto, ex multis , a Cass., Sez. VI Pen., 27/1/2012, n. 11732, RV. 252229 . Qui, al contrario, con giustificazione immune da vizi logici si era spiegato il motivo per cui la confessione, di nullo apporto probatorio ad un quadro a carico già chiaro, nonché la modesta somma proposta, erano state reputate espedienti strategici”, anziché sintomo di una revisione del proprio comportamento da parte degli agenti. L’effetto sulla sanzione delle aggravanti concorrenti. Il centro della motivazione, però, è costituito dalla disamina del trattamento sanzionatorio imposto per le ipotesi pluriaggravate di rapina. A tal riguardo, il Collegio afferma che la novella del 2017 ha dato al quarto comma dell’art. 628 c.p. un contenuto nuovo, affermando che Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’art. 61, la pena è della reclusione da sette a venti anni” indica un più elevato minimo edittale anche nel caso in cui concorrano più circostanze aggravanti interne al medesimo numero 1 del terzo comma dell’art. 628 c.p. . La ratio che supporta una simile esegesi è duplice da un lato, sul piano tecnico, le caratteristiche del delitto qui concorrenti non devono porsi in rapporto di continenza o specialità, rappresentando altrettante ipotesi diverse che il legislatore ha inteso punire più severamente dall’altro, in termini di gravità del reato e capacità a delinquere, non può negarsi che la loro contestuale presenza indichi, per ciascuna singolarmente, una più pericolosa carica criminale, finalizzata ad evitare o superare l’eventuale resistenza della vittima. La lettura promossa in sede di gravame è dunque corretta, posto che la parte motiva della decisione impugnata chiarisce perché la presenza di ciascuna circostanza renda più pericolosa l’azione e, dunque, richieda una superiore risposta retributiva. Conclusioni. La decisione in commento, benché risenta di un’esposizione non sempre perfettamente organica, è lineare nel sillogismo e condivisibile nell’esito. Potrà essere, quindi, un utile riferimento per il giurista pratico, che debba pronosticare il rischio di pena per un assistito cui si contestino analoghe ipotesi delittuose.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 – 27 ottobre 2020, n. 29792 Presidente Gallo Estensore Perrotti Ritenuto in fatto 1. Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Nola, con la sentenza emessa in data 21 giugno 2018 all’esito del giudizio abbreviato, aveva riconosciuto la responsabilità degli imputati per i fatti loro ascritti e, avvinti i detti reati sotto il vincolo della continuazione, aveva condannato il P. alla pena di anni cinque, mesi uno e giorni dieci ed Euro 2800 di multa, il R. alla pena di anni sette e mesi quattro di reclusione ed Euro 7.000 di multa, oltre le sanzioni accessorie e la confisca disposte nei confronti di entrambi. 1.1 La Corte di appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, preso atto della rinunzia ai motivi di ricorso svolti in tema di accertamento della responsabilità per il solo P. , ha ridotto le sanzioni rispettivamente irrogate, limitando, per P. , l’entità degli aumenti disposti per la continuazione con i due reati satellite P e Q a mesi sette di reclusione ed Euro seicento di multa per ciascun reato, così riducendo la sanzione finale ad anni cinque di reclusione ed Euro 266 di multa per R. , riducendo la pena base per il più grave reato sub 1 ad anni sei e mesi 5 di reclusione ed Euro 2.400 di multa e contenendo gli aumenti disposti per i singoli reati satellite, posti in continuazione, così riducendo la sanzione finale ad anni sei e mesi sei di reclusione ed Euro 3.666 di multa. Seguiva la rimodulazione delle sanzioni accessorie. 2. Avverso tale provvedimento ricorrono gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, deducendo a motivi della impugnazione gli argomenti in appresso succintamente rappresentati, secondo quanto previsto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. P.V. inosservanza o erronea applicazione della legge penale, vizio esiziale di motivazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione al rifiuto di riconoscere le circostanze attenuanti generiche, in ragione della giovane età dell’imputato al momento dei fatti, della sua incensuratezza, della ammissione dei fatti, delle difficoltà economiche che attanagliano il nucleo familiare d’origine, che, se non giustificano il fatto storico, consentono quanto meno di inquadrarlo in una luce differente. 2.2. R.V. 2.2.1. violazione e falsa applicazione della legge penale sostanziale, contraddittorietà ovvero manifesta illogicità della motivazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e, in relazione all’art. 628 c.p., comma 4 ed alle ipotesi descritte al n. 1 del comma 3 dello stesso articolo , giacché la Corte territoriale così come il primo giudice ha individuato il minimo edittale della pena detentiva in anni sei di reclusione, facendo applicazione della disciplina sanzionatoria dettata dall’art. 628 c.p., comma 4 introdotto con L. n. 103 del 2017, a decorrere dal 3 agosto 2017 , senza tuttavia tener contro del fatto che due delle diverse aggravanti riconosciute uso dell’arma e più persone riunite sono inserite nella terna elencata al n. 1 del comma 3 e quindi per esse il legislatore ha già previsto un regime sanzionatorio aggravato, che non può essere ulteriormente inasprito per effetto della disposizione del comma 4, che trova evidentemente applicazione laddove le aggravanti siano collocate in numeri diversi del medesimo comma 3, o qualora esse concorrano con le aggravanti di cui all’art. 61 c.p. 2.2.2. ancora, violazione e falsa applicazione della legge penale art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, in relazione all’art. 15, art. 628 c.p., comma 3, n. 1, terza ipotesi e art. 112 c.p., comma 1, n. 4 , non potendo concorrere le due distinte aggravanti più persone riunite e concorso con il minore , essendo una ipotesi specializzante dell’altra 2.2.3. nuovamente, violazione della legge penale sostanziale e vizio esiziale di motivazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e, in riferimento alla disciplina della continuazione tra reati , per avere la Corte omesso di valutare la evidente omogeneità delle violazioni che si chiedeva di avvincere in continuazione rapine commesse in tempi diverse con le stesse modalità in ragione della medesimezza del disegno criminoso 2.2.4. infine ancora, violazione della legge penale sostanziale e vizio di motivazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e, in relazione all’art. 62 bis c.p. per avere la Corte di merito rifiutato il riconoscimento delle circostanze attenuanti innominate, pur a fronte della confessione in giudizio, spontanea ed immediata, dei fatti, del risarcimento offerto e del contesto generazionale in cui le condotte sono maturate, elementi tutti sottostimati ed immotivatamente ritenuti soccombenti nel giudizio di merito. Considerato in diritto 1. Con il motivo comune a entrambi i ricorrenti i difensori lamentano violazione della legge penale sostanziale e mera apparenza della motivazione quanto alla negazione delle richieste circostanze attenuanti generiche. La Corte di merito ha viceversa espressamente motivato in modo congruo ed immune da vizi logici sul tema del trattamento circostanziale, ritenendo di non poter assecondare la richiesta in ragione della gravità particolare dei fatti, così come correttamente aggravati. Tale valutazione risulta conforme ai generali criteri applicativi della norma di cui all’art. 62 bis c.p Sul punto è bene ricordare che le circostanze attenuanti atipiche, introdotte dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288, rappresentano uno strumento di individualizzazione della risposta sanzionatoria lì dove sussistano in positivo elementi del fatto o della personalità, tali da rendere necessaria la mitigazione, ma non previsti espressamente da altra disposizione di legge. L’applicazione della norma necessita pertanto di un substrato cognitivo e di una adeguata motivazione, nel senso che è da escludersi l’esistenza di un generico potere discrezionale del giudice di riduzione dei limiti legali della sanzione, dovendo di contro apprezzarsi e valorizzarsi un aspetto del fatto o della personalità risultante dagli atti del giudizio tra le molte Sez. VI 28.5.1999 n. 8668 . Da qui, stante l’ampia tipizzazione di fattori circostanziali da un lato e la necessità di ancorare l’applicazione della norma ad un preciso indicatore di minor disvalore del fatto-reato dall’altro, è derivato il filone interpretativo che individua nelle categorie generali descritte nell’art. 133 c.p. il principale serbatoio” di ipotesi, capace di razionalizzare e rendere controllabile la valutazione del giudicante. Si è pertanto ritenuto che la valutazione sotto diversi profili commisurazione della pena nell’ambito edittale e riconoscimento o negazione delle attenuanti generiche della stessa situazione di fatto è del tutto legittima, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato più volte per distinti fini e conseguenze Sez. 1, n. 1376, del 28/10/1997, Rv. 209841 . Le linee-guida della gravità del reato art. 133 c.p., comma 1 e della capacità a delinquere del colpevole art. 133 c.p., comma 2 restano pertanto gli indicatori essenziali cui ancorare la particolare valutazione postulata dall’art. 62 bis c.p. e ciò conduce da sempre a ritenere il fatto della confessione processuale, così come quello del ristoro patrimoniale solo parziale del danno patrimoniale e del paterna sofferto, come possibile fattore di attenuazione della sanzione, ai sensi dell’art. 133 c.p., comma 2, n. 3, sub specie di condotta susseguente al reato e sua possibile incidenza sulla valutazione della capacità a delinquere . Pur a fronte della commissione di reati di elevata gravità, non vi è dubbio pertanto che l’apporto confessorio e l’avvenuto, benché parziale, risarcimento possono legittimamente fondare il riconoscimento delle circostanze attenuanti, sempre che ed è questo il tema la confessione non sia un semplice” fattore di agevolazione nella ricostruzione del fatto controverso ed il risarcimento non si riveli soltanto quale espediente strategico” ma l’uno e l’altro siano viceversa precisi indicatori di riconsiderazione critica del proprio operato e contrita discontinuità con il precedente modus agendi tra le molte Sez. 6, n. 3018, del 11/10/1990, Rv. 186592 Sez. 6, n. 11732, del 27/1/2012, Rv. 252229 . Tanto si impone in ragione della correlazione interna alla norma dell’art. 133 c.p. tra la condotta susseguente al reato” e la categoria della capacità a delinquere” nel senso che ciò che emerge nel primo ambito va qualificato come incidente sulla seconda , specie in un contesto sostanziale e processuale la cui evoluzione storica consegna ad altri istituti a cavallo tra diritto e processo il compito di attenuare la sanzione in cambio di scelte di semplificazione processuale riti speciali di cui agli art. 438 c.p.p. ss. e art. 444 c.p.p., e ss. . Non è un caso, pertanto, che anche lì dove si sia riaffermata come valore costituzionale la libertà del giudice di valorizzare come indicatore positivo ai fini previsti dall’art. 62 bis la condotta susseguente al reato Corte Cost., sentenza n. 183 del 2011 dichiarativa della illegittimità del limite di apprezzamento che era stato introdotto dal legislatore del 2005, in ipotesi di recidiva qualificata si è precisato a più riprese che l’irragionevolezza della scelta legislativa era nel suo automatismo di inibizione, posto che la condotta susseguente al reato può segnare una radicale discontinuità negli atteggiamenti della persona e nei suoi rapporti sociali, di grande significato per valutare l’attualità della capacità a delinquere . Il finalismo rieducativo della pena trova dunque un riconoscimento lì dove in sede di quantificazione processuale si possa dare peso a condotte che manifestino una riconsiderazione critica del proprio operato . Nella fattispecie, i giudici di merito rilevato che la confessione ad opera, peraltro, del solo R. era intervenuta su una piattaforma indiziaria ben solida ed autonoma non hanno ritenuto che la scelta fosse espressione di autentica resipiscenza e, tenuto conto della scarsissima efficacia processuale della parziale ammissione degli addebiti, non hanno conferito alla confessione giudiziale ed al ridottissimo ristoro offerto alcuna efficacia attenuante, anche per l’indubbio disvalore che le aggravanti riconosciute rappresentano in soggetti dediti al crimine di settore in forma certamente non episodica, come la pluralità dei fatti contestati dimostra. Motivazione altrettale ha sorretto la decisione di rigetto, quanto alla prospettata giovine età di per sé non significativa degli agenti, del contesto ambientale e generazionale, men che meno per la incensuratezza del P. , che lo stesso legislatore ha inteso escludere dal novero dei fattori di ricognizione. In un tale coacervo, l’agognato riconoscimento attenuante, come correttamente argomenta la Corte territoriale, confligge con lo spirito stesso delle attenuanti e con la necessaria discrezionalità nello scrutinio richiesto al giudice del merito circa l’effettività dei presupposti della valenza attenuante delle circostanze riconosciute. Giudizio che, se correttamente argomentato, non è censurabile nella sede di legittimità Sez. 5, n. 5579, del 26/9/2013, Rv. 258874 Sez. 6, n. 6866, del 25/11/2009, Rv. 246134 . 1.1. Quanto alla misura della sanzione, individuata per P. nel minimo edittale anni sei di reclusione e per R. in misura motivatamente di poco superiore, la Corte di merito ha spiegato, in maniera logica e coerente, che la articolata gravità dei fatti, le modalità violente degli stessi, la rilevanza del bottino realizzato e la biografia criminale del R. , hanno condotto a tale dosaggio così valorizzando fattori di calcolo di natura normativa art. 133 c.p. sapientemente maneggiati dal giudice del merito, in guisa tale da inibire sul punto l’inverto censorio della Corte di legittimità per un efficace decalogo si veda Sez. 3, n. 6877, del 26/10/2016 . 2. Quanto alla dedotta violazione di legge in materia di efficacia ingravescente della molteplicità di aggravanti ritenute art. 112 c.p., comma 1, n. 4 e art. 628 c.p., comma 3, n. 1, nel loro concorrente polimorfismo in ragione del minimo edittale art. 628 c.p., comma 4 indicato in sei anni dalla riforma del 2017 L. n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto dello stesso anno ed oggi in sette anni L. 26 aprile 2019, n. 36, art. 6, comma 1, lett. c , in caso di concorso tra più circostanze indicate all’art. 628, comma 3 o di concorso tra una di queste e le circostanze di cui all’art. 61 c.p. la Corte di merito ha motivato il proprio convincimento pena base calcolata in anni sei di reclusione per effetto della concorrenza di più circostanze aggravanti interne all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1 sulla base della distinta e diversa ontologia delle fattispecie aggravanti, topograficamente tipizzate all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1 uso delle armi, travisamento e più persone riunite , richiamando sul punto due precedenti conformi di questa Corte. 2.1. Il tema soffre un quasi secolare contrasto di giurisprudenza in ordine al molteplice effetto aggravante determinato dalla ricorrenza di più fattispecie, tra quelle descritte nell’ambito topografico dello stesso n. 1 per la concorrenza agli effetti della pena Cass. 9 marzo 1936, in Giust. pen. 1936, II, 1486 Id. 4 marzo 1936, in Giust. pen. 1936, II, 1324 id. 5 febbraio 1936, in Giust. pen. 1936, II 1168 Sez. 2, n. 2689, del 31/5/1971, Rv. 119522 Sez. 2, n. 1529, del 5/12/1975, Rv. 132449 Sez. 2, n. 7771, del 1/12/1976, Rv. 136215 Sez. 1, n. 550, del 7/3/1978, Rv. 138714 Sez. 2, n. 7010, del 14/3/1985, Cillo, Rv. 170102 Sez. 5, n. 135, del 13/1/2000, Lo Gatto, Rv. 215485 Sez. 5, n. 4621, del 7/11/2000, Polverino, Rv. 217770 Sez. 4, n. 27748, del 10/5/2007, Rv. 236834 Sez. 5, n. 20723, del 29/1/2016, n. m. Sez. 2, n. 23978, del 20/5/2016, n. m Per il cumulo giuridico, con unico aumento, in caso di ricorrenza di più fattori di aggravamento, in ragione della sede topografica di giacenza delle diverse fattispecie Cass. 10 luglio 1936, in Giust. pen. 1937, II 1101 Cass. 7 luglio 1937, in Giust. pen. 1938, II 142 26 gennaio 1949, in Giur. compi. della C.S. XXX, 1, 408 11 gennaio 1949, ibid. 276 3 luglio 1945, in Riv. Pen. 1945, 1451 Sez. 2, n. 41004, del 6/7/2011, Rv. 251372 Sez. 2, n. 18743, del 6/4/2018, Massimino, n. m. Sez. 2, n. 7838, del 29/1/2020, n. m., ma le ultime due non affrontano direttamente il tema . 2.1.1. A ben vedere, nessuno ha mai dubitato della natura ontologicamente plurale e ben differente delle tre ipotesi, che conferiscono al fatto dimensione aggravata. Quel che invece è -da subito rimasto controverso è se, nella pacifica possibilità di concorrenza delle tre distinte ipotesi interne alla sistematica catalogazione, debba riconoscersi alla concorrenza delle ridette circostanze effetto ulteriormente ingravescente entro i limiti stabiliti dall’art. 63 c.p., comma 4 , oltre quanto già previsto per il grappolo di aggravanti interne al n. 1. ovvero se, in tali casi, si debba procedere ad aumento unico, in ragione del fatto che quelle diverse ipotesi sono considerate cumulativamente , come modalità della stessa maggior capacità criminale espressa così la più ascoltata dottrina coeva alla codificazione del 1930 e ad essa consonante in spirito . 2.2. Nella morfologia della norma, ante riforma del 2017, si contendevano dunque opposti orientamenti che privilegiavano, uno la sistematica topografica ., sotto lo stesso numero raggruppa la circostanza delle più persone riunite, del travisamento e dell’uso delle armi, si deve far luogo ad un unico aumento. Il collegio ritiene, infatti, corretto, considerare unitariamente la previsione individuata sotto il numero 1, non solo in ragione della sua sistematica collocazione, collegate dalla virgola, in un unico paragrafo, ma soprattutto perché l’azione tipica e più frequente della rapina aggravata, per quanto insegna l’esperienza giudiziaria più datata, si connota proprio dalla compresenza delle tre circostanze indicate dal n. 1. Con ciò non si vuole assolutamente negare quanto già affermato dalla sentenza n. 27748 del 2007, Rv. 236834, in ordine alla natura diversificata delle singole circostanze del n. 1, perché anche questo collegio ritiene che le circostanze abbiano individualità autonoma e pertanto esse vadano considerate e ritenute per l’affetto aggravante anche quando, nella situazione concreta, non siano compresenti. Ai soli fini della commisurazione della pena, tuttavia, ritiene questo collegio che, quando si verifica la compresenza di più circostanze dello stesso alinea n. 1, è logico ed equo ritenere l’aggravante unitaria. Così Sez. 2, n. 41004 del 2011, Rv. 251372 , l’altro la valorizzazione della singola dimensione ontologica o del disvalore specifico reso palese da ciascuna distinta e ben individuata condotta . le diverse ipotesi dell’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, prevedono distinte circostanze aggravanti, in quanto rappresentano differenti aspetti di criminalità, che trovano il loro fondamento comune nella maggiore efficacia intimidatrice dell’azione. Dette aggravanti possono concorrere fra loro. Di conseguenza nel caso di imputazione per rapina, aggravata per l’uso dell’arma e per il numero delle persone, il periodo massimo per la carcerazione preventiva nel periodo istruttorio dev’essere fissato in due anni, dovendosi applicare un primo aumento corrispondente al massimo della meta della pena base di dieci anni di reclusione e, successivamente, un secondo aumento corrispondente alla meta della pena cosi calcolata, Sez. 2, n. 2689/1971, Rv. 119522 ancor più esplicitamente, Sez. 2, n. 7771, del 1/12/1976, Rv. 136215 . 2.2.1. Volendo offrire alle opposte interpretazioni la colorazione dogmatica propria delle più avvedute dottrine repubblicane , si potrebbe collocare il primo orientamento tra quelli che leggono l’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, come una norma a più fattispecie alternative equipollenti mentre il secondo potrebbe iscriversi tra quelli che leggono tale elencazione come una disposizione a più norme distinte, che se concorrenti cumulano fuori dalle ipotesi di specialità, assorbimento o consunzione i loro effetti ingravescenti. 2.3. In questo immanente e divaricato panorama interpretativo si è affacciato l’intervento riformatore del 2017 seguito, in un crescendo rossiniano, dalla novella del 2019, cit. al punto 2 , che con la seguente disposizione normativa Se concorrono due o più delle circostanze di cui al comma 3 del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’art. 61, la pena è della reclusione da sei a venti anni . , mutando la morfologia dell’art. 628 c.p., comma 4, sembra aver mostrato indifferenza verso la topografica collocazione delle disposizioni aggravanti ad effetto speciale, imponendo solo un più elevato minimo edittale senza effetti sul computo dei termini massimi della custodia cautelare e senza intaccare il limite invalicabile indicato, quale cumulo giuridico, all’art. 63 c.p., comma 4 per tutte le ipotesi di concorrenza tra circostanze interne ed esterne quelle comuni descritte all’art. 61 c.p. all’art. 628 c.p., comma 3. Nè poteva pretendersi dal legislatore una più incisiva precisione didascalica, giacché è evidentemente compito dell’interprete divisare indipendentemente dalla collocazione topografica e dalla differente ontologia sostanziale omogeneità o sovrapponibilità di disvalori, di offese, di interessi da tutelare, nell’ambito della tipicità offerta dal legislatore. 2.4. Naturalmente, la possibile concorrenza presuppone risolta a monte la diversa eventualità della continenza art. 68 c.p. o della specialità art. 15 c.p. ma non è questo il caso delle aggravanti descritte al comma 3, n. 1 cit. , che rappresentano altrettante ipotesi diverse di maggior disvalore espresso nel differente manifestarsi, essendo evidente che agire nella violenza travisati, in più persone riunite o armati, rappresenta modalità differenti di manifestare la propria carica criminale, disvalore penale ed accresciuta capacità intimidatrice od offensiva, atta ad incutere timore nella vittima o a superare l’eventuale sua resistenza. Ebbene, nessuna -delle tre epifanie criminali contiene l’altra, nessuna è speciale rispetto all’altra, nessuna assorbe in sé il disvalore e lo spregio dell’altra. Non vi è pertanto ragione di negare che alla concorrenza delle diverse ipotesi aggravanti debba corrispondere una più severa risposta retributiva minima della sanzione agire riuniti in più persone compresenti, travisate nell’aspetto e armate, costituisce anche una notevolissima facilitazione nel guadagnare il risultato voluto e va più gravemente sanzionato rispetto all’azione condotta da una sola persona armata o travisata o unita ad altri . In questi sensi depone l’argomento della interpretazione letterale e la stessa sistematica codicistica. 2.5. Può pertanto affermarsi il seguente principio l’intervento novellatore del 2017 L. 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 3 agosto 2017 , che ha dato all’art. 628 c.p., comma 4 un contenuto nuovo, affermando che Se concorrono due o più delle circostanze di cui al comma 3 del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’art. 61, la pena è della reclusione da sei a venti anni . , indica un più elevato minimo edittale anche nel caso in cui concorrano più circostanze aggravanti interne al medesimo numero 1 dell’art. 628 c.p., comma 3. Consegue che ciascuno dei numeri interni al catalogo del ridetto comma 3 contiene una disposizione a più norme autonome ed eventualmente concorrenti. 2.6. Il motivo di ricorso è pertanto infondato. 3. Manifestamente infondato e meramente ripetitivo del motivo di gravame proposto nella sede di merito e rigettato dalla Corte con diffusa, precisa e puntuale motivazione, è il secondo motivo speso nell’interesse del R. . La Corte ha argomentato sul punto, rappresentando l’evidenza di una totale autonomia tra l’aggravante di cui all’art. 112 c.p., comma 1, n. 4 concorso del minore nel fatto commesso o determinazione del minore a commetterlo e quella del n. 1 dell’art. 628 c.p., comma 3 più persone riunite , essendo differenti le modalità di manifestazione della condotta, l’interesse tutelato, la ratio aggravatrice e l’oggettività giuridica, potendo dunque ontologicamente coesistere le differenti condotte espressive di differente disvalore della condotta e carica criminale dell’autore. Non ricorrendo le ipotesi di assorbimento consunzione o specialità disciplinate dagli artt. 68 e 15 c.p., le due aggravanti evidentemente concorrono. Il motivo di ricorso -che richiama peraltro una contrastante giurisprudenza Sez. 6, n. 16515 del 11/3/2010, Rv. 247004 Sez. 2, n. 20217 del 6/5/2016, Rv. 266893 formatasi in ordine alla differente ipotesi di concorso tra l’aver agito in più persone riunite e quella disciplinata dall’art. 112 c.p., comma 1, n. 1 cinque o più partecipi così come quello immediatamente successivo, è inconferente e si risolve, pertanto, nella mera riproposizione delle argomentazioni già prospettate al giudice della revisione nel merito e da questi motivatamente respinte, senza svolgere alcun ragionato confronto con le specifiche argomentazioni spese in motivazione senza cioè indicare le ragioni delle pretese illogicità o della ridotta valenza dimostrativa degli elementi a carico, e ciò a fronte di puntuali argomentazioni contenute nella decisione impugnata, con cui il ricorrente rifiuta di confrontarsi. Si è ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838 . Nella medesima prospettiva è stata rilevata, per un verso, l’inammissibilità del ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti già illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181 . E non è comunque sufficiente, ai fini della valutazione di ammissibilità, che ai motivi di appello vengano aggiunte frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento attaccato e l’indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 . 4. La medesima sorte processuale avvince anche il terzo motivo di ricorso speso nell’interesse del R. . Evidente il difetto di specificità del motivo che non si confronta con la diffusa, puntuale e precisa motivazione spesa nel merito per negare i presupposti della unicità del disegno criminoso tra le rapine oggetto del presente giudizio ed il precedente allegato dalla difesa in appello. La natura stessa dei delitti di rapina commessi presuppone l’improvvisazione e la indipendenza di ciascuna singola ideazione, fuori dalla dimostrazione di una specifica e determinata programmazione criminale che identifichi almeno gli obiettivi da aggredire, in maniera sufficientemente determinata, non può apprezzarsi alcuna unicità di disegno ideazione e volizione delle singole condotte cronologicamente ben separate. 5. Dell’ultimo motivo di ricorso negazione delle circostanze attenuanti generiche si è già detto in apertura attesa la natura comune all’altro ricorrente del motivo proposto si richiama pertanto il punto 1. 6. Al rigetto dei ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.